Sicurezza in città: pratiche di controllo all’interno dello spazio urbano
A cura di Sebastian Saborio
Prefazione di Giuseppe Ricotta
Ledizioni
Prefazione
Giuseppe RICOTTA**a
a Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche, Sapienza Università di Roma
Questo libro affronta alcune delle questioni più rilevanti per la convivenza e la qualità della vita nelle città contemporanee: la sicurezza dei cittadini e le pratiche di controllo all’interno dello spazio urbano. Un argomento complesso, che richiede una disambiguazione concettuale: che cosa si intende per sicurezza? E, dato l’oggetto di analisi di questo testo: vi è una sicurezza specifica che pertiene alla vita urbana? E, ancora, la “sicurezza urbana” è qualcosa di diverso rispetto alla sicurezza pubblica? E quale significato è dato a questo termine nel dibattito pubblico e nei testi di legge che definiscono le politiche?
Si tratta di questioni sempre più dirimenti, dato che oggi (e ancor di più nel futuro) la maggior parte degli esseri umani abitano contesti urbani e le cosiddette megalopoli sono in costante crescita, soprattutto nel Sud globalizzato, insieme alle forme di abitazione informale definite, a seconda della lingua e dei contesti in cui si strutturano, slums, favelas, baraccopoli, ecc.
Anche in Italia, da almeno vent’anni, il tema della sicurezza delle città è al centro dell’attenzione dei mezzi di comunicazione e dei leader politici, tanto nazionali quanto locali. E, di conseguenza, anche nelle università italiane il tema è divenuto campo di ricerca empirica e di riflessione teorica. Eppure, spesso, di sicurezza si parla e si scrive in modo acritico.
Non è quello che fa il presente lavoro. A partire dall’analisi e dalla comprensione del ruolo, decisivo, che le nuove dinamiche urbane hanno avuto e stanno avendo nel ridefinire i confini e i significati del bene pubblico “sicurezza” e delle politiche progettate per garantirlo. L’introduzione di Saborio, in tal senso, descrive con chiarezza quali sono queste dinamiche. I processi della globalizzazione economica hanno ridotto la capacità degli stati di indirizzare le politiche economiche, e stanno avendo un impatto sempre più incisivo e diretto sulla vita delle città, a loro volta chiamate a gestirne gli effetti, con strumenti il più delle volte limitati, tanto politicamente quanto finanziariamente. Allo stesso tempo, le città hanno assunto un nuovo protagonismo nella possibilità di connettersi ai flussi economici globali, e per fare questo devono essere in grado di divenire luoghi appetibili per gli investimenti, i commerci, la realizzazione di grandi eventi.
L’immagine che una città è capace di veicolare, a livello internazionale, è in tal senso decisiva. Una delle chiavi essenziali per costruirsi una buona reputazione agli occhi di investitori, turisti e consumatori, si gioca, appunto, nel campo della sicurezza: essa va, da un lato, garantita, soprattutto in termini di “percezione”; dall’altro, il controllo urbano deve essere effettuato attraverso politiche che, almeno retoricamente, dimostrino di essere rispettose dei diritti umani, come si addice a una società democratica. Entro questo quadro possono essere meglio interpretate le nuove parole d’ordine della sicurezza delle città a livello globale: nuova prevenzione, sicurezza partecipata, polizia di prossimità o comunitaria.
Allo stesso tempo, la sociologia urbana ci avverte delle dinamiche critiche che stanno caratterizzando le contemporanee trasformazioni urbane: se da un lato alcune aree delle città riescono a connettersi ai flussi globali della produzione e del consumo, beneficiandone in termini di sviluppo e qualità della vita, da un altro lato vi sono zone, aree, interi territori, incapaci di connettersi a questi flussi, e che stanno pagando per questo un duro prezzo in termini di impoverimento ed esclusione. Di qui la definizione di città duale.
Tutti i casi presentati nel testo si interrogano su questi temi e provano a fornirne interpretazioni a partire dalla ricerca empirica. I contesti urbani analizzati, nello specifico Roma, Bologna, Rio de Janeiro e Johannesburg, pur con le loro peculiarità, ci fanno intravedere alcune convergenze per l’interpretazione del campo delle politiche di sicurezza urbana, che è intesa innanzitutto come decoro, ed è garantita in modo ineguale nella città.
A Tor Sapienza, periferia di Roma, la ricerca descritta da Ferretti ci dice di come l’attenzione della politica verso i bisogni del territorio si sia attivata solo di fronte ai gravi casi di disordine e di violenza che hanno caratterizzato la protesta contro la presenza nel quartiere di un centro per rifugiati e richiedenti asilo. Al disinteresse per una zona periferica quale Tor Sapienza, fanno da contraltare a Rio de Janeiro e a Johannesburg le aree interessate da progetti di riqualificazione urbana: sono zone ritenute interessanti per il loro potenziale economico (speculazione edilizia, commerciale) e per questo, ci dice Burocco, non lasciano spazio di agilità a quanti non rientrano tra gli “includibili” (siano essi gli storici residenti in condizione di povertà a Rio, oppure gli occupanti di case a Johannesburg). A Bologna, ci spiega Fabini, le attività di controllo verso i cittadini immigrati da parte della polizia municipale non rispondono tanto a una politica di accertamento della regolarità dello status del cittadino immigrato, quanto a problemi di decoro urbano, per la momentanea repressione di comportamenti ritenuti fastidiosi o che amplificano la percezione di disordine, non solo lo spaccio di sostanze stupefacenti, ma, ad esempio, anche l’attività di parcheggiatore abusivo.
Il circolo che si crea tra mezzi di comunicazione, leader politici e fenomeni di esclusione sociale è tale per cui alcune dinamiche delle città tardo-moderne appaiono essere simili in diversi contesti metropolitani, pur a fronte di specificità molto marcate. Da questo punto di vista, sociologicamente, il concetto di sicurezza urbana coglie bene i fenomeni contemporanei connessi alla percezione di sicurezza, allargando lo spettro di quei comportamenti che possono entrare dentro questo campo. Ecco perché alcuni fenomeni che poco o nulla hanno a che fare con crimini penalmente perseguibili, vengono però fatti rientrare entro il concetto di sicurezza urbana: i così detti comportamenti “incivili” o “inurbani”, o la semplice presenza di attori sociali marginalizzati.
Il problema sorge quando si passa dalle interpretazioni sociologiche delle ansie e delle paure urbane, al piano delle politiche e dell’operare della polizia. Se, nella ideazione delle politiche pubbliche, la sicurezza urbana è interpretata essenzialmente come decoro e come percezione della sicurezza, può non essere prioritario, ad esempio, risolvere alla radice le cause sociali che creano la percezione dell’insicurezza nei cittadini, quanto il rendere alcuni fenomeni urbani meno visibili, e quindi meno “fastidiosi”: ciò può significare controllare che il fenomeno dello spaccio non diventi troppo molesto a Bologna, oppure, nel caso di Rio de Janeiro e delle Unità di Polizia di Pacificazione (UPP), che i giovani “soldati” del traffico non ostentino la loro attività mostrando le armi impugnate in giro per le favelas.
Vi è, insomma, una pressione per l’occultamento di fenomeni, o per il loro spostamento verso zone meno “interessanti”, fenomeni individuati non solo – non prioritariamente – sulla base del loro carattere più o meno criminale, come sarebbe coerente secondo il concetto di sicurezza tradizionalmente inteso, quanto secondo principi di decoro urbano, “economici ed estetici”. Questo spostamento dei problemi criminali e sociali rischia di acuire le iniquità di accesso al bene sicurezza nelle città, come dimostra il caso di Tor Sapienza, dove il conflitto esplode proprio in quanto il quartiere periferico racchiude in sé le numerose contraddizioni della città contemporanea, patendo al contempo la colpevole assenza della politica.
Da questo punto di vista, leggere le ricerche qui presentate può divenire un esercizio di grande utilità per i nostri legislatori. La bozza del disegno di legge in tema di sicurezza urbana (Norme sulla sicurezza urbana, per la legalità e la sicurezza dei territori) presentato dal Ministro dell’Interno ai sindaci delle grandi città a settembre 2015, infatti, parla di interventi per la eliminazione dei fattori di marginalità ed esclusione sociale. Che cosa si intenderà con ciò nella implementazione di politiche locali di sicurezza farà la differenza tra un’idea di città inclusiva e attenta ai diritti di accesso a questa da parte di tutti i cittadini, e un’idea di città escludente e sicura solo in quanto capace di allontanare i frequentatori o i residenti “fastidiosi”, senza intervenire sulle cause dell’esclusione sociale, ma diventandone addirittura una nuova: un ulteriore motore di accelerazione d...