Manuale di linguistica italiana
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Manuale di linguistica italiana

  1. 746 pagine
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Manuale di linguistica italiana

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Questo Manuale di linguistica italiana intende fornire un quadro d'insieme aggiornato (in particolare post 1988) sulla lingua italiana e anche dare conto di ricerche e ambiti maggiormente esplorati negli ultimi venti anni come, in diacronia, le scriptae italo-romanze, l'italiano fuori d'Italia (dal Medioevo a oggi), le varietà d'italiano nel passato, la sintassi dell'italiano antico.

Il volume è suddiviso in tre sezioni: l'italiano nella storia; l'italiano contemporaneo; i luoghi della codificazione / le questioni / gli sviluppi recenti della ricerca. Nella seconda sezione un capitolo sull'italiano di oggi illustra i tratti più significativi della lingua che cambia (a sé è trattata la morfologia con la formazione delle parole), mentre molto articolata è la parte dedicata all'italiano variazionale la cui architettura è più complessa rispetto a pochi decenni fa dato il quadro sociolinguistico notevolmente mutato e l'influsso significativo dei media anche sui fatti di lingua. Alcuni settori hanno avuto inoltre un incremento notevole di studio: la pragmatica, la linguistica testuale, la linguistica dei corpora, come del resto anche la didattica dell'italiano, che si è consolidata anche nella prospettiva della L2 grazie a importanti studi di linguistica acquisizionale.

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Informazioni

Editore
De Gruyter
Anno
2016
ISBN
9783110393477
Edizione
1
Categoria
Linguistics

Litaliano contemporaneo: strutture e varietà

Paolo D’Achille

7Architettura dell’italiano di oggi e linee di tendenza

Abstract: Lo studio intende tracciare un profilo dell’italiano contemporaneo. Nel breve inquadramento iniziale si individuano alcuni fatti di carattere generale che sembrano aver avuto conseguenze anche sul piano linguistico (la diffusione della comunicazione in rete, l’espansione dell’inglese, i fenomeni immigratori) e si affronta poi rapidamente il tema del «movimento» dell’italiano nelle sue premesse storiche. Si passa poi a una sommaria descrizione dell’architettura dell’italiano contemporaneo, ossia del complesso delle varietà utilizzate, commentando il modello proposto da Berruto nel 1987, al quale sono state poi apportate solo poche modifiche. L’ultima e più ampia sezione del testo cerca di individuare le principali linee di tendenza attuali, ai vari livelli di analisi (fonetica e fonologia, grafia e punteggiatura, morfosintassi, lessico), trattando soprattutto di quei fenomeni che consentono di individuare possibili mutamenti, endogeni o esogeni, sul piano delle strutture linguistiche.
Keywords: italiano contemporaneo, varietà del repertorio, linee di tendenza, cambiamento linguistico

1Inquadramento generale

Tra la fine del Novecento e i primi anni del secondo millennio l’italiano ha attraversato una fase complessa e per certi versi contraddittoria. Il lungo processo di espansione della lingua nazionale a spese dei dialetti è indubbiamente proseguito, ma non uniformemente nelle diverse aree del Paese; le inchieste dell’ISTAT del 2000 e del 2006 documentano, accanto alla crescita di coloro che parlano (o meglio, dichiarano di parlare) in italiano in tutti i contesti (in famiglia, con gli amici, al lavoro, con gli estranei), un incremento delle situazioni di diglossia o di bilinguismo (Trifone/Picchiorri 2008; Berruto 2012a); invece l’inchiesta del 2012 mostra «un’impennata nell’italofonia esclusiva» (Serianni 2015, 161). Agli innegabili progressi sul piano dell’alfabetizzazione e del conseguimento di un titolo di studio superiore al diploma di licenza media fanno da contraltare l’ancora basso numero di laureati rispetto alla media europea (la creazione di lauree triennali di primo livello non sembra affatto aver prodotto gli incrementi sperati al momento della riforma del sistema universitario) e gli evidenti segnali di crescita del fenomeno dell’analfabetismo di ritorno, facilitato dallo storico ritardo italiano, rispetto ad altri paesi europei, nella diffusione della lettura di libri e giornali (De Mauro 2012). Anche all’interno della scuola, vari rapporti nazionali e internazionali hanno evidenziato lacune e difficoltà degli studenti italiani tanto nella produzione quanto nella comprensione della lingua scritta (né, del resto, la situazione risulta migliore nelle conoscenze scientifiche). Va inoltre rilevata la perdurante assenza di una politica linguistica che vada oltre le riforme scolastiche (che si sono susseguite a ritmo incessante nell’ultimo decennio ma che hanno comunque mostrato scarso interesse per la lingua italiana e per il suo insegnamento: anzi, le ore settimanali di italiano sono state ridotte in molti indirizzi di studio) e la giusta tutela delle minoranze storiche, affidata, sulla base del dettato costituzionale, alla legge n. 482 del 15 dicembre 1999. Alcune iniziative relativamente recenti, come la proposta di costituire un Consiglio superiore della lingua italiana (2002) o quella di inserire nei programmi scolastici l’insegnamento dei dialetti (2009), hanno avuto premesse e motivazioni ideologiche talmente discutibili che il loro fallimento è stato salutato quasi unanimemente con sollievo.13 Da valutare positivamente, invece, i rapporti che negli ultimi anni le istituzioni hanno stabilito con l’Accademia della Crusca, che ha goduto di apposite sovvenzioni.
Tre sono i fenomeni, esterni al sistema della lingua ma con effetti rilevanti su di essa, che hanno segnato il volgere del millennio; si tratta di eventi che, ovviamente, non hanno riguardato soltanto l’Italia, ma che sembrano aver avuto un particolare impatto sull’italiano, in rapporto a certe caratteristiche della lingua (e della tradizione culturale del Paese):
la grande diffusione della comunicazione mediata dal computer (a cui si può assimilare, tanto più in seguito alle ultime innovazioni tecnologiche, quella che avviene attraverso la telefonia cellulare), che ha ampliato la categoria del trasmesso (individuata da Sabatini 1982 con riferimento a mezzi di comunicazione di massa che possiamo ormai definire «tradizionali», come radio, cinema, televisione, e ora applicata anche ai «nuovi media»), rilanciando la lingua scritta (o meglio, il codice grafico) in nuove tipologie testuali;14 alcune di queste hanno messo in crisi non solo e non tanto certe strutture grammaticali tipiche dell’italiano scritto (come la predilezione per l’ipotassi), quanto lo stesso concetto tradizionale di testo,15 anche per quanto riguarda la sua costruzione (si pensi al minor controllo della coesione testuale, causato anche dalla frequente assenza di rilettura);
l’espansione dell’inglese, che ha determinato una riduzione (ancora parziale, ma già significativa e probabilmente destinata a crescere) degli spazi dell’italiano (standard) nell’insegnamento scolastico (dalla secondaria superiore all’università), nella comunicazione scientifica all’interno del Paese, ecc. La questione non si limita alla diffusione, pur rilevante, di anglicismi non adattati nel campo della politica, dello spettacolo, perfino nel diritto, ma ha implicazioni più profonde;16
i massicci fenomeni immigratori di fine millennio, che non hanno prodotto soltanto la nascita di nuove minoranze alloglotte; risiede infatti ormai stabilmente nel Paese un numero consistente di immigrati di varia provenienza (e quindi di madrelingua assai diversa, più o meno lontana dall’italiano sul piano genetico e tipologico), i quali hanno acquisito l’italianocome L2 e l’hanno trasmesso ai loro figli, i cosiddetti «nuovi italiani»; questi ultimi costituiscono una realtà con cui ormai anche la scuola secondaria di secondo grado (e non solo le elementari e le medie) deve fare i conti.17
In questo quadro sociale e culturale, l’italiano contemporaneo non può che configurarsi come una lingua particolarmente «dinamica».18

2Litaliano «in movimento»

Risale almeno ai primi anni ottanta del secolo XX la percezione di un incipiente «movimento» dell’italiano,19 considerato tanto più notevole perché avvenuto in una lingua tra le cui caratteristiche veniva annoverata (e non infondatamente) la stabilità, cioè il mantenimento secolare delle proprie strutture.20 A quegli stessi anni si data la creazione di due fortunate etichette (entrambe poi più volte riprese),21 tra loro sostanzialmente alternative – l’«italiano dell’uso medio» (Sabatini 1985)22 e il «neo-standard» (Berruto 1987) –, create per designare una nuova varietà linguistica, di uso sia orale sia anche scritto (purché non troppo formale), caratterizzata da molti tratti, prevalentemente ma non esclusivamente morfosintattici, innovativi rispetto a quello che viene tuttora definito come italiano standard, cioè il modello tradizionale di italiano di base tosco-fiorentina.23 Non tutti i tratti allora segnalati, per la verità, costituivano delle effettive «novità»; alcuni, anzi, avevano un retroterra storico anche considerevole (D’Achille 1990), ma erano stati per secoli censurati (o comunque ignorati) dalla grammatica normativa e scolastica; la loro emersione (o riemersione) è stata così valutata in rapporto a uno spostamento della «norma», divenuta meno rigida (anche nell’insegnamento scolastico, più «permissivo») e più sensibile alleragioni dell’uso, soprattutto in conseguenza della diffusione sempre maggiore (e in certe realtà avviata addirittura a diventare generale) dell’italiano (e non dei dialetti) nella comunicazione parlata e, conseguentemente, dell’allargamento su base sociale della lingua e della pressione sullo scritto di strutture proprie dell’oralità.
Le ricerche successive hanno sostanzialmente accolto questa linea interpretativa, ma hanno segnalato con maggiore decisione anche fenomeni da considerare davvero innovativi,24 non tutti di matrice popolare, di carattere tanto endogeno quanto esogeno, i primi legati a ristrutturazioni interne al sistema e a processi di lessicalizzazione e di grammaticalizzazione, primaria e secondaria,25 i secondi dovuti ai modelli forniti da altre lingue (l’inglese anzitutto) ma talvolta anche all’influsso che i dialetti soggiacenti hanno esercitato prima sulle corrispondenti varietà regionali di italiano e poi, attraverso queste, al neostandard nazionale. Rispetto alla segnalazione delle «novità» in entrata, minore attenzione è stata dedicata agli elementi della lingua tradizionale che sono usciti, o che sembrano destinati a uscire non solo dall’uso attivo, ma anche dalla competenza passiva degli italiani delle ultime generazioni (e in particolare dei «nativi digitali»), che pure non vanno trascurati. Non c’è dubbio, infatti, che la crescente riduzione, nella pratica scolastica, del contatto con i testi del passato, che rendeva familiari già a partire dalla scuola primaria forme e costrutti assolutamente estranei all’uso reale degli alunni, ha allargato la forbice tra passato e presente e ha contribuito a minare, forse definitivamente, la «continuità» ritenuta propria dell’italiano (e probabilmente, anche in passato, un po’ troppo enfatizzata).26
D’altra parte, sul piano storico, un nuovo momento di «svolta» nella storia dell’italiano, dopo quello epocale dell’Unità d’Italia (De Mauro 1963; Sabatini 2011), è stato individuato ora nell’avvento della repubblica (De Mauro 2014), ora negli anni sessanta (Antonelli 2012), con la conseguente rivalutazione, almeno parziale, dell’intervento di Pier Paolo Pasolini, che nel 1964 segnalava la nascita di un nuovo italiano «tecnologico», legato allo sviluppo, lungo l’asse Milano-Torino, della grande industria.27 A quel momento storico, in effetti, si può far risalire l’inizio della progressiva perdita di centralità della letteratura (e più in generale della cultura umanistica) nelle dinamiche culturali italiane e, conseguentemente, il tramonto dell’italiano letterario come modello linguistico e come essenziale punto di riferimento dello standard, con effetti linguistici non immediati, ma che sono poi stati amplificati da altri fatti sociali, culturali e politici, e che sono diventati oggetto di analisi concreta un ventennio dopo. Il diverso quadro storico-politico, nazionale e internazionale, dell’inizio del nuovo millennio...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Titolo
  3. Diritto d'autore
  4. Manuali di linguistica romanza
  5. Indice
  6. 0 Introduzione
  7. L’italiano nella storia
  8. L’italiano contemporaneo: strutture e varietà
  9. I luoghi della codificazione / le questioni /gli sviluppi recenti della ricerca
  10. Indice analitico
  11. Le note