La nuova intolleranza. Superare la paura dell'islam e vivere in una società più libera
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La nuova intolleranza. Superare la paura dell'islam e vivere in una società più libera

Martha C. Nussbaum, Stefania De Petris

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La nuova intolleranza. Superare la paura dell'islam e vivere in una società più libera

Martha C. Nussbaum, Stefania De Petris

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Quale ragione ha spinto diversi giornali ad attribuire la strage di 77 norvegesi a non meglio precisati estremisti islamici, finché non è stato chiarito che l'esecutore era un terrorista xenofobo autoctono? Perché la Svizzera, un paese con quattro minareti, indice un referendum per proibire questi simboli religiosi? Per quale motivo la proposta di costruzione di un centro culturale islamico nel Lower Manhattan, vicino a Ground Zero, accende un dibattito politico incandescente negli Stati Uniti? Nella «Nuova intolleranza», Martha C. Nussbaum esamina alcuni casi esemplari di islamofobia per raccontare la pericolosità delle reazioni dettate dalla paura. Attingendo alla grande tradizione umanista della filosofia, della storia e della letteratura, indica un percorso che va oltre le ristrette risposte offerte dall'Occidente, verso un modello di società più equa, inventiva e libera. La paura, scrive Nussbaum, è la più narcisistica delle nostre emozioni. Manipolando le ansie legittime si producono leggi e politiche contro chi è diverso. Per superare l'intolleranza è necessario applicare con costanza il rispetto delle coscienze e la capacità di comprensione. Nussbaum ci sfida ad abbracciare la libertà di religione per tutti, estendendo agli altri quello che chiediamo per noi. Ci incoraggia a espandere la nostra capacità di immaginazione empatica attraverso la curiosità, la conoscenza delle culture religiose e una forte etica del vivere civile. Solo così, argomenta Nussbaum, possiamo sconfiggere la politica della paura e avviarci verso un futuro più aperto e inclusivo.

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Informazioni

1. Religione: un’era di timori e sospetti

Una volta, non molto tempo fa, americani ed europei andavano orgogliosi del proprio atteggiamento illuminato di comprensione e tolleranza religiosa. Anche se tutti sapevano che la storia dell’Occidente era stata segnata da intense rivalità e violenze religiose – compresi episodi sanguinosi come le crociate e le guerre di religione, ma anche la più sottile violenza del dominio coloniale europeo in molte regioni del mondo, l’antisemitismo e l’anticattolicesimo in patria, fino ad arrivare agli orrori del nazismo, che interessarono non solo la Germania ma molte altre nazioni – fino a tempi molto recenti l’Europa ha voluto pensare che quell’epoca buia appartenesse al passato. La violenza religiosa era altrove – in società più «primitive», meno caratterizzate da una tradizione di valori cristiani di quanto non fossero le moderne socialdemocrazie europee.
Gli Stati Uniti hanno avuto in un certo senso una storia più nobile del «vecchio mondo» dal quale i primi coloni erano fuggiti, molti alla ricerca di libertà ed eguaglianza religiosa. La violenza cieca nel nome della religione fu sempre un fenomeno relativamente marginale – di cui furono vittime i cosiddetti «primitivi» nativi americani e, più di recente, i mormoni e i testimoni di Geova, gruppi dissidenti che la maggioranza percepiva come strani e minacciosi, ma non i membri delle principali congregazioni religiose. Inoltre gli Stati Uniti si sono sempre mostrati in qualche modo più aperti dell’Europa nei confronti del nonconformismo nei modi e nell’abbigliamento, il che è tornato utile alle minoranze religiose che volevano seguire i dettami della propria coscienza senza assimilarsi alla cultura della maggioranza. E tuttavia, non si può negare che il pregiudizio e il timore religiosi, nella forma dell’anticattolicesimo, del «nativismo», dell’antisemitismo e di una varietà di pregiudizi ulteriori a danno di «strane» minoranze siano stati un continuo motivo di vergogna per la nostra società. Per ridimensionare la nostra immagine di cultura tollerante e rispettosa, basti ricordare, per esempio, che solo negli anni settanta gli studi legali più prestigiosi hanno iniziato ad assumere un numero cospicuo di ebrei, e che solo in tempi molto recenti la Corte suprema ha potuto avere una composizione a maggioranza cattolica senza scatenare l’indignazione collettiva. E tuttavia, l’immagine che gli americani hanno avuto di sé negli ultimi anni è quella di una società ospitale e aperta alla diversità che ha superato i pregiudizi del passato.
Oggi abbiamo molti buoni motivi per dubitare di questa autorappresentazione compiaciuta. La situazione attuale impone con urgenza un esame autocritico che porti alla luce le radici delle orribili paure e sospetti che stanno deturpando tutte le società occidentali. In questo momento abbiamo disperato bisogno di un approccio ispirato dalla filosofia etica di tradizione socratica, un approccio che combini tre elementi:
- Princìpi politici che esprimano eguale rispetto per tutti i cittadini, e una consapevolezza delle conseguenze di tali princìpi per un reale confronto con la differenza religiosa. (Questi valori sono già intrinseci nella tradizione politica dell’Europa e soprattutto degli Stati Uniti.)
- Un pensiero religioso critico che sappia scovare e analizzare le incoerenze, in particolare quelle che consistono nel considerare la propria situazione diversa dalle altre e nel vedere la pagliuzza nell’occhio dell’altro e non la trave nel proprio.
- Una cura sistematica degli «occhi interiori», la capacità dell’immaginazione che ci permette di vedere come appare il mondo dalla prospettiva di una persona appartenente a una diversa religione o etnia.
Queste virtù etiche sono sempre utili in una realtà complessa. Perché, tuttavia, sarebbero imposte con tale urgenza dal momento che stiamo attraversando? Passiamo in rassegna alcuni sviluppi recenti, partendo dall’Europa per poi passare agli Stati Uniti.

Europa: burqa, minareti e omicidi

Tre nazioni europee – Francia, Belgio e Italia – hanno recentemente emanato leggi che vietano di indossare il burqa e il niqab islamici (che coprono entrambi l’intero volto con l’eccezione degli occhi) in qualunque luogo pubblico.1 (In Italia, la legge è stata approvata solo dalla Camera dei deputati ed è attualmente in discussione al Senato.) Benché sia noto che in quei paesi solo un’esigua minoranza di musulmane indossa di fatto tali indumenti (in Italia, per esempio, una stima attendibile è di cento persone, e non più di tremila anche in base ai calcoli più esagerati), queste leggi – che senza dubbio gravano pesantemente sull’esercizio coscienzioso della libertà religiosa – sono state trattate come materia della massima urgenza, e sono volte ad affrontare una crisi pubblica dal significato profondo.2
Questi sviluppi non sono stati incontestati, anche da parte di esperti dell’abbigliamento femminile. In Italia, paese-simbolo della moda, niente meno che un’autorità come Giorgio Armani si è pronunciato in difesa del burqa, sostenendo (anni prima del bando nazionale, quando i divieti erano ancora su base locale) che le donne dovrebbero poter indossare ciò che vogliono. «È una questione di rispetto per le convinzioni e le culture degli altri» ha affermato «dobbiamo convivere con quest’idea.»3 Tuttavia, in questo caso gli italiani hanno ignorato il richiamo della moda, per seguire preoccupazioni considerate ancora più pressanti.
Nel frattempo diverse comunità in Europa hanno regolamentato persino l’uso del foulard islamico, che copre solo i capelli. In Francia, le giovani donne non possono indossare il foulard a scuola.4 Il Kosovo, che ha una vasta popolazione musulmana, ha imposto un divieto simile.5 In alcune zone della Germania, dell’Olanda, della Spagna e del Belgio, l’uso del foulard è vietato a tutti gli impiegati pubblici, inclusi gli insegnanti – anche se suore e preti possono indossare in classe i loro abiti religiosi e il velo.6 In Svizzera le ragazze non possono portarlo quando giocano a pallacanestro.7 In Russia le donne musulmane hanno conquistato il diritto di indossarlo nelle foto per il passaporto, ma un’adolescente è stata recentemente espulsa da scuola per averlo indossato, e un’università nel Caucaso del Nord ha vietato l’uso di qualunque foulard.8
In Svizzera, in seguito a una campagna costruita intorno alla paura di una conquista islamica, un referendum popolare ha bandito con il 57% dei voti la costruzione di minareti accanto alle moschee – benché poche di esse ne abbiano in realtà uno (solo quattro in Svizzera, su un totale di centocinquanta), e di conseguenza la questione architettonica abbia un valore puramente simbolico.9
La paura dei musulmani mostra il proprio volto minaccioso anche in modi più sottili e talvolta bizzarri. Il sindaco della città di Capriate, in provincia di Bergamo, nel 2009 ha vietato la presenza di negozi di kebab sul territorio cittadino.10 Un sito di suprematisti bianchi (www.stormfront.org) ha decantato ai quattro venti questa «vittoria», esultando con toni trionfalistici, e ha cercato di suscitare disgusto descrivendo quei ristoranti come sporchi e infestati di scarafaggi (condizioni piuttosto comuni in tutto il mondo, ma pur sempre capaci di suscitare ribrezzo). Nello stesso anno un buon numero di cittadine in provincia di Genova e Bergamo hanno adottato lo stesso divieto. Nella città di Lucca un negozio di kebab è stato messo a fuoco, e un deputato della Lega Nord ha invocato la messa al bando di tutti i cibi stranieri. Il ministro dell’agricoltura, dello stesso partito, ha difeso la proposta, facendo appello alla tradizione e a considerazioni di natura sanitaria.11
L’Europa del Nord è di solito considerata un’isola felice di tolleranza e benevolenza ideale, e questo è vero nella gran parte dei casi. E tuttavia anche questa regione ha conosciuto ondate di sentimento antislamico. La Finlandia, un paese che ben conosco, non ha adottato alcuna legislazione restrittiva rispetto all’uso del vestiario religioso, e una mossa di questo tipo non incontrerebbe un forte sostegno politico, ma la discriminazione in ambito lavorativo nei confronti delle donne che indossano il foulard islamico è un fatto comune.12 Alcuni datori di lavoro (nella polizia e in alcuni supermercati) dichiarano apertamente che non assumeranno donne che lo indossino.13 Nella città di Raasepori le scuole hanno proibito l’uso del foulard da parte delle studentesse, ma hanno dovuto revocare il bando per la pressione dell’opinione pubblica.14 In due circostanze, tuttavia, anche misure favorevoli alla comunità musulmana sono state revocate in seguito a pressioni pubbliche. A Helsinki ed Espoo i centri di ricreazione comunali hanno di recente smesso di servire pasti speciali per i bambini musulmani.15 E la controversa decisione della città di Helsinki di riservare l’uso della piscina pubblica alle donne musulmane in alcune fasce orarie è stata revocata, anche se è stato creato un turno serale per sole donne.16 La Finlandia vanta un particolare spirito di tolleranza e apertura, ma le tensioni rimangono, e la tendenza dei finlandesi a identificare il nonconformismo con la condizione di straniero costituisce un sottofondo problematico di ogni resoconto giornalistico su tali questioni (la carta stampata parla comunemente di «finlandesi» e «cultura finlandese» in opposizione ai musulmani e all’islam, senza chiedersi quanti dei musulmani in questione siano residenti o anche cittadini del paese).
Nel luglio 2011 il terrore si è abbattuto violentemente su un’altra nazione nordeuropea. Il fanatico norvegese Anders Behring Breivik ha ucciso settantasette persone in due attentati paralleli, mettendo una bomba in alcuni edifici governativi di Oslo e sparando ai giovani rappresentanti del Labour Party che si erano riuniti sull’isola di Utoya per un campo giovanile.17 Breivik, che ha confessato i reati ma negato la propria colpevolezza, ha rilasciato il giorno degli attentati un manifesto di millecinquecento pagine in cui difendeva le proprie azioni in base a una teoria per la quale l’Europa dovrebbe combattere contro la piaga dell’islamizzazione.18 Breivik ha chiari legami con una varietà di gruppi antislamici sia in Europa sia negli Stati Uniti.19 Le sue azioni, benché ampiamente condannate, sono state accolte con entusiasmo da alcuni politici di destra di altri paesi. Jacques Coutela, del Front National francese, lo ha descritto come un’«icona» e come «il principale paladino dell’Occidente», considerando la sua come una «lotta contro l’invasione musulmana» e paragonandolo all’eroe nazionale francese Carlo Martello.20 Coutela è stato sospeso dal partito, ed è in corso un’inchiesta. Un altro membro del Front National che ha affermato le stesse cose in termini meno espliciti, tuttavia, non è stato sospeso. Il deputato italiano della Lega Nord Mario Borghezio (alleato del governo di Berlusconi) ha condannato la violenza di Breivik ma ha appoggiato le sue idee, in particolare la sua «opposizione all’islam e la sua esplicita accusa all’Europa di essersi arresa senza combattere contro la propria islamizzazione».21

Stati Uniti: foulard, moschee, sharia

Negli ultimi anni gli Stati Uniti non sono stati teatro di episodi di violenza religiosa di massa (a meno che non si voglia considerare l’attentato del 1995 a Oklahoma City, perpetrato da membri latamente cristiani della milizia e rivolto contro il governo piuttosto che contro immigrati o minoranze religiose). Nonostante un’enfasi diffusa sull’eterogeneità e il pluralismo religioso, tuttavia, il pregiudizio e la violenza occasionale contro nuovi gruppi religiosi non sono mai mancati nel panorama americano. I coloni originari a volte esiliavano individui le cui opinioni in materia di religione erano considerate eretiche (come per esempio Roger Williams, costretto a fuggire dal Massachusetts a Rhode Island).22 Ebrei, quaccheri, battisti e mennoniti erano ben accetti in alcune colonie, ma non in tutte.23 Nel XIX secolo un cospicuo flusso di immigrati cattolici romani provenienti dall’Irlanda e dall’Europa meridionale diede origine a un’ondata di pregiudizio virulento, e il «nativismo» divenne una causa politica popolare.24 In una forma o nell’altra, il pregiudizio anticattolico è rimasto un fattore fondamentale nella vita politica americana fino a tempi molto recenti: durante la guerra fredda, per esempio, il giornalista di fede liberale Paul Blanshard nel suo best seller American Freedom and Catholic Power (1947) mise in guardia gli americani sostenendo che il cattolicesimo costituiva un pericolo per la democrazia americana quanto il comunismo globale. Nel frattempo, gruppi meno numerosi come i mormoni e i testimoni di Geova erano vittime non solo di pregiudizi, ma anche di violenza vera e propria.25 L’antisemitismo è stato estremamente diffuso fino agli anni settanta, e non è ancora venuto meno.26 In che modo, quindi, gli americani stanno rispondendo all’attuale ondata di timore religioso?
La reazione degli Stati Uniti è più variegata di quella europea, dal momento che riguarda un maggior numero di confessioni religiose. Gli ebrei non sono esenti da sospetti – in particolare se stranieri. Tre ebrei messicani che cercavano di pregare a bordo di un volo dell’Alaska Airlines tra Città del Messico e Los Angeles sono stati invitati a scendere dall’aereo e interrogati dall’Fbi.27 Dopo l’11 settembre il turbante sikh è stato spesso confuso con l’abito islamico, e i sikh hanno incontrato difficoltà negli aeroporti e in alcuni casi sono stati vittime di attacchi violenti.28 I sikh continuano tuttora a lamentarsi della perquisizi...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Prefazione. Stefano Rodotà
  3. Introduzione
  4. 1. Religione: un’era di timori e sospetti
  5. 2. Paura: un’emozione narcisistica
  6. 3. Princìpi fondamentali: eguale rispetto per la coscienza
  7. 4. La pagliuzza nell’occhio di mio fratello: imparzialità e la «vita esaminata»
  8. 5. Gli occhi interni: rispetto e immaginazione empatica
  9. 6. Il caso di Park51
  10. 7. Vincere la politica della paura
  11. Note
  12. Sommario
Stili delle citazioni per La nuova intolleranza. Superare la paura dell'islam e vivere in una società più libera

APA 6 Citation

Nussbaum, M. (2012). La nuova intolleranza. Superare la paura dell’islam e vivere in una società più libera ([edition unavailable]). Il Saggiatore. Retrieved from https://www.perlego.com/book/1096026/la-nuova-intolleranza-superare-la-paura-dellislam-e-vivere-in-una-societ-pi-libera-pdf (Original work published 2012)

Chicago Citation

Nussbaum, Martha. (2012) 2012. La Nuova Intolleranza. Superare La Paura Dell’islam e Vivere in Una Società Più Libera. [Edition unavailable]. Il Saggiatore. https://www.perlego.com/book/1096026/la-nuova-intolleranza-superare-la-paura-dellislam-e-vivere-in-una-societ-pi-libera-pdf.

Harvard Citation

Nussbaum, M. (2012) La nuova intolleranza. Superare la paura dell’islam e vivere in una società più libera. [edition unavailable]. Il Saggiatore. Available at: https://www.perlego.com/book/1096026/la-nuova-intolleranza-superare-la-paura-dellislam-e-vivere-in-una-societ-pi-libera-pdf (Accessed: 14 October 2022).

MLA 7 Citation

Nussbaum, Martha. La Nuova Intolleranza. Superare La Paura Dell’islam e Vivere in Una Società Più Libera. [edition unavailable]. Il Saggiatore, 2012. Web. 14 Oct. 2022.