Momenti di storia del pensiero sociologico
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Momenti di storia del pensiero sociologico

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Questo volume raccoglie testi scritti in varie occasioni nell'arco di circa mezzo secolo. Riunisce saggi, articoli, introduzioni e prefazioni alle traduzioni italiane di classici più o meno noti, oltre a relazioni e interventi tenuti durante svariati convegni. Testimonia l'incessante attenzione di Alessandro Cavalli nei confronti delle molteplici tematiche inerenti la storia del pensiero sociologico.Quattro personaggi occupano la scena: Max Weber, Georg Simmel, Werner Sombart e Norbert Elias.Coi primi due, in particolare, l'autore non ha mai smesso di "dialogare virtualmente". Fonti inesauribili di riflessione, ne hanno influenzato – sia direttamente sia indirettamente – l'attività di ricercatore empirico, anche su argomenti in apparenza lontani dall'attenzione dei suoi referenti.Questi scritti, sebbene in parte superati dalla letteratura specialistica più recente, sono un invito rivolto alle giovani generazioni di ricercatori sociali a non trascurare i classici della loro disciplina, al fine di non appiattirsi sulla contemporaneità e sulla contingenza.

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Informazioni

Editore
Ledizioni
Anno
2012
ISBN
9788867050031
Categoria
Sociologia

PARTE I
i grandi temi
 
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Capitolo X
La Große Soziologie: un’introduzione[1]
1.
La pubblicazione della traduzione di quest’opera, a ottant’anni dall’edizione originale, cade in una fase assai favorevole per una ricezione della sociologia di Simmel. Un po’ in tutto il mondo, gli ultimi dieci anni hanno segnato una forte ripresa di studi simmeliani dopo un lungo periodo di oblio. Il pensiero di Simmel aveva raggiunto agli inizi del secolo un grado notevole di diffusione e notorietà. La fama internazionale di Simmel era in singolare contrasto con la sua precaria situazione accademica in patria. Mentre egli ottenne il riconoscimento di una cattedra universitaria, peraltro nella periferica sede di Strasburgo, solo nel 1914, quattro anni prima di morire, molti suoi saggi erano comparsi regolarmente nelle prime quindici annate dell’“American Journal of Sociology” sotto lo stimolo di Albion Small, Émile Durkheim aveva pubblicato il saggio sulla conservazione delle forme sociali nella prima annata dell’“Anneé sociologique” e molti altri scritti sociologici e filosofici erano già stati tradotti in varie lingue. Anche in Italia era apparsa, su “La riforma sociale” del 1899, la traduzione del saggio che introduce questo volume.
La marginalità di Simmel nell’università è certo prevalentemente imputabile al latente ma diffuso antisemitismo delle autorità politiche e dei circoli accademici della Germania guglielmina (egli era figlio di ebrei convertiti) e non gli servì molto l’appoggio e la stima di personaggi influenti come Schmoller, Rickert e Weber. Ma sul mancato o tardivo riconoscimento deve aver influito non poco anche il suo stile di pensiero e di scrittura, così poco rispettoso dei codici professionali e delle regole accademiche. Giustamente Coser parla di Simmel come di uno “straniero nell’accademia”. E infatti le sue difficoltà incominciarono assai presto: sia la sua tesi di laurea che la tesi di abilitazione furono in prima battuta respinte dalla facoltà filosofica dell’ateneo berlinese. Per rendersi conto del suo stile poco accademico basti pensare al fatto che tutti i suoi scritti mancano di un apparato di note e di riferimenti bibliografici, così che risulta assai arduo risalire alle fonti del suo pensiero ed identificare i suoi interlocutori intellettuali.
Oggetto di discussioni, sia all’inizio del secolo che oggi, è inoltre l’effettiva centralità della componente sociologica nella sterminata produzione di questo autore. Quali e quanti tra i circa trenta volumi e i duecento articoli e saggi sparsi nelle più svariate riviste, che coprono quasi quarant’anni a cavallo tra xix e xx secolo, possono essere classificati sotto la voce “sociologia”? La sociologia è stata un’esperienza transitoria, oppure un interesse costante lungo l’intero arco della sua biografia intellettuale? Vi sono cesure temporali e svolte che segnano un diverso orientamento nei confronti della sociologia nelle varie fasi in cui può essere periodizzata la produzione simmeliana? Oggi come allora non è facile dare una risposta sicura a questi interrogativi. Dal punto di vista degli interessi tematici, si possono identificare nell’opera di Simmel tre nuclei principali: il primo è lo studio della dinamica delle forme della cultura (arte, storia, etica, filosofia, scienza, religione), il secondo è lo studio delle forme di relazione che costituiscono la realtà sociale, il terzo, infine, riguarda il problema dell’individualità e le personalità nelle quali trova espressione. Dal punto di vista dei filoni disciplinari, il primo e il terzo nucleo tematico pongono in primo piano una considerazione filosofica o storico-filosofica, mentre il secondo pone in evidenza in modo più specifico un orientamento sociologico o psico-sociologico. Temporalmente, i tre nuclei si sviluppano lungo pressoché tutto l’arco della biografia intellettuale di Simmel. L’interesse per le forme della cultura va dal primo saggio sulle origini della musica (1882) al secondo capitolo dell’ultimo libro pubblicato vivente l’autore (Lebensanschauung, 1918). L’interesse per le forme sociali copre anch’esso un arco di tempo di quasi trent’anni, dal volume sulla differenziazione sociale (1890) alle Grundfragen der Soziologie del 1917. Anche il tema dell’individualità si sviluppa dai primi studi su Dante, Michelangelo e Goethe (1884-89) all’ultimo capitolo della Lebensanschauung.
Se i nuclei centrali degli interessi tematici e disciplinari di Simmel corrono paralleli quasi senza interruzione, ciò non vuol dire però che non si possa individuare una periodizzazione in base alle influenze che di volta in volta risultano prevalenti nello sviluppo dei suo pensiero. È assai chiaro, ad esempio, che in una prima fase si riscontra una forte influenza dell’evoluzionismo sociale di stampo darwiniano e spenceriano ancora largamente presente nella Philosophie des Geldes del 1900, che in una seconda fase (collocabile grosso modo nel primo decennio del secolo) diventa percepibile l’influenza della scuola neo-kantiana della Germania sud-occidentale, mentre nell’ultima fase si nota un avvicinamento ai temi di Bergson. Tuttavia, anche queste varie influenze si sommano senza cancellare del tutto quelle precedenti; tracce di evoluzionismo sono presenti, ad esempio, ancora nell’ultimo Simmel, mentre cospicue anticipazioni di una filosofia della vita sono già presenti almeno fino dalla Philosophie des Geldes, un’opera cerniera che in un certo senso raccoglie tutti i filoni e le fasi della riflessione simmeliana sulla cultura, sulla società e sullo sviluppo dell’individuo.
La Große Soziologie, come solitamente viene chiamata per distinguerla dalla Kleine Soziologie del 1917, raccoglie contributi scritti, pensati e in parte pubblicati in un lungo arco di tempo. Due contributi centrali (il saggio sull’intersecazione delle cerchie sociali e quello sull’estensione del gruppo) costituiscono rielaborazioni di due capitoli del libro sulla differenziazione sociale apparso quasi vent’anni prima. La prima versione del saggio introduttivo (Das Problem der Soziologie) era apparsa nel 1894 sulle pagine del prestigioso Jahrbuch für Gesetzgebung, Verwaltung und Volkswirtschaft im Deutschen Reich diretto da Gustav Schmoller, e sempre nello stesso anno esce negli Annales de l’Institut International de Sociologie un primo abbozzo del saggio sull’importanza del numero delle unità sulla dinamica dei gruppi sociali; il saggio sul dominio esce due anni dopo, nel 1896, sull’“American Journal of Sociology”; i saggi sullo spazio e sull’autoconservazione del gruppo compaiono in varie versioni prima della fine del secolo. Anche i vari Excurs escono in forma preliminare prima di essere inclusi nella Soziologie, in particolare, il saggio sulla povertà uscirà nel 1906 sulle pagine dell’Archiv für Sozialwissenschaft und Sozialpolitik, allora diretto da M. Weber, W. Sombart e E. Jaffe.
È vero che tra la Große e la Kleine Soziologie (dal 1908 al 1917) passa quasi un decennio in cui i contributi sociologici si diradano e che lo spostamento di interessi verso tematiche più strettamente filosofiche è documentabile anche sulla base dell’epistolario, tuttavia non si può parlare di un Simmel sociologo distinto temporalmente da un Simmel filosofo. Del resto, proprio in quegli anni Simmel, insieme a Max e Alfred Weber, Toennies e altri, fonda la Deutsche Gesellschaft für Soziologie e nel Congresso del 1910 tiene una relazione sul concetto di “socievolezza” che è senz’altro da annoverare tra i suoi contributi sociologici più importanti.
Se sociologia e filosofia corrono parallelamente nell’opera simmeliana, diventa decisivo rispondere alla domanda quale sia per il filosofo-sociologo berlinese il fondamento di distinzione tra le due discipline, o, più in generale, dove debba essere tracciato il confine tra scienza e filosofia.
2.
La frase con la quale si apre la Philosophie des Geldes offre una risposta a questo interrogativo: “Ogni area di ricerca – scrive Simmel – è delimitata da due confini lungo i quali il movimento del pensiero passa dalla forma della scienza esatta alla forma della riflessione filosofica”. Il primo di questi confini sta per così dire a monte dell’analisi scientifica e si riferisce ai presupposti epistemologici e metodologici della conoscenza in generale e della conoscenza scientifica in particolare. Il secondo confine sta invece a valle “laddove i contenuti sempre frammentari del pensiero positivo aspirano [...] ad integrarsi in una visione del mondo e a riferirsi alla totalità della vita”. La filosofia considera quindi ciò che non può essere sottoposto al vaglio dei metodi rigorosi della scienza e che tuttavia ne costituiscono presupposto e esito.
Simmel non adotta la soluzione di Comte per il quale la filosofia si colloca a uno stadio evolutivo precedente quello della scienza positiva. La filosofia rappresenta piuttosto uno stadio pre-scientifico della scienza in termini logici e non in termini storico-evolutivi. L’elemento storico-evolutivo non scompare poiché la conoscenza scientifica parte da presupposti che sono scientificamente indimostrabili, ma che non sono fissati in modo definitivo. Il “progresso della verificabilità” fa sì che il confine di ciò che di volta in volta viene assunto come presupposto non verificabile venga continuamente superato e il terreno conquistato incorporato nel campo della conoscenza scientifica empiricamente accertata. Peraltro, le spiegazioni cui perviene la scienza empirica sono sempre provvisorie, la scienza deve sempre andare oltre se stessa, oltre lo stadio di volta in volta raggiunto, deve porsi incessantemente nuovi interrogativi, deve quindi sempre ricorrere alla filosofia. Non vi è ricerca scientifica senza presupposti, senza a priori, quindi senza filosofia.
Il riferimento a Kant è evidente. L’opera di Simmel è, per certi versi, un continuo confronto con Kant. In particolare, Simmel ricava da Kant una concezione della conoscenza come prodotto delle operazioni che il soggetto compie sull’oggetto sulla base di categorie dell’intelletto che sono date a priori. Tuttavia, fin dal primo saggio su Kant (Das Wesen der Materie nach Kants physischer Monadologie del 1881), Simmel si scosta da Kant su un punto decisivo: le categorie non sono degli universali atemporali, ma sono il prodotto di un processo storico-evolutivo. La stessa possibilità di distinguere tra un soggetto conoscente e un oggetto della conoscenza è il risultato di un processo evolutivo di cui si può ripercorrere l’ontogenesi e la filogenesi: l’umanità non è stata in grado fin dalle origini di percepire la natura come qualcosa che si colloca all’esterno, al di fuori della sfera del soggetto, così come il bambino impara solo gradualmente nei primi stadi di vita a percepire il mondo esterno come altro da sé. Anche la scienza stessa si costituisce come mondo autonomo emergendo dalle forme embrionali di conoscenza del sapere quotidiano. Queste ultime rispondono ai criteri di adeguatezza allo scopo e di utilità, mentre soltanto nel processo di differenziazione la conoscenza diventa conoscenza scientifica assumendo il criterio di verità come orientamento primario.
Della lezione kantiana resta l’elemento fondamentale che il materiale della percezione e dell’esperienza diventa conoscenza solo mediante l’intervento di categorie del soggetto conoscente.
Se tra filosofia e scienza vi è un doppio confine, a monte e a valle della scienza, e se il confine a monte riguarda i presupposti della conoscenza scientifica, bisogna allora concludere che il confine è mobile poiché i presupposti sono soggetti a mutamento. Ma anche il confine a valle è un confine mobile. La scienza va sempre oltre se stessa poiché è animata da una necessità interna, da un principio metafisico che la spinge a perseguire la meta del sapere per il sapere. Nell’introduzione alla raccolta di saggi Philosophische Kultur del 1911, Simmel illustra con una metafora questo movimento: un contadino sul letto di morte confessa ai figli che nel suo campo è sotterrato un tesoro. Essi scavano il campo a fondo in ogni angolo, senza trovare il tesoro, ma l’anno dopo il campo così coltivato, porta tre volte i frutti del solito raccolto. Questa, dice Simmel, è la funzione della metafisica, il tesoro non lo troveremo mai, ma il fatto di cercarlo sviluppa la nostra conoscenza poiché “la necessità e la determinazione interna del nostro spirito consiste appunto nello scavare”.
Scienza e filosofia sono quindi ben lontane da porsi in un rapporto di contrapposizione o di concorrenzialità, esse sono contigue, nel senso indicato, ed anche se i loro confini sono mobili e lo stesso studioso può continuamente varcarli nell’una e nell’altra direzione Simmel ne è un esempio evidente essi non si cancellano mai poiché i due campi rispondono a interrogativi fondamentalmente diversi. La scienza non può essa stessa fondare i suoi presupposti, così come non può scoprire, al di là della frammentarietà e provvisorietà dei suoi risultati, un senso e un valore unitari, non può pretendere quindi di sostituirsi alla filosofia se non vuole perdere la sua specificità.
3.
In numerosi passi sparsi in vari scritti Simmel indica assai esplicitamente che il compito delle scienze consiste nella descrizione, nella sistematizzazione e nella spiegazione della realtà. Nei confronti del problema del fondamento di distinzione tra scienze della natura e scienze della cultura o dello spirito Simmel adotta una posizione improntata ad un sostanziale monismo metodologico. Se le correnti di pensiero che facevano capo a Droysen, Dilthey e alla scuola neo-kantiana avevano negato la possibilità di un sapere nomologico nel campo della storia e delle scienze dello spirito e avevano quindi contrapposto spiegazione (Erklären) e comprensione (Verstehen), per Simmel si tratta di coesistenza piuttosto che di contrapposizione.
Coerente alla sua impostazione kantiana, Simmel ritiene che sia nella conoscenza della natura, sia nella conoscenza del mondo storico-culturale, la realtà nella sua infinitezza non possa in alcun modo essere riprodotta o spiegata in modo esaustivo e definitivo. La conoscenza è sempre conoscenza in base a categorie del soggetto e solo queste consentono di costruire la realtà (naturale o storico-sociale) come oggetto di conoscenza. La pretesa di raccontare i fatti così come sono effettivamente accaduti, come se il soggetto conoscente fosse un semplice osservatore neutrale e scrupoloso, non trova giustificazione nell’ambito di un’impostazione kantiana del problema della conoscenza.
La storia è, come scrive Simmel nella Prefazione alla seconda edizione di Die Probleme der Geschichtsphilosophie del 1905 un costrutto teorico. La soggettività dell’oggetto, sulla quale si fonda la pretesa della specificità del metodo comprendente, non fa sostanziale differenza: il problema resta quello di vedere mediante quali categorie analitiche, implicite od esplicite, il materiale percettivo viene costruito. Anche il “comprendere” non è pensabile senza il ricorso a categorie analitiche. Spiegazione e comprensione non si contrappongono, sono due aspetti del medesimo processo conoscitivo. Infatti, sia che si tratti di spiegare o di comprendere, sia che ci si ponga di fronte alla natura o alla cultura e alla storia, non possiamo fare a meno di servirci di strumenti linguistici, di categorie teoriche e di concetti generali. La comprensione non costituisce quindi un metodo migliore, o più adeguato, anch’essa, come la spiegazione, può svilupparsi solo sulla base di aprossimazioni alla realtà. In ogni campo del sapere, sia che si tratti di spiegare, sia che si tratti di comprendere, il problema resta quello di avvicinarsi sempre di più all’oggetto del conoscere (pur nel...

Indice dei contenuti

  1. Indice
  2. Prefazione
  3. 1. Il dibattito sulle origini del capitalismo
  4. 2. Il capitalismo moderno di Werner Sombart
  5. 3. Sul rapporto tra scienze sociali e storia comparata
  6. 4. Sull'origine della sociologia della Germania guglielmina
  7. 5. I limiti della posizione weberiana in tema di causalità
  8. 6. Il rapporto tra conoscenza storica e sociologica in Max Weber
  9. 7. La storia economica
  10. 8. Max Weber e la sociologia italiana
  11. 9. Scambio e valore nella filosofia del denaro
  12. 10. La Grosse soziologie: un'introduzione
  13. 11. La categoria del tempo in Simmel: una lettura sociologica
  14. 12. La costruzione sociale della povertà
  15. 13. Due varianti sul tema del segreto di Simmel
  16. 14. Weber e Sombart e la disputa sui giudizi di valore
  17. 15. Simmel e Weber: convergenze e divergenze
  18. 16. Georg Simmel e Max Weber: un confronto su alcune questioni di metodo
  19. 17. Gramsci e Weber
  20. 18. La lezione sociologica di Norbert Elias
  21. 19. La solitudine del morente
  22. 20. La reversibilità della civilizzazione: Norbert Elias e la questione tedesca
  23. 21. Louis Wirth: il ghetto città nella città
  24. 22. Il credo dell'impreditore americano
  25. 23. Sulla scia di Weber: Rainer Lepsius
  26. Elenco delle edizioni originali dei saggi qui pubblicati