La malinconia del mammut
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La malinconia del mammut

Specie estinte e come riportarle in vita

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La malinconia del mammut

Specie estinte e come riportarle in vita

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Draghi, ciclopi, giganti, unicorni, fenici. Quando gli antichi si imbattevano in resti di animali sconosciuti, subito li attribuivano a creature fantastiche. Poi gli scienziati hanno dimostrato che si trattava solo di fantasie ancestrali: i mostri non esistono, oggi lo sappiamo tutti; eppure la spiegazione che gli studiosi hanno dato di quei reperti è stata addirittura più terrificante: prima di noi, una miriade di altri viventi abitava il nostro pianeta, ma ora non ci sono più. Sulla Terra, infatti, nulla è per sempre.Nella Malinconia del mammut Massimo Sandal racconta la grande storia delle estinzioni, da quella del Permiano fino alla «sesta», che ci coinvolgerà, ciò che significa per noi e per il nostro rapporto con la natura, e i modi in cui stiamo provando a riportare in vita specie scomparse da anni o addirittura secoli. Racconta di terre scomparse, oceani di fuoco e meteoriti precipitati dal cosmo, ere abitate da microscopici organismi, piante spaventose e animali straordinari come il dodo, il tilacino, la tigre dai denti a sciabola, i dinosauri. Come in un gigantesco museo di scienze naturali in cui tutto d'improvviso torna in vita, assistiamo alla resurrezione di uno stambecco dei Pirenei scomparso cento anni fa attraverso campioni di cellule conservate in azoto liquido, alla «costruzione» di un antico uro per mezzo di incroci tra specie simili a quella estinta, all'inaugurazione di un vero e proprio Jurassic Park in Russia e ai tentativi ambiziosi, talvolta folli, di riportare in vita il nostro animale preistorico preferito: il mammut, fonte di ispirazione per scrittori e artisti, idolo dei bambini e oggetto dei desideri degli scienziati.Nell'ultima sala di questo bizzarro museo ci siamo noi, la specie dominante e invincibile; oppure soltanto la prossima a scomparire.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788865767665
Categoria
Biology

Note

parte prima Non è per sempre
1. La scoperta del giorno prima
1 Rasoio con cui si radevano già Aristotele, Tolomeo, Maimonide, Duns Scoto e altri; ma questa è un’altra storia.
2 Il termine fossile in origine indicava semplicemente «oggetto ritrovato nella roccia», a prescindere dalla sua origine.
3 In effetti tale spiegazione era comune per i fossili di creature marine, ma altri tipi di fossili, come il legno pietrificato, erano ritenuti quasi unanimemente di origine biologica – nel loro caso non si poneva il problema di come fossero arrivati in un luogo inesplicabile. Uno dei primi ad arrivare vicino alla verità fu Leonardo da Vinci, che ritenne – correttamente – che le conchiglie fossili dimostrassero come quella che ora è montagna fosse, un tempo, il mare.
4 Non sapremo mai cosa fossero in realtà, perché delle ossa non è rimasto nulla – il tempio era già in rovina quando Pausania scriveva, nel secondo secolo dopo Cristo, e non c’era già più traccia del reperto. Vedi, anche per gli aneddoti successivi sullo stesso tema, Adrienne Mayor, The First Fossil Hunters: Dinosaurs, Mammoths, and Myth in Greek and Roman Times, Princeton University Press, Princeton 2011.
5 Johann Jakob Scheuchzer, Lithographia Helvetica, 1726. Lo scheletro della salamandra venne chiamato Homo Diluvii Testis, «uomo testimone del diluvio», e poco importava che non assomigliasse affatto a uno scheletro umano.
6 Nautili e ammoniti sono entrambi cefalopodi (molluschi come i polpi, le seppie, i totani, i calamari). Entrambi hanno conchiglie a forma di spirale, ma per il resto non sono parenti particolarmente stretti.
7 Robert Hooke, Discourse of Earthquakes, citato da Ellen Tan Drake, «Hooke’s Idea of the Terraqueous Globe and a Theory of Evolution», in Michael Hunter (ed.), Robert Hooke: Tercentennial Studies, Routledge, London 2017.
8 Capita, sia pure di rado. Vari animali e piante sono stati conosciuti e descritti in principio solo come resti fossili, per poi sbucare fuori vivi e vegeti in qualche remota località. L’esempio più famoso è il celacanto, un genere di pesce che si riteneva estinto da almeno sessanta milioni di anni prima di essere ritrovato al largo della costa orientale del Sud Africa; ma ce ne sono altri. Visto che parliamo di molluschi, c’è una intera classe di molluschi primitivi, i Monoplacofori, piccoli animaletti simili a patelle, che era stata descritta a partire dai fossili e considerata estinta da 380 milioni di anni. Finché non ne furono ritrovati esemplari vivi nei fondali oceanici, nel 1952. Tuttora le profondità degli oceani sono poco esplorate – conosciamo i nostri oceani meno della superficie della Luna o di Marte. Io non ci scommetterei: ma, se volete sognare, sappiate che non è del tutto impossibile che, nascosti in qualche abisso, vi siano ancora trilobiti vivi.
9 Gottfried W. Leibniz, Protogaea, a cura di Jean-Marie Barrande, Presses universitaires du Mirail, Toulouse 1993, sezione 25 (traduzione mia).
10 Citato da Rhoda Rappaport, When Geologists Were Historians, 1665-1750, Cornell University Press, Ithaca 1997.
11 Georges Cuvier, «Mémoires sur les espèces d’éléphants vivants et fossiles», in Mémoires de l’Institut national des Sciences et Arts: Sciences mathématiques et physiques, 1799, n. 2, pp. 1-32.
12 G. Cuvier, «Notice sur le squelette d’une très-grande espèce de quadrupède inconnue jusqu’à présent trouvé au Paraguay, et déposé au Cabinet d’Histoire Naturelle de Madrid», in Magasin Encyclopédique, 1796, 2ème année, n. 1, pp. 303-310.
13 José M. López Piñero, «Juan Bautista Bru (1740-1799) and the Description of the Genus Megatherium», in Journal of the History of Biology, 1988, vol. 21, n. 1, pp. 147-163.
14 Juan Bautista Bru, «Descripción del esqueleto en particular, según las observaciones hechas al tiempo de armarle y colocarle en este Real Gabinete», in José Garriga, Descripción del esqueleto de un quadrupedo muy corpulento y raro, que se conserva en el Real Gabinete de Historia Natural de Madrid, Viuda de Ibarra, 1796.
15 Honoré de Balzac, La pelle di zigrino, Garzanti, Milano 2006.
16 Senofane di Colofone, morto nel 475 a.C., notò anch’egli che luoghi diversi recavano fossili diversi; ipotizzò, vedendo conchiglie fossili sulla terraferma, che la Terra sprofondò nelle acque e, secondo Diogene Laerzio, che vi furono infiniti mondi prima di questo, successivi nel tempo.
17 In realtà Cuvier usò il termine «rivoluzioni» per indicare gli sconvolgimenti che avrebbero separato uno strato dal successivo. Agli storici della scienza piace rimarcare come l’equilibrato Cuvier usasse un lessico pacato, nonostante la nomea di catastrofista, parola che fu invece coniata da William Whewell. Sospetto però che il termine «rivoluzione» dovesse suonare abbastanza cruento, a chi conobbe la paura nella Francia di Robespierre.
18 Cuvier non fu certo il primo a immaginare qualcosa del genere. Senza scomodare varie mitologie, l’idea di una sequenza di catastrofi e palingenesi venne teorizzata per esempio già dal naturalista e filosofo francese Charles Bonnet nella Palingenesi filosofica tra 1779 e 1783. Circa negli stessi anni di Cuvier, Johann Friedrich Blumenbach arrivò a un modello molto simile. Cuvier comunque non riteneva si trattasse di catastrofi soprannaturali, a differenza ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Sommario
  3. Premessa
  4. PARTE PRIMA
  5. PARTE SECONDA
  6. PARTE TERZA
  7. PARTE QUARTA
  8. Ringraziamenti
  9. Note