GLI “ECOSISTEMI SELVAGGI” NELL’OPERA DI SILVANA CASTIGNONE
di Angelo Pittaluga*
Andai nei boschi perché volevo vivere
in saggezza e profondità
e succhiare tutto il midollo della vita,
sbaragliare tutto ciò che non era vita
e non scoprire in punto di morte
che non ero vissuto
(H.D. Thoreau, Walden, vita nei boschi, 1854).
La riflessione di Silvana Castignone sulla wilderness, o natura selvaggia, si inserisce nel più ampio dibattito sull’etica ambientale, ossia sullo studio dei rapporti morali tra l’essere umano e l’ambiente.
La sua analisi sul tema si contraddistingue in primo luogo per una chiara ed esaustiva classificazione delle correnti di pensiero che animano il dibattito; inoltre, per il supporto offerto alla causa ambientale. Sotto quest’ultimo profilo, nei numerosi scritti sull’argomento, e in particolare nel ragionamento elaborato a riguardo della “natura selvaggia”, traspare una forte motivazione di fondo volta alla salvaguardia della natura: una esortazione, sempre sorretta da argomentate giustificazioni etiche, al rispetto dell’ambiente e all’assunzione, da parte dell’essere umano, di comportamenti compatibili con il sostentamento del mondo animale e vegetale circostante. Ciò pone Castignone in una posizione di assoluto rispetto nella storia del pensiero ecologico.
Nel presente contributo si intende prendere in esame, in primo luogo, la classificazione delle posizioni teoriche sull’etica ambientale, con particolare attenzione alla posizione estetico-emozionale; in secondo luogo, l’analisi proposta da Castignone sulla natura selvaggia, in relazione a tre punti principali: il principio del divieto di accesso, il principio di non intervento, la comparazione tra natura selvaggia e ambiente spaziale extraterrestre.
1. Le teorie sull’etica ambientale
Castignone propone una classificazione delle diverse correnti di pensiero sull’etica dell’ambiente, e sviluppa, in vari scritti, uno schema che chiarisce le posizioni sul tema ed offre un panorama completo sul dibattito in atto.
La principale distinzione, ancorché attraversata da una molteplicità di sfumature e suddivisioni interne, si ha tra ‘antropocentrism’ e ‘biocentrismo’. Di fronte al quesito di cui si sostanzia l’etica ambientale, ossia se l’essere umano abbia o meno dei doveri morali nei confronti della natura, le due contrapposte prospettive offrono soluzioni difformi.
Secondo la posizione antropocentrica «solo gli esseri in grado di comunicare e di stabilire tra loro degli obblighi reciproci possono far parte della comunità etica» e pertanto non possono teorizzarsi doveri morali diretti dell’essere umano nei confronti dell’ambiente o degli animali.
Secondo la posizione biocentrica, invece, l’ambiente naturale ha un valore intrinseco, non attribuito dall’essere umano, dal quale discendono doveri morali per tutti gli esseri umani.
Un’altra più specifica suddivisione si ha tra ‘conservazionismo’ (posizione antropocentrica moderata) e ‘preservazionismo’ (posizione biocentrica).
Nel primo caso – conservazionismo – il perno del ragionamento rimane incentrato sull’essere umano: è nel “suo interesse” che l’essere umano deve tenere un comportamento di tutela verso la natura, poiché rappresenta interesse delle generazioni future evitare che il progressivo deterioramento delle risorse naturali e l’inquinamento del pianeta producano conseguenze negative sugli uomini.
Nel secondo caso – preservazionismo – la giustificazione etica del principio di salvaguardia della natura sposta la sua focalizzazione sulla natura: l’ambiente naturale dev’essere preservato non in quanto “funzionale” all’essere umano ed alle sue esigenze, ma in quanto costituisce un valore in sé. Anche nel preservazionismo biocentrico si distinguono posizioni tra loro differenti. In particolare, è opportuno sottolineare quanto meno la differenza tra un biocentrismo ‘forte’ che concepisce la Terra come un tutto integrato, di cui gli uomini sono soltanto un elemento al pari di alberi, piante ed animali (ricollegandosi alla teoria della cosiddetta deep ecology o ecologia profonda), e un biocentrismo ‘moderato’, che attribuisce maggiore importanza alle singole parti dell’ambiente naturale.
2. La teoria “estetica”
Castignone individua altresì una terza importante posizione, verso la quale manifesta particolare apprezzamento: quella “estetica”. Essa appare particolarmente proficua anche per l’analisi degli ecosistemi selvaggi, oggetto principale del presente contributo.
Sia l’utilitarismo antropocentrico che la posizione biocentrica, in effetti, presentano alcuni punti deboli difficilmente eludibili. La prima teoria sostiene che l’ambiente naturale debba essere salvaguardato per l’utilità dell’essere umano, ma da questo presupposto ne discende che, qualora tale utilità dovesse cessare, la tutela della natura perderebbe fondamento. La seconda teoria invece, attribuendo alla natura un valore in sé, assicura in maniera più solida il principio di difesa ambientale; tuttavia il concetto di valore intrinseco dell’ambiente appare difficilmente dimostrabile e giustificabile in un ragionamento etico, senza ricorrere a concezioni di tipo mistico-metafisico.
Diversa appare la prospettiva estetica, che rientra nella corrente antropocentrica moderata, e propone una giustificazione morale innovativa per la difesa dell’ambiente. Tale prospettiva, infatti, attribuisce alla natura dei valori che, pur provenendo dall’essere umano (in quanto è dall’essere umano che vengono attribuiti), non sono valori utilitaristici. L’ambiente non dev’essere salvaguardato nell’interesse dell’uomo, ma perché ha in sé il valore del bello, al pari di un’opera d’arte. «Gli uomini considerano l’oggetto esteticamente prezioso indipendentemente dal suo uso e dal suo valore utilitaristico».
La prospettiva estetica viene esaminata da Castignone con particolare attenzione, e definita come «la prospettiva più valida, nel senso di più facilmente sostenibile e dimostrabile (…) anche ampiamente sufficiente per giustificare una salda presa di posizione in favore della preservazione dell’ambiente e della natura in genere».
Castignone analizza questa giustificazione etica in maniera critica, prendendo in esame alcune contestazioni e proponendo argomenti a difesa.
In particolare, viene esaminata l’obiezione per la quale i valori estetici sono relativi, e pertanto costituiscono una difesa labile per l’ambiente naturale, soprattutto se ciò comporta l’andar contro a interessi economici.
A tale critica Castignone risponde che si deve considerare, nell’esame degli interessi in gioco, anche la qualità dei piaceri, e in quest’ottica si deve riconoscere che i piaceri estetici rappresentano indiscutibilmente un indice di progresso e di sviluppo della cultura umana. Senza considerare che è possibile educare le persone al perseguimento di valori che non si riducano al mero profitto economico.
Un’altra obiezione nei confronti della posizione estetica risiede nel fatto che il bisogno di bellezza può essere soddisfatto dalle opere d’arte, o comunque, sotto il profilo naturalistico, da giardini e parchi, realizzati nei pressi delle città o all’interno di esse e facilmente accessibili dalle persone. Di consegue...