IV. Il caso albanese e quello armeno
La politica delle nazionalità condotta da Zanotti Bianco trova significativa concretizzazione nel suo approccio alla situazione albanese e a quella armena; le azioni condotte a favore di questi popoli, inoltre, svelano altri agganci con il cantiere di riforma avviato nel Mezzogiorno. Attraverso il caso albanese si iniziano a intravedere alcuni suoi aspetti programmatici e organizzativi che gli saranno poi propri anche nella gestione dell’emergenza armena che vedrà, ancora una volta, il Sud Italia come luogo centrale dell’accoglienza.
Nel marzo del 1911, scrivendo all’allora direttore del museo egizio di Firenze Ernesto Schiapparelli, Zanotti Bianco rivela di aver appreso attraverso la viaggiatrice e filantropa inglese Edith Durham1 numerosi dettagli circa i disordini e le violenze consumate a Scutari e di volersi impegnare in prima persona per il popolo albanese che cercava la strada dell’indipendenza:
Cosa possiamo mai fare per l’Albania. Quaggiù sono completamente all’oscuro di tutto e vorrei tanto prestarmi perché se una soluzione deve accadere in primavera abbia almeno più probabilità di vittoria che non quella passata e che si estenda realmente a molte tribù. […] Vorrei sapere se non vi è già un piano prestabilito d’azione per questa primavera; e nel caso contrario se convenga prepararlo. Di quali persone fidarsi in Italia? Mi metterei completamente a disposizione sua nel poco che potrei fare: raccogliere denaro e vestiti2.
Per progettare un’azione umanitaria di primo soccorso egli è convinto di poter far leva sulla neonata Animi e sulle numerose e antiche colonie albanesi dell’Italia meridionale. Malvezzi l’11 aprile dello stesso anno conferma:
Ben tu dici circa l’Albania: oh se potessimo persuaderci che oggi e a noi tocca soprattutto essere i piccoli apostoli di semplici idee piuttosto che i magnifici banditori delle nuove idee! Se in noi non riusciremo a ottenere da noi stessi tutta la abnegazione suprema di Mazzini, o di quegli spiriti eccelsi che governarono la Rivoluzione francese3.
In breve Malvezzi e Zanotti Bianco si occuperanno del recupero di fondi a favore degli albanesi in numerose città del Nord – quelle che abbiamo già visto in mobilitazione per il Mezzogiorno d’Italia – costituendo un comitato per i soccorsi con Begey, Gallarati Scotti e Rufo Ruffo della Scaletta, parte quindi del nucleo fondatore dell’Animi. Attraverso Giuseppe Prezzolini lo stesso Zanotti Bianco tenterà poi la strada della sottoscrizione della causa albanese tramite le colonne de «La Voce»4. Il progetto viene rivelato anche all’intellettuale modernista italo-albanese Eugenio Vaina de Pava al quale per l’Albania Zanotti Bianco propone «un programma simile a quello che stiamo svolgendo in Calabria mi pare sarebbe adattissimo… non credi? Idea che ti parrà vana ma che troverebbe modo di concretarsi non appena tu fossi su terra albanese accanto a tre o quattro giovani veramente desiderosi d’agire»5.
Il Comitato di soccorso per i rivoluzionari albanesi nasce a Torino nell’estate del 1911. Un opuscolo del comitato, scritto da Zanotti Bianco, rivela all’opinione pubblica italiana l’impari lotta dei ribelli albanesi, lo strazio e la fame che subiscono donne e bambini. Per il meridionalista
non è ora di discutere: ma di agire, e di rapidamente agire. Di fronte a questa terribile agonia d’un popolo devono tacere le preoccupazioni politiche, le voci dell’ignavia e della viltà, tutto ciò che d’ingeneroso può arrestare lo slancio dello spirito umano. […] Ai disperati appelli inviati a tutti gli amici suoi lontani, rispondano anche gli Italiani con denaro e pane: denaro e pane per le donne, denaro e pane per i figli di coloro che si battono per la libertà. È un dovere questo per quanti hanno vivo il senso della nuova missione d’Italia nel mondo6.
Egli aprirà anche la strada di una sottoscrizione inglese e oltre a questo sarà di aiuto alla causa albanese la raccolta di fondi organizzata da Sofia Cammarota Adorno, altra importante collaboratrice dell’Animi7. Le lettere ricevute dalla Durham, infatti, gli confermano la massiccia assistenza che gli insorti albanesi e le popolazioni profughe in Montenegro ricevono da Torino tramite il comitato coordinato dal giovane meridionalista. Zanotti Bianco opererà su più fronti muovendosi per il recupero di medicinali, generi alimentari e vestiari di prima necessità e nella ricerca di libri e materiali scolastici.
L’impegno per gli albanesi non si materializza solo nella gestione del drammatico presente (ciò richiama anche la tempestività avuta di fronte al sisma meridionale), ma per Zanotti Bianco rappresenta la modulazione di un’azione in grado di gettare le basi per un percorso di crescita squisitamente democratico. Egli chiarisce come il suo intervento in Albania sia fortemente politico proprio per l’aspirazione al progresso civile e in funzione della più ampia lotta contro turchi e austriaci:
Sempre allo scopo di favorire i risvegli nazionali non per rivoluzioni violente […] ma per mezzo di un’azione silenziosa tenace noi vorremmo potere valerci delle migliori energie albanesi in Italia per combattere nella loro terra d’origine le discordie interne, per diffondere il senso e l’amore dell’Unità, per rendere cioè possibile quella libertà nazionale che non ha valore se non è stata conquistata per virtù propria, e se già non sono stati trasformati gli spiriti che dalla libertà trarranno maggiori obblighi, maggiori doveri di fronte a se stessi ed all’Europa.
Si muove, quindi, per favorire la risoluzione dei problemi da parte degli albanesi stessi dei loro principali problemi «che più si oppongono alla loro unità nazionale […] per un’opera che non ha a durare un mese ed un anno ma deve iniziare il movimento di un’epoca», la strada da percorrere anche qui è quella della cultura tramite «biblioteche, scuole e altre opere di cultura che contribuiranno certo a risvegliare e cementare sempre più la razza» per creare quasi
un governo anonimo che in silenzio prepari e faciliti l’opera del governo futuro che reggerà l’Albania. Per quest’opera – l’esperienza ce l’insegna – sono necessarie persone capaci di un sacrifizio silenzioso, segreto, capaci di far naufragare il proprio avvenire per il bene dei più, cioè delle persone di fede – la vita ce le contende di minuto in minuto – pratiche di problemi sociali e politici8.
Le attività condotte nel suo Mezzogiorno d’Italia, con una democrazia in cammino anche attraverso i settori di intervento dell’Animi, divengono quindi il paradigma educativo da attivare laddove è necessario innalzare livelli di consapevolezza ed emancipazione. Il 20 giugno 1912 Rufo Ruffo, rispondendo a Zanotti Bianco, confessa:
Per il resto del tuo programma, per inviare in Albania apostoli quali tu e Malvezzi siete per il Mezzogiorno bisogna costituire un’altra Associazione come la nostra perché poco, pochissimo forse niente noi potremmo ottenere dal governo se non sussidi per le scuole etc. Ottima cosa sarebbe agire in Calabria per suscitare qualcuno di questi apostoli – fra gli albanesi delle nostre colonie – gente che parli correttamente la lingua albanese e che con fede e con conoscenza di causa possa far seria propaganda per elevazione di quei popoli. Anche l’Associazione potrebbe intanto occuparsi di scuole albanesi nelle colonie calabresi9.
Il passo successivo che Zanotti Bianco compie è quello della stampa di materiali didattici e culturali albanesi che realizza tramite la collaborazione dell’abbazia di Grottaferrata – di rito greco, forse anche in questo per un simbolico ritorno alle sue origini? – chiedendo sostegno economico al ricordato diplomatico Ricci Busatti.
La fine delle guerre balcaniche coincide con la nascita della nuova realtà politica albanese, tra il 1913 e il 1914 si assiste alla strutturazione dei confini geopolitici del regno, ma le rivendicazioni albanesi sono accerchiate dalle aspirazioni di Serbia e Montenegro, che essendo uscite vittoriose dalle guerre balcaniche non rinunciavano al controllo di quelle provincie abitate in parte anche da loro compatrioti. Gli albanesi ricevono sguardi non disinteressati anche dalle potenze occidentali, tanto che Italia e Austria-Ungheria, opponendosi alle richieste della Serbia, del Montenegro e della Grecia, cercano di depotenziare le ambizioni serbe sull’Adriatico. La collocazione delle linee di frontiera albanesi genera dure prese di posizione in Europa e suscita gli appetiti delle potenze occidentali, costituendo così un’altra pericolosa polveriera10. Zanotti Bianco, il 10 febbraio del 1914, per descrivere la sua collana editoriale e le sue aspirazioni ideali ad Eugenio Vaina, afferma:
[…] Noi non siamo mossi solo per divulgare idee ma soprattutto per agire: al volume sull’Albania deve quindi seguire un tentativo di raggruppamento delle migliori forze giovani albanesi per lo sviluppo della coscienza e dell’ancora informe organismo nazionale. Nessuno, ch’io conosca, più adatto di te per la creazione di questa nuova Associazione, della «Giovane Albania»… Credi la cosa possibile? Se sì, preparati allora, risparmiando ciò che puoi, a un viaggio laggiù […]. Io se sarò libero farò un salto in Rumania ove già stanno raccogliendo fondi per un’associazione «giovane rumena» che lavorerà anche nelle terre irredente. Ah! Che Dio ci dia il coraggio di voler realizzare ciò che per i più è sogno e per me la missione dell’Italia nel mondo11.
Il volume di Vaina riassume le vicende che portano all’indipendenza dell’Albania, dal «turbine delle guerre balcaniche» – così definite dall’autore – sino alla situazione politica che vede l’inizio del regno del Principe di Wied. Per una maggiore comprensione della linea d’azione meridionalista e internazionalista di Zanotti Bianco risulta di estremo interesse l’ultimo capitolo: L’oggi e il domani dell’Albania. Qui si coglie meglio il parallelismo tra l’intervento nel Mezzogiorno d’Italia e la lotta per l’emancipazione albanese che abbiamo già visto delineato nelle riflessioni di Zanotti Bianco e che trova, nelle pagine di Vaina, ampia argomentazione. Anche secondo Vaina de Pava i campi di intervento in Albania devono essere quelli dai quali può nascere consapevolezza politica, e cioè l’istruzione, la sanità, la tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale. Oltre a questi risultano determinanti l’efficienza delle infrastrutture, la gestione razionale e legale dei flussi migratori, la semplificazione amministrativa. Per quanto riguarda l’istruzione, non a caso, egli ripropone in Albania la progettazione educativa impostata dall’Animi in Calabria, mirando alla creazione e al potenziamento degli istituti per la formazione tecnica e professionale. Per rendere possibile questo egli guarda con interesse al Mezzogiorno anche per favorire un ponte commerciale e culturale con tutta l’Italia:
Ciò che si va facendo nel Mezzogiorno ed in altre regioni più neglette d’Italia per avvicinare i cuori nello studio e nell’opera data alla soluzione dei problemi regionali più gravi, va fatto con particolare intento fra gli italo-albanesi, sicuri che quanto si faccia a vantaggio dell’Albania italica finirà più o meno rapidamente per rifluire anche verso l’Albania transadriatica12.
Dal punto di vista economico diviene di strategica importanza, quindi, la collocazione della Puglia anche per la futura crescita del settore scolastico e formativo albanese. Già nel 1907 il geografo e meridionalista Carlo Maranelli13, in un’ampia relazione presentata al VI Congresso geografico italiano tenutosi a Venezia, aveva posto negli stessi termini di convenienza e opportunità per tutta l’Italia la questione del potenziale sviluppo albanese. Lo studioso, particolarmente attento alle relazioni tra Sud Italia e l’altra sponda adriatica, riassume e ben contestualizza i tratti delle principali attività economiche albanesi maggiormente connesse all’economia italiana14. Le riflessioni sulle potenzialità economiche dell’Albania, ottimiste anche per il nascente porto di Tirana15, conducono Vaina de Pava a ragionare intorno ad altri campi di intervento che l’Animi ha già messo in atto nel Mezzogiorno, e cioè quello dell’igiene, della sanità e del controllo del fenomeno migratorio. È il momento in cui l’associazione di Zanotti Bianco porta avanti anche un ampio programma sanitario che si concretizza, come si è visto, nella messa a regime di numerosi e innovativi laboratori diagnos...