Manuale di linguistica sarda
  1. 588 pagine
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This manual will be an indispensable research tool for everyone interested in the Sardinian language and in Romance linguistics in general. It presents the first extensive overview of the various questions and problems of Sardinian linguistics. In addition to a detailed introduction to the socio-historical background of the current linguistic situation in Sardinia, it provides diachronic and synchronic descriptions both of the varieties of Sardinian itself and of the other idioms spoken on the island.

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Informazioni

Editore
De Gruyter
Anno
2017
ISBN
9783110393460
Edizione
1
Categoria
Linguistica

Aspetti interni

3Documentazione

Daniela Marzo

3.1Linguistica areale: atlanti linguistici, carte

Abstract: Questo contributo passa in rassegna alcuni atlanti e carte della Sardegna. Poiché lavori precedenti come p.e. quelli di Blasco Ferrer (1999), Contini (2000), Loporcaro (2009), Swiggers (2011) e Goebl (2016 a e b) contengono già descrizioni esaurienti dei «grandi classici» della geografia linguistica pan- e italoromanza, nei quali figura (come p.e. nell’AIS e nell’ALI), anche la Sardegna, il presente lavoro si limita a una loro breve valutazione secondo la prospettiva delle varietà linguistiche della Sardegna e si concentra poi su visualizzazioni cartografiche più propriamente mirate al panorama linguistico dell’isola. Inoltre, si dà particolare importanza ad alcune questioni sollevate da Molinu/Floricic nel presente volume (↗1.1 Storia delle indagini e classificazioni) riguardo lo statuto delle isoglosse e delle aree linguistiche da esse delimitate.
Keywords: area linguistica, atlanti linguistici, carte linguistiche, isoglossa, linguistica percezionale

1Introduzione

Molinu e Floricic (↗1.1 Storia delle indagini e classificazioni) concludono il loro riassunto critico delle principali posizioni sulla classificazione dialettale del sardo con alcune questioni che illustrano bene anche la problematica delle carte linguistiche: «Sino a che punto le aree linguistiche […] sono un’idealizzazione o corrispondono a una ‹realtà›? […] sino a che punto la classificazione dei dialetti sardi è uno strumento per il linguista o una verità oggettiva?» Sino a che punto, insomma, le carte con i loro punti, le isoglosse e le aree linguistiche da esse delimitate rappresentano una realtà linguistica oggettiva? E quale realtà cercano di raffigurare? È per forza la stessa realtà per i linguisti e per i parlanti?
Senza la pretesa di voler fornire una rassegna esaustiva delle innumerevoli carte linguistiche accompagnanti lavori scientifici e pedagogici, questo contributo si propone di presentare e di valutare alcuni atlanti e alcune carte, sulla falsariga delle domande sopra elencate. Poiché lavori precedenti – tra i quali quelli di Blasco Ferrer (1999), Contini (2000), Loporcaro (2009), Swiggers (2011) e Goebl (2016 a e b) – offrono già descrizioni esaustive dei «grandi classici» della geografia linguistica pan- e italoromanza, nei quali figura (come p.e. nell’AIS e nell’ALI) anche la Sardegna, il presente lavoro si limita a una loro breve valutazione dal punto di vista delle varietà linguistiche della Sardegna, e si concentra poi su visualizzazioni cartografiche mirate sul panorama linguistico dell’isola.
Dopo alcune osservazioni generali sulle nozioni fondamentali (come i concetti di isoglossa e di area linguistica; il ruolo dei parlanti nella delimitazione di aree linguistiche; i diversi tipi di rappresentazione cartografica; cf. 2), vengono presentati e brevemente commentati i principali atlanti linguistici e carte della Sardegna (cf. 3).138 Nella conclusione sono formulati alcuni desiderata per future carte linguistiche (cf. 4).

2Osservazioni preliminari

2.1Le nozioni di isoglossa e di area linguistica

«Con ‹isoglossa› s’intende la linea immaginaria che unisce i punti esterni di un’area geografica caratterizzata dalla presenza di uno stesso fenomeno linguistico» (Grassi/ Sobrero/Telmon 1997, 7, nota 9).139 Un’area geografica delimitata da fasci di isoglosse costituisce, a sua volta, un’area linguistica.
Conviene tener distinta la geografia linguistica (ovvero geolinguistica o linguistica areale) dalla geografia delle lingue: Mentre la prima «studia […] la distribuzione areale di singoli tratti […] linguistici», la seconda si propone «di cartografare l’estensione spaziale di domini linguistici interi» (Goebl 2016a, 553; cf. anche Swiggers 2011, 272). Di conseguenza, i due approcci non attribuiscono lo stesso statuto alle isoglosse e alle aree linguistiche da esse delimitate: Laddove la geografia delle lingue si limita generalmente a tracciare nette frontiere linguistiche, la geografia linguistica tende a far emergere – sotto forma di continua linguistici e zone grigie o anfizone – il complesso intrecciarsi di varietà diatopiche in contatto.
Essendo difatti particolarmente difficile individuare fasci di isoglosse «che seguano, riunite e compatte, una data linea» (Pellegrini 1977, 19–20) e che permettano dunque di stabilire nette frontiere linguistiche, va sottolineato che sia le aree linguistiche stabilite dalla geografia delle lingue che quelle definite dalla geografia linguistica semplificano inevitabilmente – per motivi metodologici e cartografici – la realtà linguistica che cercano di documentare (cf. anche Händler/Wiegand 1982, 501):
Da un lato, la difficoltà di rappresentare cartograficamente fattori quali la natura del contatto tra le varietà studiate o il ruolo di variabili sociolinguistiche determinanti la (non-)realizzazione dei fenomeni indagati, fa sì che le aree che emergono dai due lati di un’isoglossa spesso non possano essere messe sullo stesso piano (Telmon 1983, 106 e le opere ivi citate); dall’altro, il tracciato di un confine linguistico (o di un fascio di isoglosse) è naturalmente condizionato da diversi fattori, tra cui i fenomeni linguistici presi in considerazione, la densità della rete dei punti d’inchiesta (p.e. Williams 1996, 66; Blasco Ferrer 1999 per l’area del sardo) o le caratteristiche sociodemografiche degli informanti (p.e. Radtke 1996 per la variabile dell’età). Si osservi inoltre che «le mappe mentali della comunità, che sono l’esatto corrispondente spaziale dei loro repertori linguistici» (Telmon 1983, 102), non corrispondono necessariamente alle isoglosse definite dai linguisti secondo il criterio della (non-)realizzazione di un fenomeno,140 anche se, naturalmente, «a high gap in the linguistic structure and typology of the neighbouring languages can help the two kinds of border to merge» (Iannàccaro/Dell’Aquila 2001, 272). Non solo le mappe mentali dei parlanti influiscono sulla loro percezione della variazione (e quindi sulla percezione delle isoglosse e dei confini linguistici), ma si suppone abbiano un ruolo anche nella produzione linguistica, che può a sua volta rafforzare e spostare vecchie isoglosse e persino crearne nuove (p.e. Auer 2004, 162, 176).
Emerge insomma che
«[…] it is the social environment as a whole that creates language borders, through people’s experience of them. Of necessity, this implies that borders imposed on communities ab ovo do not exist. On the contrary, it is the community itself which recognizes its own borders, and which decides then to fit in with them» (Iannàccaro/Dell’Aquila 2001, 267).
Va ricordato, in conclusione, che le isoglosse sono innanzitutto strumenti operativi della cartografia, che servono di certo a individuare confini linguistici ma che non sono assolutamente da confondere con essi (cf. anche Händler/Wiegand 1982, 523; Williams 1996, 66).

2.2Tipi di carte

Il grado di importanza attribuito ai confini linguistici è rispecchiato dal tipo di carta utilizzato per visualizzare la distribuzione areale sia di singoli tratti linguistici, sia di interi dialetti o lingue. In questo contributo si segue sostanzi...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Titelseite
  3. Impressum
  4. Manuali di linguistica romanza
  5. Ringraziamenti
  6. Indice
  7. Abbreviazioni
  8. 0 Introduzione
  9. Aspetti esterni
  10. Aspetti interni
  11. Appendice
  12. Indice dei fenomeni e delle forme notevoli