L’entusiasmo per i Bronzi: una visione kitsch
di Maurizio Paoletti
1. Una storia che si ripete.
I bagnanti radunati a centinaia in quei giorni di Ferragosto del 1972 per vedere sulla spiaggia di Riace le due antiche statue di bronzo recuperate dal mare non sapevano di ripetere uno straordinario rito collettivo, che altri prima di loro avevano compiuto probabilmente in circostanze molto simili.
I bronzi di Riace non costituivano un’eccezione, come la folla di ignari spettatori allora credeva. Sulla spiaggia calabrese, invece, si rinnovava una storia accaduta altre volte – la pesca prodigiosa di una statua e il suo riemergere dal fondo del mare – nella quale l’incipit inatteso e sorprendente veniva a coincidere con il clou stesso della narrazione.
Certo è che dinanzi alla straordinaria scoperta dei bronzi di Riace, addirittura una «coppia» di statue, le reazioni popolari alimentarono i sentimenti e i comportamenti più diversi: inizialmente la semplice curiosità e la meraviglia, poi, dopo un periodo di stasi e di oblio legato alla necessità del restauro, di nuovo l’ammirazione e l’eccitazione suscitate repentinamente dalla mostra di Firenze e dall’esposizione a Roma nelle sale del palazzo del Quirinale, in un crescendo continuo che giunse a toccare punte di irrefrenabile entusiasmo.
Il tutto in un intreccio di comportamenti al tempo stesso ingenui e spontanei, in un inviluppo di sentimenti confusi e di visioni romantiche, che era difficile da sciogliere e soprattutto da governare. Presa alla sprovvista, la categoria degli archeologi e degli storici dell’arte antica rinunciò in larga misura al proprio ruolo di interprete autorevole delle statue, scegliendo di osservare, talora con simpatia ma più spesso con un visibile disagio, quelle reazioni incontrollate.
Eppure, come si è detto, la pesca prodigiosa di Riace era stata preceduta da episodi analoghi. Il primo è ricordato da Pausania, il periegeta cui si deve la più bella e completa descrizione della Grecia in età romana. Pausania, appunto, narra con dovizia di particolari la storia di Teagene, l’atleta originario dell’isola di Taso nel mar Egeo che divenne celebre nell’antichità per le sue numerosissime vittorie. La statua di bronzo che lo onorava in patria e che era stata scaraventata in mare fu recuperata miracolosamente con le reti dai pescatori dell’isola. Da quel momento, dando ascolto all’oracolo di Delfi che aveva messo in guardia gli abitanti di Taso dal privare il loro concittadino della memoria che si era meritata in vita, la statua fu venerata come l’immagine non di un uomo bensì di un dio (Paus., VI, 11, 2-9, in particolare 8)1. Nonostante il carattere di aneddoto che trasforma in topos le complesse vicende politiche dell’isola di Taso nel corso del V secolo a.C., nulla vieta di ritenere verosimile – anzi realmente accaduta – una storia a prima vista incredibile.
A un secondo episodio simile alla scoperta dei bronzi di Riace possiamo assistere ancora oggi – con i nostri occhi – guardando un rilievo romano di travertino, databile agli anni 80-65 a.C. (figura 30)2. Qui il recupero della statua è collocato sul litorale di Ostia: due gruppi di pescatori stanno tirando a riva la rete nella quale oltre ai pesci è finita la statua di Ercole, certamente di bronzo. La scena possiede un forte significato simbolico. L’immagine del dio, di statura imponente, con la barba, che impugna la clava in posizione di attacco, infatti è assai antica (intorno al 500-470 a.C.) e vuole accentuare il suo collegamento diretto con il culto di Ercole praticato a Ostia, il porto di Roma. Ancora una volta dobbiamo supporre che la statua di Ercole «risorta» dalle acque del mare suscitasse scalpore e grande stupore in quanti ne avevano avuto notizia nonché una reale emozione nei fedeli del santuario oracolare ostiense3.
Noi sappiamo ovviamente che i bronzi di Riace sono in buona compagnia, perché molte sono le opere d’arte greche e romane rinvenute in mare4. Nella serie di recuperi divenuti famosi i singoli rinvenimenti – per esempio l’Apollo di Piombino ora al Museo del Louvre, lo Zeus di Capo Artemision al largo dell’isola dell’Eubea (Grecia), il satiro di Mazara attribuito a Prassitele, il cosiddetto bronzo Getty e il bronzo di Lussino, ambedue ripescati nell’Adriatico5 – si alternano ai ricchi carichi di statue destinati al mercato dei collezionisti romani – il relitto di Anticythera (ancora in Grecia) con il suo straordinario «efebo» in bronzo è senz’altro il primo della lista6.
30. Rilievo dedicato dall’aruspice C. Fulvius Salvis a Ercole (80-65 a.C.). A destra, i pescatori recuperano con le reti un’antica statua di Ercole. Ostia, Museo archeologico ostiense.
La vicenda dei Bronzi, anche dopo averla ricondotta nel campo della moderna archeologia subacquea, resta comunque una storia totalmente a sé, resa unica dal grande impatto sul pubblico e dal successo mediatico che l’ha accompagnata fino a oggi, inferiore solo alla scoperta del Laocoonte avvenuta a Roma nel 1506.
I due episodi sopra ricordati forniscono, io credo, un’utile chiave di lettura mostrando un fil rouge, una sorta di copione messo a punto molti secoli fa, in quanto la pesca è un prodigium, e il miracolo appartiene per definizione al campo del sovrannaturale e del divino.
Grazie a questo percorso giungiamo ad afferrare il senso dell’entusiasmo scatenatosi nel 1981 all’epoca dell’esposizione a Roma, nel palazzo del presidente della Repubblica: un’eccitazione generale di cui, nel silenzio o nel bisbiglio titubante degli archeologi7, si facevano portavoce i servizi televisivi e le copertine dei settimanali nei quali il Bronzo A era definito «Bello come un dio» (figura 31). A corollario di tutto, le foto dei reportages giornalistici, non senza malizia, come nel caso di una suora o dei politici, immortalavano gli sguardi della gente comune dinanzi alle statue nude. E i titoli erano di questo tenore:
Estate ’81. Esplode la mania per i guerrieri di Riace / Pazzi per i bronzi / Incredibile: nell’Italia dei musei trascurati e delle aree archeologiche abbandonate, la gente si alza prima dell’alba per due statue. Che cosa è? Il richiamo del mistero o del simbolismo sessuale? Risveglio culturale o divismo analfabeta? («Panorama», XIX, 13 luglio 1981, 795, pp. 26-9).
1. Bronzo A secondo la ricostruzione di Vinzenz e Ulrike Brinkmann (mostra Serial Classic, Milano, Fondazione Prada, 2015).
2. Bronzo A secondo la ricostruzione di Vinzenz e Ulrike Brinkmann: posizionamento sulla testa dell’elmo ricostruito (fase preparatoria della statua per la mostra Serial Classic, Milano, Fondazione Prada, 2015).
3. Bronzo A secondo la ricostruzione di Vinzenz e Ulrike Brinkmann (2015): totale dal lato sinistro.
4. Casa d’aste Von Morenberg di Trento, copertina del catalogo 24 (7 giugno 2008).
5. Ladislas Kijno, Variazioni sui Bronzi di Riace (1981-82).
6. Marcello Sèstito, Le nuove armi (mostra Nostos. Il ritorno. 14 maestri interpretano gli eroi di Reggio Calabria, Reggio Calabria, Museo archeologico nazionale).
7. Alessandro Mendini, Il pesce di Riace (mostra Nostos. Il ritorno. 14 maestri interpretano gli eroi di Reggio Calabria, Reggio Calabria, Museo archeologico nazionale).
8. Locandina del Teatro Francesco Cilea di Reggio Calabria, stagione teatrale 2007/2008.
9. Manifesto pubblicitario dell’iniziativa La Reggina indossa la Calabria promossa dal club Reggina Calcio in occasione del derby con il Crotone, per il quale fu realizzata una maglia in edizione limitata (2012).
10. Sacha Sosno, I Bronzi di Riace, opera esposta nel Museo all’aperto Bilotti a Cosenza.
11. Campagna pubblicitaria Gira e rigira, la Calabria ti stupisce sempre, promossa dalla Regione Calabria in collaborazione con Alitalia (2014).
12. Iniziativa promozionale del ministero dei Beni culturali per la Festa della donna (2010).
13. Gerald Bruneau fotografa...