Berlusconiani e antiberlusconiani
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Berlusconiani e antiberlusconiani

La guerra civile "fredda" della Seconda Repubblica

  1. 27 pagine
  2. Italian
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Berlusconiani e antiberlusconiani

La guerra civile "fredda" della Seconda Repubblica

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Qual è la vera identità politica della Seconda Repubblica? Su cosa si basa la forma male abbozzata di bipolarismo che abbiamo conosciuto?Tangentopoli ha spazzato via o delegittimato, come in un vortice, tutte le tradizioni politico-ideologiche sulle quali si era costruito, per un cinquantennio, il sistema istituzionale della Prima Repubblica. Il loro posto, nel ventennio cosiddetto della Seconda Repubblica, è stato preso dal berlusconismo (a destra) e dall'antiberlusconismo (a sinistra): due culture politiche sui generis, polemiche e conflittuali, povere intellettualmente e prive di respiro progettuale, caratterizzate da un eccesso di radicalismo verbale e da una visione demonizzante dell'avversario politico. Tutti elementi che hanno contribuito a trasformare la lotta tra partiti in una guerra civile strisciante, ad indebolire la percezione dell'interesse generale e il senso di appartenenza degli italiani ad una stessa comunità nazionale e a marginalizzare le correnti riformiste e liberali presenti nei diversi schieramenti.

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Informazioni

Giovanni Belardelli

Berlusconiani e antiberlusconiani

La guerra civile "fredda" della Seconda Repubblica

Rubbettino

Il vortice

Un libro della fine del 1998, dedicato alle culture politiche della «prima Repubblica», conteneva saggi sulla cultura socialista, su quella cattolica (anzi sulle varie culture politiche cattoliche, come sosteneva uno degli autori), su quella comunista, sulla cultura liberale (peraltro irrimediabilmente minoritaria a partire dall’avvento al potere di Mussolini)1. Se si fossero aggiunti due saggi dedicati alla destra postfascista e all’estrema sinistra, l’una e l’altra dotate in passato di una loro presenza significativa, il quadro sarebbe stato completo e incontestabile. Al contrario, se ci volgiamo a esaminare le culture politiche della cosiddetta «seconda Repubblica» ci troviamo di fronte a due dati problematici. In primo luogo, la seconda Repubblica ha visto il disintegrarsi – per motivi nazionali e internazionali – delle tradizionali culture politiche italiane, quelle che ho appena nominato e che facevano riferimento, anche se con specificità nazionali, ai principali filoni politici del Novecento europeo. Come è noto, insieme a quelle culture politiche si sono disintegrati anche i partiti che ad esse si richiamavano: attualmente l’unico partito italiano che esistesse già prima del 1994 è la Lega Nord di Bossi, portatrice di una cultura politica abbastanza strutturata e territorialmente definita (ma anche attraversata, dopo la fine dell’ultimo governo Berlusconi, da una evidente crisi interna, esplosa infine nello scandalo legato all’uso dei soldi del finanziamento pubblico). In secondo luogo, e come conseguenza di quanto appena detto, non mi pare che esista un’opinione consolidata su quali siano effettivamente le culture politiche che hanno sostituito quelle della prima Repubblica.
Partiamo allora da un’ipotesi: la centralità di Berlusconi nell’Italia degli ultimi anni consente di assumere proprio berlusconismo e antiberlusconismo come le due principali culture politiche del paese dal 1994 in poi. Certo, la nuova situazione legata alla nascita del governo Monti ha assai ridimensionato – probabilmente in modo definitivo – il ruolo delle due culture politiche appena citate. Ma fino al novembre 2011 è stata proprio la contrapposizione tra berlusconismo e antiberlusconismo che ha reso l’intero spazio politico italiano una sorta di vortice che ha inghiottito ogni altra cultura politica, obbligando tutto e tutti a definirsi in primo luogo – e spesso unicamente – rispetto a Berlusconi. Chiarisco che il mio tentativo di definire il berlusconismo come cultura politica prescinde in gran parte dalla specifica attività di Silvio Berlusconi. Qui non analizzo la sua storia personale, le sue disavventure giudiziarie, le sue abitudini di vita e neppure la sua azione di governo. Considerando il berlusconismo per i suoi contenuti e le sue idee politiche, so di adottare un punto di vista che molti osservatori e studiosi tendono a sottovalutare, attribuendo invece i successi di Berlusconi alla sua grande abilità nello sfruttare le tecniche della comunicazione televisiva e, più in generale, alla capacità di comprendere i nuovi caratteri della politica dopo l’avvento di quella che Bernard Manin ha chiamato la «democrazia del pubblico»2. Si tratta di un approccio analitico che, anche nei casi migliori3, tende a mio avviso a sottovalutare, fino a considerarli sostanzialmente irrilevanti, i contenuti specificamente politici del berlusconismo: la principale, se non l’unica, ragione dei successi elettorali di Berlusconi dipenderebbe così dalla sua capacità di trasferire in un programma politico i sogni, i valori, gli stili di vita popolarizzati dalla tv.
Dal punto di vista di un’analisi del berlusconismo come cultura politica appare molto significativo che il fondatore di Forza Italia abbia lanciato, all’inizio della sua avventura politica, la parola d’ordine di una «rivoluzione liberale», mentre interessa meno che, in quasi vent’anni, tale rivoluzione non sia neppure iniziata. Naturalmente, la mancata attuazione di molte delle promesse, nonché il concentrarsi dell’attività dei governi Berlusconi su leggi concernenti le disavventure giudiziarie del premier, hanno avuto conseguenze importanti. Tra l’altro, hanno contribuito ad accentuare quella disaffezione rispetto alla politica, ai partiti e al voto che è ormai diventata una vera e propria fuga di massa: secondo alcuni sondaggi, quasi la metà degli elettori dichiara di non sapere per chi votare o di non essere intenzionata a votare. Quanto alla fiducia nei partiti, nel gennaio 2012 risultava «scesa a livelli mai toccati in passato» (il 4 per cento)4. Va dunque notato che Berlusconi, affermatosi politicamente grazie al forte sentimento antipolitico esistente al principio degli anni Novanta in Italia, ha poi potentemente contribuito a rafforzarlo.

Berlusconismo

La formula della «rivoluzione liberale» che ho citato poco sopra rimanda a un punto cardine del berlusconismo: la riscoperta dei diritti dell’individuo di fronte allo Stato, tanto pi...

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