Open Access : L'accesso aperto alla letteratura scientifica
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Open Access : L'accesso aperto alla letteratura scientifica

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Nonostante l'Open Access, vale a dire la disponibilità libera e gratuita dei contenuti in internet, sia ormai un'iniziativa conosciuta, ci sono ancora idee molto confuse e interpretazioni erronee su alcune delle sue caratteristiche e sul suo funzionamento. In quest'opera, Ernest Abadal ha l'obiettivo di chiarire i dubbi e fraintendimenti più frequenti riguardo l'Open Access, presentando le basi teoriche di questo sistema, il ruolo delle riviste scientifiche e l'attitudine dei ricercatori, nonché una stima di quali siano le prospettive future.Questa guida si rivolge tanto agli accademici e ai dirigenti universitari, quanto agli editori e ai professionisti in ambito bibliotecario.L'edizione italiana è stata realizzata con la collaborazione di Maria Teresa Miconi, professoressa di Bibliografia e Biblioteconomia dell'Università di Macerata e riconosciuta esperta di Open Access.La prefazione è a cura di Giovanni Solimine, professore di Biblioteconomia all'Università di Roma La Sapienza, dove è anche presidente del Sistema bibliotecario di Ateneo e direttore della Scuola di Specializzazione in beni archivistici e librari.

Domande frequenti

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Sì, puoi accedere a Open Access : L'accesso aperto alla letteratura scientifica di Ernest Abadal, Giuliana Frisoli in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Scienze sociali e Scienze della comunicazione. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
Ledizioni
Anno
2014
ISBN
9788867051717

1. Nozioni di base

Il logo utilizzato per l’accesso aperto offre una chiara traccia di quali siano i suoi obiettivi. Si tratta di un lucchetto aperto che simboleggia l’eliminazione di barriere che limitano l’informazione scientifica e che impediscono l’accesso a questi contenuti in forma libera e gratuita da Internet. Il lucchetto, quindi, permette l’apertura di due porte: quella economica (gratis) e quella giuridica (libero da alcuni diritti).
figura 1
Figura 1. Logo dell’accesso aperto (Public Library of Science)
L’accesso aperto, pertanto, è un cambio di modello nel funzionamento della comunicazione scientifica che, attualmente, non è né gratis né libera, visto che si debbono pagare licenze per l’utilizzo e, inoltre, la maggior parte dei contenuti sono soggetti a diritti di licenza delle case editrici. L’accesso aperto è in realtà un cambio di paradigma, una rivoluzione che vuole modificare dalla testa ai piedi il sistema di comunicare la scienza.
Il contesto generale nel quale si articola questo movimento è anche conosciuto come “conoscenza libera”, che include anche il software libero, o la cultura libera in generale (wikipedia, musica, ecc.), essendo l’accesso libero alla scienza la parte che si occupa dei contenuti scientifici. Un movimento, questo, che reclama la costruzione di un dominio pubblico per la scienza e la cultura, che permetta la diffusione e il riutilizzo della conoscenza e, di conseguenza, un rapido progresso scientifico e culturale.
In questo paragrafo analizzeremo il concetto e le caratteristiche dell’accesso aperto, le sue origini storiche, così come i principali vantaggi che il modello apporta al funzionamento della comunicazione scientifica. Alla fine risponderemo al primo falso concetto mostrando come il cambio di paradigma da noi sostenuto mantiene senza alcun dubbio la revisione degli esperti (peer review), che è alla base della comunicazione scientifica.

Cosa vuol dire?

Una delle definizioni più conosciute sull’accesso aperto è quella di Peter Suber, uno dei principali teorici in merito.
“Open-access literature is digital, online, free of charge, and free of most copyright and licensing restrictions” (Suber, 2006, 2012).
Qui si fa riferimento alle due caratteristiche o condizioni affinchè i contenuti scientifici siano di accesso aperto: devono essere gratuiti (free of charge) e, inoltre, liberi da ogni restrizione di diritti di licenza. Vuol dire che, gli utenti possono non solo consultarli gratuitamente, ma che inoltre, possono scaricarli, copiarli, stamparli, distribuirli, ecc. Quindi, sono chiari i due aspetti del lucchetto: si deve liberare la scienza dalle barriere economiche e legali che ostacolano la sua diffusione.
E’ una definizione breve e chiara. Tuttavia, se volessimo contestualizzare meglio l’idea di accesso aperto, potremmo ricorrere alla Dichiarazione di Budapest (2002), nella quale si spiega con molta chiarezza quali siano gli elementi essenziali che hanno facilitato il suo emergere.
“Un’antica tradizione e una nuova tecnologia convergono per rendere possibile un bene pubblico senza precedenti. L’antica tradizione è la volontà di ricercatori e accademici di pubblicare i frutti delle proprie ricerche in riviste scientifiche senza scopo di lucro, per il solo bene della ricerca e della diffusione del sapere. La nuova tecnologia è internet. Il bene pubblico che le due rendono disponibile è la distribuzione digitale a tutto il mondo della letteratura scientifica revisionata da esperti così come l’accesso ad essa, totalmente libero e senza restrizioni, per ricercatori, accademici, professori, studenti e altre persone interessate.” (Budapest Open Access Initiative, 2002)
Abbiamo già descritto il prodotto finale, il “bene pubblico”, nella sua stessa denominazione, vale a dire, la distribuzione libera e gratuita di contenuti scientifici, che equivale ad un bene comune, inteso come uno di quei beni che sono di interesse per tutta la società. Ora, spieghiamo brevemente qual è il contesto e il fattore scatenante.

1) Il contesto: la comunicazione scientifica

Il contesto in cui s’inserisce l’accesso aperto alla scienza è il sistema della comunicazione scientifica (un’antica tradizione), vale a dire, i meccanismi che i ricercatori utilizzano per far conoscere i propri progressi. La comunicazione scientifica ha origine nella seconda metà del sec. XVII con la pubblicazione delle due prime riviste accademiche, il Journal des sçavans e Philosophical transactions of the Royal Society of London (1665), a Parigi e Londra rispettivamente, e la sua funzione è quella di contribuire allo sviluppo sociale della scienza in modo da preservare e far conoscere la paternità di questi successi scientifici, quello che Guédon (2001) chiama “registro sociale delle invenzioni e delle innovazioni”.
La base fondamentale di questo sistema è la revisione degli esperti (peer review) che continua ad esser vigente dopo più di 350 anni e ha come missione principale quella di assicurare l’affidabilità dei testi che si pubblicano. La revisione consiste nell’analisi dei testi originali da parte di specialisti nella materia (peers, sta a significare “pari” o colleghi) e nell’elaborazione di relazioni riguardanti gli aspetti da migliorare per procedere alla loro pubblicazione. Quando questo sistema è totalmente anonimo (l’autore non conosce chi ha revisionato il testo e il revisore non ha informazioni riguardo l’autore) viene chiamato “doppio cieco”. Questo è il miglior sistema di controllo qualità che si conosca.
I contenuti da diffondere sono l’informazione accademica o scientifica, ossia i documenti originati da risultati di ricerca o dall’attività accademica in generale. Questi contenuti si diffondono principalmente attraverso articoli di riviste, relazioni di ricerca, atti di congressi, tesi di dottorato, ecc.

2) Il fattore scatenante: internet

Il convergere delle sinergie generate da internet (“una nuova tecnologia”) e della digitalizzazione con il sistema della comunicazione scientifica è stato fondamentale per favorire l’emergere dell’accesso aperto. Senza la possibilità di digitalizzare i contenuti e diffonderli in maniera immediata e a basso costo su internet, non si sarebbe potuto pensare di favorire un accesso libero e gratuito alla scienza. L’edizione digitale ed internet, pertanto, hanno reso possibile l’applicazione e lo sviluppo di questo modello.

Come ottenerlo?

Per poter completare questo cambiamento di paradigma tutti gli autori dovrebbero pubblicare in riviste ad accesso aperto. Questo obiettivo è enorme al momento, visto che, come vedremo più avanti, le riviste open access non raggiungono il 20% del totale. Ecco perchè è necessario che questa misura si completi archiviando in repositories gli articoli pubblicati in riviste commerciali. Di modo che, utilizzando queste due vie o strategie complementari, si potrebbe ottenere che l’accesso aperto alla scienza sia totale.
La Dichiarazione di Budapest (2002) le indica con molta chiarezza:
a) Pubblicare in riviste a libero accesso (via “dorata”)
Si riferisce all’opzione in cui gli autori pubblicano i propri articoli direttamente in riviste ad accesso aperto. Nel direttivo DOAJ, si possono trovare esempi di riviste di tutte le discipline, per alcune delle quali è necessario che gli autori paghino la pubblicazione. La situazione delle riviste scientifiche ad accesso aperto così come la loro tipologia verrà trattata nel capitolo successivo.
b) Archiviare in depositi (via “verde”)
Gli autori depositano le proprie pubblicazioni (solitamente preprints o postprints dei loro articoli di rivista) e altri oggetti digitali in repositories ad accesso aperto. In questo modo si complementa la pubblicazione in riviste. Alcuni dei repositories più famosi sono arXiv.org per la Fisica o PubMed Central per la Medicina e si stanno creando sempre più repositories istituzionali. E’ importante notare che la maggior parte delle riviste scientifiche permette che gli autori possano depositare una copia dei lavori pubblicati in depositi o nei propri siti web personali. Queste questioni saranno ampliate nei capitoli dedicati ai depositi e agli aspetti legali.
Con l’introduzione del modello ad accesso aperto e delle due strade per conseguirlo, il sistema di comunicazione scientifica cambia. Nella tabella 1 sistematizziamo la struttura e il funzionamento di tutto il procedimento, indicando chi sono gli agenti che intervengo, la funzione che svolgono e il prodotto finale che generano. In questo schema abbiamo incluso anche le due vie complementari per conseguire l’accesso aperto: la pubblicazione in riviste aperte e l’archiviazione in depositi.
tabella 1
Tabella 1 Funzionamento del processo di comunicazione scientifica
Questo suppone l’introduzione di una nuova funzione (autoarchivio) e di due prodotti in più (la rivista ad accesso aperto e i depositi), ma non comporta l’ingresso di nessun nuovo agente né, soprattutto, l’eliminazione di nessuno di questi o delle loro funzioni.

Precedenti

I movimenti di cambiamento (che siano politici, economici o sociali) partono da esperienze pionieristiche sorte da un disallineamento con la realtà. Il nucleo iniziale si alimenta di un malessere latente che, in un determinato momento, scoppierà improvvisamente a partire da una scintilla esterna.

1) Le prime esperienze

Le origini dell’accesso aperto hanno poco più di un decennio, sebbene le prime esperienze risalgano a vent’anni prima. Dall’inizio degli anni ’90 si vedono diversi tentativi di gestire la comunicazione scientifica con un modello diverso da quello commerciale.
arXiv.org, una piattaforma per immagazzinare i lavori di ricerca dei fisici, creata nel 1991 da Paul Ginsparg, è il primo e grande riferimento. Questo deposito di preprints (originali) nell’ambito della fisica di alte energie costituì un esempio che sembrava potesse estendersi a tutta la scienza. La creazione del protocollo OAI-PMH nel 1999 che facilitava lo scambio di informazioni tra depositi, così come lo sviluppo del software per la gestione degli archivi di informazione scientifica (denominati repositories, di cui parleremo in un capitolo specifico) da parte di utenti non esperti, costituirono notevoli sviluppi tecnologici.
Per quanto concerne le riviste, i primi titoli appaiono all’inizio degli anni ’90. Va segnalato inoltre che, nel 1997 la National Library of Medicine rese il gran database di medicina Medline ad accesso libero sotto la forma di PubMed e che, nel 2000, si creò BioMed Central, editoriale di riviste di scienze biomediche con accesso aperto.

2) Il malessere latente

Il disagio si fonda nella costatazione di un paradosso: l’edizione tecnico-scientifica si nutre del lavoro dell’accademico, delle sue ricerche, dei suoi testi, delle sue revisioni e, in cambio, lo stesso ricercatore che alimenta il sistema, quando vuole consultare queste stesse fonti per poter continuare il suo lavoro, è obbligato a pagare un plusvalore che guadagna l’editore. Se a questo aggiungiamo che una gran parte della ricerca scientifica è sostenuta da fondi pubblici e che i vantaggi vanno alle aziende private, allora il paradosso, aumenta.
Guédon descrive questa situazione come un mercato “anelastico”, vale a dire, con una domanda totalmente prigioneria, visto che non dispone di offerta alternativa di contenuti. Questo facilita la posizione dei venditori che possono fissare i prezzi liberamente. Questo processo di controllo del mercato s’incrementò dopo la 2ª Guerra Mondiale, quando apparve un gran numero di riviste scientifiche e quando nacque e aumentò l’influenza degli indici delle citazioni (Citation Index) dell’Institute of Scientific Information (attualmente Thomson Reuters).

3) La scintilla

Il detonatore, come accade nella maggior parte dei casi, fu di carattere economico. Nel decennio dei ’90 gli aumenti dei prezzi delle riviste scientifiche superavano notevolmente l’inflazione e minacciavano di superare i budget delle biblioteche (già allora congelati). I bibliotecari furono tra i primi collettivi a farsi sentire e a formulare uno studio su questa salita di prezzi conosciuta come “la crisi delle pubblicazioni periodiche” (serials crisis). La Association of Research Libraries mostró, in uno studio molto citato (Kyrillidou, 2012), come nel periodo 1986-2011, l’aumento del costo degli abbonamenti a riviste accademiche fu del 402%, mentre l’inflazione arrivò solo al 106% (ossia, un incremento quattro volte superiore). Altri studi paralleli con dati del decennio 1990 mostrano cifre simili, con incrementi superiori a cinque volte l’inflazione (House of Commons, p.29).
figura 2
Figura 2. Trend di spesa in biblioteche ARL, 1986-2011 (Fonte: ARL)

4) Le reazioni

Una delle prime azioni rilevanti fu la lettera aperta agli editori scientifici patrocinata dalla PLoS (Public Library of Science) nel 2001. La firmarono più di 30.000 ricercatori che sollecitavano gli editori accademici a lasciare gli articoli in accesso aperto a partire dai sei mesi dalla pubblicazione e che esortavano i ricercatori a non pubblicare in riviste che non sottoscrivessero la dichiarazione. La lettera ebbe più impatto sociale che effetti pratici, contribuendo alla diffusione del significato di accesso aperto.
Nel dicembre 2001 si svolse a Budapest una riunione promossa dalla Open Society Institute (della Open Society Foundation, patrocinata da George Soros) nella qualche si approvò la Dichiarazione di Budapest (Budapest Open Access Initiative, 2002), sopra citata, che definì per la prima volta l’open access come il libero accesso, attraverso Internet, alla letteratura scientifica, rispettando le leggi di copyright esistenti, e che stabilì le due ...

Indice dei contenuti

  1. Open Access
  2. Contenuti
  3. Prefazione
  4. Presentazione
  5. 1. Nozioni di base
  6. 1.1. L'accesso aperto vuole eliminare la peer review?
  7. 2. Riviste scientifiche
  8. 2.1. Le riviste ad accesso aperto possono ottenere buoni livelli di qualità ed essere economicamente sostenibili?
  9. 3. Repositories
  10. 3.1. I depositi contengono materiali di scarsa qualità e non hanno visibilità?
  11. 4. Aspetti legali
  12. 4.1. L'accesso aperto è un modo per evitare le leggi sulla proprietà intellettuale?
  13. 5. I ricercatori
  14. 5.1. I ricercatori sono interessati e motivati all'accesso aperto?
  15. 6. Politiche di promozione
  16. 6.1. C'è interesse nel promuovere e diffondere l'accesso aperto?
  17. 7. Prospettive future
  18. 7.1. L'accesso aperto ha un ruolo residuale nella comunicazione scientifica?
  19. Bibliografia
  20. Ernest Abadal