A oriente del Califfo
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A oriente del Califfo

A est di Raqqa: il progetto dello Stato Islamico per la conquista dei musulmani non arabi

  1. 192 pagine
  2. Italian
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A oriente del Califfo

A est di Raqqa: il progetto dello Stato Islamico per la conquista dei musulmani non arabi

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Questo non è un libro solo sullo Stato Islamico. Il progetto di al-Baghdadi è infatti anche quello di estendere i confini di un neo-Califfato all'intera comunità sunnita oltre il mondo arabo e le conflittuali aree asiatiche appaiono un terreno ideale. Il caso afgano, la guerra sempre sotto traccia tra India e Pakistan, il revivalismo islamico presente in Caucaso e in Asia centrale, come nelle provincie meridionali della Thailandia o nel Sud filippino segnato dal contrasto tra governo e comunità musulmane; nell'arcipelago indonesiano, che è la realtà musulmana più popolosa del pianeta, come nel dramma dei rohingya, cacciati dal Myanmar in Bangladesh. Al di là del progetto del Califfo, ci si chiede perché e con quali strumenti il messaggio ha potuto funzionare, qual è il contesto e quale l'entità del contrasto con al-Qaeda per il primato del jihad. Un libro che si chiede cosa potrà restare del messaggio di al?Baghdadi, anche dopo la caduta di Raqqa, in paesi così distanti dalla cultura mediorientale; cosa ha spinto un giovane di Giacarta, di Dacca o del Xinjang a scegliere la spada del Califfo?

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Informazioni

Anno
2017
ISBN
9788878855304

Il sonno del Buddha
Myanmar, Thailandia. La spina musulmana
nel pianeta buddista

di Massimo Morello

«È una religione cattiva: uccidi e vai in paradiso», dice Phra1, il Venerabile, Pitoo. «Giudicate le persone, non la loro religione. Come ha insegnato il Buddha2, dobbiamo scrostare la mente da ogni etichetta» predica Ashin, il Maestro, Kelasa.
Entrambi incarnano la tradizione buddista dei “monaci della foresta”, che si ritirano in meditazione in luoghi remoti. Il primo, thailandese, in un villaggio del Nordest, quasi al confine col Laos. L’altro, birmano, in un eremo tra le montagne dello Shan. Non potrebbero essere più diversi. Il Venerabile Pitoo è un vecchietto che pur sorridendo vive il buddismo come misantropia. Il Maestro Kelasa è uomo di cultura, esponente del buddismo impegnato. In privato, però, anche lui manifesta insofferenza nei confronti dei musulmani. «Con loro non è possibile il dialogo. Giudicano gli altri ma non accettano di mettersi in discussione».
Nelle differenze e somiglianze i due monaci rappresentano il mainstream del sangha, la comunità monastica, nei due maggiori paesi del Sudest asiatico in cui è diffuso il buddismo Theravada3, quella che si autodefinisce quale rappresentante dell’ortodossia. Il dharma4, la legge morale, sta subendo una mutazione politica: in alcuni casi sottile. In altri integralista. Una deriva che si trasmette alla popolazione, che identifica i monaci non solo quali guide spirituali ma anche modelli sociali e culturali. Per alcuni, specie tra le fasce povere delle regioni più isolate (quali il Nordest della Thailandia o le aree di confine della Myanmar), i monaci integralisti incarnano l’idea di weikza, del mago, un individuo che, coltivando le virtù buddiste, acquisisce poteri soprannaturali.
I governi semidemocratici di Thailandia e Myanmar (utilizzeremo tale definizione in riferimento alla Myanmar come stato), controllati dai militari, appoggiano un fondamentalismo buddista che si coniuga col nazionalismo, spesso identificato in una cultura etnica. Si compone così un sistema in cui la religione diviene un sostegno popolare al potere e un mezzo del potere per distrarre il popolo dai problemi economici, addossarne la colpa ad altri, diluire le sperequazioni sociali nello scorrere del karma5.

Buddha e Maometto

Il Sudest asiatico, la regione in cui conviveva il maggior numero di etnie e religioni, rischia di contaminare il suo ecosistema cultu­rale di tolleranza e diversità. «Esiste la minaccia di un estremismo religioso e di una radicalizzazione etnica che potrebbe aprire in Sudest asiatico un nuovo fronte nello scontro tra culture e religioni, questa volta tra buddisti e musulmani», ha scritto l’ex diplomatico thai Kobsak Chutikul6. La percezione del rischio è amplificata dagli analisti dei centri studi occidentali, per quanto si riferiscano alla macroarea Asia-Pacifico. «La regione è entrata in un nuovo ciclo di attività terroristica. La vera globalizzazione è quella del terrorismo», sostiene Steve Vickers, presidente della International Risk Mitigation & Investigation Company di Hong Kong.
Il rischio di contagio sarebbe determinato soprattutto dall’intensificarsi delle campagne contro lo Stato Islamico in Medio Oriente, che cercherebbe nuovi spazi di diffusione. Il governo di Singapore ha lanciato ripetuti allarmi sulla possibilità di basi dello Stato Islamico e sulla crescente minaccia che rappresenta per l’area. Altri governi locali, invece, tendono a sottostimare il pericolo perché sarebbe segno di debolezza. Questa incertezza di analisi e reazione è parte stessa dell’ambivalenza dell’Asean (Association of South-East Asian Nation).
Solo un accordo tra questi paesi potrebbe risolvere quelle situazioni di crisi nell’area – l’insorgenza islamica nel Sud della Thailandia o la questione rohingya in Myanmar – che possono rivelarsi terreno di coltura per lo Stato Islamico. Ma l’Asean appare in una situazione di stallo. Per le differenze religiose tra i paesi e soprattutto per i nuovi equilibri strategici che ognuno di questi paesi sta cercando autonomamente, allineandosi a corrente alternata con Cina, Stati Uniti, India o Giappone. Una nuova, pericolosissima versione del Grande Gioco.

Thailandia. Laggiù, tra gente cattiva

«Perché vuoi andare laggiù? Sono musulmani, gente cattiva», dice l’autista di un songthaew, un taxi collettivo, di Hat Yai, la città che è la porta del profondo Sud thailandese. Qui la Thailandia non è più il paese del mae pen rai7, “non preoccuparti”. C’è da preoccuparsi a percorrere la statale 42 che conduce laggiù: è un succedersi di posti di blocco e campi trincerati, percorsa da poche auto, molte capre, i gipponi Hummer dell’esercito e i pick-up della polizia. I sentieri verso l’interno sono bloccati. I villaggi presidiati, i monasteri buddisti in abbandono o trincerati. I maestri delle scuole rurali devono essere accompagnati dai militari.
“Laggiù” significa le tre province a maggioranza musulmana di Narathiwat, Pattani e Yala. «I terroristi dicono che questa è una terra musulmana. Ma prima di essere musulm...

Indice dei contenuti

  1. prefazione. La umma che vive a orienteArabi e non arabi: la mappa dello Stato Islamico per il Grande Califfato. Il progetto orientale di Lettera22
  2. Lo Stato IslamicoLe origini, il parricidio, l’allargamento a este la contesa con al-Qaeda
  3. I Social e il califfoStrumenti e mezzi del messaggio
  4. Il ventre molle della RussiaDall’Imrat Kavkaz al jihad a cinque stelle. La guerra sciita di Putin
  5. Fronte orientaleLo Stato Islamico dal Caucaso all’Asia centrale
  6. Il Califfo in AfghanistanAlla conquista del Khorasan e lo scontro coi Talebani
  7. Lo Stato Islamico nel paese dei puriIn Pakistan: la porta del subcontinente
  8. La conquista impossibile del pianeta indianoLa strategia del Califfo nel paese dell’elefantetra la maggior minoranza musulmana del pianeta
  9. La scommessa del Bengala Una vampata targata Stato Islamico in Bangladesh
  10. Cina vs Turkestan/XinjangTra indipendentismo, terrorismo e propaganda
  11. Il sonno del BuddhaMyanmar, Thailandia. La spina musulmananel pianeta buddista
  12. Filippine: nuovo brand, vecchi jihadistiModerne avventure del radicalismo islamico
  13. IndonesiaLa scommessa nel paese musulmano più popoloso al mondo
  14. Malaysia e SingaporeLo Stato Islamico nella penisola malese
  15. Postfazione. La prova del califfoGuardando al futuro dalla parte dei musulmani asiaticidi Ilaria Maria Sala
  16. Bibliografia