XIII.
Organizzazione politica 65
Friedrich Engels, Karl Marx, Statuti dell’Associazione internazionale dei lavoratori*
Considerando,
che l’emancipazione delle classi lavoratrici deve essere conquistata dalle classi lavoratrici stesse;
che la lotta per l’emancipazione della classe operaia non è una lotta per privilegi e monopoli di classe, ma per la conquista di diritti e di doveri eguali e per l’abolizione di ogni regime di classe;
che la soggezione economica dei lavoratori ai detentori dei mezzi di lavoro, cioè delle fonti della vita, è la causa prima della servitù in tutte le sue forme: la miseria sociale, l’avvilimento intellettuale e la dipendenza politica;
che di conseguenza l’emancipazione economica della classe operaia è il grande fine al quale ogni movimento politico dev’essere subordinato come mezzo;
che tutti gli sforzi tendenti a questo fine sono sin qui falliti, per mancanza di solidarietà tra i lavoratori delle diverse professioni nello stesso paese e di unione fraterna tra le classi operaie dei diversi paesi;
che l’emancipazione del lavoro, non essendo un problema né locale né nazionale, ma sociale, abbraccia tutti i paesi nei quali esiste la società moderna e ha bisogno, per la sua soluzione, dell’aiuto teorico e pratico dei paesi più avanzati;
che il movimento che è appena risorto fra gli operai dei paesi più industrializzati dell’Europa, mentre risveglia nuove speranze, dà un solenne avvertimento di non ricadere nei vecchi errori e di unire al più presto possibile gli sforzi ancora isolati;
Per queste ragioni,
è stata fondata l’Associazione internazionale dei lavoratori.
Essa dichiara,
che tutte le società e individui che vi aderiscono riconosceranno come base della loro condotta verso tutti gli uomini, senza distinzione di colore, di fede e di nazionalità, la Verità, la Giustizia, la Morale.
Nessun dovere senza diritti, nessun diritto senza doveri.
In questo spirito sono stati concepiti gli statuti seguenti:
Art. 1. L’associazione viene costituita per creare un punto centrale di comunicazione e di cooperazione tra le società operaie dei diversi paesi aspiranti allo stesso fine, ossia: il mutuo soccorso, il progresso e la completa liberazione della classe operaia.
Art. 2. Il nome dell’associazione è: Associazione internazionale dei lavoratori.
Art. 3. Tutti gli anni avrà luogo un congresso operaio generale, composto di delegati delle branche dell’associazione. Il congresso proclamerà le aspirazioni comuni della classe operaia, prenderà l’iniziativa delle misure necessarie per il successo dell’opera dell’Associazione internazionale e ne eleggerà il Consiglio generale.
Art. 4. Ogni congresso fisserà la data e la sede della riunione del congresso seguente. I delegati si riuniranno di pieno diritto nei luoghi e nei giorni fissati, senza bisogno di una convocazione speciale. In caso di necessità, il Consiglio generale potrà cambiare il luogo del congresso, senza tuttavia rinviarne la data.
Ogni anno, il congresso riunito indicherà la sede del Consiglio generale e ne eleggerà i membri. Il Consiglio generale così eletto avrà il diritto di cooptare nuovi membri.
A ogni congresso annuale, il Consiglio generale farà un rapporto pubblico dei suoi lavori. Potrà, in caso di bisogno, convocare il congresso prima del termine fissato.
Art. 5. Il Consiglio generale sarà composto da lavoratori appartenenti alle diverse nazioni rappresentate nell’Associazione internazionale; sceglierà nel suo interno i membri della segreteria necessari per la gestione degli affari, come il tesoriere, il segretario generale, i segretari particolari per i diversi paesi, ecc.
Art. 6. Il Consiglio generale funzionerà come agente internazionale fra i diversi gruppi nazionali e locali, in modo che gli operai di ogni paese siano sempre al corrente dei movimenti della loro classe negli altri paesi; – che un’inchiesta sullo stato sociale sia fatta simultaneamente e nello stesso spirito; – che i problemi di interesse generale proposti da una società vengano esaminati da tutte le altre e che, presentandosi l’occasione di azione immediata, come nei casi di contestazioni internazionali, tutti i gruppi dell’associazione possano agire simultaneamente e uniformemente.
Se lo riterrà opportuno, il Consiglio generale prenderà l’iniziativa delle proposte da sottoporre alle società locali e nazionali.
Per facilitare le sue comunicazioni, pubblicherà un bollettino periodico.
Art. 7. Poiché il successo del movimento operaio in ogni paese può essere assicurato solo dalla forza risultante dall’unione e dall’associazione: poiché, d’altra parte, l’azione del Consiglio generale sarà più efficace se, invece di corrispondere con molte piccole società locali isolate le une dalle altre, può mettersi in relazione con alcuni grandi centri nazionali delle società operaie; per queste ragioni, i membri dell’Associazione internazionale dovranno fare tutto il possibile per riunire le società operaie ancora isolate dei loro rispettivi paesi in associazioni nazionali, rappresentate da organi centrali.
Non è necessario ripetere che l’applicazione di questo articolo è subordinata alle leggi particolari di ogni paese e che, indipendentemente dagli ostacoli legali, ogni società locale autonoma avrà il diritto di corrispondere direttamente con il Consiglio generale.
Art. 7a. Nella lotta contro il potere collettivo delle classi possidenti, il proletariato non può agire come classe se non costituendosi esso stesso in partito politico distinto, opposto a tutti i vecchi partiti formati dalle classi possidenti.
Questa costituzione del proletariato in partito politico è indispensabile per assicurare il trionfo della rivoluzione sociale e del suo fine supremo: l’abolizione delle classi.
La coalizione delle forze operaie, già ottenuta attraverso la lotta economica, deve anche servire da leva in mano a questa classe, nella lotta contro il potere politico dei suoi sfruttatori.
Poiché i signori della terra e del capitale si servono dei loro privilegi politici per difendere e perpetuare il loro monopolio economico e asservire il lavoro, la conquista del potere politico diventa il grande dovere del proletariato.
Art. 8. Ogni sezione ha il diritto di nominare segretari corrispondenti con il Consiglio generale.
Art. 9. Chiunque adotti e difenda i principi dell’Associazione internazionale dei lavoratori può diventarne membro. Ogni sezione risponde per la totalità dei suoi membri.
Art. 10. Ogni iscritto all’Associazione internazionale, cambiando paese, riceverà l’appoggio fraterno dei membri dell’associazione.
Art. 11. Anche se unite da un legame fraterno di solidarietà e di cooperazione, tutte le società operaie aderenti all’Associazione internazionale conserveranno intatta la loro organizzazione particolare.
Art. 12. La revisione dei presenti statuti può essere fatta a ogni congresso, su richiesta di due terzi dei delegati presenti.
Art. 13. Tutto ciò che non è previsto dai presenti statuti sarà determinato dai regolamenti speciali, che ogni congresso potrà modificare. […]
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Johann Georg Eccarius, Karl Kaub, George Odger, George Wheeler, William Worley, Ai lavoratori di Gran Bretagna e d’Irlanda*
Compagni lavoratori!
È un fatto che, in mezzo alle migliaia di quotidiani e di riviste settimanali che circolano oggigiorno, quelli che sostengono gli interessi della classe lavoratrice e difendono la causa del lavoro si possono contare sulle dita di una mano. Questo non deve meravigliare, se si considera che, quasi senza eccezioni, [questi giornali] sono di proprietà di capitalisti e sono stati creati per il loro uso, ovvero per i propositi di un partito politico o di speculazioni commerciali. Perciò, la pubblicità fatta a questioni che riguardano il nostro affrancamento politico, l’emancipazione sociale, o il benessere materiale in quanto lavoratori salariati, dipende, in larga misura, dalla tolleranza che ci viene offerta. Quando, di tanto in tanto, un editore, nel suo superiore giudizio, decide di prendere le nostre parti, viene spesso da chiedersi se una franca opposizione non sarebbe stata preferibile al favore concessoci. Questo stato di cose è decisamente inaccettabile per un gruppo sociale quale quello dei lavoratori di questo paese, con alte e ben fondate aspirazioni di innalzarsi nella scala politica e sociale.
Si narra che Benjamin Franklin abbia detto: «Se vuoi che una cosa sia fatta bene, falla tu stesso». Così, precisamente, dobbiamo comportarci. Se non volete che il vostro tanto atteso innalzamento si riveli un’illusione o una parodia, occorre che assumiamo il compito della redenzione nelle nostre mani. Ciò può essere fatto soltanto acquisendo una posizione più rilevante, sulla stampa e sulla base dei nostri principi programmatici, rispetto a quanto abbiamo fatto finora.
Per proteggerci dai falsi amici abbiamo bisogno della nostra propria stampa. Perciò dobbiamo avviare e sostenere quanti più nuovi giornali e periodici ci è possibile, attraverso i quali possiamo difendere la nostra causa sia contro gli aperti oppositori che contro i finti alleati. Sulla stampa, così come con i principi programmatici, dobbiamo essere capaci di mantenere salde le nostre posizioni a dispetto di ogni attacco. Solo così saremo in grado di migliorare le nostre condizioni. […]
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Charles Perron, Pioley, Reymond, Vézinaud, Samuel Treboux, Sulla privazione delle libertà politiche*
[…] «La privazione delle libertà politiche non costituisce forse un ostacolo all’emancipazione sociale dei lavoratori e una delle cause principali dei disordini sociali (disoccupazione)?».
Rispondiamo: sì, la privazione delle libertà politiche è un ostacolo all’emancipazione sociale dei lavoratori; sì, la privazione di queste libertà è una delle principali cause di disordini sociali e della disoccupazione, di cui gli operai soffrono così crudelmente.
I diversi rapporti letti al congresso hanno dimostrato in modo evidente che i lavoratori che accettano di vivere senza le libertà politiche si condannano a muoversi entro un circolo vizioso, funesto ai loro veri interessi e da cui devono assolutamente uscire.
È stato pure provato da questi stessi rapporti che nei popoli privati delle loro facoltà di cittadini liberi, dovunque sono state apportate restrizioni ai diritti imprescrittibili di riunirsi, di parlare e di scrivere, l’azione dell’Associazione internazionale non può essere che molto lenta e i suoi risultati molto deboli; mentre è proprio nei paesi in cui c’è la più grande somma di libertà che i progressi dell’associazione sono stati più notevoli.
Dunque, senza il possesso delle libertà politiche assicurate ai lavoratori è pressoché impossibile per l’Associazione internazionale realizzare i suoi gloriosi destini, estendersi, coprire l’Europa e diventare ciò che dev’essere: la confederazione operaia potente e forte chiamata a rigenerare lo stato sociale del mondo.
Quindi, per porre fine a uno statu quo fatale, e che senza di ciò durerebbe indefinitivamente, bisogna che l’emancipazione politica sia rivendicata prima di ogni altra cosa, e con la stessa energia che poniamo nell’esigere l’emancipazione sociale.
La commissione perciò propone al congresso che l’assemblea faccia la seguente dichiarazione:
«Il congresso internazionale dei lavoratori, riunito a Losanna nel settembre del 1867, considerando:
che la privazione delle libertà politiche è un ostacolo all’istruzione sociale del popolo e all’emancipazione del proletariato,
dichiara,
1) che l’emancipazione sociale dei lavoratori non può esser disgiunta dalla loro emancipazione politica;
2) che l’instaurazione delle libertà politiche è una misura prioritaria e assolutamente necessaria». […]
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Karl Marx, Contro le società segrete*
[…] Coerentemente con il senso dei nostri statuti, è sicuramente missione precisa di tutte le nostre sezioni in Inghilterra, sul Continente e negli Stati Uniti, non soltanto agire in qualità di centri di organizzazione della classe lavoratrice, bensì anche sostenere, nei rispett...