Paolo Toselli
La famosa invasione
delle vipere volanti
e altre leggende metropolitane
dell’Italia di oggi
Ledizioni
Sommario
Tremate, tremate… le leggende son tornate
Ditelo con una leggenda
Sesso e scandalo
Gli amanti incastrati: cento varianti sul tema
I poteri miracolosi della Coca-Cola
Scandalo a piccoli fans
Seni esplosivi
Tamponamento fatale
“Benvenuto nel mondo dell’AIDS”
Colpo di scena: lo sposo vendicatore
Sorpresa al bordello
Animali e simili
Supertopi
Il coniglio resuscitato
In viaggio
La moglie dimenticata. Storia di una leggenda vera
La nonna trafugata
La turista scomparsa
Crimini e misfatti
La boutique del “pret-a-deporter”
Il rene sottratto
Allarme al supermercato
Raccolte benefiche
“Cinque chili di scontrini per una carrozzella”
Le targhe della 500
Cartoline per il guinness: la vera storia di Craig Shergold
Brevi da tangentopoli
“Dagli al politico!”
La fontana scomparsa
Raccogliere leggende contemporanee
Chi non muore si ripete
C’era una volta, e c’è ancora
Fonti
La famosa invasione
delle vipere volanti
Tremate, tremate…
le leggende son tornate
Capita che un giorno ti ritrovi intervistato sul settimanale L’Espresso e poco dopo un responsabile di uno dei maggiori gruppi editoriali di casa nostra si interessa ai contenuti dell’articolo e ti contatta per valutare la possibile redazione e pubblicazione di un libro a tua firma, in alternativa alla traduzione di un testo americano di cui avevano già acquistato i diritti.
Da questa concatenazione di eventi, nasceva ventiquattro anni fa questo libro. L’altro saggio, che non ha mai visto la luce in italiano, era scritto da Jan Harold Brunvand, docente presso l’università dello Utah, a Salt Lake City, negli Stati Uniti, da tutti considerato una delle massime autorità in fatto di leggende metropolitane. Già, di questo si trattava. Il tema era relativamente nuovo, ma in poco tempo si è imposto all’attenzione generale. Molti giornalisti fiutarono un argomento succoso e dedicarono lunghi articoli a queste “storie improbabili raccontate come vere” e credute vere, ma che rientrano in un più ampio folklore narrativo.
Col passare degli anni, oltre alla pubblicazione di altri libri che hanno contribuito a far riconoscere al grande pubblico l’argomento come genere narrativo ben definito, alle leggende metropolitane, in quanto tali, sono stati dedicati programmi radiofonici, format televisivi e anche pieces teatrali. Parallelamente, si è diffusa la moda di utilizzare la “leggenda metropolitana” per indicare una bufala, una battuta scherzosa, una diceria, un pettegolezzo, insomma qualcosa di falso, tutt’altro che vero. Si tratta di una semplificazione fuorviante, sempre più spesso attuata dai mezzi di informazione ed entrata a far parte del linguaggio comune, che giustifica un atteggiamento generico di discredito e di denigrazione nei confronti di coloro che credono in queste storie, soggetti ignoranti e privi di senso critico. Ma sovente sono proprio le persone istruite, razionali, che rivestono incarichi di responsabilità, i maggiori portatori e diffusori di leggende metropolitane. Lungi dall’essere storie insignificanti sono al contrario narrazioni piene di significato, che vale la pena di studiare e comprendere.
Non di poco conto, a questo proposito, è il ruolo svolto in questi anni dal Centro per la Raccolta delle Voci e delle Leggende Contemporanee (CeRaVoLC), nato nel settembre 1990 sulla base delle singole esperienze dei suoi fondatori, tra cui lo scrivente. Sviluppatosi rapidamente, il Centro si è rivelato motore trainante per decine di pubblicazioni e tesi di laurea presentate in numerosi atenei, nonché funzione di collegamento tra studiosi italiani e stranieri di varie discipline. Grazie al puntiglioso lavoro dei suoi componenti, coadiuvati da collaboratori esterni, è stato costituito un archivio documentale unico in Italia e composto da libri, riviste, pubblicazioni varie, ma soprattutto migliaia di ritagli e lettere, messaggi elettronici e registrazioni di racconti orali. Merito di quest’attività, tutta incentrata sul volontariato, è l’aver evitato il rischio che tale materiale, di cui questo libro è solo un esempio, andasse irrimediabilmente perso.
Oggi si parla molto di “fake news”, un fenomeno che ha attinenze con le leggende metropolitane, ma anche differenze. Ad esempio, le prime sono spesso create a tavolino, mentre le seconde, di solito, nascono spontaneamente da discussioni collettive all’interno di determinati gruppi sociali. È anche vero che i due mondi interagiscono e si compenetrano, influenzandosi a vicenda.
E poi, non sono una novità. “Le false notizie, in tutta la molteplicità delle loro forme – semplici dicerie, imposture, leggende – hanno riempito la vita dell’umanità”. Così scriveva, nel lontano 1921, Marc Bloch nel saggio Réflexions d’un historien sur les fausses nouvelles de la guerre.
Risalire alla loro fonte, comprendere la capacità che esse hanno di amplificarsi passando di bocca in bocca, o da uno scritto all’altro, è un’impresa che “merita di appassionare chiunque ami riflettere sulla storia”, afferma Bloch. “Una falsa notizia”, sostiene il grande storico francese, “nasce sempre da rappresentazioni collettive che preesistono alla sua nascita; questa, solo apparentemente è fortuita, o, più precisamente, tutto ciò che in essa vi è di fortuito è l’incidente iniziale, assolutamente insignificante, che fa scattare il lavoro dell’immaginazione. Ma questa messa in moto ha luogo soltanto perché le immaginazioni sono già preparate e in silenzioso fermento. La falsa notizia è lo specchio in cui la ‘coscienza collettiva’ contempla i propri lineamenti.” Considerazioni ante litteram che evidenziano l’importanza delle stesse leggende contemporanee.
Da alcuni anni, queste storie si alimentano anche attraverso la rete. Si pensi, ad esempio, alla cosiddetta leggenda dell’arabo riconoscente. Una persona dalle fattezze mediorientali perde il portafoglio in un centro commerciale. Una signora lo trova, glielo restituisce e questa persona vuole ricompensarla con del denaro. La signora rifiuta e allora l’arabo le dice: “Se non vuole i soldi, almeno accetti questo consiglio: non venga in questo posto prima di Natale”. Il messaggio recondito è: qui ci sarà un attentato. Bene, questa storia ha iniziato a circolare subito dopo i tragici eventi dell’11 settembre 2001 e in poche ore, anche grazie ai mezzi elettronici, si è diffusa in tutto il mondo occidentale ed è stata ambientata ovunque. A fine 2016, ad esempio, è riapparsa, tra Campania e Lazio, diffusa tramite WhatsApp. La sua narrazione, come in tanti altri casi, è una sorta di toccasana nei confronti della nostra ansia da incertezze: so che non devo andare, un dato momento, in un dato posto. Una sicurezza contro l’indeterminatezza diffusa.
In parte, a fronte della diffusione di nuovi mezzi e modalità di comunicazione, le attuali leggende si sono trasformate. Storie e voci infondate, perlopiù sotto forma di appelli a favore di bambini malati e allarmi sulla pericolosità di prodotti di gran consumo, nello scorso secolo diffuse coi mezzi dell’epoca quali ciclostilati, fotocopie e fax, hanno iniziato a circolare molto più velocemente col “taglia e incolla” attraverso e-mail, messaggini telefonici e social media.
All’alba del nuovo millennio, inoltre, è comparsa su internet una nuova categoria: le immagini “leggendarie”. In base al detto “una foto vale più di mille parole”, queste raffigurazioni visive, dal contenuto spiazzante e di fonte anonima, si sostituiscono, in parte, alle classiche narrazioni: un soldato attaccato da uno squalo mentre risale sulla scaletta di un elicottero, un turista sulla terrazza del World Trade Center con alle spalle l’aereo prima del tragico schianto, il Canal Grande a Venezia trasformato in una spessa lastra di ghiaccio, George W. Busch che impugna un binocolo e vi guarda attraverso senza togliere i tappi di protezione, e così via.
Oggi come allora, pregiudizi, paure, eventi a cui non sappiamo dare un significato, ma anche celate aspettative, fanno da sfondo a queste storie, a cui sempre più sovente i mezzi di informazione, tradizionali o di ultima generazione, offrono legittimazione, elevandole al ruolo di notizie di cronaca. Ricordate quando nel 2004 l’Ansa, i giornali e le tv diffusero la notizia di un traffico di organi di bambini che coinvolgeva medici italiani, greci e albanesi? Nulla di più falso. Un certo Pietro Zannoni, ex operaio di Grottammare, rivelò successivamente che per tredici lunghi anni si era inventato in Albania una finta agenzia di stampa e aveva iniziato a diffondere notizie false, tra cui anche questa.
Come ciò è stato possibile? Perché ormai il controllo delle fonti è minimo e sovente basta che qualcun altro l’abbia già pubblicata e vi sia una condizione culturale favorevole per legittimarne la riproduzione, senza ulteriori verifiche.
Troverete esempi di codesto tipo, oltre ad aggiornamenti e sviluppi, anche inaspettati, ricostruzioni singolari e inedite dell’origine di alcune delle più famose leggende metropolitane riferite nell’edizione originale di questo libro, assieme al resoconto di storie emerse solo di recente, nel nuovo capitolo finale Chi non muore si ripete.
Le leggende metropolitane, quelle “classiche” e quelle più recenti, subiranno ulteriori metamorfosi, ma non si estingueranno, essendo parte integrante di noi stessi. Come i bambini hanno bisogno delle favole per crescere, gli adulti hanno bisogno delle leggende per sopravvivere.
E come sintetizza egregiamente l’omonimo protagonista del film statunitense Candyman diretto da Bernard Rose nel 1992: “Io sono la leggenda. È una condizione ideale, credimi! Si racconta di me agli angoli delle strade. Vivo nei sogni delle altre persone, ma senza dover esistere”. Attenzione, però. Non invocate il suo nome davanti allo specchio! Ma questa è un’altra storia…
Alessandria, aprile 2018
Per approfondire l’argomento e segnalare episodi, storie e leggende “di casa nostra”, si può consultare il sito
www.leggendemetropolitane.eu oppure contattare l’autore all’indirizzo
[email protected].
Ditelo con una leggenda
Torino, dicembre 1993. È sera e una signora sui quarantacinque anni, look falsoborghese, sale sul “50”. Durante il tragitto inizia a intrattenere un discorso con un’altra donna, sui trentacinque anni. Lei dice che bisogna stare molto attenti in quel periodo, perché si erano già verificati dei tentativi di rapimento. Alla richiesta di spiegazioni della seconda signora, prosegue il suo discorso fornendo dei particolari precisi. “È accaduto l’altro giorno all’Auchan. C’erano i due genitori con una bellissima bambina bionda, capelli lunghi. Mentre un genitore pagava e l’altro caricava sul carrello, la loro figlia è sparita nel nulla. Mentre la madre si mise subito a cercarla in giro, suo marito avvisava il direttore, il quale faceva immediatamente chiudere tutte le uscite. Poco dopo, la ricerca diede i suoi frutti. La bambina venne ritrovata in un angolo in compagnia di due zingari, che le avevano già tagliato i capelli corti e sporcato il viso e i vestiti di cioccolata per farla assomigliare a una di loro. E meno male – conclude il racconto la signora – che se ne sono subito accorti, altrimenti non l’avrebbero mai più trovata!”
A questo punto una terza donna, che aveva ascoltato tutta la storia, si inserisce nel dialogo, quasi a voler confermare l’accaduto. “Anche io so qualcosa del genere, conosco una persona che è stata adescata in discoteca da una bella ragazza. Quando si sono appartati, l’uomo è stato narcotizzato, e al risveglio si è ritrovato con una ferita ricucita: gli era stato tolto un rene!” La donna sui trentacinque anni, incuriosita, le chiede qualche delucidazione: possibile che non si fosse accorto di niente, e poi dove si era risvegliato, eccetera. Ma la signora che poco prima aveva raccontato l’episodio risponde con un secco “non so”, e si dimostra riluttante a fornire altre spiegazioni.
Quante volte vi siete trovati in situazioni simili? Chi non ha non ha mai sentito parlare di una ragazza di ritorno da un viaggio in un paese esotico, a cui spunta una fastidiosa pustola sulla guancia dalla quale, dopo alcuni giorni, escono una miriade di vispi ragnetti? Chi non si ricorda di quanti tronchetti della felicità sono stati gettati nei cassoni...