La disposizione dell'amicizia e la possessione dell'amore
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La disposizione dell'amicizia e la possessione dell'amore

  1. 54 pagine
  2. Italian
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La disposizione dell'amicizia e la possessione dell'amore

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Platone ha inventato un grande rimedio per la follia: la ragione! In questo breve, denso e illuminante saggio, Umberto Galimberti muove dai Greci per giungere fino a noi e alla relazione che ci costituisce. Il Simposio, il più bel testo che mai sia stato scritto sull'amore, ci guida ancora a scoprire la mediazione che l'amore realizza tra la follia e la ragione. È attraverso l'amore che entriamo in contatto con la nostra follia: ci innamoriamo, infatti, proprio di chi è riuscito a intercettarla e a presentarla a noi stessi. A differenza dell'amicizia, l'amore crea una situazione di possessione, che non siamo capaci di governare e in cui a parlare è il corpo, non più il linguaggio della ragione.

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Informazioni

Editore
Orthotes
Anno
2016
ISBN
9788893140362
Qui mi occuperò principalmente dell’amore, ma prima vorrei dire qualcosa anche sull’amicizia.
Per distinguere questi due scenari, quello dell’amicizia e quello dell’amore, dobbiamo partire da un concetto fondamentale, ossia dalla comprensione di noi stessi: dobbiamo prendere in considerazione il fatto che siamo sì animali ragionevoli, cioè ci basiamo sull’impianto razionale, ma ciascuno di noi è anche folle. L’amicizia si colloca, tutto sommato, sul piano razionale e perciò è una disposizione della mente, mentre l’amore, proprio perché è connesso con la dimensione folle di ciascuno di noi – in cui non abbiamo nessun potere – esercita potere su di noi. Quando dico “folle”, occorre che spieghi cosa intendo. Il senso è che noi non siamo granché consapevoli della nostra follia, anche se sarebbe sufficiente che prendessimo in considerazione le nostre notti – quando sogniamo – quando cioè si apre il teatro della follia: la coscienza si spegne, la nostra vigilanza si attenua fino a spegnersi e incomincia lo scenario onirico. Prima di aprire i nostri sogni agli psicoanalisti, dovremmo ricordare, anche a loro, che i nostri sogni sono il teatro della pazzia. Perché nel sogno io sono attore del sogno ma sono anche spettatore, talvolta sono un personaggio maschile e talvolta sono un personaggio femminile, talvolta sono adulto e insieme sono bambino. Nel sogno saltano le figure dello spazio e del tempo: un sogno può cominciare a New York e finire nell’Impero romano. Ciò vuol dire essere abitati dalla follia, da questa dimensione irrazionale che Freud ha codificato nella figura dell’inconscio. Ma già prima di Freud si sapeva benissimo che ciascuno di noi ha anche una parte folle, che emerge immediatamente non appena si abbatte il livello di razionalità e di coscienzialità. È sufficiente che beviamo un po’ e incominciamo a parlare in una modalità che non avremmo mai usato se non avessimo bevuto, tanto che l’indomani la gente ci dice: “non eri più tu”: se ne era andata, cioè, persino la nostra identità, non eravamo più neppure noi stessi. Per non parlare poi delle condizioni eventuali dovute alle droghe, in cui viene fuori un universo incontrollato.
Quindi la follia ci abita e della follia dobbiamo prendere atto. Dobbiamo esserne consapevoli, perché la nostra follia ci attrae e non c’è altro modo di accedervi se non attraverso un contesto d’amore. Queste cose le dice Platone, il quale ha scritto un dialogo, il Simposio, che, a mio parere, è il più grande libro mai scritto sull’amore.
Per quanto riguarda l’amicizia, invece, essa è una disposizione, un modo di essere uomini, un atteggiamento. La filosofia, per esempio, si chiama filosofia perché è un discutere tra amici. Cosa vuol dire discutere tra amici? Vuol dire creare un clima di philia [φιλία] – cioè di amicizia, come dicono appunto i Greci – in cui l’intento della discussione non è quello di avere ragione sull’altro. Platone ci mette in guardia dall’atteggiamento, che egli chiama “eristico”, nel quale si discute solo per sopraffare l’opinione dell’altro. È quello che si vede abitualmente in televisione nei talk show: vi prevalgono atteggiamenti eristici, il cui scopo è quello di vincere la partita dialettica contro l’altro; beninteso, quando si tratta di dialettica, perché alle volte si tratta semplicemente di sopravvento e non ricerca della verità, né tanto meno del bene comune. Quindi la philia è un atteggiamento per il quale lo scopo della discussione non è uscire vittoriosi sull’altro, quanto, invece, cercare la verità in un contesto di amicizia. E allora l’amicizia è la precondizione per la ricerca del sapere e della verità. Infatti per i Greci l’amicizia si avvicina di più dell’amore alla verità. Nell’amore non si cerca la verità, ma l’affogamento nella propria pazzia. Amicizia e verità sono alleate, anche se l’amore ha una stretta correlazione con la struttura della verità. In che senso? Se io assumo come verità, per esempio, che Dio esiste, questa è una verità fino a quando i presenti non mi faranno un’obiezione che scardina la mia proposizione che dice che Dio esiste. Supponiamo invece che nessuno riesca a scardinare la mia proposizione. Allora la struttura della verità è la struttura della guerra. E la stessa struttura possiamo trovarla nell’amore. Se tu incontri un altro che ti ama più di me, e se io non ce la faccio a superare tutti i possibili amanti della donna (o dell’uomo) che considero essere mia compagna di vita, ho perso la partita! Il traditore non è interessante: interessante è il tradito, che deve persuadersi che ha perso la “guerra”. In questo senso amore e verità hanno un’analogia. Dunque possiamo riassumere che la philia, la philosophia, è la ricerca del sapere attraverso l’amore, in un contesto di amicizia. In questo senso l’amicizia è una disposizion...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Info
  3. About the Author
  4. Title
  5. Copyright
  6. Indice
  7. La disposizione dell’amicizia e la possessione dell’amore
  8. Profilo dell’autore
  9. Backcover