La catastrofe nel pensiero occidentale
eBook - ePub

La catastrofe nel pensiero occidentale

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

La catastrofe nel pensiero occidentale

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

eSaggi, la collana ebook dedicata alle scienze naturali e sociali con le idee degli autori under 40.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a La catastrofe nel pensiero occidentale di Maria Francesca Moroni in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Philosophy e Philosophy History & Theory. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2012
ISBN
9788865761663

1. La catastrofe all’opera

Catastrofe naturale? Catastrofe industriale o tecnologica? Catastrofe morale?
Queste sono le tre principali tipologie di un concetto ricco di costellazioni di senso che la filosofia occidentale contemporanea riconosce e descrive, anche se ciò che le caratterizza, il filo rosso sotteso che le attraversa, resta univoco. Disquisendo della catastrofe la filosofia paradossalmente dimentica che questa è la catastrofe dello stesso pensiero, che essendo ormai troppo appesantito non fa che trovarsi in scacco.
Si metta ora per un attimo tra parentesi il modo di procedere filosofico che analizza e spiega. E si pensi a ciò che suscita in noi ascoltare il suono della parola «c-a-t-a-s-t-r-o-f-e»: non si aprono forse nel nostro immaginario scenari apocalittici di distruzione che possono venir ricondotti o a cause naturali, oppure a un’evoluzione scellerata che segue un progresso incapace, a sua volta, di discernere fra bene e male, incapace di avere una visione ampia e proteiforme del suo stesso cammino? Questi scenari immaginifici non sono forse influenzati da ampi segmenti di narrativa e di cinematografia che li raccontano?
Eppure l’uomo contemporaneo utilizza la parola «catastrofe» in molteplici altri contesti, la utilizza per esempio in modo traslato e metaforico per raccontare di sé e degli improvvisi aspetti negativi della sua vita. La catastrofe in un amore, in una famiglia, in un gioco, e la sua rappresentazione solo velatamente filosofica, che diventa una narrazione colorita, violentemente artistica, quasi trascendentale, se non assoluta, perché il Sé tende ad assorbire e assolutizzare sia ciò che lo pervade dall’interno, sia ciò che lo tocca dall’esterno. Una catastrofe può essere ancora accennata attraverso delle inezie vagamente ironiche, insormontabili e per nulla erotiche in tutta la loro leggerezza, in quanto essa, la catastrofe, non è solo qualcosa di pesante e cogente che dall’esterno trascina verso il fondo, è anche quel particolare, quel dettaglio, per cui un programma varia all’ultimo minuto senza alcun preavviso, è quella bellezza che sfugge non lasciandosi possedere, è la variabile caotica attraverso cui si vedono e vivono mondi diversi, è la variabile e insieme la spinta da cui hanno inizio mondi diversi, originariamente sommersi da rocce e magma, che urlano per vedere la luce. Mondi la cui emersione prevede la disgregazione dell’essere già stato. La catastrofe è l’inaspettato, l’imprevisto, è l’abisso, è il fondo selvaggio della natura che chiama l’uomo, lo tenta e lo ammonisce insieme per riaffermare la sua predominanza. L’imprevisto quasi prevedibile, l’imprevisto che a volte solo l’istinto viscerale, profondo e giocoso, ci prega di mettere in conto al di là di ogni ragione, di ogni modo di procedere logico, calcolatore e ingenuo al tempo stesso. La catastrofe è la leva che rompe le regole per creare nuovi spazi, nuovi ordini, ma non va pensata come un mezzo per un fine, è semplicemente il punto di non ritorno: l’irreparabile e l’incontrovertibile per il vecchio, la possibilità libera, la sfida creativa che si apre al nuovo. La catastrofe è, in un certo senso, perdere chirurgicamente le ali e la capacità di volare per imparare a camminare, è perdere la capacità di camminare per imparare a nuotare.
La catastrofe è una spada di Damocle incombente su ogni singolo essere cosciente, è ciò da cui si vuole fuggire, è ciò che non si vorrebbe dover mettere in conto: eppure esiste come possibilità, come sfida ultima dell’essere esistenziale. Il concetto di catastrofe ha bisogno del concetto di vita, ma non è il suo contrario, il suo speculare. La catastrofe non è la morte, bensì è un qualcosa che si pone fra la vita e la morte, è un qualcosa che nelle sue diverse accezioni scardina il ciclo naturale della vita alterandolo in un modo che, a sua volta e in maniera diversa, può essere connotato come naturale, come un qualcosa che s’impara ad accettare.
Si tenga ora presente la sua origine: la parola «catastrofe» deriva dal greco katastrophé, ed è etimologicamente composta da kàta + strophé, parole che producono ritmo e musicalità nel loro accostamento, lasciando così emergere il loro significato. Strophé è la parola greca passata ai latini che sta per strofa, ovvero per ciò che oggi indica un insieme di più versi formante un sistema metrico, regolato o libero, nella poesia lirica o nella canzone. Questo concetto si origina nella lirica greca, e deriva letteralmente da strépho, volgo, volgersi, in quanto gli antichi quando cantavano inni innanzi agli dèi solevano volgersi a destra e a sinistra, imitando così il movimento dei cieli da Oriente a Occidente e quello inverso degli astri, secondo le loro credenze. Kàta sta per giù, sotto, attraverso questa parola si dà un’indicazione spaziale che può assumere delle connotazioni non positive. La catastrofe diviene letteralmente un volgersi lirico verso ciò che sta in basso, verso la fine, il fondo e/o l’abisso. Questa definizione etimologica esprime tutta la vis dinamica che il concetto sprigiona. Il dinamismo origina la dimensione narrativa che caratterizza la catastrofe stessa, che non può non essere narrata in una sorta di canonizzazione del ricordo di ciò che è stato e non può più essere, di ciò che sarebbe potuto essere e non è e di ciò che è e non dà certezza.

2. Catastrofe e natura

La filosofia si è spesso avvicinata al concetto di catastrofe passando attraverso quello di natura, testando così le sue diverse implicazioni. Si consideri che la catastrofe è quasi sempre connessa, nell’immaginario umano, a eruzioni vulcaniche, terremoti, alluvioni, frane, tempeste; è insomma legata a quella tipologia che viene definita come «naturale». La catastrofe naturale, rispetto alle altre due tipologie, fa tutt’uno con la natura, è un suo aspetto, un suo modo di manifestarsi. Per avvicinarci a una sua comprensione dobbiamo dunque cogliere il concetto di natura nella sua complessità, nel suo rapporto con l’uomo che può essere considerato come un suo prodotto. L’uomo è in un certo senso figlio della natura, intesa come ciò che racchiude il logos della vita. La natura è la madre biologica dell’uomo, eppure non ha i caratteri di una madre naturale, bensì quelli di una «matrigna» che con i suoi capricci non si preoccupa minimamente del benessere dei suoi figli. Chiamando la natura «matrigna» si delinea tutta la condizione affettivo/emotiva che pervade l’uomo moderno: un essere che come un orfano ricerca testardamente (e inutilmente) quella sensazione inconscia di protezione e sicurezza che solo una madre naturale può trasmettere. Leopardi affronta e sviluppa questo discorso in diverse opere, fra cui Dialogo della Natura e di un Islandese scritto nel 1824. Qui un Islandese, un comune abitante di una terra dal clima disagevole,1 è scappato dalla Natura per tutta la vita, ma è sempre convinto che questa lo perseguiti come fa con tutti gli uomini rendendoli infelici. Dalla sua incessante fuga non ha ottenuto però alcun vantaggio né alcuna soddisfazione, gioia o piacere. Le dinamiche di questa rincorsa fra l’Islandese e la Natura sono quelle che si verificano fra il gatto e il topo: la Natura è una gatta, è una donna vorace, piena e sicura di sé che lascia allontanare la sua preda in piena libertà perché sa che alla fine questa tornerà da lei, consapevole di non avere scampo. Così nel suo ultimo viaggio l’Islandese s’imbatte proprio nella Natura, personificata appunto in un’inquietante e gigantesca donna dagli occhi e dai capelli neri, esaltazione del femminino selvaggio, che gli dice: «Così fugge lo scoiattolo dal serpente a sonaglio, finché gli cade in gola da se medesimo. Io sono quella che tu fuggi». L’Islandese, su sollecitazione della Natura, inizia così a raccontare la sua esperienza di fuggitivo accumulando esempi su esempi delle sofferenze e disgrazie subite in un crescendo dimostrativo che dalla semplice descrizione empirica volge all’accusa, trasformando il racconto di ciò che è l’uomo, della sua essenza esistenziale, dei suoi mali fisici e delle asperità ambientali alle quali va incontro,2 in una vera e propria requisitoria contro l’interlocutrice: «Mi risolvo a conchiudere che tu sei nemica scoperta degli uomini, e degli altri animali, e di tutte le opere tue; che ora c’insidii ora ci minacci ora ci assalti ora ci pungi ora ci percuoti ora ci laceri, e sempre o ci offendi o ci perseguiti; e che, per costume e per intuito, sei carnefice della tua propria famiglia, de’ tuoi figlioli e, per dir così, del tuo sangue e delle tue viscere. […] Tu, per niuna cagione, non lasci mai d’incalzarci, finché ci opprimi». La Natura risponde a questo strazio con lucidità, facendosi portavoce della concezione materialistico-meccanicistica, l’unica che per Leopardi sia radicata nella realtà e nell’esperienza, anche se non soddisf...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. 1. La catastrofe all’opera
  3. 2. Catastrofe e natura
  4. 3. La teoria delle catastrofi
  5. 4. La catastrofe linguistica
  6. 5. La catastrofe e il divino
  7. 6. Etica ed estetica delle catastrofi
  8. Postfazione
  9. Bibliografia