La dignità umana dopo la "Carta di Nizza". Un'analisi concettuale
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La dignità umana dopo la "Carta di Nizza". Un'analisi concettuale

Un'analisi concettuale

  1. 366 pagine
  2. Italian
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La dignità umana dopo la "Carta di Nizza". Un'analisi concettuale

Un'analisi concettuale

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Nel pieno del dibattito politico-giuridico sullo statuto dell'Unione Europea, sul tipo di entità che vuole essere e sul tipo di valori su cui intende fondarsi, diviene attuale il rilancio dello studio della Carta di Nizza, la Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea, proclamata a Nizza nel 2001 ed entrata in vigore con il Trattato di Lisbona nel 2009. In particolare diviene fondamentale lo studio del primo valore su cui la Carta dei Diritti Fondamentali, parte integrante della Costituzione europea, si fonda, il valore della dignità umana. Il libro svolge un'analisi concettuale di questo principio-valore, con la lucidità e il rigore che una disamina a distanza (un'analisi dopo la "Carta di Nizza") rende possibili. Il suo contributo nuovo è un'indagine di tutte le trame e le gerarchie possibili, che il valore della dignità umana intrattiene con gli altri valori informanti gli ordinamenti giuridici, scandagliando diverse posizioni in gioco, ma avanzando anche una proposta. A fondamento dell'ordinamento giuridico europeo, l'autrice propone una concezione della dignità umana come norma suprema, non bilanciabile, dal contenuto "minimo", che amplia la concezione kantiana di dignità umana. Tale ampliamento va nella direzione di un ripensamento della dignità umana in chiave fenomenologica, che, diversamente da più diffuse posizioni giusnaturalistiche, non rinuncia all'autonomia dell'individuo. Tra le fonti d'ispirazione dell'autrice si annoverano, fra gli altri, il pensiero di Jeanne Hersch, filosofa del '900, connessa in maniera significativa alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo del 1948, di cui rinvenne la radice in un'"esigenza assoluta", nonché il pensiero di Max Scheler, filosofo per eccellenza dell'individualità essenziale.

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Informazioni

Capitolo terzo
DIGNITÀ UMANA COME NORMA SUPREMA
Nel tentare di rispondere alla domanda se la dignità umana sia una norma suprema o una norma bilanciabile ho utilizzato, come strumento d’indagine, il concetto di gerarchia normativa (concetto indagato da Guastini 2006, 2011)1.
Nelle mie analisi i concetti di norma suprema e norma bilanciabile rappresentano due grandezze omogenee. Entrambi, infatti, hanno a che fare con gerarchie normative: con gerarchie fisse, l’uno; con gerarchie mobili, l’altro. Guastini riferisce il termine ‘gerarchia fissa’ ad una norma gerarchicamente superiore ad un’altra, in modo fisso e permanente; riferisce, invece, il termine ‘gerarchia mobile’ ad una norma gerarchicamente superiore ad un’altra in modo instabile e mutevole. La superiorità della norma, in quest’ultimo caso, non è assoluta, ma relativa alla situazione specifica; essa è il prodotto di un atto di bilanciamento o ponderazione di princìpi, con cui il giudice soppesa di volta in volta la norma: «una gerarchia mobile […] è una relazione di valore instabile, mutevole: una gerarchia che vale per il caso concreto […], ma che potrebbe essere rovesciata […] in un caso concreto diverso»2.
Nel presente capitolo analizzo cinque tipi diversi di gerarchia normativa: quattro corrispondono a gerarchie fisse; un quinto si scinde in una gerarchia fissa e in una gerarchia mobile. L’analisi è utile al fine di capire in quale tipo di gerarchia normativa la dignità umana si inserisce. Comincerò con il trattare, in questo capitolo, le diverse configurazioni della dignità umana come norma suprema, rimandando al capitolo successivo la trattazione della dignità umana come norma bilanciabile.
Il capitolo è così strutturato: nel paragrafo 3.1 analizzo diversi tipi di gerarchia normativa; nel paragrafo 3.2 indago tre diverse configurazioni della dignità umana come norma suprema in e per un ordinamento; nel paragrafo 3.3 rilevo tre criteri di non bilanciabilità della dignità umana che giustificano la dignità umana come norma suprema in e per un ordinamento. Nel paragrafo 3.4 metto in luce due concretizzazioni della dignità umana come norma suprema in e per un ordinamento (dignità umana come principio, dignità umana come diritto); nel paragrafo 3.5 sottolineo i punti di forza e i punti di debolezza derivanti dall’adozione, in e per un ordinamento, di una concezione della dignità umana come norma suprema nelle sue due configurazioni principali (essendo la terza riconducibile ad una delle due); nel paragrafo 3.6 sottolineo i punti di forza e i punti di debolezza derivanti dall’adozione, in e per un ordinamento, di una concezione della dignità umana come norma suprema tout court.
3.1 Tassonomia delle gerarchie normative
Vi sono almeno cinque tipi di gerarchia normativa. Ho individuato quattro tipi di gerarchia normativa nelle analisi di Guastini e un quinto tipo di gerarchia normativa nelle analisi di Gustav Radbruch (1878-1949). I diversi tipi di gerarchia offrono uno schema utile ed esaustivo per indagare come la dignità umana si configuri in e per un ordinamento. Dei quattro tipi che ho individuato in Guastini i primi tre corrispondono a gerarchie fisse, il quarto si specifica in una gerarchia fissa e in una mobile. Le gerarchie normative di cui parla Guastini sono:
1. gerarchie formali
2. gerarchie materiali
3. gerarchie logiche
4. gerarchie assiologiche
Queste ultime si scindono in:
a) gerarchie assiologiche che si trasformano in gerarchie materiali
b) gerarchie assiologiche mobili
Il quinto tipo di gerarchia normativa, che ho individuato in Radbruch, corrisponde a una gerarchia fissa ed è formato da:
5. gerarchie assiologiche “in re”
Ripercorrerò ora brevemente i diversi tipi di gerarchia normativa3.
Il primo tipo di gerarchia, di cui massimo teorico è Hans Kelsen, è formato da gerarchie formali (o strutturali)4. Si tratta di gerarchie che intercorrono tra le norme sulla produzione giuridica e le norme la cui produzione è da quelle disciplinata. Se N1 è una norma sulla produzione giuridica e N2 è una delle norme la cui produzione è regolata da N1, N1 è formalmente (o strutturalmente) superiore a N2. Tali gerarchie presentano due caratteristiche. Anzitutto, sono attinenti non al contenuto delle norme, bensì alla loro struttura (in tal senso sono formali): N1 influisce non sul contenuto di N2, bensì sul suo modo di produzione. In secondo luogo, la gerarchia sussiste non perché qualcuno ha stabilito che N1 è in qualche senso superiore a N2, bensì in virtù del contenuto delle due norme: essa dipende dal modo in cui N1 disciplina il processo di produzione di N2. La gerarchia è necessaria in quanto dipende non da un contingente atto di gerarchizzazione che qualcuno ha compiuto, bensì dal contenuto stesso delle due norme. Un esempio di gerarchia formale è dato dalla supremazia delle norme costituzionali rispetto alle norme legislative, in virtù del fatto che le prime disciplinano il procedimento di formazione delle seconde. Una gerarchia formale sussiste sia in un regime di costituzione rigida, sia in un regime di costituzione flessibile. La relazione gerarchica formale modella il concetto di validità: la validità esige la conformità di una norma ad una norma formalmente superiore.
Il secondo tipo di gerarchia è formato da gerarchie materiali. Tali gerarchie intercorrono tra due norme, N1 e N2, allorché una terza norma, N3, statuisce che N2 è invalida qualora è in conflitto con N1; in tal caso N1 è materialmente superiore a N2. Le gerarchie materiali presentano due caratteristiche opposte rispetto a quelle formali. Anzitutto, sono attinenti al contenuto delle norme (in tal senso sono materiali): per essere valida, la norma inferiore non può avere un contenuto configgente con quello della norma superiore. In secondo luogo, la gerarchia sussiste non in virtù del contenuto delle due norme, bensì in virtù di una terza norma, che la istituisce. La gerarchia è contingente in quanto dipende non dal contenuto delle due norme, bensì da un contingente atto di gerarchizzazione che il legislatore ha compiuto. Tale atto è di tipo normativo: esso pone in essere una terza norma, che stabilisce una gerarchia. Un esempio di gerarchia materiale è dato, nell’ordinamento italiano, dalla subordinazione delle leggi di revisione costituzionale (N2) alle norme costituzionali che sanciscono la forma repubblicana dello Stato (N1), in virtù della norma che vieta la revisione della forma repubblicana, la quale è espressa dall’articolo 139 della Costituzione italiana (N3). Una gerarchia materiale sussiste in un regime di costituzione rigida, non in un regime di costituzione flessibile. La relazione gerarchica materiale modella il concetto di validità: la validità esige la conformità di una norma a una norma materialmente superiore.
Il terzo tipo di gerarchia normativa è formato da gerarchie logiche o linguistiche. Si tratta di gerarchie che intercorrono tra due norme allorché l’una verte meta-linguisticamente sull’altra: se la norma N1 menziona la norma N2, N1 è logicamente o linguisticamente superiore a N2, nel senso che si colloca ad un livello di linguaggio più alto. N1 è formulata in un metalinguaggio rispetto a N2, la quale costituisce il suo linguaggio-oggetto. Le gerarchie logiche presentano due caratteristiche: anzitutto, esse sono attinenti al linguaggio; inoltre, la gerarchia sussiste, come nel caso delle gerarchie formali, non perché qualcuno ha stabilito che N1 è in qualche senso superiore a N2, ma in virtù del contenuto stesso delle due norme. La gerarchia è necessaria in quanto dipende non da un contingente atto di gerarchizzazione, bensì dal contenuto delle due norme. Un esempio paradigmatico di norma che menziona un’altra norma è dato dalle norme di abrogazione espressa nominata, come ‘è abrogato l’articolo x della legge y’. Non vi è alcuna relazione tra la validità e le gerarchie logiche.
Il quarto tipo di gerarchia normativa è formato da gerarchie assiologiche. Si tratta di gerarchie che intercorrono tra due norme allorché l’interprete (il giudice) attribuisce ad una di esse un valore superiore all’altra: la norma N1 e la norma N2 intrattengono tra di loro una relazione gerarchica assiologica allorché l’interprete, mediante un giudizio di valore, V, ascrive a N1 un valore superiore rispetto a N2. Le gerarchie assiologiche presentano due caratteristiche: anzitutto, esse sono attinenti ai valori; inoltre, come nel caso delle gerarchie materiali, la gerarchia dipende non dal contenuto di N1, bensì da un atto di gerarchizzazione che qualcuno ha compiuto. Diversamente dalle gerarchie materiali, l’atto di gerarchizzazione è compiuto non dal legislatore, che istituisce una terza norma, N3, con cui N2 viene subordinata a N1, bensì dal giudice, che emana un giudizio di valore, V, attraverso cui N2 viene subordinata a N1. La gerarchia è contingente in quanto dipende non dal contenuto stesso delle norme, bensì da un contingente atto di gerarchizzazione compiuto dal giudice. Tale atto è di tipo interpretativo: esso è compiuto mediante una valutazione. Due esempi di gerarchie assiologiche, nell’ordinamento italiano, sono date dai princìpi costituzionali supremi, sovraordinati dai giudici alle comuni norme costituzionali; dai princìpi fondamentali di una data materia, sovraordinati dai g...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Book name
  3. Title
  4. Copyright
  5. Dedication
  6. About the Author
  7. Indice
  8. Presentazione
  9. Nota dell Autore
  10. Ringraziamenti
  11. Avvertenza
  12. Introduzione
  13. Capitolo primo
  14. Capitolo secondo
  15. Capitolo terzo
  16. Capitolo quarto
  17. Capitolo quinto
  18. Conclusioni
  19. Traduzione italiana di Jeanne Hersch
  20. Bibliografia
  21. Backcover