La vita estrinseca. Dopo il linguaggio
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La vita estrinseca. Dopo il linguaggio

  1. 210 pagine
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La vita estrinseca. Dopo il linguaggio

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Della "vita estrinseca" parla Leopardi nell'Elogio degli uccelli, all'interno delle Operette Morali. Che cos'è una vita "estrinseca"? Ecco qualche possibilità: la vita così come la può vivere un animale, ad esempio un calabrone che vola rumoroso tra i fiori, oppure una sardina che si sente a casa nell'oceano; un bambino in un lungo interminabile pomeriggio d'estate al mare, o una pittrice che ostinatamente riprende il suo soggetto, e sempre di nuovo ricomincia a dipingerlo, senza noia o stanchezza. E ancora: la scena finale di Professione Reporter ? il film di Antonioni ? con il divenire-cielo di David Locke/Jack Nicholson, oppure un uomo che prega, senza rivolgersi a nessuno, per la gloria del mondo. In tutti questi esempi qualcuno, umano o no (questa venerabile distinzione non è importante), è in piena relazione con il mondo, fa tutt'uno con l'esistenza, oltre la mente e oltre il corpo. La "vita estrinseca" è quella vita in cui non ci si sente più come qualcuno, o qualcosa, di separato dalla vita e dal mondo. La "vita estrinseca", in fondo, è il mondo che si sente attraverso di noi. Si tratta di una condizione che è difficile provare, perché tutto ? nelle nostre esistenze ? va contro questa possibilità. Eppure è l'unica condizione che è importante essere. Oltre sé stessi, oltre la politica e l'economia, oltre la religione e l'arte. La vita, finalmente.

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Informazioni

Editore
Orthotes
Anno
2019
ISBN
9788893141871
Sette
Fuori
Colorless green ideas sleep furiously1
Omnia seu finita seu infinita definita sunt et excepto Deo ab intellectu determinari possunt2
Non ci sono parole
Il linguaggio non ha un fuori. Se ne esce solo, paradossalmente, sprofondando al suo interno. In questo senso, è come Dio. A proposito, come si parla, con le lingue umane, di Dio e delle sue caratteristiche? Il problema, prima ancora che essere un problema religioso, è un problema di tipo logico-insiemistico: se Dio è, per definizione, l’insieme infinito, come fa una lingua – cioè un sottoinsieme dell’insieme Dio, un sottoinsieme in prima approssimazione finito3 – ad abbracciare l’intero di cui non è che un’infima parte? Facciamo un esempio diverso, per provare a mostrare con che tipo di problema ci stiamo confrontando. Il riferimento del nome “coleottero” è l’insieme dei coleotteri, mentre il suo senso potrebbe essere “un insetto con il corpo generalmente diviso in tre sezioni: il capo, il torace e l’addome”. Ci sono almeno due condizioni che rendono sensato l’uso del nome “coleottero”: a) “coleottero” non è un coleottero, c’è cioè una sostanziale differenza fra la lingua e ciò di cui parla; b) per poter parlare dell’estensione della parola “coleottero” si deve essere nella condizione, almeno in linea di principio, di potere prendere in considerazione tutti i coleotteri. Cioè, chi proferisce la parola “coleottero” si trova all’esterno dell’insieme dei coleotteri. Questa condizione vale anche nel caso in cui ad usare il nome “coleottero” fosse un coleottero; in questo caso “coleotteri” vorrebbe dire: “tutti i coleotteri (compreso me stesso)”.
Veniamo al caso del nome “Dio”. Si può applicare a “Dio” la distinzione di Frege fra senso e riferimento,4 quella appena applicata al nome “coleottero”? “Dio” è un nome della lingua italiana. Se Dio è l’insieme infinito,5 allora anche la lingua italiana rientra in quell’insieme. Se paragoniamo la lingua ad una rete da pesca, come può una rete, per quanto ampia, abbracciare l’intero universo, cioè Dio? Qui sembra non valere più la prima delle due condizioni formulate più sopra, perché qui sembra che “Dio” e Dio – cioè il nome e la cosa nominata – in qualche senso coincidano. Veniamo ora al riferimento. Ad esempio, l’asserzione “Dio esiste” presuppone che chi l’enuncia si trovi proprio nella situazione della rete che cerca di abbracciare il tutto di cui fa parte. Un enunciato del genere potrebbe essere pronunciato solo da qualcuno che non appartenesse a quello stesso insieme; solo così, trovandosi al suo esterno, può dire sensatamente “Dio esiste”. Ma questa possibilità è esclusa per definizione, perché siamo partiti dall’assioma che Dio è l’insieme infinito, ciò che significa che non esiste alcun fuori assoluto. Il nome “Dio” allora forse ha un senso – ad esempio, “l’insieme infinito” – ma evidentemente non un riferimento.6 Questo non significa, ovviamente, che Dio non esiste, perché neanche questa asserzione – se assumiamo che Dio sia l’insieme infinito – può essere formulata in modo sensato. Posso dire che “In questa stanza non ci sono coleotteri” proprio perché prendo in considerazione l’insieme della stanza; esattamente quello che non si può fare nel caso di “Dio non esiste”, dal momento che non posso prendere in considerazione tutto l’universo, per la semplice ragione che non posso uscirne. Quindi con il nome “Dio” non vale nemmeno la seconda condizione presentata più sopra. Cosa può dirsi in modo sensato, allora, di “Dio”?
Secondo una tradizione molto antica – quella della teologia negativa – di “Dio” si può dire solo quel che non è, non quel che positivamente è.7 Secondo la Gerarchia celeste di Dionigi Areopagita, infatti, è quello che succede quando Dio «viene chiamato invisibile, infinito, incomprensibile e con le <altre> espressioni con le quali non si indica ciò che egli è, ma ciò che non è».8 La ragione logico-insiemistica di questo particolare modo di parlare di Dio l’abbiamo vista più sopra; per cogliere in modo positivo una caratteristica di Dio occorrerebbe poterla abbracciare interamente, e per fare questo bisognerebbe trovarsi all’esterno del mondo, perché solo in una posizione del genere si potrebbe asserire in modo sensato che Dio ha quella caratteristica. Ma ogni lingua non è che un sottoinsieme del divino insieme infinito. Quindi non si può dire in modo sensato che abbia quella caratteristica. Tuttavia sembra che non sia inconsistente asserire che Dio non ha qui questa determinata caratteristica, perché un’asserzione negativa è pienamente sensata in quanto per essere asserita non richiede di uscire dall’universo di cui si sta parlando. Tornando all’esempio dei coleotteri; provare ad descrivere tutto quello che c’è in una stanza probabilmente è impossibile, mentre è del tutto legittimo, ad esempio, dire: “Qui non ci sono elefanti, né sottomarini nucleari, né libri scritti in cirillico e così via”. Melandri, nel paragrafo della Linea e il circolo in cui discute della dialettica, sembra sostenere una tesi simile: «la dialettica presuppone uno speciale uso della negazione […] [che] consiste nella negazione di un’alternativa. La sua formula generale […] potrebbe essere: né A, né B».9 In questo modo non si sta prendendo posizione per una descrizione completa ed esaustiva di ciò di cui si sta parlando; si sta semplicemente sostenendo che questo oggetto non è ha né la caratteristica A né quella B, lasciando tuttavia del tutto aperto lo spazio indeterminato e indeterminabile delle sue altre possibili caratteristiche. In questo senso «la dialettica è filosofia negativa, ossia comprensione totalizzante per complementarità» (p. 800).10 Questo sembra essere il procedimento di Dionigi:
Secondo me [scrive Dionigi] questo modo [negativo] è più conveniente a lui [cioè a Dio] poiché […] noi con verità affermiamo che Dio non esiste alla stessa maniera di altri esseri, ma non conosciamo la sua infinità soprasostanziale, inintelligibile e arcana. Se dunque le negazioni sono vere nei riguardi delle cose divine, mentre le affermazioni non si adattano al mistero delle cose arcane, ne segue che il metodo di descrivere per mezzo di cose dissimili sia quello più conveniente alle cose invisibili.11
Una asserzione come “Dio è buono” non è sensata, perché sarebbe una specie di affermazione meta-divina, cioè una affermazione sull’insieme di Dio, un’affermazione che può pronunciare solo chi si trova al di fuori del mondo divino. Ma siccome Dio è – per definizione – tutto, non può esistere nessuna posizione meta-divina. Al contrario, l’asserzione “Dio non è buono” è sensata (benché possa suonare inconsueta), perché non ha la pretesa di asserire qualcosa su Dio preso nella sua interezza, perché non è una genuina affermazione meta-divina. Così come per dire “in questa stanza non c’è un cavallo” non è necessario uscire dalla stanza, così per dire “Dio non è buono” non sembra richiedere di uscire dall’universo. Un’asserzione positiva sembra implicare uno sguardo complessivo sul mondo, una negativa, invece, sembra implicare solo una particolare prospettiva locale e soggettiva sul mondo.12 Da questo punto di vista “Dio non è buono” non implica che allora “Dio è cattivo”. Il punto teorico è che ogni affermazione positiva su Dio implica, in chi la pronuncia, l’assumere una posizione esterna allo stesso Dio. Al contrario, una affermazione teologica negativa si riferisce non tanto a quello che “Dio” è, piuttosto ai limiti intrinseci della conoscenza umana. La posta in gioco della teologia negativa è la possibilità stessa di una posizione meta-divina: «come, infatti, le cose intelligibili rimangono incomprensibili e invisibili per le cose che cadono sotto i sensi […] così, secondo lo stesso procedimento della verità, l’infinità soprasostanziale sta al di sopra delle sostanze e così è al di sopra delle intelligenze l’Unità che è al di sopra dell’Intelligenza, e da nessun pensiero è pensabile l’uno che è al di sopra del pensiero ed è inesprimibile con qualsiasi parola il bene posto oltre la parola».13 Dionigi pone la questione nei suoi esatti termini: come è possibile dire ancora qualcosa quando ci si trova «oltre la parola»? In termini insiemistici, “Dio” è l’Assoluto, e quindi propriamente non è un insieme (o meglio, non è ‘insiemizzabile’): «a collection is absolute (non a set) just in case it is as large as or bigger than the sequence of ordinal numbers. […] For while all transfinites according to Cantor can and should be numbered (numbered size being increasable), the Absolute, which sometimes Cantor called an ‘Absolute maximum’, is beyond numbering (unincreas...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio Collana
  3. Title
  4. Copyright
  5. Author
  6. Indice
  7. Premessa
  8. Uno Recinto
  9. Due Macchina
  10. Tre Specchio
  11. Quattro Cornacchia
  12. Cinque Giglio
  13. Sei Cosa
  14. Sette Fuori
  15. Otto Corpo
  16. Nove Vita
  17. Indice dei nomi
  18. Back Matter