Hayek e il problema della conoscenza* di Lorenzo Infantino
Nell’opera di Friedrich A. von Hayek, il problema della conoscenza in ambito economico si trova inizialmente sollevato nella critica rivolta all’economia pianificata. L’economista austriaco ha posto in luce l’incapacità del piano economico centralisticamente definito di fare i conti con la questione della conoscenza; e ha anche messo in evidenza l’impossibilità di dare risposta al problema tramite la teoria dell’equilibrio economico generale1. È così che la conoscenza è per lui divenuta la questione centrale della teoria economica. Ne è testimonianza Economics and Knowledge, un saggio apparso nel 1937, letto qualche mese prima al London Economic Club. Hayek ha qui cominciato a occuparsi degli aspetti metodologici della teoria economica. E il saggio costituisce, come lo stesso autore ha successivamente dichiarato, l’«evento decisivo» della sua «biografia intellettuale»2.
L’ingresso di Hayek nel territorio della metodologia segna anche il punto in cui, all’interno dell’economia neoclassica, divengono palesi le caratteristiche distintive delle tre famiglie che hanno dato vita a quell’indirizzo teorico. Come ha sottolineato Israel M. Kirzner, «lo sviluppo della teoria economica sembrava prendere a Vienna», dopo la Prima guerra mondiale, una «direzione di marcia diversa da quella proposta […] nell’originaria concezione anti-ricardiana di Carl Menger. La teoria della scelta del consumatore, che è stata affinata durante gli anni Venti […], difficilmente si sarebbe potuta giudicare, nei suoi caratteri fondamentali, diversa da quella dell’economia di Marshall o Walras»3. Le cose sono però cambiate negli anni Trenta. E la decisione di Hayek di portare al centro della discussione questioni di tipo metodologico costituisce, una riappropriazione dell’originario «programma di ricerca» austriaco. È un “ritorno a Menger”, la cui opera costituisce (e non a caso) uno dei più importanti capitoli del dibattito sul metodo4. È vero: l’immediato obiettivo polemico del fondatore della Scuola austriaca di economia erano state le posizioni degli esponenti della Scuola storica tedesca dell’economia, che negavano la possibilità delle scienze sociali teoriche. Ma la trattazione mengeriana mostra sempre, e in maniera cristallina, la propria matrice evoluzionistica. Si differenzia in tal modo dagli altri due indirizzi della tradizione neoclassica, il cui limitato territorio è quello rigorosamente utilitaristico.
L’homo mengerianus non è un «illuminato calcolatore»5. È una creatura «male informata, che erra, tormentata dall’incertezza, sempre esitante fra allettanti speranze e ricorrenti paure, congenitamente incapace di porre in essere, nel perseguimento dei propri scopi, decisioni ben calibrate»6. I tratti antropologici dell’attore posto in scena da Menger sono quindi l’ignoranza e la fallibilità. Ed è esattamente con tale premessa gnoseologica che Hayek ha sottoposto a “rilettura” la teoria economica7: la stessa premessa tramite cui egli si è poi occupato dei più vasti problemi delle scienze sociali.
I saggi raccolti in questo volume vogliono essere una significativa testimonianza dell’itinerario percorso da Hayek. Sono perciò posti in ordine cronologico, a partire da Economics and Knowledge. E mostrano la crescente dilatazione degli interessi dell’autore che, dal problema della conoscenza nell’ambito dell’economia, è progressivamente giunto a porre la questione della conoscenza nell’ambito della società. Al fine di evitare travisamenti che in passato si sono verificati, le traduzioni sono state interamente rifatte. Troppe volte è infatti accaduto che, pure quando riferito da Hayek all’ordine spontaneo, inintenzionale (cosmos), il termine order sia stato tradotto con ordinamento, che è un ordine costruito, intenzionale (taxis)8. Il che compromette la comprensione del significato più profondo dell’opera hayekiana.
1. Contro la teoria dell’equilibrio economico generale
Cerchiamo dapprima di cogliere gli argomenti spesi da Hayek in ambito economico. Prendiamo avvio da Economics and Knowledge, stringente critica alla teoria dell’equilibrio economico generale, che per molti versi conferma le ragioni per le quali Menger aveva chiuso i rapporti con Walras: «Non c’è conformità fra di noi. C’è analogia di concetti in pochi punti, ma non sulle questioni rilevanti»9.
Hayek ha sollevato il problema in termini molto netti. Ha scritto: «Nell’usuale presentazione dell’analisi dell’equilibrio, si fa generalmente apparire che le questioni relative al modo in cui si giunge all’equilibrio siano risolte. Tuttavia, se guardiamo le cose più da vicino, diviene subito evidente che queste apparenti dimostrazioni non sono altro che la prova apparente di ciò che si era presupposto. Lo stratagemma generalmente adottato consiste nell’assumere un mercato perfetto, dove ogni evento è conosciuto istantaneamente da ciascun individuo. [… Ma] l’affermazione secondo cui, se i soggetti conoscono tutto, si trovano in equilibrio è vera semplicemente perché ciò corrisponde al modo in cui definiamo l’equilibrio. L’ipotesi di un mercato perfetto è, da tale punto di vista, un’altra maniera di dire che l’equilibrio esiste, ma ciò non ci avvicina affatto alla spiegazione di come e quando tale situazione si realizzi. È chiaro che, se vogliamo affermare che sotto certe condizioni i soggetti giungeranno all’equilibrio, dobbiamo spiegare attraverso quale processo essi acquisiranno la conoscenza necessaria»10.
Perché dobbiamo una tale spiegazione? Il fatto è che ci troviamo «di fronte a un problema di divisione della conoscenza, che è del tutto analogo, e di almeno pari importanza, a quello della divisione del lavoro. A differenza però di quest’ultimo, che ha sempre rappresentato uno dei principali argomenti d’indagine fin dall’inizio della nostra scienza, quello della divisione della conoscenza, sebbene a me sembri il problema realmente centrale nell’economia intesa come scienza sociale, è stato completamente trascurato. Il problema che abbiamo l’ambizione di risolvere è in che modo l’interazione spontanea di un certo numero di persone, ciascuna delle quali è in possesso di un certo quantum di conoscenza, conduca a uno stato di cose in cui i prezzi corrispondono ai costi, e via dicendo, e che potrebbe essere una situazione realizzata attraverso una coordinazione consapevole solamente da qualcuno in grado di disporre della conoscenza complessiva di tutti gli individui considerati. L’esperienza ci mostra che qualcosa del genere accade, perché l’osservazione empirica secondo cui i prezzi tendono a corrispondere ai costi ha dato inizio alla nostra scienza. Ma nella nostra analisi, anziché mostrare quali frammenti di informazione debbono possedere i diversi soggetti al fine di produrre quel risultato, ripieghiamo in effetti sull’ipotesi che ognuno sia a conoscenza di ogni cosa, eludendo così qualsiasi reale soluzione del problema»11.
Come lo stesso Hayek ha più tardi precisato12, la questione della divisione della conoscenza era stata originariamente sollevata da Adam Smith. Non a caso quest’ultimo aveva affermato che, «nella propria condizione locale, ognuno può giudicare meglio di qualsiasi uomo di Stato o legislatore quale sia la specie d’industria interna che il suo capitale può impiegare»13. Smith aveva quindi ben presente il problema della divisione della conoscenza all’interno della società. Il che è un tema che s’accorda bene con l’ignoranza e la fallibilità che caratterizzano l’attore mengeriano, detentore di conoscenze sempre parziali e incerte. Anzi, guardando il testo delle lezioni tenute all’Arciduca Rodolfo, si può ritenere che Menger fosse ben consapevole della questione sollevata da Smith14.
La posizione di Hayek ha pertanto un rispettabile “retroterra”15. Ma ha bisogno di essere ulteriormente approfondita. È vero che, «nella propria condizione locale, ognuno può giudicare meglio di qualsiasi uomo di Stato o legislatore». Come rendere tuttavia compatibili i piani che, sulla base delle rispettive conoscenze, vengono «formulati, in modo simultaneo ma indipendente, da un certo numero di persone»16? «In primo luogo, affinché tali piani possano essere realizzati, è necessario che essi si basino tutti sull’aspettativa di un m...