1. La proposta di una “svolta ermeneutica” in economia
INTRODUZIONE
Lo scopo peculiare dell’economia, come disciplina interpretativa, è quello di esplicitare i modelli significativi di azione che sono essi stessi costitutivi di quell’ordine di attività umana qualificabile come “economico”.
G.B. MADISON
È al 1971, con la pubblicazione di The Legacy of Max Weber da parte di Ludwig Lachmann, che può essere simbolicamente fatta risalire la nascita di una interpretative economics, che guarda all’ermeneutica come orizzonte metodologico irrinunciabile per la spiegazione dei fatti economici. Certo, Lachmann aveva alle spalle le riflessioni del suo maestro F. von Hayek sull’indeterminismo dell’azione, sulla natura interpretativa della mente umana, nonché sulla dispersione della conoscenza, come pure poteva contare sull’idea di kaleidic society avanzata da G.L.S. Shackle, oltre che sulle prospettive epistemologiche estremamente sensibili alla dimensione interpretativa della spiegazione economica di altri austromarginalisti, come F. Machlup e F. Knight. E tuttavia, solo con Lachmann si arriva a presentare con chiarezza la tesi secondo la quale la naturale evoluzione del “soggettivismo” (soprattutto hayekiano) porta la scienza economica a incontrarsi con l’ermeneutica e a mutuare da questa tradizione di pensiero strumenti metodologici indispensabili per dare conto della natura intrinsecamente interpretativa di ogni azione umana, e quindi anche dell’azione economica.
Queste tesi lachmaniane saranno poi discusse e sviluppate in differenti direzioni da una nuova leva di economisti neo-austriaci (D. Lavoie, D.L. Prychitko, R. Ebeling, R. Langlois, S. Horwitz, R. Rector, P. Boettke), molti dei quali, a partire dai primi anni Ottanta, si riuniranno, sotto gli auspici di J. Buchanan e G. Tullock, intorno al Center for the Study of Market Process alla George Mason University di Washington e alla Society for Interpretative Economics. Due istituzioni molto attive fino agli anni Novanta, delle quali Don Lavoie è stato il principale ispiratore e animatore1.
Se Lachmann aveva assunto come punto di riferimento l’ermeneutica di Dilthey (cui aveva impropriamente associato il metodo comprendente di M. Weber), i suoi seguaci vedranno soprattutto nella teoria dell’interpretazione di H.-G. Gadamer e P. Ricoeur l’orizzonte teorico più efficace per la comprensione dell’azione economica e delle sue conseguenze2.
I sostenitori della “svolta ermeneutica” in economia intendono proporre un paradigma metodologico alternativo a quello dell’economia neoclassica, la quale, per aver voluto imitare il metodo nomologico delle scienze naturali, ha ridotto, a loro avviso, i singoli ad anonimi e intercambiabili massimizzatori di utilità, staccati dal lifeworld e dalla sua storia, di cui pretendono di dare conto attraverso teorie altamente astratte e formalizzate, che riducono le azioni a dati puramente quantitativi. Occorre dunque abbandonare lo “scientismo” e l’“oggettivismo” dei neoclassici e rendersi conto che le caratteristiche dell’attore sociale (“ignoranza”, fallibilità, legame con una tradizione) e delle sue azioni (per natura incerte, soggette al possibile fallimento, necessariamente legate a una interpretazione soggettiva della situazione) sono incompatibili con la nozione di equilibrio e con la spiegazione causale.
«Lo scopo peculiare dell’economia, come disciplina interpretativa – scrive G.B. Madison – è quello di esplicitare i modelli significativi di azione che sono essi stessi costitutivi di quell’ordine di attività umana qualificabile come “economico”»3. Mediante tali modelli si deve ricostruire ermeneuticamente il significato dell’azione umana, concependola come un tentativo creativo – e non meramente adattivo – di risolvere problemi, posto in essere da individui, i quali, sulla base della propria interpretazione della situazione, scelgono quella che essi ritengono la migliore soluzione. «La realtà umana è essenzialmente dotata di significato, e il significato – spiega Madison – non può mai essere afferrato dalla spiegazione causa-effetto», perché, a differenza degli oggetti naturali, «esso non esiste “in se stesso”», «ma solo in relazione a soggetti umani»4. Prendendo le distanze sia dalla prospettiva nomologica teorizzata dallo stesso C. Menger, sia dall’apriorismo di L. von Mises, ritenuto troppo astratto e universale, Lachmann e i suoi seguaci vedono nel “metodo ermeneutico” una radicale alternativa alla spiegazione nomologico-deduttiva; una alternativa che si configura, innanzitutto, come una svolta epistemologica necessaria per riportare la teoria economica nella “storia reale” della società.
1. L. LACHMANN: DAL SOGGETTIVISMO ALL’ERMENEUTICA
È stato L. von Hayek a osservare che «tutti i più importanti progressi di teoria economica compiuti nell’ultimo secolo sono rappresentati da ulteriori passi avanti nella coerente applicazione del soggettivismo»5, il quale ha posto il singolo, con la sua intenzionalità e razionalità limitata, con le sue conoscenze fallibili e la sua “ignoranza”, come protagonista dei fenomeni economici, assegnando all’economia lo studio dell’azione umana, dei suoi presupposti e delle sue conseguenze. Di questa svolta soggettivista Ludwig Lachmann è certamente l’interprete più radicale, tanto da prendere le distanze dallo stesso Mises, il quale, a suo avviso, non ha colto l’opportunità di «allargare il soggettivismo dalle preferenze alle aspettative, nonché di ampliare l’ambito dei fenomeni che il soggettivismo potrebbe spiegare dimostrando che quello che i singoli fanno in un certo tempo dipende da quello che essi prevedono accadrà in un futuro, più o meno lontano»6.
L’adozione della prospettiva ermeneutica in economia deve essere per Lachmann il logico compimento della piena accettazione del soggettivismo. A differenza dei fatti naturali, gli esseri umani hanno intenzioni ed elaborano progetti, ponendo in essere azioni che presentano un «significato», un «ordine interno», che può essere compreso solo ricostruendo il «piano» da cui esse sono orientate7. «Piano» che ogni attore elabora sulla base della propria esperienza e necessariamente collocato in una «dimensione di intersoggettività» legata a un determinato framework culturale8. L’elaborazione e la revisione dei «piani» – nozione che non trova corrispondenza nella spiegazione dei fenomeni naturali e che rappresentata il tentativo di proiettare le conoscenze passate sul futuro, al fine di orientare l’azione9 – «ha luogo mano a mano che si fanno esperienze nel corso del tempo, ma tutte le esperienze devono essere interpretate, e uomini diversi interpretano le esperienze in modo diverso»10. Dalla soggettività delle interpretazioni delle esperienze passate segue la soggettività e l’indeterminatezza delle aspettative sul futuro, necessariamente legate alle storie soggettive dei singoli. Ciò spiega perché, pur in presenza degli stessi problemi, gli individui hanno differenti aspettative e, quindi, propongono azioni diverse11. Al pari delle teorie scientifiche, le aspettative sono tentativi di esplorazione e di orientamento in un mondo conosciuto in modo imperfetto, che saranno poi messi alla prova della futura esperienza. Si tratta dunque di processi conoscitivi (senza fine) di interpretazione delle esperienze compiute e del mondo più in generale, legati alle mutevoli conoscenze “disperse”, “personali” e “tacite” di ogni singolo individuo12.
Date queste premesse, risulta evidente che l’ermeneutica, più che fornire un utile ausilio, rappresenta la via maestra per comprendere l’azione umana, poiché, ricostruendo i processi interpretativi a essa legati, consente di comprendere «il significato assegnato ad essa in determinate situazioni dai vari attori all’interno di un contesto di significati intersoggettivi»13. L’azione, infatti, implica un «piano», il quale presuppone aspettative, che, a loro volta, sono legate a soggettivi processi di interpretazione delle esperienze passate e delle circostanze problematiche di cui l’azione stessa vuole essere la soluzione; processi sempre orientati dalla precomprensione dell’interprete14. Lachmann si riferisce essenzialmente all’ermeneutica di Dilthey cui, in the The Legacy of Weber, riconduce in modo discutibilissimo lo stesso metodo weberiano.
L’ermeneutica, che Lachmann identifica sostanzialmente con il procedimento comprendente, «è il metodo dell’interpretazione applicato all’azione invece che ai testi, un metodo che mira a identificare i progetti umani, il significato che si cela dietro eventi osservabili» e viene sostanzialmente a coincidere con il verstehen15. Comprendere un qualsiasi testo, a cominciare dall’azione umana, significa scoprire «in primo luogo quello che ...