IL VENTRE DI MILANO
FISIOLOGIA DELLA CAPITALE MORALE
Volume secondo
Milano che soffre
i.
La carità cittadina
La più grande, la più splendida fra le glorie di Milano!
L’amore del proprio simile, il ribrezzo al pensiero ch’esso soffra per infermità o patisca di fame, di freddo, di miseria è innato nel cuore degli uomini. Per gioire delle altrui sofferenze è mestieri nell’individuo una ferocia innata, o un guasto del cuore prodotto da passioni, da spirito di vendetta, da lunghe ingiustizie sofferte. Nerone, Galeazzo Visconti, Ezelino da Romano, Torquemada sono eccezioni atroci e nefande nel genere umano. E i loro nomi risuonano nella coscienza pubblica infamissimi.
Quando l’amore dell’umanità, non poteva essere che un sentimento individuale, perché la ragione di Stato, il diritto della forza, i capricci dei tiranni erano in voga, sorsero i santi della beneficenza modesta e segreta: il prete di Paola, il monaco d’Assisi, san Carlo Borromeo.
Ma non appena la pietà per le miserie potè affermarsi nella grande maggioranza dei cittadini, da puro sentimento essa si voltò in idea e diventò filantropia. Da ciò tutti i miglioramenti alle prigioni, agli spedali, e i soccorsi all’infanzia, ai derelitti, ai pericolanti, alla vecchiaia, ai privi di doni di natura e cosi via. E nello stesso tempo guerra alla tortura, airinquisizione, ai servizii di corpo, alle bastonate. E gli uomini stretti in società fecero gara nel mostrarsi pietosi.
Milano — lo ripetiamo — come in parecchie altre cose — va superba di non essere seconda a nessuna in questi provvedimenti del cuore, della ragione e dell’interesse sociale. La beneficenza fu sempre sua gloria nel passato e lo è sempre più tuttora. Nessuna altra città del mondo — lo diciamo con cognizione di causa — a pari condizioni di anime e di ricchezza, ha come Milano un numero tanto cospicuo di istituzioni benefiche.
Non ci è concesso parlare di tutte per non uscire dai limiti impostici dal titolo istesso del nostro libro. Esse del resto sono note a tutti e basterebbe aprire solamente la Guida Savallo per averne i titoli, gli scopi, i direttori.
Ma non potremmo esimerci dal presentare quegli istituti, che hanno più diretta relazione colla necessità del ventre, col diritto di non morire di fame.
*
Per primo ci si presenta il Baliatico.
Il neonato incontra spesso una grande difficoltà ad essere nutrito fin dalle prime ore, fin dai primi vagiti ch’egli emette venendo alla luce.
Nel carnevale 1870 — scrive il Vitali — i cittadini affollati ai balconi delle case per vedere il passaggio delle mascherate e il getto dei coriandoli, si chiedevano gli uni agli altri con ilare sorpresa che mai fosse un carro che s’avanzava lento lento fra le fila degli altri carri, portando una scala inalzata obliquamente nel vuoto come la scala Porta. Sulla scala vedevasi appoggiato un uomo mascherato con una lunga pertica — terminata da una borsa — che colui andava volgendo ora a destra ora a sinistra avvicinandola ai balconi e ritirandola dopoché delle mani gentili e generose vi avevano deposto un dono.
Era il carro del Baliatico. Il fondo depositato presso la locale Congregazione di carità doveva dare i mezzi coi quali soccorrere le madri povere nell’allattare i propri bambini.
Allo stesso scopo si fece poi una lotteria nell’Arena. Fra l’uno e l’altro introito si raggiunse la somma di dieci mila lire.
Un comitato di ottanta persone, sotto il patrocinio della principessa Margherita di Savoia, diede l’anno dopo un potente sviluppo a questa insigne opera pia, che non si accontentava di avere già in Milano un ospizio provinciale per gli esposti e per le partorienti, sotto la direzione del compianto dottor Romolo Griffini.
Oggi il Baliatico, mercè il buon cuore di parecchie dame e di generosi benefattori, è riuscito in pochi anni ad avere una rendita patrimoniale che passa le ottantamila lire.
V’hanno dei casi in cui l’allattamento mercenario è una dura necessità, ma il procurarlo alla madre che non può allattare è atto di vera carità verso questa, che, sia perché debole sia perché costretta al lavoro, si trova nell’impossibilità di allevare il suo bambino; carità verso il figlio che male alimentato, porterebbe un contingente al rachitismo già abbastanza abbondante in Lombardia, e che — diciamo il vero — dopo la morte del dottor Pini, ha lo stabilimento che stenta un poco la vita.
È infatti strano che i Milanesi si ricordino a stento che c’è l’istituto dei rachitici che aspetta da loro il soccorso di cui essi sono cosi larghi all’ospedale e ad istituti già abbastanza ricchi.
I rachitici — ci diceva il dottor Panzeri — sono fra tutte le istituzioni benefiche la meno contemplata. Possano queste parole dare una spinta a chi pensa che il risanare un uomo, perché egli possa essere uomo, è un dotare la patria d’un difensore, forse di un letterato insigne o d’un deputato valente.
*
Dai neonati in pericolo di mancare di balia, agli orfani, ai derelitti, agli abbandonati è breve il passo. Ai poveri fanciulli abbandonati che non possono fruire di nessun’altra istituzione di beneficenza serve il ricovero di via Filangeri — poco distante dal Cellulare — diretto da quel bravo uomo del signor Alessandro Bandiera. — Dai bambini poi ai vecchi che non hanno più possibilità di lavorare non c’è che la distanza dell’età. L’anima benefica del ricovero dei derelitti è l’avv. Giulini, — dell’orfanotrofio dovrebbe esserlo il comm. senatore Carlo Prinetti.
La carità cittadina ai poveri vecchi soccorre in parecchi modi, sotto vari pretesti, con diversi titoli.
C’è primo il Luogo Pio Trivulzio di cui un altro collaboratore più spigliato di me, ve ne parlò nel primo volume.
C’è la vecchia Pia Casa di Industria a San Vincenzo.
Il Ricovero di Mendicità a San Marco e alla vecchia Senavra, diretto dal rag. Royer.
La Casa di ricovero ecclesiastica sotto il patronato dell’Arcivescovo.
Il Pio Istituto filarmonico e il teatrale fra i protettori dei quali si trovano i nomi dei nostri ricchi seihpre pronti a sciogliere la borsa pei poveri; come il duca Visconti, il sindaco attuale, il con...