The mystery of social work
eBook - ePub

The mystery of social work

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

The mystery of social work

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Alla ricerca del senso del lavoro di operatori sociali: è questo l'intento del presente saggio, edito in formato bilingue (inglese e italiano). L'occasione è stata fornita dal processo di revisione della Definizione Ufficiale approvata a Montréal nel 2000 dalle principali Organizzazioni rappresentative del Social Work internazionale (IASSW e IFSW). Il testo ha l'ambizione di andare alla radice del «mistero» che da sempre caratterizza il Lavoro Sociale, vale a dire la difficoltà a concettualizzarne l'essenza in poche e semplici parole. Mentre per tutte le altre professioni (sanitarie soprattutto) è intuitivamente chiaro di che cosa si occupino, per il Lavoro Sociale non è mai stato così. La Teoria relazionale è usata come chiave di lettura illuminante, non solo per mettere in risalto le ambiguità e qualche limite concettuale dell'attuale Definizione, ma soprattutto per suggerire spunti utili in vista di possibili formulazioni alternative.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a The mystery of social work di Fabio Folgheraiter, Adrian Belton in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Scienze sociali e Metodologia e ricerca nelle scienze sociali. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

1. L’oggetto del Lavoro Sociale: una irriducibile complessità?

Vi sono solide ragioni che spiegano la cronica difficoltà a trovare un pacifico accordo su che cosa sia mai il Lavoro Sociale. Escludiamo subito le opzioni più radicali, ad esempio che la realtà sottostante all’etichetta «Lavoro Sociale» sia confusa al punto di non avere un bandolo ovvero che essa sia, come vorrebbero certi costruzionisti, «vuota» di un proprio contenuto oggettivo, come se tutte le parole che pretendono di descriverla potessero avere — per così dire — pari senso.1 Escludiamo pure che manchino e siano mancati nel Lavoro Sociale pensatori all’altezza. Affermiamo invece con forza un dato spesso sottaciuto e tuttavia evidente, e cioè che l’oggetto epistemologico del Lavoro Sociale presenta una complessità irriducibile, per dirla come Morin (2008): poche altre professioni o discipline scientifiche si ritrovano alle prese con una materia così ostica.
La natura complicata (ma non confusa) del Lavoro Sociale può essere avvertita non solo guardando «in orizzontale» (il Lavoro Sociale dipana le sue pratiche su linee spazio-temporali vastissime) ma anche «in profondità» (il Lavoro Sociale è la più delicata delle professioni in quanto coglie il punto dolente della humana conditio, come direbbe Norbert Elias, vale a dire la sofferenza nel vivere associato). In generale diciamo che la riflessione su «ciò che è» il Lavoro Sociale è «appesantita» da due questioni: una ontologica, vale a dire da una difficoltà a cogliere l’essenza del suo oggetto, la mancanza di una griglia concettuale capace di «tener dentro» tutto ciò che è Lavoro Sociale tra le svariate sue possibili manifestazioni e al contempo «tener fuori» tutto ciò che Lavoro Sociale non è, sebbene somigliante. L’altra questione è invece epistemologica, relativa alla difficoltà a decidere la specifica angolatura gnoseologica con cui quel particolare «campo» può essere meglio osservato e mentalmente rappresentato, così da permetterci di cogliere infine quel nocciolo che andiamo cercando. Il tutto senza indulgere in filosofismi astratti ma nel rispetto di rigorosi (sebbene non convenzionali) standard di scientificità.2
Affermando che il Lavoro Sociale non è la cenerentola delle scienze sfidiamo i radicati e noti pregiudizi che accompagnano il Lavoro Sociale fin dalle sue origini. Da sempre come sappiamo questo campo disciplinare è considerato marginale e debole. Per una sorta di riflesso «non logico», come direbbe Pareto, il Lavoro Sociale è rappresentato nell’immaginario collettivo come una scienza/professione di basso profilo per il fatto stesso che si occupa di clienti o gruppi considerati appunto — a ragione o a torto — marginali e deboli nelle società in cui vivono.3
A dispetto di un tale pregiudizio, con altrettanta ragione si potrebbe dire — parafrasando Pascal4 — che proprio la disciplina che sa cosa vuole dire «prendersi a cuore gli uomini miserabili» sia la più nobile: nobile non solo in virtù di un tale suo scopo eticamente sensibile, ma nobile anche per l’altezza della sfida epistemologica. Capire come andare al fondo dell’umano richiede senza dubbio altro rispetto al semplice buon cuore ma anche altro rispetto ai calcoli, alle formule matematiche e alle prove obiettive fini a se stesse. Il Lavoro Sociale vanta un oggetto scientifico (un mistero da comprendere) tra i più consistenti e intellettualmente sfidanti di tutte le scienze umane.5 Quella complessità che da così tanto tempo appesantisce la disciplina e finanche la umilia al cospetto delle più ammirate scienze «esatte», può essere rigirata in positivo, quale motivo di un certo orgoglio.

1.1 La sfida ontologica

Per sperare di addivenire a una soddisfacente Definizione generale di una materia tanto sfuggente è necessario rispettare qualche elementare vincolo logico. Da un lato, la Definizione deve ricomprendere tutte le svariate fattispecie empiriche in cui il Lavoro Sociale si manifesta nel mondo globalizzato d’oggi (Hare, 2004; Tsang et al., 2000; Dominelli 2010a; 2010b), così come contemplare quelle in cui si è manifestato in passato e quelle in cui si potrà manifestare in un futuro anche lontano. Nell’oggi vediamo che la professione si è progressivamente modificata e ramificata in modi anche difformi nei diversi contesti nazionali, sia nei Paesi occidentali dotati di moderni sistemi di welfare, sia in quelli cosiddetti in via di sviluppo (Hutchings e Taylor, 2007; Gray et al., 2008). È da sempre in atto una tendenza alla differenziazione interna, vale a dire a spezzettarsi in specializzazioni così consistenti da dar vita alla lunga a professioni distinte (o semi professioni distinte) che costituiscono, connesse da una comune matrice originaria, le cosiddette «professioni sociali» (Lorenz, 2008; Matthies, 2011). Nella realtà tedesca, come in altri Paesi Europei, da tempo nell’alveo del Lavoro Sociale vengono distinte le figure degli assistenti sociali da quelle dei pedagogisti sociali; vediamo inoltre emergere figure più sfumate come ad esempio l’animatore o il mediatore di comunità, il mediatore familiare, l’operatore di strada, l’animatore giovanile e altre ancora. Nelle passate epoche (Bruno, 1957; Woodroofe, 1961; Guerrand, 1976; Leiby, 1978; Bortoli, 2006) il Lavoro Sociale è rimasto a lungo un «tutto» coeso: per l’intero diciannovesimo secolo ha espresso stili d’azione non ancora specializzati che, da un lato, hanno combattuto i problemi sociali dell’epoca con i mezzi allora disponibili e, dall’altro, hanno contribuito ad alimentare i movimenti sociali che avrebbero poi portato, a partire dal secondo dopoguerra del secolo scorso, alla piena istituzionalizzazione della protezione sociale nei welfare state contemporanei (Fraser, 2009).
Passando a considerare il futuro, avvertiamo l’aggrovigliarsi di un nodo che condizionerà, nel bene e nel male, la pratica professionale di domani. Parliamo del difficile rapporto tra due fondamentali tensioni cui la professione è da sempre sottoposta: quella verso l’autonomia, da un lato, e quella all’incardinamento nei sistemi organizzati di welfare, dall’altro. Un rapporto che si dipana in modo opposto nelle democrazie occidentali rispetto ai Paesi in via di sviluppo.
Nei primi, i sistemi istituzionali sono già fin troppo stringenti, paradossalmente in seguito a riforme che avrebbero voluto liberalizzare e decostruire le burocrazie pubbliche (Farrell e Morris, 2003; Dominelli, 2004; Burton e van den Broek, 2009). Nei secondi, tali sistemi andranno progressivamente costruiti, evitando se possibile la subdola trappola che ha fatto girare a vuoto l’esperimento occidentale: l’espropriazione progressiva, per usare un termine caro a Ivan Illich (1975), dell’impegno civico comunitario, il paradossale indebolimento della società civile.6 Un maggiore rafforzamento delle autonomie e delle responsabilità professionali potrebbe/dovrebbe consentire al Lavoro Sociale prossimo venturo di «andare avanti» anche riappropriandosi delle parti migliori del passato. Dovrebbe tornare a valorizzare, entro una nuova cornice di pensiero, quegli stili di lavoro riflessivi e aperti che erano la regola nei tempi pre-moderni, quando l’assenza di conoscenze scientifiche consolidate esaltava volenti o nolenti la creatività degli operatori, creatività dalla quale sono emerse buone pratiche ammirevoli tutt’oggi (vedi, ad esempio, Lundblad, 1995; Boyd, 1982).
Dunque, una prima condizione di efficacia per un’ufficiale Definizione del Lavoro Sociale è l’ampiezza adeguata del suo spettro, così che ogni specifica e anche minuta pratica che arricchisce la varietà di modi e stili operativi riconducibili al Lavoro Sociale non venga esclusa o offuscata. Il Lavoro Sociale è come un grande ombrello (van Ewijk, 2009) che ripara «sotto le sue falde» tutte le realtà riconducibili alla sua identità profonda (quale che sia).
Altrettanto difficoltoso tuttavia è rispettare l’esigenza opposta, quella della specificità. Una rigorosa definizione serve a escludere tanto quanto a includere. Essa deve essere selettiva. Nulla nuoce di più a una definizione «ombrello» che essa… faccia acqua, lasciando filtrare all’interno realtà estranee. Una definizione che possa essere applicata a fenomeni o professioni ontologicamente distinte, seppur affini, rispetto a quelle in oggetto, è una definizione fuorviante. In particolare il filtro deve essere accurato e severo nei confronti di attività o professioni «apparentate», con molti tratti di somiglianza.
Per chiarezza espositiva, procediamo tenendo distinti due livelli: quello del lavoro sul campo e quello politico-amministrativo. Nel livello sul campo, il Lavoro Sociale come area che raggruppa le professioni sociali deve porre un filtro nei confronti delle professioni afferenti all’area del cosiddetto lavoro clinico (psichiatria, psicoterapia, terapia familiare, terapia comportamentale). Entrambe le aree — quella del «sociale» (caring) e quella del «sanitario» (curing) — sono ricomprese nella più ampia classe delle cosiddette «professioni di aiuto». Le finalità di entrambe sono convergenti nell’intenzione di «essere di aiuto» e spesso in pratica gli operatori dell’una e dell’altra debbono operare fianco a fianco. Ma la mission idealtipica di ciascuna, pur se concorrono a esiti comuni, è differente. Analiticamente appaiono ben separate. L’area sanitaria ha a che fare con le patologie e con la guarigione da esse; l’area sociale ha a che fare con il preoccuparsi del vivere umano e il suo senso. Tale linea di confine va posta con il massimo rigore, a dispetto della sua ovvietà e della sua permeabilità empirica, quale argine concettuale a difesa dell’integrità del Lavoro Sociale.
Il modello medico appare semplice e affascinante alla nostra mente, mentre il modello sociale è contro-intuitivo e umile. Gli operatori sociali sono sempre stati affascinati dal bagliore del camice bianco. In realtà essi avrebbero ottime ragioni per puntare i piedi con un certo orgoglio e ancorarsi sul loro terreno, come Ulisse seppe fare al canto delle sirene. Ovviamente nessun operatore sociale è così ingenuo da scimmiottare gli operatori medici o paramedici.
Tuttavia è un fatto che molti operatori sociali, più spesso di quanto si creda, si ritrovano a «pensare come i medici». Si accostano ai loro problemi specifici con lo stesso intendimento: come se avessero anch’essi patologie da eliminare, invece che un vivere migliore da sviluppare.7 È la credenza inconscia degli operatori sociali di essere anch’essi riparatori quasi magici di disfunzioni — quindi di dover essere esperti di diagnosi e trattamenti vari — l’impedimento maggiore a una piena comprensione di ciò che il Lavoro Sociale è. Una Definizione efficace dovrebbe riuscire a trovare le parole per contrastare una volta per tutte tale fuorviante fascinazione.
Altra possibile sovrapposizione può essere fatta con il livello politico-amministrativo. L’area del Lavoro Sociale si realizza entro la cornice della politica sociale, perlomeno negli Stati in cui i sistemi pubblici di welfare sono sviluppati. Entrambi i campi professionali afferiscono alle cosiddette «professioni di welfare» e condividono una stessa mission ideale ma, di nuovo, sul piano astratto la distinzione è netta. Sebbene il Lavoro Sociale abbia sempre avuto, storicamente, e avrà anche per il futuro, un ruolo importante nella pianificazione di politiche pubbliche di stampo universalistico, nazionali o locali, e sebbene la politica sociale abbia sempre influenzato e condizionato le pratiche di campo del Lavoro Sociale in un fitto reticolo di atti normativi e procedure, il contributo di ciascuna area deve essere pensato entro le logiche proprie.8 Lo stile dell’operatore sociale è tipicamente personalizzato e diretto, mentre quello del politico è impersonale e universalistico. Il Lavoro Sociale è il campo professionale del «particolare» (opera per incentivare il welfare qui in questa precisa contingenza); la politica sociale è il campo del «collettivo» (opera per garantire il welfare astrattamente quale diritto di cittadinanza). Le stesse logiche di azione, come noto, sono divergenti: il livello politico-amministrativo è tipicamente prescrittivo, procede su comando. Il Lavoro Sociale vive di libertà, come direbbe Amartya Sen (1999). In quanto professionista, l’operatore sociale pretende di rimanere libero di ragionare per ricercare e sostenere la libera volontà di tutti i soggetti interessati di riprogettare la propria vita. Tuttavia, per quanto spesso si ritrovi a essere il principale applicatore — quasi fosse una sorta di braccio armato delle politiche sociali — dei provvedimenti redistributivi o delle prescrizioni normative (Webb, 2010), il Lavoro Sociale rimane in essenza autonomo dal livello politico e dagli apparati burocratici.
Naturalmente è nella tradizione del Lavoro Sociale (Bailey e Brake, 1975) non ignorare che spesso ogni singola riprogettazione del vivere umano necessiterebbe di mettere in questione, prima ancora che l’equità o la razionalità di ciò che accade in quelle relazioni interpersonali, l’intero ordine socioeconomico o sociopolitico consolidato, ciò che viene nel gergo definito «il sistema». Soprattutto nei Paesi a carente democrazia, gli assetti politici e l’esercizio dei poteri pubblici e dei governi gravano spesso insopportabilmente sulle condizioni di vita dei cittadini, dei più vulnerabili in particolare. Capire se e in quale misura gli operatori sociali, e specialmente quelli dipendenti dalle pubbliche amministrazioni, non solo abbiano titolo ma addirittura debbano considerare loro primario dovere quello di agire direttamente a livello politico per produrre cambiamenti sociali di tale impatto è una scivolosa questione, una sorta di «doppio legame» paradossale per il Lavoro Sociale,9 che non è possibile affrontare seriamente in questa sede.
Qui diciamo solo che inserire in una Definizione astratta tale compito è materia che imporrebbe qualche prudenza, non solo per motivi «opportunistici», in quanto in certi Paesi alle prese con dittature o regimi dispotici un attivo coinvolgimento in «cambiamenti sociali che implicano qualche contrasto con il regime politico possono essere molto rischiosi e provocare forme di oppressione o persecuzione» (Hutchings e Taylor, 2007: 386). Vi sono anche astratte considerazioni di etica democratica: ciò che è diritto/dovere fare come cittadino può essere inopportuno come professionista. Nelle democrazie liberali, attribuire a un ordine professionale (e perché poi solo al Lavoro Sociale?) un rilievo speciale in campo politico, quasi una sorta di salvacondotto extraparlamentare, può apparire come un ingenuo illuminismo. Per la dottrina politica occidentale, teorizzare che le corporazioni professionali abbiano maggiore potere nell’arena democratica sarebbe un ritorno al tempo di Platone. Tutto questo ovviamente non esclude di auspicare con forza che gli operatori sociali, in quanto esperti di sofferenza generata da ogni genere di irrazionalità e arbitrio strutturale, manifestino un senso civico più fine e più robusto rispetto al comune sentire, e quindi sia giusto aspettarsi di trovarli in prima linea, come cittadini, a contribuire a promuovere se necessario quei cambiamenti politici che meglio incarnino i valori di democrazia e rispetto dei diritti umani che sono alla base della profess...

Indice dei contenuti

  1. The mystery of social work
  2. L’autore
  3. VERSIONE ITALIANA
  4. Prefazione
  5. Introduzione
  6. 1. L’oggetto del Lavoro Sociale: una irriducibile complessità?
  7. 2. Il «modello sociale dell’aiuto»: sintetiche notazioni
  8. 3. Analisi critica della Definizione globale (Montréal, 2000)
  9. 4. Ipotesi di nuove definizioni di Lavoro Sociale
  10. VERSIONE INGLESE
  11. Preface
  12. Introduction
  13. 1. The core of social work: an irreducible complexity?
  14. 2. The «social model of helping»: brief notes
  15. 3. A critical analysis of the Global Definition (Montréal, 2000)
  16. 4. Proposal of new social work definitions
  17. References