La nostalgia del futuro
eBook - ePub

La nostalgia del futuro

Scritti e colloqui scelti 1948-1989

  1. 640 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

La nostalgia del futuro

Scritti e colloqui scelti 1948-1989

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

«Qual è il tratto principale del Suo carattere?» «La nostalgia del futuro.» Una battuta, detta con la rapidità di un lampo, che descrive alla perfezione il temperamento di Luigi Nono, forse il compositore che più ha vissuto il suo tempo e che del suo tempo è stato guida.L'arco creativo di Nono abbraccia la quasi totalità del secondo Novecento, dall'esordio del 1950 alle soglie degli anni novanta. A circa tre decenni dalla sua morte, nuovi strumenti e conoscenze permettono di comprendere meglio le sfumature del pensiero compositivo multiforme e irrequieto sotteso a questo itinerario artistico. Un cammino che va dall'apprendistato assieme a Bruno Maderna a Il canto sospeso, modulato su frammenti di lettere di condannati a morte della Resistenza europea; da Intolleranza 1960, esordio di un nuovo teatro musicale in cui impegno politico e denuncia sociale si fondono con la musica, a Prometeo, che si muove verso un orizzonte in cui la visione lascia gradualmente il campo al puro ascolto. Fino ad arrivare alla ricerca di realtà sonore inaudite e al «suono mobile» che sono alla base della sua ultima produzione, caratterizzata dalla consapevolezza della caducità insita in una ricerca (artistica e umana) sempre proiettata verso un infinito «oltre».La nostalgia del futuro, ora presentato in una nuova edizione aggiornata e ampliata, è lo specchio di tutti i frammenti della personalità di Nono; una raccolta degli scritti e delle maggiori interviste che hanno accompagnato la sua produzione musicale, che con essa hanno interagito e «collaborato». Sono testi che invadono ogni spazio di un'esistenza in musica – analisi di teoria della composizione, discussioni sul ruolo sociale del compositore, interventi polemici o direttamente politici – e che negli ultimi anni si aprono a riflessioni di carattere intimistico e utopistico. In ogni parola vibra l'intensità dei pensieri di Nono, in ogni riga risuona la sua voce, restituitaci da due tra i massimi esperti della sua musica, intensa quanto i segni rossi chetracciava come fulmini sulle sue partiture.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a La nostalgia del futuro di Luigi Nono, Angela Ida De Benedictis, Veniero Rizzardi in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Médias et arts de la scène e Musique. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788865767597

Ritratto in retrospettiva

Un’autobiografia dell’autore raccontata da Enzo Restagno

Vorrei iniziare la nostra conversazione, dalla quale dovrebbe scaturire un’autobiografia, proprio dalla musica. Quando e in quali circostanze la tua vita comincia a essere segnata dalla musica?
L’incontro con Bruno Maderna, avvenuto nel ’46, è stato per me un fatto indubbiamente determinante, fondamentale.
In quel momento, però, avevi già ventidue anni.
Sì, ne avevo ventidue, ma già da qualche anno seguivo Malipiero, al quale mi legano ricordi molto grati. Perfino negli anni della guerra Malipiero riusciva a mantenere un’apertura di informazione indirizzata soprattutto al Cinquecento e al Seicento; non solo Monteverdi, ma anche i teorici. Mi ricordo ancora quando mostrava i trattati di composizione di Zarlino, del Vicentino, di Gaffurio, di Doni. Negli ultimi anni della guerra Venezia era uno strano ambiente culturale, una specie di rifugio che accoglieva persone come Massimo Bontempelli e Arturo Martini, lo scultore. Martini mi diede una volta un particolare tipo di creta che serviva alla fabbricazione di timbri, uguali a quelli tedeschi coi quali si potevano falsificare molto bene i documenti. Ricordo anche il professor Arcangelo Vespignani, socialista, professore di radiologia e grande uomo di cultura e di pensiero. Nel 1946 dissi a Malipiero che avrei voluto studiare la Unterweisung im Tonsatz di Hindemith e lui mi fece sapere che era appena arrivato a Venezia un giovane musicista che possedeva questo trattato.1 Era Bruno Maderna, del quale vorrei subito ricordare la grande generosità ma anche – e per me fu veramente fondamentale – il modo assolutamente diverso che aveva di vivere la musica. Non insegnava ricette, non distribuiva cataloghi di metodi, evitava soprattutto di insegnare se stesso o di insegnare un’estetica; la sua preoccupazione fondamentale era insegnare a pensare la musica e a pensarla con tempi diversi, combinatori, come per esempio i canoni enigmatici dei fiamminghi. Seguendo questa procedura, scrivendo il primo suono si doveva già sapere quale sarebbe stato l’ultimo, oppure si sapeva che leggendo lo stesso suono con prolazioni differenti avrebbe avuto durate differenti, e quindi rapporti armonici e melodici differenti. Non era la mentalità del Gradus ad Parnassum per cui procedendo nota contro nota, due note contro una nota, tre note contro una nota, ci si ritrova dentro un meccanismo di tipo storico, indubbiamente importante, ma molto accademizzato.
Ricordi in quale circostanza lo hai incontrato la prima volta?
Seguendo l’indicazione di Malipiero andai a cercarlo e ricordo che l’incontro avvenne nei corridoi della Fenice, durante il Festival di Musica Contemporanea, dove c’era stato il primo concerto di quella che si chiamava allora “la giovane musica italiana”, con composizioni di Bucchi, Vlad, Zafred, Turchi e Maderna.2 Così cominciai a frequentare la sua casa e ricordo che non se la passava bene. Era appena arrivato da Roma, dove aveva studiato in modo molto serio con Bustini.
Lo stesso maestro di Petrassi.
Sì, e ricordo ancora che sul pianoforte di Bruno c’era un Requiem che poi è sparito, un Requiem dove c’erano doppie fughe, fughe a specchio, fughe e contro-fughe.3 Lui diceva che quel Requiem doveva essere come una corona di fiori che scorreva sul fiume e l’idea gli era venuta leggendo l’Amleto di Shakespeare nel punto in cui Ofelia sparisce lentamente nel fiume. Pensare alla musica per Bruno voleva dire studiare insieme alla Biblioteca Marciana; studiare la raccolta del Coussemaker, studiare i vari teorici partendo da Hucbald di Saint-Amand per arrivare fino ai Veneziani fino a Zarlino, facendo continui confronti fra la teoria e la pratica.
E tutto questo avveniva nelle sale della Marciana sotto la guida di Bruno?
Alla Marciana abbiamo passato interi mesi lavorando insieme, e ripensando a quell’atmosfera mi sembra che sia la stessa delle grandi botteghe della pittura del Cinquecento veneziano.
Ma che tipo di indicazioni ti dava Bruno, come si svolgeva concretamente il vostro lavoro?
Bruno leggeva un teorico, io ne leggevo un altro. Poi ci scambiavamo le informazioni acquisite e le riflessioni. Si prendevano poi i testi, per esempio l’Odhecaton di Ottaviano Petrucci nel quale sono raccolte le canzoni a due, tre voci dei grandi maestri fiamminghi, che noi traducevamo confrontando la pratica della composizione con la discussione teorica contenuta nei vari trattati. Per dare però un’idea più completa del nostro lavoro vorrei ricordarti che al tempo stesso studiavamo il Dialogo dei massimi sistemi di Galileo Galilei, nel quale compaiono i tre personaggi fondamentali di Salviati, il copernicano, Sagredo, che poneva i problemi e le questioni, e Simplicio, il conservatore, quindi il tolemaico. Altra lettura per noi abituale era quella delle Istitutioni harmoniche e delle Dimostrationi harmoniche di Zarlino, nelle quali vengono riportate le discussioni che si svolgevano nella penombra della chiesa di San Marco tra Zarlino, Francesco dalla Viola, che era un compositore di Ferrara, Claudio Merulo e Adrian Willaert. Queste discussioni proseguivano poi nella piazza.
Un percorso dialettico dunque che si sviluppava passando dalla penombra alla luce.
Sì, ma non si trattava di dialettica; quello che si sviluppava in quei dialoghi era piuttosto un percorso che mirava a fornire informazioni che venivano messe a disposizione del lettore, il quale vi si rapportava secondo la propria cultura, la propria necessità, il proprio istinto, i propri sentimenti, cercando di ricavarne una linea. I testi non dettavano legge e non decretavano nulla.
Qualcosa quindi come una serenità da dialogo platonico nel proporre l’informazione e farla crescere e ramificare. Ora però, vorrei chiederti una precisazione di tipo ambientale. Attraverso l’insegnamento di Bruno che hai descritto, hai scoperto in maniera diversa una realtà che era quella della tua città; una realtà della quale avevi un’idea alquanto vaga. Qualche cosa di simile, mi hai detto, te l’aveva già indicata Malipiero, però si trattava di prendere possesso di una realtà nella quale eri nato ma che in fondo non conoscevi. Vorrei chiederti ora di ricostruire un poco questo paesaggio, quello della Venezia nella quale sei nato, come realtà fisica e culturale, perché in quella realtà tu vivevi più o meno inconsapevole, finché gli studi con Bruno non sono venuti a destare in te un’attenzione diversa. Da allora hanno cominciato a sollevarsi tutti i veli invisibili della storia mettendo ogni volta a nudo realtà diverse e insospettate. Com’è avvenuto questo disvelamento della realtà veneziana? Com’era la Venezia nella quale sei nato nel 1924?
Innanzitutto devo dirti che questo disvelamento continua tutt’oggi, direi addirittura che mi sembra di svelare, di conoscere, di ascoltare, di vedere, di sentire Venezia soprattutto negli ultimi anni. Soprattutto attraverso l’esperienza che da sette anni sto svolgendo presso lo Studio Sperimentale di Friburgo, un’esperienza che, rivelandomi altri spettri acustici, mi ha dato altre capacità di vedere e di ascoltare. Sulla Venezia del ’24 posso invece dirti molto poco. La casa nella quale sono nato si trova alle Zattere e mio nonno, che si chiamava Luigi come me, era un pittore. Apparteneva a quella scuola veneziana della fine dell’Ottocento della quale facevano parte Favretto, Ciardi, Selvatico. Era il mondo che ha inventato la Biennale.
E tuo padre che mestiere faceva?
Era ingegnere, viveva tutto proiettato nel mondo di suo padre, un mondo che lui ha cercato di conservare in ogni modo, perché lo venerava e lo considerava unico.
Fino a questo punto sono venuti fuori interessi per le arti figurative, ma la musica in casa tua e nella tua famiglia che cittadinanza aveva?
Tanti anni dopo ho trovato, con mia grande sorpresa, in qualche cassa, il libro degli Italienische Lieder di Hugo Wolf in una delle prime edizioni.
Chi leggeva e suonava questa musica?
Mia nonna. Attraverso mio padre e mia madre sono venuto a sapere che mia nonna leggeva e cantava la musica contemporanea dell’epoca. Pensare che allora a Venezia si cantasse Hugo Wolf è abbastanza singolare, ma pensa che con lo spartito di Wolf ho anche trovato un’edizione settecentesca molto bella del Montezuma di Sacchini. Mia nonna veniva dalla famiglia Priuli Bon, una vecchia famiglia veneziana. Ma alla musica si dedicavano anche mia madre e mio padre. Mi ricordo – i miei ricordi cominciano da quando avevo sette o otto anni – di mio padre e mia madre al pianoforte che suonavano e cantavano il Boris Godunov di Musorgskij.
Chi suonava il pianoforte?
Mia madre, ma anche mio padre.
Nella nebbia di questi ricordi riesci a intravedere qualcuna delle immagini che allora suscitava in te quella musica?
Certo: ho cominciato a sentire il nome di Musorgskij, ho cominciato a sentire una musica che non sapevo cosa fosse e che poi, a distanza di dieci anni, ho ascoltato per la prima volta alla Fenice.
Quindi quelle sono probabilmente le prime musiche che hai ascoltato.
Musorgskij, sì, ma poi c’erano anche i dischi che mio padre raccoglieva in gran quantità; c’erano le sinfonie di Beethoven dirette da Toscanini con l’orchestra della nbc e molti dischi di Wagner. Una cosa stranissima che mi aveva fatto allora – avevo dodici o tredici anni – un’impressione proprio di cosa sconosciuta, che non riuscivo a localizzare, era l’Adagietto della Quinta di Mahler diretto da Mengelberg. Allora, però, avevo letto un consiglio di Schumann che diceva: «Se senti un organo che suona in una chiesa, entra e ascoltalo».4 Decisi di metterlo in pratica e così mi ritrovai spesso nella chiesa di San Marco ad ascoltare l’organo. Restavo spesso deluso perché quelle che mi capitava di ascoltare erano musiche di nessun interesse; però il Proto di San Marco (il Proto è l’architetto responsabile della Basilica, una vecchia carica della Repubblica Veneziana) era l’architetto Luigi Marangoni, che aveva sposato in seconde nozze mia nonna rimasta vedova. Mi rivolsi a lui per sapere se in San Marco c’era un archivio e così entrai in contatto col maestro del coro,5 un monsignore che era un mediocre musicista sotto la cui guida il coro della cappella eseguiva tante messe della fine dell’Ottocento. Fu per questa via che mi capitò in mano la prima partitura e ricordo che era la Missa Papae Marcelli di Palestrina stampata nel Settecento. Intanto avevo preso l’abitudine di frequentare la chiesa di San Marco, soprattutto la domenica, non tanto attratto dall’ascolto dei cori quanto dalla particolare acustica della chiesa.
E questo avveniva quando tu avevi quale età?
Quattordici o quindici anni.
Quindi a quell’epoca andavi a scuola e frequentavi il ginnasio a Venezia?
Sì, a Venezia.
E in quale scuola?
Il «Marco Polo», che era una scuola molto solida sul piano professionale e sul piano umanistico. Nello stesso tempo ci sono stati vari tentativi di cominciare a studiare il pianoforte, ma smettevo subito perché gli esercizi mi davano un fastidio incredibile, una noia assolutamente insopportabile.
Che cosa studiavi più volentieri al liceo?
La fisica era la cosa che mi appassiona...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Prefazione
  3. Introduzione
  4. Sigle e abbreviazioni
  5. Prae-ludium
  6. Excursus I
  7. PARTE PRIMA
  8. Excursus II
  9. PARTE SECONDA
  10. Excursus III
  11. PARTE TERZA
  12. Excursus IV
  13. PARTE QUARTA
  14. Excursus v
  15. PARTE QUINTA
  16. Excursus VI
  17. PARTE SESTA
  18. Post-ludium
  19. Ritratto in retrospettiva
  20. Note bibliografiche e commento ai testi
  21. Cronologia delle opere di Luigi Nono