Giocati dal caso
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È vero che sono i più capaci ad avere successo nella vita? --- Questo libro parla della fortuna. O meglio, del ruolo che gioca il caso nella nostra vita in generale, nei nostri affari in particolare. Ma parla anche di quella fortuna che, non essendo percepita come tale, viene scambiata per abilità: una confusione presente in molteplici campi, dalla scienza alla politica, dall'arte alla finanza. Quante volte abbiamo visto un idiota baciato dalla fortuna trovarsi nel posto giusto al momento giusto, dimostrazione vivente della «sopravvivenza del meno adatto»? Individui del genere attraggono seguaci devoti che credono ciecamente in quello che loro spacciano per metodo. «Giocati dal caso» affronta in modo affascinante e divertito alcune conseguenze che possono derivare da questo equivoco, mentre fa cadere come birilli i nostri pregiudizi sull'idea di successo e di sconfitta.

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Informazioni

Anno
2013
ISBN
9788865763483

PRIMA PARTE

L’ammonimento di Solone: asimmetria e induzione

1. Se sei così ricco, come mai non sei intelligente?

Un’illustrazione dell’effetto del caso sulle gerarchie sociali e sull’invidia, attraverso due personaggi dalle caratteristiche opposte. Dell’evento raro e non previsto. Di come le cose nella vita moderna possano cambiare alquanto rapidamente, con l’eccezione, forse, dell’odontoiatria.

Nero Tulip

COLPO DI FULMINE

Nero Tulip cominciò a essere ossessionato dal trading dopo aver assistito a una strana scena in un giorno di primavera, mentre era in visita al Chicago Mercantile Exchange. Una Porsche rossa decappottabile, lanciata oltre ogni limite di velocità, inchiodò di fronte all’entrata; gli pneumatici emisero lo stesso grido dei maiali al macello. Un uomo atletico sui trent’anni, visibilmente agitato, il viso congestionato, ne uscì e corse su per gli scalini come inseguito da una tigre. Lasciò la macchina in doppia fila, con il motore acceso, provocando un concerto astioso di clacson. Dopo un lungo minuto, un giovanotto annoiato, vestito con una giacca gialla (il giallo era il colore degli uscieri) scese gli scalini, palesemente disinteressato all’ingorgo e alla confusione. Portò la macchina nel garage sotterraneo con il distacco che si riserva alla routine quotidiana.
Quel giorno Nero Tulip fu vittima di quello che i francesi chiamano coup de foudre, un’infatuazione improvvisa, intensa e ossessiva, che colpisce come un fulmine. «Ecco quello che fa per me!» urlò entusiasta. Non poteva evitare di paragonare la vita di un trader alle vite alternative che gli si sarebbero potute presentare. L’accademia evocava l’immagine di un silenzioso ufficio universitario e di segretarie maleducate; l’azienda, l’immagine di un ufficio tranquillo pieno di gente dal pensiero lento o semilento, che si esprime con frasi compiute.

TEMPORANEA LUCIDITÀ

Dopo quasi quindici anni, diversamente da un coup de foudre, l’infatuazione causata da quella scena a Chicago non lo ha ancora abbandonato. Nero giura infatti che nessun’altra professione dei nostri tempi, che non sia illegale, può essere così priva di noia come quella del trader. È convinto inoltre, per quanto non abbia mai praticato la professione della pirateria, che persino la vita di un pirata abbia più momenti vuoti di quella di un trader.
Nero potrebbe essere descritto come un uomo che casualmente (e improvvisamente) oscilla tra i modi e il linguaggio di uno storico della chiesa e la violenta intensità verbale di un trader di un recinto di Chicago. Può impegnare centinaia di milioni di dollari in una transazione senza battere ciglio e senza ombra di ripensamenti, e poi non riuscire a decidersi tra due antipasti, cambiando e ricambiando idea e portando alla disperazione anche il più paziente dei camerieri.
Nero è laureato in letteratura antica e matematica a Cambridge. Iscrittosi poi a un dottorato in statistica all’università di Chicago, ne seguì i corsi, terminò gran parte della ricerca per la tesi, ma si spostò infine nel dipartimento di filosofia. Definì il passaggio «un momento di temporanea lucidità», per la costernazione del suo relatore, che lo mise in guardia dai filosofi e ne predisse il ritorno all’ovile. Alla fine scrisse una tesi in filosofia. Ma non il tipo di incomprensibile filosofia continentale nello stile di Derrida (ovvero, incomprensibile a chiunque, come me, sia fuori della cerchia). Era piuttosto l’opposto: la sua tesi era sulla metodologia dell’inferenza statistica applicata alle scienze sociali. Di fatto, non era distinguibile da una tesi in statistica matematica; era solo un po’ più pensosa (e lunga il doppio).
Si dice spesso che la filosofia non dia da mangiare, ma non fu per questo che Nero l’abbandonò. Lo fece perché non lo divertiva. Dapprima cominciò a sembrargli inutile, e si ricordò degli avvertimenti del relatore della sua tesi in statistica. Poi, improvvisamente, cominciò a sembrargli un lavoro. Quando si stancò di scrivere articoli su qualche dettaglio arcano di suoi articoli precedenti, abbandonò l’università. I dibattiti accademici lo annoiavano a morte, in particolare quando si trattava di questioni minutissime (e invisibili ai non iniziati). Nero aveva bisogno di azione. Il problema, però, era che aveva scelto l’accademia per evitare la piattezza e la sottomissione temperata della vita aziendale.
Dopo essere stato testimone della scena del trader inseguito dalla tigre, Nero trovò un posto da apprendista al Chicago Mercantile Exchange, il grande mercato dove i trader operano gridando e gesticolando freneticamente. Lì lavorò per un prestigioso (ma eccentrico) trader, che gli insegnò lo stile di Chicago. In cambio, Nero gli risolveva le equazioni matematiche. Era stimolato dall’energia che respirava e si mise rapidamente in proprio. Poi, quando si stancò di stare in piedi nella folla e di sforzare le corde vocali, decise di cercare un lavoro “al piano di sopra”, ovvero di fare trading da una scrivania. Si trasferì nella zona di New York e accettò un posto in una banca d’investimenti.
Nero si specializzò in prodotti finanziari quantitativi, nei quali trovò presto il suo momento di gloria, divenne famoso e molto richiesto. Molte banche d’investimenti di New York e Londra gli offrirono enormi bonus garantiti. Nero passò due anni facendo la spola tra New York e Londra, partecipando a importanti “riunioni” e indossando vestiti costosi. Ma presto si diede alla macchia, ritirandosi nell’anonimato. La vita delle stelle di Wall Street non si confaceva al suo temperamento. Continuare a essere un trader in vista richiede ambizioni gerarchiche e una sete di potere che Nero sentiva, fortunatamente, di non possedere. Lui era lì solo per divertirsi, e la sua idea di divertimento non include compiti amministrativi e manageriali. È sensibilissimo alla noia da sala riunioni e incapace di parlare agli uomini d’affari, soprattutto a quelli più scialbi. Nero è allergico al vocabolario manageriale, e non solo per pure ragioni estetiche. Espressioni come “piano strategico”, “bottom line”, “come arrivare da qui a lì”, “forniamo soluzioni ai nostri clienti”, “la nostra missione”, e altre locuzioni trite che dominano le riunioni mancano della precisione e del colore che lui predilige. Non sa se la gente riempia il silenzio con frasi vuote, o se queste riunioni servano effettivamente a qualcosa: in ogni caso non vuole farne parte. E in effetti nell’intensa vita sociale di Nero i manager non figurano quasi per nulla. Ma diversamente da me (sono molto bravo a umiliare chi mi irrita con la sua inelegante pomposità), Nero è capace di comportarsi in queste occasioni con signorile distacco.
Insomma, Nero cambiò carriera e si spostò nel trading proprietario. I trader proprietari sono entità indipendenti, in sostanza dei fondi, ognuno dei quali ha la propria allocazione di capitale. Viene data loro libertà d’azione e possono fare come vogliono, purché ovviamente i risultati soddisfino i manager. Vengono definiti “proprietari” perché fanno trading usando i fondi della banca. Alla fine dell’anno ricevono tra il 7 e il 12 percento dei profitti generati. Un trader proprietario ha tutti i vantaggi del lavoratore in proprio e nessuno degli oneri connessi alla gestione quotidiana di un’attività. Può lavorare le ore che vuole, viaggiare quando ne ha il capriccio e dedicare tempo ai propri interessi personali. È un paradiso per un intellettuale come Nero, cui non piace il lavoro manuale e che dà molto valore alle pause di riflessione non pianificate. Negli ultimi dieci anni, in due diverse banche, questo è stato il suo lavoro.

MODUS OPERANDI

Qualche parola sui metodi di Nero. È un trader prudente, per quanto lo si possa essere in un business come questo. Ha avuto in passato anni buoni e meno buoni, ma nessuno veramente cattivo. Nel corso del tempo ha accumulato un solido gruzzolo, grazie a un reddito annuo compreso tra duecentocinquantamila e due milioni e mezzo di dollari. In media, riesce ad accumulare cinquecentomila dollari l’anno (dopo le tasse su un reddito medio di circa un milione di dollari), che vanno dritti nei suoi risparmi. Il 1993 fu un anno piatto e gli venne fatto capire che non era più desiderato nella banca. Altri trader avevano fatto molto meglio, e il capitale a sua disposizione fu drasticamente ridotto. Si spostò quindi in una posizione identica, in un’identica sala di trading, ma in una banca diversa e meno ostile. Nell’autunno del 1994, i trader che l’anno prima si contendevano la medaglia della migliore performance saltarono in aria durante la crisi mondiale dei mercati obbligazionari causata dall’imprevedibile aumento dei tassi deciso dalla Federal Reserve americana. Nessuno di loro è più sui mercati, e si occupano ora delle cose più varie. Questo business ha un alto tasso di mortalità.
Perché Nero non guadagna di più? A causa del suo stile di trading, o forse della sua personalità. La sua avversione al rischio è estrema. Il suo obiettivo non è massimizzare i profitti, quanto evitare che la divertente macchina per far soldi chiamata trading gli venga portata via. Saltare in aria significherebbe tornare al tedio dell’università o della vita dei non trader. Ogni volta che i suoi rischi aumentano, Nero immagina il tranquillo corridoio dell’università, le lunghe mattinate alla scrivania trascorse a mettere a punto un articolo, tenuto sveglio da un caffè scadente. No, non vuole dover affrontare la solenne biblioteca universitaria dove si annoiava a morte. «Il mio obiettivo è la longevità» è solito dire.
Nero ha visto molti trader saltare in aria, e non vuole ritrovarsi nella stessa situazione. “Saltare in aria” ha nel gergo un significato preciso. Non significa soltanto perdere soldi; significa perderne più di quanto ci si fosse mai aspettati, fino al punto di essere spazzati via dal business (l’equivalente di un dottore che perda la facoltà di esercitare la professione o di un avvocato radiato dall’albo). Nero chiude rapidamente le posizioni se le perdite hanno raggiunto un certo livello predeterminato. Non vende mai “opzioni scoperte” (una strategia che lo esporrebbe alla possibilità di forti perdite). Non si mette mai nella posizione di poter perdere più di, per esempio, un milione di dollari, indipendentemente dalla probabilità che tale evento si verifichi. L’importo, del resto, è variabile e dipende dai profitti accumulati nell’anno. È questa avversione al rischio che gli ha impedito di fare tanti soldi quanti ne hanno fatti quei trader che a Wall Street vengono chiamati “signori dell’universo”. Le banche per le quali ha lavorato allocano di solito fondi maggiori a trader con uno stile diverso dal suo, come per esempio John, che incontreremo presto.
Il carattere di Nero è tale che non gli importa di perdere piccole somme. «Adoro avere piccole perdite» dice. «Tutto quello di cui ho bisogno è che, quando ho ragione, i profitti siano elevati.» In nessun caso Nero vuole essere esposto a quei rari eventi, come le crisi di panico o i crash improvvisi, che spazzano via un trader in un attimo. Al contrario, vuole beneficiarne. Quando gli viene chiesto perché non mantenga le posizioni in perdita, risponde sempre di aver imparato «dal più fifone di tutti»: Stevo, il trader di Chicago che gli ha insegnato il mestiere. Ma non è così: la vera ragione sta nei suoi studi sulla probabilità e nel suo innato scetticismo.
C’è un’altra ragione per la quale Nero non è ricco come altri nella sua posizione. Il suo scetticismo non gli permette di investire in altro che in titoli del governo degli Stati Uniti. Ha quindi perso il grande rialzo del mercato azionario. La ragione che dà è che si sarebbe benissimo potuto trattare di un mercato “orso”, piuttosto che “toro”, e rivelarsi alla fine una trappola. Nero nutre il profondo sospetto che il mercato azionario non sia altro che una truffa, e non riesce a convincersi ad acquistare azioni. A differenza delle persone che aveva intorno, che si erano arricchite con le azioni, lui era ricco in termini di flussi di cassa, ma il suo patrimonio non aveva seguito lo stesso processo inflattivo del resto del mondo (le sue obbligazioni governative avevano mantenuto un valore pressoché costante). Si considera il contrario delle nuove aziende tecnologiche delle quali i più si innamoravano. Ciò ha permesso ai proprietari di quelle aziende di arricchirsi con le proprie azioni, e li ha resi quindi dipendenti dalla casualità con cui il mercato sceglie i vincitori. La differenza rispetto ai suoi amici investitori è che lui non dipende dalle condizioni del mercato e, di conseguenza, un mercato negativo non lo preoccupa affatto. La sua ricchezza netta non è funzione dell’investimento dei suoi risparmi. Nero vuole arricchirsi sulla base dei suoi guadagni, non dei suoi investimenti. Con i suoi risparmi non assume il benché minimo rischio, e li investe nel modo più sicuro possibile. Le obbligazioni governative sono sicure: sono emesse dal governo degli Stati Uniti, ed è difficile che i governi falliscano, visto che per rimborsare i propri debiti possono stampare quanta moneta vogliono.

ETICA DEL LAVORO?

Oggi, a trentanove anni e dopo quattordici anni nel business, Nero si può considerare confortevolmente sistemato. Il suo portafoglio personale contiene diversi milioni di dollari in obbligazioni del Tesoro statunitense a media scadenza, abbastanza da eliminare qualsiasi preoccupazione per il futuro. Quel che gli piace di più del trading proprietario è che richiede molto meno tempo di altre professioni ben pagate. In altre parole, è perfettamente compatibile con la sua etica del lavoro molto poco borghese. Il trading obbliga a riflettere a fondo, mentre quelli che semplicemente lavorano molto perdono in generale la propria lucidità e la propria energia intellettuale. Ancora peggio, finiscono per annegare nella casualità. L’etica del lavoro, ritiene Nero, induce a focalizzarsi sul rumore piuttosto che sul segnale (differenza che abbiamo illustrato nella Tabella 1).
Il tempo libero gli ha permesso di coltivare una serie di interessi personali. Nero legge voracemente e trascorre molto tempo in palestra e nei musei, e non potrebbe certo avere l’agenda di un avvocato o di un dottore. Ha trovato il tempo di tornare al dipartimento di statistica dove aveva iniziato i suoi studi e ha finito il dottorato, riscrivendo la sua tesi in termini più concisi. Ora Nero tiene, una volta l’anno, un seminario di tre mesi chiamato “Storia del pensiero probabilistico” nel dipartimento di matematica della New York University, un corso di grande originalità che attira i migliori studenti. Ha messo da parte abbastanza soldi per mantenere in futuro il suo stile di vita e pensa forse di ritirarsi un giorno a scrivere saggi di divulgazione di tipo scientifico-letterario, ma solo se qualche evento futuro farà chiudere i mercati.

CI SONO SEMPRE SEGRETI

L’interesse di Nero per la probabilità potrebbe essere stato indotto da qualche evento drammatico della sua vita, qualcosa che egli tiene per sé. Un osservatore acuto potrebbe riconoscere in lui una misura di esuberanza sospettosa, un’energia innaturale. Perché la sua vita non è cristallina come sembra. Nero nasconde un segreto, che discuteremo a tempo debito.

John, il trader ad alto rendimento

Per gran parte degli anni novanta, sull’altro lato della strada, proprio di fronte alla casa di Nero, c’era quella, molto più grande, di John, un trader di high yield, ovvero obbligazioni ad alto rendimento. John non era un trader dello stesso stile di Nero. Una breve conversazione professionale avrebbe presto rivelato che John aveva la profondità intellettuale e l’acutezza mentale di un istruttore di aerobica (ma non il suo fisico). Anche un cieco avrebbe notato che John aveva avuto molto più successo di Nero (o che, almeno, si sentiva obbligato a mostrarlo). Parcheggiava due ammiraglie tedesche (la sua macchina e quella della moglie) sul suo vialetto, oltre a due decappottabili (una delle quali era una Ferrari da collezione), mentre Nero aveva la stessa Volkswagen cabrio da circa dieci anni, e ancora ce l’ha.
Le mogli di John e Nero si conoscevano, quel tipo di conoscenza che si fa in palestra, ma quella di Nero si sentiva molto a disagio in compagnia dell’altra. Sentiva che la signora non cercava solo di impressionarla, ma la trattava con superiorità. Mentre Nero si era abituato alla vista di trader che si arricchiscono (e che tentano disperatamente di diventare sofisticati trasformandosi in collezionisti di vini e amanti dell’opera), sua moglie aveva incontrato raramente i nuovi ricchi, quel tipo di persone che in qualche fase della loro vita hanno provato l’indigenza e che vogliono poi compensare mettendo in mostra le proprietà. L’unico lato oscuro dell’essere un trader, dice spesso Nero, consiste nella doccia di denaro riversata su persone impreparate cui viene improvvisamente insegnato che le Quattro stagioni di Vivaldi sono musica “raffinata”. Ma non era facile per la moglie sorbirsi quasi quotidianamente la vicina che si vantava del nuovo decoratore d’interni che avevano appena ingaggiato. John e sua moglie non erano affatto imbarazzati dal fatto che la loro “biblioteca” consistesse in libri rilegati in cuoio (le letture di lei in palestra si limitavano a People Magazine, ma gli scaffali contenevano una selezione di libri intonsi di scrittori americani defunti). La moglie di John amava anche parlare di località esotiche e impronunciabili nelle quali si rifugiavano durante le vacanze, senza del resto saperne alcunché. Avrebbe avuto difficoltà a spiegare in quale continente fossero le Seychelles. Ma la moglie di Nero è umana: per quanto continuasse a ripetersi che non le sarebbe piaciuto essere nei panni della moglie di John, sentiva di essere stata surclassata nella competizione della vita. In qualche modo, le parole e la ragione perdevano la propria efficacia di fronte a un diamante sproporzionato, una casa mostruosa e una collezione di auto sportive.

UNO SCEMO STRAPAGATO

Anche Nero soffriva degli stessi ambigui sentimenti nei confronti dei vicini. Non aveva grande rispetto di John, che rappresentava quasi tutto quel che lui non era e non voleva essere, ma la pressione sociale cominciava a farsi sentire. Inoltre, anche a lui sarebbe piaciuto provare quella ricchezza eccessiva. Il disprezzo intellettuale non riesce a tenere a bada l’invidia. Quella casa dall’altra parte della strada s’ingrandiva sempre di più, di pari passo con il disagio di Nero. Per quanto Nero avesse avuto successo al di là dei propri sogni più audaci, sia dal punto di vista personale che da quello intellettuale, stava comunque iniziando a pensare di aver perso qualche occasione. Nella gerarchia sociale di Wall Street, l’arrivo di tipi come John gli aveva tolto lo status di trader importante; questo non lo turbava molto, ma John, la sua casa e le sue macchine avevano iniziato a logorarlo. Tutto sarebbe stato a posto se Nero non si fosse ritrovato dall’altra parte della strada quella stupida enorme casa, che lo giudicava ogni mattina con i propri criteri superficiali. C’era forse in gioco una gerarchia genetica, con la casa di John che rendeva lui, Nero, un maschio beta? Ancora peggio, John era di circa cinque anni più giovane, e nonostante una carriera più breve guadagnava almeno dieci volte di più.
Quando gli capitava di incontrarlo, Nero sentiva chiaramente che John tentava di mortificarlo, usando una condiscendenza appena percettibile ma non meno efficace. Certi giorni John lo ignorava completamente. Se John fosse stato un personaggio lontano, di cui Nero potesse solo leggere sui giornali, la situazione sarebbe stata differente. Ma era lì in carne e ossa, ed era il suo vicino. L’errore di Nero fu di iniziare a parlargli, perché le regole delle gerarchie sociali emersero immediatamente. Nero tentava di lenire il suo disagio ripensando al comportamento di Swann, il personaggio di Alla ricerca del tempo perduto di Proust, un raffinato mercante d’arte che non aveva bisogno di lavorare, a suo agio con uomini come il principe di Galles, suo amico personale, e che tuttavia si comportava in presenza dei borghesi come se dovesse provare qualcosa. Era molto più facile per Swann intrattenersi con gli aristocratici e solidi Guermantes, piuttosto che con arrampicatori sociali come i Verdurin, e ques...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Prefazione e ringraziamenti
  3. Prefazione all’edizione italiana
  4. Sommario dei capitoli
  5. Prologo
  6. PRIMA PARTE. L’ammonimento di Solone: asimmetria e induzione
  7. SECONDA PARTE. Scimmie e macchine da scrivere: sopravvivenza e altre distorsioni
  8. TERZA PARTE. Cera nelle orecchie: vivere con la casualite
  9. Epilogo. Solone l’aveva detto
  10. Note