Il ruolo dell’Università nella governance
del fenomeno migratorio
Anna Rita Calabrò
Nell’autunno 2015 l’Università degli studi di Pavia, forte della sua storica vocazione multi-disciplinare, ha lanciato cinque piani strategici tematici con l’intenzione di creare altrettanti team di ricerca in grado di affrontare da prospettive scientifiche diverse questioni di particolare attualità e interesse.
Per un modello di governance del fenomeno migratorio è uno dei cinque progetti selezionati a fronte della crescita di nuovi e importanti flussi di migrazione umana che stanno ridisegnando sostanzialmente la geografia politica e identitaria mondiale. Un fenomeno che nelle sue cause e nei suoi effetti richiede prospettive di analisi e modalità di intervento molteplici e complesse. Questioni che mettono in gioco interessi differenti, rischiano spesso azioni tra loro in contraddizione, azioni che invece dovrebbero collocarsi all’interno di una stessa cornice istituzionale e strategica offrendo un approccio sistemico alla soluzione dei problemi. Ma perché ciò sia possibile dovrebbero crearsi delle condizioni politiche che al momento purtroppo mancano: vale a dire un piano di accoglienza e inclusione concordato tra le forze politiche sia a livello nazionale che europeo e una politica estera forte, capace di stabilire, laddove ci siano interlocutori attendibili, accordi con i paesi di partenza o di transito dei flussi migratori che non siano all’insegna dell’esternalizzazione delle frontiere ma di sostegno allo sviluppo.
Tanto più in un momento come questo in cui la destabilizzazione politica di cui soffrono ampie regioni del mondo ha portato in Europa un numero inedito di richiedenti asilo. Un arrivo che avuto tra i suoi effetti l’irrigidimento, se non la chiusura, delle frontiere europee e che ha rivelato tutta l’inadeguatezza, l’impreparazione e la fragilità della stessa Unione Europea. Un’ Europa che sembra aver dimenticato quanto sia per lei importante in termini economici e demografici la presenza dei cosiddetti migranti economici, i quali sembrano invisibili alle politiche e assenti dal linguaggio pubblico.
In questa prospettiva l’obiettivo del progetto in tutte le sue articolazioni è quello di fornire un modello di governance del fenomeno migratorio finalizzato a gestire in concreto la realtà di una società ormai interetnica e interculturale poiché il nostro Paese, pur in prima linea nella gestione dei richiedenti asilo e coinvolto da diversi decenni dai fenomeni migratori, necessita di una strategia complessiva in grado di progettare e gestire il cambiamento in tutti i suoi aspetti e di dialogare a livello europeo con gli altri paesi.
Il piano strategico coinvolge undici Dipartimenti che coprono tre macro aree disciplinari: Scienze Biomediche, Scienze Sociali, Scienze Umanistiche. Ventidue progetti tra loro correlati che si articolano lungo le tre direttrici su cui è chiamata ad operare l’Università: ricerca, didattica, terza missione.
Per quanto riguarda le dimensioni sanitarie della migrazione umana, i migranti portano con loro tradizioni culturali – comprese quelle alimentari e matrimoniali – che hanno importanti implicazioni mediche sia dal punto di vista epidemiologico, sia dal punto di vista della progettazione e gestione delle politiche sanitarie nei paesi di destinazione. In chiave comparativa, particolarmente cruciali risultano le condizioni di accesso dei migranti alle prestazioni dello stato sociale, in particolare ai servizi sanitari nei paesi di destinazione, con riferimento ai diversi modelli di welfare e alle diverse categorie di migranti.
Un altro aspetto di cruciale importanza nel medio-lungo periodo, spesso trascurato, riguarda la diversità nella variabilità del genoma delle popolazioni migranti rispetto a quello delle popolazioni europee. Studiare tale diversità nelle popolazioni non europee che maggiormente stanno contribuendo ai recenti flussi migratori in Italia è un prerequisito essenziale per la medicina di precisione e, più in generale, per un trattamento medico personalizzato volto ad includere tutte le componenti della nostra società, comprese quelle di più recente arrivo. Per esempio, per ragioni culturali alcune di queste popolazioni (Nord Africa e Medio Oriente) sono caratterizzate da una elevata incidenza di matrimoni tra consanguinei, con importanti conseguenze in termini di patologie neonatali e pediatriche, generalmente molto rare o addirittura assenti nella popolazione italiana. (Come risultato di questo lavoro è in corso l’istituzione presso il centro di Ginecologia del Policlinico San Matteo di Pavia di un ambulatorio di diagnosi prenatale e consulenza genetica e la costituzione a livello nazionale di una rete di ambulatori analoghi presso gli altri centri di ginecologia in modo da garantire alle coppie migranti a rischio di figli malformati un percorso ottimale per una riproduzione consapevole). Un altro aspetto legato a quest’ambito di studi in cui l’Università di Pavia insieme all’Università Milano Bicocca è in prima linea, riguarda le morti in mare e le operazioni di recupero e riconoscimento delle vittime.
Per sostenere i migranti nei processi di adattamento alle nuove condizioni di vita è necessario saper affrontare da un punto di vista interculturale gli eventuali disagi psichici generati dalla situazione migratoria: la Psichiatria e la Psicologia devono dotarsi di specifici strumenti concettuali e clinici per comprendere tale disagio alla luce delle differenze culturali. Nell’ambito di questo interesse è nato il Progetto DARAJA, promosso dal Ministero dell’Interno e dalla Prefettura di Pavia, che vede coinvolti i Dipartimenti di Scienze Politiche e Sociali e Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento con la partecipazione dell’Azienda Socio Sanitaria Territoriale, sul tema della prevenzione del rischio psicopatologico dei migranti presenti nelle strutture di accoglienza.
L’esperienza della migrazione ha infatti conseguenze inevitabili, come per esempio sentimenti ed emozioni traumatiche. Capire l’impatto di questi effetti psicologici è molto importante per identificare possibili agenti di rischio e fattori protettivi, con l’intento di proporre un modello di supporto integrato al processo di definizione e ridefinizione dell’identità (soprattutto in un momento così delicato come l’adolescenza). I figli di immigrati rappresentano infatti una popolazione cruciale per il futuro del nostro Paese. Il problema di tracciare le loro carriere di vita individuali e discutere i termini della loro cittadinanza effettiva costituisce un terreno sul quale è necessario avere nuove e più approfondite conoscenze per orientare le politiche pubbliche. Il rischio è quello di sprecare e perdere preziose risorse umane.
I minori con background migratorio devono essere accolti in un sistema di istruzione che non può essere cieco alle differenze. In tal senso è importante un settore di ricerca che Pavia sta sviluppando da tempo studiando repertori, usi e comportamenti linguistici delle prime e seconde generazioni con particolare attenzione ai problemi di apprendimento di L2 e di mantenimento di L1 nell’ambito di processi di trasformazione e ibridazione. Si intende infine sviluppare un modello di educazione transculturale da fornire come strumento per gli insegnanti delle scuole primarie e secondarie. In tal senso stiamo curando corsi di formazione per gli insegnati nelle scuole superiori e portando avanti un progetto in cui è la musica, la musica migrante, a rappresentare una porta per favorire il dialogo e l’incontro.
Un aspetto importante del fenomeno migratorio riguarda le politiche messe in atto nel nostro Paese nei confronti dei richiedenti asilo, sulle modalità del sistema di accoglienza (Hotspot, Sprar e Cas: come funzionano, come migliorare il sistema) e sulle rappresentazioni di tale fenomeno nel discorso pubblico. (In quest’ambito la partecipazione con altre università europee e extraeuropee al progetto ERASMUS PLUS “Out-Side-In”, mirato a mettere a punto strumenti didattici ad uso degli operatori che si rapportano ai rifugiati nell’ambito dei sistemi educativi per adulti).
E non bisogna dimenticare che attori tragici del fenomeno migratorio sono le vittime di tratta: un fenomeno drammatico in Europa come nel nostro Paese, che riguarda soprattutto le donne e le bambine e di cui è opportuno studiare l’entità e le azioni di contrasto, di emersione e di soccorso alle vittime per valutare i punti di forza e i punti di debolezza del sistema.
C’è un altro settore d’indagine legato al fatto che l’irrompere delle migrazioni africane e medio-orientali ha posto delicate questioni di sicurezza alla Comunità Europea. Di qui l’esigenza di contenere il conflitto che può sorgere tra la recente legislazione di emergenza antiterrorismo approvata in vari paesi europei, inclusa l’Italia, e le convenzioni sui processi migratori stipulate precedentemente (accordi di Schengen e di Dublino).
Per mettere a punto una proposta di governance, occorre poi partire dalle somiglianze e differenze nelle risposte di policy fornite ai bisogni sociali espressi dai migranti forzati e dai denizens (residenti permanenti, che non hanno cittadinanza politica), con particolare riferimento al diritto alla salute e alle politiche di sostegno alle famiglie (assegni familiari, servizi di cura all’infanzia ecc.). Il caso italiano deve essere valutato in una prospettiva di comparazione con i diversi modelli di welfare europei, nell’ambito di specificità nazionali e vincoli europei. L’analisi comparata delle politiche pubbliche deve anche essere affiancata da un’analisi comparata dei discorsi di policy volta a identificare le modalità attraverso cui i diversi attori del discorso pubblico (istituzionali, politici, della società civile) inquadrano il tema della migrazione e delle spettanze sociali dei non cittadini e le strategie di argomentazione e giustificazione delle risposte di policy.
Va da sé che l’analisi degli aspetti giuridici dei fenomeni migratori è avvertita come cruciale nell’ottica della definizione di nuovi modelli di governance delle odierne società multi-etniche. Occorre mettere a confronto quanto stabilito nell’ambito delle cornici normative nazionale, europea e internazionale, con particolare riferimento alla tutela delle libertà fondamentali e dei diritti economici, sociali e culturali dei migranti (inclusi i minori) e ai corrispondenti obblighi imposti agli Stati di ‘rispetto, protezione e attuazione’ degli stessi (a cominciare dal divieto di respingimenti di massa e di analisi individuale della situazione di ciascun migrante). Tale studio permette di verificare se la tutela attualmente apprestata a più livelli sia giustificata alla luce del mutato contesto attuale, con riferimento particolare alle libertà e ai diritti (il diritto alla salute, ad uno standard di vita adeguato, al lavoro, all’educazione, la libertà di circolazione e soggiorno…). Altrettanto importante la questione relativa alla sicurezza – o meglio alla salvezza – dei richiedenti asilo ai quali occorrerebbe garantire non solo accoglienza, ma anche la possibilità di raggiungere l’Europa senza necessariamente rischiare la vita mettendosi nelle mani delle organizzazioni criminali. In tal senso l’esperienza dei corridoi umanitari rappresenta un precedente che deve essere replicato e ampliato a patto di perfezionarne l’ambito giuridico di intervento.
Lo studio delle migrazioni in una prospettiva storica contribuisce infine alla comprensione delle ragioni di più ampie dinamiche di transizione dello Stato e di mutamento sociale. Non si tratta di considerare solo o semplicemente il rapporto che le tante comunità africane e arabe in Europa hanno con i propri paesi d’origine attraverso la storia, ma anche la più complessa realtà delle migrazioni Sud-Sud come tendenza prevalente nel continente africano, in una prospettiva di medio-lungo periodo. A questo si aggiunge l’importanza della dimensione della memoria nella costruzione delle identità migratorie. Questo tema fornisce una importante chiave di lettura che unisce la ricostruzione storica del f...