Clamori al vento
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Attenzione. Non avvicinarsi a questo libro se non si è disposti a smarrirsi, a smascherare, a essere smascherati. Se non si è disposti a morire intensamente sotto i fuochi della Scintilla. La vera Scintilla, quella dell'arte, quella performativa, è immortale. È capace di sopravvivere a chi l'ha posseduta. Moriremo dolcemente, ferocemente, in un giorno qualunque. La Scintilla naviga, luminescente, verso l'ignoto. Attenzione. Non avvicinarsi a questo libro se non si è disposti ad accettare che l'unica parola intelligente è quella che si strozza in gola. Dal 1987 Flavia Mastrella e Antonio Rezza condividono il loro percorso artistico. Praticando diverse forme d'arte, hanno fatto del performativo una poetica totemica. Essi erompono come malanni nella vita dello spettatore. Hanno un'ambizione che non è tale perché la soddisfano: perdita del significato residuo e parola alle cifre della carneficina. Irrompono nel teatro devastando il teatro. Generano, in continuazione, fatti nuovi, cortocircuiti, oscurità da eccesso e da difetto. Travolgono e stravolgono. Sfaldano il quotidiano sotto strati di disperatissime strida comiche. Non manipolano il cervello di chi vede: manipolano il corpo di chi guarda. Si esibiscono sui palchi di questa povera striscia di terra fatta a stivale per galleggiare nella melma e devastano impetuosi i palchi medesimi. Scrivono che il teatro è incivile per definizione. «Un teatro civile per un paese civile è un'utopia non per la civiltà del teatro ma per l'inciviltà del paese.» Per loro il teatro deve sconfinare. L'arte deve sconfinare. Non c'è nessun futuro per un teatro che privilegia la narrazione allo struggimento. Dovrebbero esistere leggi speciali che proibiscano la spiegazione di un'opera e impediscano al creatore le menzogne di una storia compiuta. Inscenando corpi corrosi di zoppi, mendicanti e disperati, Flavia Mastrella e Antonio Rezza allestiscono da sempre opere che corrodono; opere dove la poetica del frammento si coniuga alle esperienze performative, dove la velocità – clamori al vento! – è fatta anche di sculture abbacinanti, quadri di scena, urla strazianti, corpi deformi. Erompendo come malanni agli occhi dello spettatore, essi comprimono l'eternità. Clamori al vento, oltre che un prodigioso testo-performance dove anche la scrittura viene travolta dall'assalto ai limiti dell'umano di Mastrella e Rezza, è la loro dichiarazione poetica, il loro monumentale zibaldone, strumento indispensabile per addentrarsi nell'opera degli artisti che più hanno segnato, e che più segneranno, la nostra contemporaneità.

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Informazioni

1

Se durante la lettura dovesse subentrare un forte smarrimento alternato a un radicale scetticismo, allora il libro è ben riuscito. Davanti allo smarrimento il consiglio immediato è di chiudere il volume e tornare alle attività predilette, non dando peso al gesto disilluso. Di fronte allo scetticismo ci va la mosca ai nasi perché mai come in questo momento è necessario pensarla come noi.
È anche vero che se tutti la pensassero come noi non potremmo speculare sui difetti dell’umanità. In tal caso la diversità è auspicabile per bieco opportunismo. La nostra speculazione consiste nel saccheggiare e deformare posture e contenuti di chi non la pensa come noi. E poi pensarla come Loro nel tempo e nello spazio di un’idea.
Nell’opera
ideogramma
, su uno strumento che simula il rumore della fabbrica, un precario posturale urla la sua disperazione. Ma è un precariato dell’anima, della colonna vertebrale, un’instabilità della spina dorsale che svela la metafora solo quando la colonna crolla.
Gli scritti contenuti in questa raccolta vengono singolarmente firmati quando trattano argomenti o storie personali; tutti gli scritti non firmati li elaboriamo insieme scavando nelle nostre incolmabili profondità. Nelle performance Flavia realizza gli Habitat e Antonio scrive i testi con il corpo arricchendo le sollecitazioni con Massimo Camilli; in un secondo tempo li cristallizza cambiando aggettivi e sostantivi. Con le prove aperte e la presenza fisica di Ivan Bellavista, il testo continua a crescere in rapporto all’efficacia degli argomenti trattati. A tre mesi dalla fine montiamo insieme le sequenze alla ricerca del ritmo assoluto dando luogo alla fusione. Riteniamo i testi e gli Habitat un linguaggio che determina l’opera figlia di se stessa: Fotofinish è di Fotofinish, noi ne siamo i depositari terminali. Nell’era dell’immagine, attribuire un ruolo interattivo all’idioma visivo ci ha procurato gioie con gli spettatori e parecchi problemi con la mentalità monoteista. In Fratto_X non diamo nome ai personaggi e i dialoghi scorrono leggeri come un flusso di coscienza. Il parlato dei Troppolitani è montato tagliando frasi preesistenti al ritmo del nostro pensiero, le situazioni epurate dai difetti e dalle ripetizioni sono veri e propri editti scritti con le parole degli altri. In questo caso gli intervistati hanno connotati affini al loro essere.
Nella stesura delle storie utilizziamo a nostro sfavore termini come pubblico, spettacolo, personaggio, narrazione, attore, rappresentazione, scena, spettatore; quando possibile li abbiamo sostituiti con parole più rispettose. Se qualche volta non ci siamo riusciti, è solo per non sovraccaricare il testo del nostro rancore.
È estate mentre scriviamo l’introduzione e sentiamo il vocio esuberante di tanti di Loro che affollano la spiaggia nell’ultima domenica di agosto. In questo momento non la pensano come noi, l’acqua fresca rallenta il patimento. Ma domani, lunedì, al rintocco delle otto, l’unica acqua fresca che li riporta alla realtà è quella dentro al lavandino. Da quel frangente saranno costretti, con gli occhi appena aperti, a rassegnare le dimissioni dal divertimento istituzionale.
Mentre noi, nonostante abitiamo a un metro dal mare, non sfruttiamo l’occasione. E sale la rabbia nei confronti di chi sciacquetta le sue aspirazioni trovando il refrigerio a noi negato.
Almeno la domenica converrebbe pensarla come Loro.
Ed è a tutti Loro che dedichiamo questo libro, per aver resistito a non pensarla come noi che ci priviamo delle piccole cose.
Flavia Mastrella Antonio Rezza

2 1

ANTONIO Entriamo subito?
SIGNORE PARTECIPE Io passo tutti i giorni qui
ANTONIO Lei passa qui e non fa niente però per il problema
SIGNORE PARTECIPE Non posso fare niente ma capisco che c’è un problema
ANTONIO Che problema c’è?
SIGNORE PARTECIPE Che quando si chiude un teatro è una brutta cosa, tutto qua!
ANTONIO Perché gli spazi vengono occupati solo quando finiscono i soldi?
SIGNORE PARTECIPE Non solo nei teatri questo succede
ANTONIO Perché? Lo spazio sostituisce il denaro?
SIGNORE PARTECIPE No, poi alla fine, insomma
ANTONIO Non dovremmo occupare quando l’economia è più florida? Occupare sempre?
SIGNORE PARTECIPE E si capisce
ANTONIO Lei però non sa da che parte va
SIGNORE PARTECIPE Come non lo so?
ANTONIO Perché ha cambiato direzione
Si avvicinano altre persone.
ANTONIO Stiamo passando davanti a un teatro occupato da un anno
SIGNORE FRETTOLOSO Eh, lo so! Lo vedo, l’ho visto, però
ANTONIO E non ha fatto niente lei in un anno?
SIGNORE FRETTOLOSO Non ve posso fà niente io!
ANTONIO Lei non può fare niente per questo problema? Almeno un’idea per risolverlo, un’idea sua
SIGNORE FRETTOLOSO Il Comune, chi comanda
ANTONIO No, un’idea da persona comune, non da istituzione, la prima idea che le viene in mente
SIGNORE FRETTOLOSO Non lo so. Oh, senti, io sto a lavorà!
IMPAGLIATORE Io ce faccio ’na piscina qua! È mejo
MARCELLO Piscina, sì
ANTONIO Lei farebbe una piscina al posto del teatro?
IMPAGLIATORE Per noi, estranei dal teatro, è stato per diciotto anni una remissione dello Stato, anche se è uno dei teatri storici di Roma, eh. Perché qui ci veniva Totò, ci venivano tutti gli attori. Se questo andasse in mano ai privati, che va de sotto oppure guadagna? Io penso che guadagna
ANTONIO Ma l’occupante è un privato. Marcello è un privato, giusto? Tu sei un privato?
MARCELLO Di me stesso
ANTONIO Certo
IMPAGLIATORE De te stesso, e de chi voi esse? Il privato è de te stesso. Se tu qui ci porti pizza e fichi o Ugo Pagliai, chi vengono a vedé secondo te?
ANTONIO Be’, Ugo Pagliai quante recite può fare ancora?
IMPAGLIATORE No, lascia stà! Io ho parlato di uno, ce porti coso qui, ce porti Brignano che dice tutte stronzate, per dire no? Però è un comico, è uno del momento, questo lo riempi, il teatro lo riempi
ANTONIO Ma il teatro mica è un parcheggio. Mica va riempito per forza
MARCELLO L’obiettivo non sono i soldi, è un’altra cosa più grande
Da un portone esce uno studente americano.
ANTONIO Anche voi dentro questa discussione che si è creata, questo focolaio. What’s your job?
STUDENTE AMERICANO I’m a student
ANTONIO Ah! You’re a student?
STUDENTE AMERICANO I’m a student!
Passa un autobus che rischia di investire lo studente.
ANTONIO Attenzione, attention, tragedy, tragedy, do you remember «Tragedy», Bee Gees?
STUDENTE AMERICANO Yes, Yes
ANTONIO You’re from Massachusetts?
STUDENTE AMERICANO Indiana
ANTONIO Ah, Indiana. In Indiana esiste l’occupazione degli spazi dello Stato?
STUDENTE AMERICANO Yes, yes
ANTONIO Come viene occupato? Differenze nel movimento del corpo
TRADUTTORE Lo riempiono di migliaia di persone
ANTONIO Lo riempiono? È un’occupazione organizzata? Ah, non è spontanea l’occupazione da voi negli Stati Uniti?
STUDENTE AMERICANO No, no
ANTONIO Ah, anche questo difetto avete?
Ci spostiamo all’interno del teatro.
DRAMMATURGO Io sono un autore, un drammaturgo
ANTONIO Abbiamo visto che per ognuno di voi c’è una divisione anche dei lavori che devono essere fatti qui all’interno, un autore si trasforma in cuoco, un attore può togliere la polvere
DRAMMATURGO Assolutamente
ANTONIO Quindi viene fatto gratuitamente da voi ciò che magari i divi di Hollywood sono costretti a fare per mantenere il loro status economico; quello che troviamo veramente miserabile di una certa tipologia di attori è che per mantenere la loro ricchezza sono costretti a interpretare le vite di chi è stato più sfortunato. Tu non pensi che ci sia una forte menzogna in questo?
DRAMMATURGO Sì, sicuramente l’attore è menzognero per professione, per deontologia professionale, però ci andrei cauto con la parola menzogna, nel senso che in fondo anche la vita è una menzogna
ANTONIO Tu ci assicuri che la tua scrittura risentirà di questa occupazione?
DRAMMATURGO Assolutamente, già lo fa, già è successo, ho scritto dei pezzi in prosa e in versi, sicuramente è cambiato tutto nel mio modo di scrivere, meno buonista, meno scontato, insomma l’occupazione ci ha insegnato a sviscerare di più le questioni e soprattutto il racconto. Quello che si fa in Italia è che si cerca di bloccare la narrazione del presente perché è un presente che non merita di essere raccontato, invece quello che facciamo noi è cercare di trovare nuovi codici per raccontarlo. Una società che non è capace di raccontarsi è una società morta!
Nelle strade intanto è in corso una protesta dei lavoratori dello spettacolo.
SIGNORE TUTTI A CASA Non c’hanno più idee, quindi se non ce sò idee
ANTONIO Tu che far...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Clamori al vento
  3. 1
  4. 2
  5. 3. Questo è
  6. 4. Il piede su due staffe
  7. 5
  8. 6
  9. 7
  10. 8
  11. Scena44
  12. 9
  13. 10
  14. 11
  15. 12
  16. 13
  17. 14
  18. 15
  19. 16
  20. 17
  21. 18
  22. 19
  23. 20
  24. 21
  25. 22
  26. 23
  27. 24
  28. 25
  29. 26
  30. 27
  31. 28
  32. Ringraziamenti
  33. L’origine dei testi
  34. Foto a colori