Storia del Banco di Sicilia
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Saggi di: Manfredi Alberti, Pier Francesco Asso, Laura Azzolina, Antonino Blando, Leandra D'Antone, Sebastiano Nerozzi, Giandomenico Piluso, Aurora Romano.Il Banco di Sicilia è stato una delle più importanti banche italiane. Fin dalle sue origini (1867) ha esercitato un ruolo centrale nella vita dell'Isola, non solo influenzando i processi di sviluppo economico e di trasformazione produttiva, ma anche concorrendo a determinarne i mutevoli equilibri negli assetti sociali e politici. Utilizzando fonti in larga parte inedite, il volume esamina per la prima volta le vicende di una banca che fino al 1926 godette del diritto di emissione monetaria, operando come banca delle banche, in un rapporto di cooperazione-competizione con gli altri istituti di emissione, al cui vertice era posta la Banca d'Italia. Fra le due guerre, il Banco trasformò radicalmente il suo modello di attività, impiantando quasi da zero i servizi di credito commerciale, ampliando la sua presenza in Italia e all'estero, estendendo la sua operatività nel credito speciale a lungo termine. Nel secondo dopoguerra, nel quadro dell'autonomia regionale siciliana, esso esercitò la funzione di una vera e propria finanziaria di sviluppo, sostenendo l'avvio di importanti iniziative industriali. A partire dai primi anni sessanta il rapido esaurirsi della parabola di sviluppo dell'economia siciliana, le strategie gestionali ambiziose e poco attente al controllo dei costi e della qualità del credito, i forti condizionamenti di natura politica e ambientale, determinarono quel deterioramento delle condizioni di bilancio che, seppur con fasi di ripresa, accompagnò le vicende del Banco per oltre un trentennio, fino alla trasformazione in società per azioni e all'assorbimento in gruppi creditizi di portata nazionale. Il volume descrive dunque le principali strategie aziendali, i mutamenti istituzionali e l'andamento economico del Banco di Sicilia dal 1867 al 1991, analizzandolo anche come luogo di selezione e affermazione delle élites e dei ceti dirigenti, in un complesso di rapporti personali, familiari, politici, che rende la sua storia inestricabilmente legata alla storia della Sicilia.

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Informazioni

Anno
2017
ISBN
9788868437114
Argomento
Business

Parte seconda
L’Istituto di credito di diritto pubblico, 1926-91

di Pier Francesco Asso e Sebastiano Nerozzi

I. Dalla trasformazione alla crisi, 1926-40. Il difficile esordio di una banca pubblica

1. Introduzione.
I capitoli che seguono tracciano il percorso storico del Banco di Sicilia fra due grandi riforme bancarie: quella del 1926, con la quale il Banco cessò di essere Istituto di emissione e venne trasformato in Istituto di diritto pubblico; quella del 1990, che segnò la trasformazione del Banco in società per azioni, come prodromo alla sua futura privatizzazione. Fra queste due «grandi trasformazioni», la storia del Banco fu tutt’altro che lineare. Gli anni che coincisero con l’esistenza del Banco come «Istituto di credito di diritto pubblico» (secondo la definizione adottata con la legge bancaria del 1936) furono attraversati da eventi di portata epocale che impressero alla maggiore banca siciliana importanti cambiamenti sul piano operativo, reddituale e istituzionale: la grande depressione, la seconda guerra mondiale, l’autonomia regionale, le politiche di sviluppo, la crisi economica degli anni settanta e quella politica degli anni ottanta, peraltro segnata, in Sicilia, da una drammatica escalation nello scontro fra mafia e istituzioni.
In tutti questi eventi il Banco di Sicilia conservò un ruolo centrale nei processi di intermediazione creditizia nell’Isola, riuscendo anche, in alcune fasi, ad affermarsi come un interlocutore privilegiato della grande industria del Centro-nord, soprattutto nel credito a medio e lungo termine. Operando prevalentemente in un territorio caratterizzato da condizioni di forte arretratezza rispetto ai livelli di sviluppo industriale raggiunti nel triangolo industriale e in altre aree più dinamiche del paese, il Banco andò ad assumere le funzioni di una vera e propria finanziaria di sviluppo, impegnata a stimolare e accrescere, con un ampio ventaglio di strumenti, i diversi settori dell’economia siciliana. Allo stesso tempo si trovò a svolgere estesi compiti di supplenza e di sostegno in favore di enti locali e amministrazioni pubbliche, i cui bilanci apparivano strutturalmente incapaci di mantenersi in condizioni di equilibrio, e di imprese che faticavano a tenere il passo con i ritmi, i costi, i cambiamenti di un mercato sempre più integrato a livello europeo e internazionale.
Lo studio delle vicende del Banco è qui condotto attraverso l’analisi di un’ampia documentazione, in gran parte inedita, conservata presso l’Archivio storico del Banco di Sicilia e comprendente i verbali delle sedute degli organi amministrativi, le corrispondenze di presidenti e direttori che ne hanno retto le sorti, le relazioni, i rapporti, le statistiche prodotte dagli uffici. La realizzazione di questo studio ha anzi richiesto una prima inventariazione di materiali che, per i decenni che ci riguardano, risultavano in gran parte conservati in forma miscellanea, con scarsi riferimenti di tipo cronologico o tematico. Questo ricco materiale è stato poi integrato da documenti provenienti dall’Archivio storico della Banca d’Italia e da una serie di fonti edite relative ad aspetti specifici dell’azione del Banco. Particolare attenzione è stata poi dedicata all’andamento dei principali aggregati di bilancio, ricostruiti grazie ai dati conservati nei bilanci, integrati con le serie statistiche disponibili presso la Banca d’Italia.
Nell’individuare le principali scansioni cronologiche per la costruzione dei capitoli abbiamo seguito la periodizzazione segnata dai grandi cambiamenti ai vertici dell’istituto, dedicando il primo capitolo ai direttori generali Ignazio Mormino, Salvatore Badami e Giuseppe Dell’Oro che ne ressero le sorti fra il 1922 e il 1943. Ciascuno dei successivi quattro capitoli è invece dedicato alle figure di vertice che si susseguirono fra il 1943 e il 1991: Ignazio Capuano (1943-51); Carlo Bazan (1951-65); Ciro de Martino (1965-78); Giannino Parravicini (1978-91), questi ultimi tre in funzione di presidente del consiglio d’amministrazione del Banco che lo statuto del 1951 poneva come supremo organo direttivo. Occorre tener presente che l’ampiezza dei poteri esercitati dal presidente mutò nel corso del tempo a seconda della personalità di chi ne rivestiva il ruolo, lasciando maggiore o minore spazio al direttore generale, al vicepresidente e agli altri membri del comitato esecutivo. In questo senso, figure come Francesco Bignardi, Guido Savagnone o Ottavio Salamone, in qualità di direttori generali, svolsero un ruolo altrettanto importante nel determinare i concreti indirizzi operativi del Banco.
In ragione delle sue funzioni economiche e sociali e delle dinamiche che ne condizionarono la vita istituzionale, la storia del Banco fu inestricabilmente legata alle vicende politiche dell’Isola. Da qui l’esigenza, nel nostro scritto, di mantenere e far dialogare fra loro diversi piani di analisi: quello strettamente aziendale, legato all’andamento della banca; quello economico, con l’analisi delle principali scelte operative e dei loro riflessi nei rapporti con imprese, enti locali, autorità di vigilanza; quello istituzionale, caratterizzato dalla continua ricerca di un difficile equilibrio fra interessi regionali e interessi nazionali, fra criteri di efficienza e mantenimento di relazioni privilegiate con i principali centri di potere politico.
In questa complessa narrazione il lettore potrà trovare, di volta in volta, riferimenti più o meno completi e approfonditi a vicende, personaggi, processi che caratterizzarono la storia politica, sociale ed economica dell’Isola. Obiettivo di questo libro non è certo quello di dare risposte esaustive in merito ai fattori che hanno reso così ondivago e contrastato il percorso dello sviluppo economico siciliano, ma di indicare e iniziare a esplorare le molteplici piste di ricerca che, anche a un primo parziale sondaggio, la storia sul Banco di Sicilia può contribuire ad aprire.
2. Il Banco nell’epoca di Ignazio Mormino.
La riforma bancaria del 1926 fu un evento importante nel panorama economico nazionale. Con la definitiva concentrazione dell’emissione monetaria in un unico istituto aumentava il controllo sulla circolazione e si distingueva in maniera più netta, all’interno del sistema, la funzione monetaria da quella creditizia di natura commerciale. In un’epoca caratterizzata da una crescente precarietà nelle relazioni internazionali e dagli sforzi dei principali paesi di fissare le nuove parità all’interno del gold standard, la possibilità di un controllo più saldo sugli aggregati monetari costituiva un tassello essenziale per frenare la caduta della lira e per proteggere l’economia nazionale dagli shock esterni e interni, che in Italia si erano manifestati, anche nel dopoguerra, con la crisi di grandi Istituti di credito quali la Banca italiana di sconto e il Banco di Roma1.
Per il Banco di Sicilia e per il Banco di Napoli la perdita del privilegio di emissione fu un evento traumatico, a lungo temuto, che li costringeva, in un breve lasso di tempo, a riconvertire le proprie attività e a costruire, praticamente da zero, un profilo di banca commerciale, inserita in un contesto economico allora molto tradizionale e finanziariamente poco evoluto.
All’indomani della prima guerra mondiale, il Banco di Sicilia aveva conosciuto una fase di rapido sviluppo operativo, sotto la guida sicura del direttore generale Ignazio Mormino. Dal 1910 al vertice della Sezione di credito agrario e della cassa di risparmio del Banco, Mormino era riuscito a dare un notevole dinamismo a questi organismi. Nominato ai massimi vertici del Banco nel marzo del 1922 in sostituzione di Gaetano Riccio, era diventato commissario regio con la riforma bancaria del 1926 e poi confermato direttore generale nel 1928. Secondo la testimonianza di Ignazio Capuano, uno dei suoi successori alla guida del Banco, l’ascesa di Mormino al vertice della banca fu decisa per risolvere un problema causato da Riccio: «Fu chiamato ai fastigi della carica, nel momento in cui comuni delinquenti avevano perpetrato ai danni del Banco di Sicilia, un furto, per quel tempo gravissimo, anche se l’istituto godeva il privilegio dell’emissione non si concedette riposo fino a che non ebbe ad assicurare alla giustizia i rei»2.
Mormino fu il protagonista della trasformazione del Banco da Istituto di emissione a Istituto di credito pubblico. A lui si dovette lo sviluppo delle sezioni del Banco e il progetto di internazionalizzazione della banca culminato con la costituzione delle filiali americane, troppo «ingiustamente liquidate», secondo il giudizio di Capuano, all’inizio degli anni trenta3. In meno di un decennio di direzione generale, Mormino fu anche artefice di importanti iniziative il cui impatto andò ben oltre i bilanci e gli assetti dell’istituto: creò la fondazione per l’incremento culturale ed economico della Sicilia; costituì l’Ufficio studi e l’osservatorio economico per promuovere indagini dirette a rafforzare i legami di appartenenza della Sicilia alla nazione, in un periodo di striscianti «velleità separatiste»; fondò i Magazzini generali della Sicilia, primo esempio di ammasso agrario; promosse e finanziò l’avvio dell’Istituto per la bonifica siciliana e dell’Azienda per lo sviluppo turistico della Sicilia; finanziò gli scavi di Segesta, le trivellazioni a Nicosia per il petrolio, il consorzio zolfo, la camera agrumaria, i cantieri Orlando di Livorno.
Nonostante questi risultati, il 20 febbraio 1930, per ragioni non del tutto chiare, Mormino venne bruscamente rimosso dall’incarico. È assai probabile che le disgrazie di Mormino coincisero con la sua aperta e continuata opposizione alla riforma del 1926 che suscitò la reazione prima di Volpi, poi di Mussolini e infine del ministro delle finanze Antonio Mosconi. Già nel 1928 Mussolini aveva espresso in Consiglio dei ministri la sua perplessità in merito alla fede politica del banchiere siciliano anche se il suo allontanamento dalla massima carica direttiva del Banco sarebbe stato ispirato proprio da Mosconi, probabilmente non insensibile agli interessi della finanza milanese che forse già ambivano a porre uomini a loro vicini ai vertici del Banco, come poi accadrà, all’inizio degli anni trenta, in occasione della nomina di Giuseppe Dell’Oro. Nelle parole di Capuano, Mormino si era opposto alla riforma
non per spirito di regionalismo, né per angustia di criterio, né per attaccamento alle tradizioni, ma solo perché era convinto della bontà del sistema che copiosi frutti per oltre mezzo secolo aveva dato […] Ignazio Mormino nei confronti di un ministero ostile e di ambienti interessati altrettanto ostili, fu solo colui che difese a viso aperto il mantenimento del privilegio dell’emissione per i banchi meridionali, perfettamente incurante se questo suo atteggiamento potesse, come poi avvenne, riuscirgli dannoso4.
Vedremo nelle prossime pagine quali furono le conseguenze principali provocate dall’inattesa revoca del diritto di emissione nel maggio 1926 e come questo evento fu destinato a segnare a lungo la storia futura della banca5. Dopo aver esaminato, nel prossimo paragrafo, il processo che condusse alla trasformazione e le condizioni di partenza dalle quali il Banco mosse i suoi primi passi come Istituto di diritto pubblico, vedremo, nel paragrafo successivo come l’istituto subì e cercò di reagire alle problematiche poste dalla grande crisi degli anni trenta; nel paragrafo 4 descriveremo la vicenda della SicilTrust, che portò alla liquidazione delle attività estere e al commissariamento della banca, descritto nel paragrafo 5. Nel sesto e ultimo paragrafo vedremo, infine, come l’istituto siciliano, posto sotto la guida di Dell’Oro, cercò di reagire alle difficoltà nel periodo compreso fra la metà del decennio e lo scoppio del conflitto mondiale.
3. La traumatica trasformazione in Istituto di credito pubblico.
Nell’aprile 1926 il ministro delle Finanze Giuseppe Volpi annunciò l’accentramento delle funzioni di emissione in un unico istituto. Il consiglio di amministrazione del Banco reagì con grande sconcerto alla notizia del discorso di Volpi e, nella seduta del 22 aprile, Mormino pronunciò un intervento accorato paventando i gravi pericoli che «i due Istituti Meridionali, privi del privilegio dell’emissione dei biglietti» avrebbero dovuto fronteggiare in seguito alla perdita di «quella grande forza di attrazione che essi hanno, precisamente in quanto sono oggi Istituti di emissione»6. Al direttore del Banco era nota l’esigenza di una riforma bancaria che contrastasse la caduta della lira e favorisse la stabilità del sistema bancario. Tuttavia, il progetto annunciato dal ministro delle Finanze sembrava foriero di gravi conseguenze per gli istituti meridionali e veniva imposto dall’alto senza alcuna preventiva condivisione; esso aveva «il torto di mutarne le basi di vita senza previamente chiamarlo a concordare i termini, i modi, i presidi della trasformazione cui lo si vuole esporre»7.
Mormino concluse il suo intervento con una richiesta che poteva apparire paradossale, invitando il governo a svolgere un’ispezione straordin...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Indice
  5. Presentazione di Raffaele Bonsignore e Giovanni Puglisi
  6. Prefazione di Carlo Trigilia
  7. Storia del Banco di Sicilia
  8. Introduzione di Pier Francesco Asso
  9. Parte prima. L’Istituto di emissione, 1867-1926 di Giandomenico Piluso
  10. Parte seconda. L’Istituto di credito di diritto pubblico, 1926-91 di Pier Francesco Asso e Sebastiano Nerozzi
  11. Parte terza. Approfondimenti: la Sezione di credito industriale e i consigli di amministrazione
  12. Note sull’Archivio storico del Banco di Sicilia di Aurora Romano
  13. Bibliografia
  14. Gli autori