Controllo sociale, servizio sociale e professioni di aiuto - Una Ricerca nel Sistema Penitenziario
eBook - ePub

Controllo sociale, servizio sociale e professioni di aiuto - Una Ricerca nel Sistema Penitenziario

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Controllo sociale, servizio sociale e professioni di aiuto - Una Ricerca nel Sistema Penitenziario

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

In Italia il sistema penitenziario è basato su un modello riabilitativo, teso al reinserimento sociale degli autori di reato, che affida compiti rilevanti alle professioni di aiuto. Tra queste, il servizio sociale è chiamato oggi a confrontarsi con un nuovo ordine sociale, segnato dall'influenza del pensiero neoliberista. In questo scenario i mutamenti delle politiche sociali, intervenuti con la crisi del welfare state, sono intrecciati con quelli delle politiche penali. Nella letteratura sociologica contemporanea ci si interroga sulla graduale transizione da un modello di welfare basato principalmente sulla garanzia del benessere sociale ad un modello in cui l'interesse dominante è, fondamentalmente, quello di garantire un controllo sociale efficace.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Controllo sociale, servizio sociale e professioni di aiuto - Una Ricerca nel Sistema Penitenziario di Cellini Giovanni in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Politica e relazioni internazionali e Politica sociale. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
Ledizioni
Anno
2013
ISBN
9788867051021
Parte prima
Il quadro teorico
Capitolo I
Crisi del welfare state e implicazioni
sul penal-welfare system
1.Alcuni richiami ad evoluzione e mutamenti del welfare state in Europa
Un’analisi di ciò che ha caratterizzato lo sviluppo e l’evoluzione del welfare è di fondamentale importanza e quindi preliminare, al fine di fare luce sull’attuale configurazione del complesso degli apparati del controllo sociale, argomento che sarà al centro del successivo capitolo. Qui si vogliono richiamare alcuni rilevanti mutamenti del welfare state1 analizzati da studi contemporanei, con riferimento particolare al contesto europeo, che hanno una relazione importante con le trasformazioni di altre istituzioni sociali, tra cui anche quelle del sistema penale-penitenziario. Come si vedrà, non si stratta di un’analisi comparativa dei diversi sistemi di welfare europei - che non è argomento di questo lavoro -, ma piuttosto si è scelto di concentrarsi su alcuni passaggi chiave della loro evoluzione, che si ritengono particolarmente rilevanti per un inquadramento teorico della ricerca. Si utilizzano, inoltre, riferimenti specifici ai sistemi di welfare dell’Europa continentale, con l’intento di avvicinarci alla realtà italiana e dunque al campo della ricerca empirica, i cui risultati verranno presentati nella seconda parte del presente lavoro.
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale inizia, nei maggiori stati dell’Occidente industrializzato, un processo caratterizzato in primo luogo da uno sforzo di ricostruzione economica, che richiede l’estensione della sicurezza di un reddito e quindi di un lavoro come diritto di cittadinanza; ma anche di ricostruzione politica - tesa ad affermare la democrazia liberale contro i rischi del bolscevismo e dei fascismi - e morale, con l’intento di promuovere e difendere idee di giustizia sociale, universalismo, solidarietà (Esping-Andersen, 1994). Gli stati, in tale fase storica, potendo disporre di una quota notevole della ricchezza prodotta al loro interno, mettono in atto, mediante prestazioni di trasferimento e di sovvenzione, efficaci politiche infrastrutturali, occupazionali e sociali. In tal modo essi diventano capaci di influenzare le condizioni di produzione e distribuzione avendo come obiettivi la crescita economica, la stabilità dei prezzi e la piena occupazione. In altri termini, lo Stato svolge la funzione di “regolatore” ed è in grado, adottando da un lato misure che stimolano la crescita economica e dall’altro interventi specifici che costituiscono le politiche sociali, “sia di promuovere la dinamica economica sia di garantire l’integrazione della società” (Habermas, 2000, p. 19).
Nel Dopoguerra, quindi, negli stati industrializzati occidentali, europei in particolare, vi è un costante ampliamento del settore delle politiche sociali. Pur con alcune differenze nei diversi paesi, si assiste ad una progressiva espansione dei diritti sociali, che raggiungono la piena maturità e vengono ad assumere la stessa importanza dei diritti civili e politici. Nella maggioranza dei paesi europei, tra cui l’Italia, la spesa per la protezione sociale supera, già all’inizio degli anni Sessanta del XX secolo, il 20% del PIL, arrivando quasi a raddoppiare rispetto all’inizio del decennio precedente; quindi la stragrande maggioranza della popolazione viene inclusa in programmi di protezione sociale (Ferrera, 2007).
Questo costante allargamento delle politiche sociali, dei diritti sociali, di cittadinanza, avviene durante un arco temporale che va, all’incirca, dal 1945 al 1975: quello che è stato definito in letteratura come periodo del “Trentennio glorioso” o anche “età dell’oro”, in cui il progetto dello stato sociale viene sostenuto e messo in atto da governi di orientamento politico diverso (non solo socialdemocratico), fino a raggiungere il culmine del proprio sviluppo. Nel periodo successivo al Trentennio glorioso “la traiettoria di sviluppo comincia a cambiare e a invertire rotta: si entra in quella che è stata definita “età dell’argento di austerità permanente” ” (Pierson; Taylor-Gooby, cit. in Ferrera, 2007, p. 342). Alcuni autori posticipano il termine di questo periodo, di questo processo espansivo - comune ai diversi modelli europei di welfare - che ha visto il progressivo aumentare dell’impegno diretto dello Stato, fondato sulla disponibilità di un surplus di risorse da impiegare in investimenti sociali, che porta ad un continuo incremento della quota del PIL destinata alle politiche sociali; Habermas (2000), in particolare, protrae la durata di questa fase espansiva fino agli anni Ottanta avanzati del XX secolo. Nel periodo successivo avviene una svolta, che, in un quadro generale di crisi delle politiche keynesiane, è connotata da tendenze alla diminuzione dei bilanci sociali e quindi all’abbassamento delle prestazioni socio-assistenziali, alla crescente difficoltà di accesso ai sistemi di protezione e all’aumento della pressione sui disoccupati. Si coniano, in riferimento a queste tendenze, espressioni come “crisi del welfare” o - soprattutto per quanto riguarda le politiche di orientamento neoconservatore attuate negli USA e in Gran Bretagna con i governi di Reagan e Tatcher - “smantellamento dello stato sociale” (Pierson, 1994; Habermas, 2000).
Va detto che da parte di alcuni tra i maggiori studiosi del welfare si preferisce utilizzare termini come “modernizzazione” o “ristrutturazione” – piuttosto che “crisi” -, poiché, si fa notare, i cambiamenti storici e di contesto non hanno determinato il crollo dei welfare state europei, bensì un rallentamento della crescita della spesa sociale rispetto all’ “età dell’oro”, dimostrato da indicatori quantitativi (Ferrera, 2007).
È comunque condiviso che parlare oggi di tagli, di ridimensionamento, di riduzione del welfare ha certamente un fondamento empirico. Il welfare state europeo, sebbene abbia mostrato capacità di resistere alle pressioni a cui è sottoposto, si trova nella fase attuale a fare fronte alle sfide più difficili di tutta la sua storia, che riguardano anche i suoi fondamenti ideali. Come ha spiegato Habermas (1998), infatti, lo stato sociale si trova in una situazione di impasse, connotata anche da fattori negativi come il burocratismo, gli sprechi, le inefficienze, in cui “si sono esaurite le energie dell’idea utopica di una società fondata sul lavoro” (Ibidem, p. 45). È una situazione che richiede un recupero di contenuti progettuali della politica ed in cui sarebbe necessario raggiungere un nuovo equilibrio fra le tre risorse che la società ha a disposizione per soddisfare il suo bisogno di guida e regolazione, cioè il denaro, il potere e la solidarietà; ed è proprio “la forza d’integrazione sociale della solidarietà” (Ibidem, p. 47), ad essere chiamata a “resistere alle “forze” delle altre risorse regolative” (Idem).
Sull’indebolimento dello stato sociale hanno prosperato le tendenze neoconservatrici, associate in Europa al periodo dei governi britannici tatcheriani, e neoliberali. Secondo la prospettiva neoliberale, in particolare, un welfare troppo forte è visto come minaccioso per l’etica del lavoro, in quanto potrebbe generare dipendenza (dalle prestazioni del welfare stesso); inoltre, andrebbe a discapito della flessibilità e della mobilità del lavoro. Tale visione è favorevole ad un welfare privatizzato, a programmi di welfare “snello”, con prestazioni e benefici diretti ad un target specifico piuttosto che universali, che incoraggino soprattutto la ricerca individuale del lavoro e che accettino anche importanti e maggiori differenze di guadagni.
Tra i fattori che maggiormente hanno inciso sull’austerità permanente del welfare state vi sono, oltre all’integrazione europea e alla globalizzazione2, che hanno posto una serie di vincoli all’autonomia dei governi nazionali, le trasformazioni economiche e sociali interne ai diversi stati. Tra queste spiccano: il passaggio da un’economia in rapida crescita, che è quindi in grado di sostenere il welfare e la sua struttura, ad un’economia a sviluppo lento o a crescita nulla, che fatica a svolgere tale ruolo; i mutamenti demografici legati soprattutto all’invecchiamento della popolazione e ai flussi migratori; il passaggio da aspettative dei cittadini più morigerate e stabili ad altre sempre maggiori e in crescita (Ferrera, 1993); ma, soprattutto, il passaggio dal modello fordista ad un’economia postindustriale, avvenuto nei paesi OCSE, connotato dalla diminuzione di posti di lavoro stabili e a tempo pieno, con contratto a tempo indeterminato. Uno dei punti principali dello stato sociale è relativo proprio alla riforma delle condizioni di lavoro, mediante misure idonee a renderle più umane, ma soprattutto attraverso misure compensative, tese a far fronte ai rischi fondamentali propri del lavoro salariato (incidenti, malattia, mancanza di previdenza per la vecchiaia, eccetera). “Questo meccanismo compensativo funziona solo se il ruolo di salariato a tempo pieno diventa la norma “ (Habermas, 1998, p. 25).
Non è ridondante, a nostro avviso, sottolineare come i mutamenti del lavoro assumono quindi una relazione molto stretta con quelli del welfare. Si vuole qui mettere in evidenza che la fase dell’espansione dell’industria, che inizia ben prima dell’avvento del welfare state - all’incirca nella seconda metà del XVIII secolo - e dura fino al Trentennio glorioso del XX secolo, porta con sé l’assestamento di alcuni equilibri. In particolare, con l’avvento del lavoro astratto, vi sono nuovi modi di lavorare, che per il lavoratore implicano, da un lato, una subordinazione alle logiche di organizzazione delle imprese e uno scarso controllo della professionalità; d’altro canto, tuttavia, emergono “forme di compensazione in termini di garanzie di stabilità e protezione” (Barbieri, Mingione, 2003, p. 9), che saranno poi pienamente raggiunte mediante lo sviluppo del welfare state, appunto, oltre che del diritto del lavoro. Inoltre, il lavoratore che perde il controllo sul prodotto e sul processo di lavoro, in compenso assume una forte identità e un forte legame di interessi con gli altri lavoratori che si trovano nelle stesse condizioni e che sono accomunati dalla condizione di lavoro subordinato, a tempo pieno e indeterminato. È, questo, il “regime salariato” (Castel, 1995), attraverso il quale il cittadino-lavoratore assume “il ruolo di cliente delle burocrazie dello stato sociale, nei confronti delle quali è giuridicamente abilitato ad avanzare pretese, nonché quello di fruitore di beni di consumo di massa, mediante il potere di acquisto che gli è concesso” (Habermas, 1998, p. 25). Nel momento in cui vi è la diminuzione del lavoro salariato stabile e a tempo pieno emergono nuove forme di lavoro, “atipiche”, spesso connotate da una precarietà che modifica molti aspetti del modello fordista della regolazione del lavoro: dai contenuti del contratto di lavoro subordinato, alla stabilità del posto di lavoro nel tempo e nella sua ubicazione. Si ha un processo di crescente flessibilità del lavoro e di individualizzazione del rapporto di lavoro (Beck, 2000).
Nei casi in cui il lavoro precario è un primo ingresso nel mondo del lavoro e non una condizione sine die, che può essere un mezzo di accesso al mercato del lavoro per fasce tradizionalmente escluse o a rischio di esclusione dallo stesso, come i giovani e le donne (Barbieri, Mingione, 2003), allora è anche “possibile valutare queste esperienze di lavoro atipico come momenti di passaggio all’interno di un processo positivo di crescita e realizzazione di sé dell’individuo” (Ibidem, p. 16). D’altro canto, però, occorre rimarcare il fatto che la precarizzazione e l’individualizzazione del rapporto di lavoro espongono l’individuo a maggiori rischi, determinati fortemente da lavori a basso salario e di scarsa qualità, dei cosiddetti working poors, cioè di quei lavoratori maggiormente e sistematicamente esposti ai rischi del mercato del lavoro e all’esclusione sociale (Saraceno, cit. in Ferrera, 2007).
Questi mutamenti del lavoro appena richiamati, legati al passaggio all’economia postindustriale, non sono ovviamente i soli fattori ad aver generato nuovi bisogni sociali e rischi, spesso sottovalutati o trascurati. Altri importanti cambiamenti sociali, relativi in particolare alla famiglia e all’invecchiamento demografico, hanno contribuito anch’essi a far nascere ulteriori forme di esclusione sociale, di povertà, di dipendenza personale.
È tuttavia convinzione diffusa, nella sociologia, che la fine della “società salariale” (Castel, 1995), avvenuta nel processo più ampio delle trasformazioni socio-economiche del capitalismo, rappresenti un importante punto di svolta, che segna proprio la sempre maggiore diffusione dell’esclusione dalle prestazioni del welfare e di forme di vulnerabilità sociale, intesa come “condizione di vita in cui l’autonomia e la capacità di autodeterminazione dei soggetti è permanentemente minacciata da un inserimento instabile dentro i principali sistemi di integrazione sociale e di distribuzione delle risorse” (Ranci, 2002, p. 546). L’indebolimento, cioè, del ruolo di mediazione e di compromesso dello stato sociale, capace di promuovere crescita dell’economia e al tempo stesso di garantire integrazione mediante politiche sociali, porta al riaccendersi di quelle tensioni che esso aveva neutralizzato o attenuato, a costi sociali che mettono a repentaglio la capacità integrativa di una società democratica liberale. Vi sono oggi indicatori che “rivelano in modo inequivocabile l’aumento della povertà e dell’insicurezza sociale dovute alle crescenti disparità di reddito, mentre si osservano tendenze inconfondibili alla disgregazione della società” (Habermas, 1998, p. 18). Nella attuale fase storica vi sono tendenze al venir meno della solidarietà sociale, in cui aumentano le disugua...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copylettori
  4. Dedica
  5. Introduzione
  6. Ringraziamenti
  7. Parte Prima – Il Quadro Teorico
  8. Parte Seconda – La Ricerca Empirica
  9. Conclusioni
  10. Bibliografia