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Content is king
Idee e strumenti per content marketing e brand journalism
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- 225 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
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Content marketing, content curation, content strategy, content management... Al centro di ogni strategia di comunicazione digitale, per chi si occupa di informazione o marketing online, ci sono i contenuti: "i contenuti sono il re" scrisse Bill Gates nel lontano 1996.In questo libro l'autore, un ex giornalista informatico che da anni tiene corsi sulla comunicazione digitale, ha raccolto e raccontato decine di strumenti, perlopiù gratuiti, utili per creare e gestire ogni tipo di contenuto: dai testi (ottimizzati SEO) alle immagini, dai video alle infografiche, dai podcast ai grafici, dalle mappe mentali alle newsletter.
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Informazioni
Argomento
BusinessCategoria
Marketing digitaleContent is king: la genesi
Bill Gates è uno sfigato, mica come Steve Jobs. Se Bill Gates fosse “cool”, la gente girerebbe con la scritta “Content is king” sulle cover degli smartphone, o tatuata in fronte, al posto di “Stay hungry stay foolish” (frase che, tra l’altro, non è di Jobs1).
Partiamo dal principio. La frase “Content is king”, che dà il titolo a questo libro e che apre tutti i miei corsi sulla comunicazione digitale, apparve per la prima volta sul sito di Microsoft2 nel lontano 1996, proprio a firma di Bill. L’articolo da cui è tratta conteneva alcuni passaggi molto interessanti, come per esempio: “Il contenuto è dove mi aspetto che verranno fatti più soldi su Internet, proprio come accadeva nelle trasmissioni radiotelevisive. La rivoluzione televisiva, che ha avuto inizio mezzo secolo fa, ha generato un certo numero di settori, tra cui quello della produzione di televisori, ma a lungo termine sono stati premiati coloro che hanno utilizzato il mezzo per fornire informazione e intrattenimento”. Ripeto: era il 1996 e io non avevo nemmeno il collegamento a Internet!
Nessuno compra Word ed Excel per i software in sé, a meno che abbia qualche rotella fuori posto (personalmente rispetto qualsiasi minoranza, anche i feticisti dei software di produttività): tutti vogliono creare contenuti, quindi esprimere il proprio potenziale. Non a caso è proprio questa la mission di Microsoft (anche se pare più una vision, scusa la puntualizzazione): “Our mission is to empower every person and every organization on the planet to achieve more”3.
Tutto questo per dire che il libro che hai tra le mani – pensato per giornalisti 2.0, blogger, brand journalist e tutti quelli che si occupano di content marketing – parla di contenuti. Anzi, no: di strumenti per crearli. È frutto di anni di corsi, durante i quali ho consigliato decine, addirittura centinaia di strumenti online, per lo più gratis (o quasi) per la creazione di testi, immagini, video, infografiche e altro. Ho deciso di raccogliere i migliori in questo libro!
Partiamo dal principio. La frase “Content is king”, che dà il titolo a questo libro e che apre tutti i miei corsi sulla comunicazione digitale, apparve per la prima volta sul sito di Microsoft2 nel lontano 1996, proprio a firma di Bill. L’articolo da cui è tratta conteneva alcuni passaggi molto interessanti, come per esempio: “Il contenuto è dove mi aspetto che verranno fatti più soldi su Internet, proprio come accadeva nelle trasmissioni radiotelevisive. La rivoluzione televisiva, che ha avuto inizio mezzo secolo fa, ha generato un certo numero di settori, tra cui quello della produzione di televisori, ma a lungo termine sono stati premiati coloro che hanno utilizzato il mezzo per fornire informazione e intrattenimento”. Ripeto: era il 1996 e io non avevo nemmeno il collegamento a Internet!
Nessuno compra Word ed Excel per i software in sé, a meno che abbia qualche rotella fuori posto (personalmente rispetto qualsiasi minoranza, anche i feticisti dei software di produttività): tutti vogliono creare contenuti, quindi esprimere il proprio potenziale. Non a caso è proprio questa la mission di Microsoft (anche se pare più una vision, scusa la puntualizzazione): “Our mission is to empower every person and every organization on the planet to achieve more”3.
Tutto questo per dire che il libro che hai tra le mani – pensato per giornalisti 2.0, blogger, brand journalist e tutti quelli che si occupano di content marketing – parla di contenuti. Anzi, no: di strumenti per crearli. È frutto di anni di corsi, durante i quali ho consigliato decine, addirittura centinaia di strumenti online, per lo più gratis (o quasi) per la creazione di testi, immagini, video, infografiche e altro. Ho deciso di raccogliere i migliori in questo libro!
Quale futuro per i giornalisti
nell’era digitale?
Quali sono le sovrapposizioni e le influenze in atto tra il mondo del giornalismo, dal quale provengo, e quello della comunicazione d’impresa, al quale sono approdato quasi 10 anni fa? Il punto di partenza di ogni mio corso su brand journalism e content marketing è un dato: dieci anni fa c’erano in Italia 40.000 edicole, ora sono solamente 26.0001. Poi rincaro la dose. Leggi questo testo:
«Una spettacolare prova del centravanti Lorenzo Dalpià ha portato la Moglianese ad una rotonda vittoria per 3 a 0 sulla Santantonio, in una partita cruciale per la promozione. Dalpià ha segnato due gol, uno con un potente sinistro, l’altro di testa nel primo tempo, mettendo a segno anche un rigore nella ripresa. La difesa della Moglianese ha barcollato a lungo sotto gli attacchi della Santantonio, ma il portiere Renzoni, in almeno cinque occasioni, ha impedito agli avversari di andare a segno. Al resto ha pensato Dalpià, regalando alla Moglianese una vittoria che mancava da tre domeniche»
Questo articolo di cronaca calcistica – negli anni Novanta del ’900 scrivevo anche io roba del genere, dopo aver visto le partitelle di calcio sui campetti di periferia della Brianza – non è stata scritta da un umano, ma da un algoritmo2. Ricapitolando: si erode il mercato, crolla la domanda, e i competitor dei giornalisti (il cui compenso è spesso ridicolo: 20,80 euro al pezzo!) non costano nulla e non si ammalano, non chiedono ferie né reddito di cittadinanza. Quale futuro, quindi, per i giornalisti? Le risposte sono, a mio parere, sostanzialmente due: il personal branding e il brand journalism. Nel primo caso – personal branding – il giornalista diventa un punto di riferimento del proprio settore (non fatemi scrivere la parolaccia “influencer”): una voce autorevole e riconoscibile che si crea un seguito di persone, anche disposte a sostenerlo economicamente (magari tramite nuovi strumenti di mecenatismo digitale quali Patreon3).
Nel secondo caso - brand journalism - il giornalista fa il “salto” e, come un tempo scriveva i publiredazionali, va a lavorare direttamente in azienda: “Il brand journalism è la cronaca degli eventi che accadono nel mondo di un brand», così lo definiva Larry Light, ex capo del marketing McDonald’s.
In realtà ti devo svelare un’amara verità: le aziende non amano i giornalisti; più che un brand journalism, quindi, bramano un responsabile dei contenuti tout court. Tant’è che si sta diffondendo, anche in Italia, la figura del CCO: “chief content officer”4.
Nel secondo caso - brand journalism - il giornalista fa il “salto” e, come un tempo scriveva i publiredazionali, va a lavorare direttamente in azienda: “Il brand journalism è la cronaca degli eventi che accadono nel mondo di un brand», così lo definiva Larry Light, ex capo del marketing McDonald’s.
In realtà ti devo svelare un’amara verità: le aziende non amano i giornalisti; più che un brand journalism, quindi, bramano un responsabile dei contenuti tout court. Tant’è che si sta diffondendo, anche in Italia, la figura del CCO: “chief content officer”4.
1 Fonte Sindacato Autonomo Giornalai: www.lospaziobianco.it/lonework/wp-content/uploads/sites/19/2017/04/Circ_264-Resoconto_incontro_al_Dipartimento_Editoria_del_19_12_18-2.pdf
2 Fonte La Repubblica: https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/05/23/la-civilta-delle-macchine-robot-la.html
3 www.patreon.com
4 Puoi approfondire il tema sul mio sito: www.gianluigibonanomi.com/chief-content-officer
La strategia editoriale
“Una delle cose interessanti di Internet è che chiunque, con un PC e un modem, può pubblicare qualunque tipo di contenuto”. In quell’articolo del ’96 Bill aveva previsto il boom del cosiddetto “user generated content” che sta alla base della rivoluzione del Web 2.0. Non serve essere dei Webmaster per creare e gestire un sito Web, grazie a piattaforme CMS come WordPress. Come vedrai in questo libro, non serve nemmeno essere un grafico per creare immagini (quasi) professionali, né un videomaker per fare filmati che spaccano e così via. Chiunque, con un computer e la Rete, può farlo. Quindi la differenza non la fanno i contenuti in sé, che potremmo considerare una commodity, ma il motivo per il quali l...
Indice dei contenuti
- Cover
- Content is king
- Colophon
- Indice
- Content is king: la genesi
- Google Trends
- Ubersuggest
- Yoast SEO
- SEO SiteCheckup
- Website Grader
- SimilarWeb
- SERProbot
- Answer The Public
- DuckDuckGo
- oSkope
- Wikimedia Commons
- Internet Archive
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- Jeffrey's Image Metadata Viewer
- TinEye
- Resizer
- Unsplash
- who.is
- HowJSay
- RiteTag
- Display Purposes
- Hastagify
- Instant Logo Search
- Reverso Context
- Evernote
- Yay Text
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- stori.social
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- Instapaper
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- SlideShare
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- Canva
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- Laazy
- Scribd
- Swite
- Embed Social
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- Ruota dei colori di Adobe Color
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- GIFMaker.me
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