Laicità
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Le sue radici Le sue ragioni

  1. 96 pagine
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Laicità

Le sue radici Le sue ragioni

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Il valore della «diversità» nel bios, nel logos e nell'ethos – e quindi nella polis; le funzioni dell'economia di mercato; vantaggi e pericoli della globalizzazione; la sostanziale differenza tra pensiero unico di matrice liberale e Pensiero Unico di matrice fondamentalista; acquisizioni e limiti dell'antropologia culturale; il miraggio della ricerca di fundamenta inconcussa nella scienza e in filosofia; la «legge di Hume» quale base logica della libertà di coscienza; l'inevitabilità del relativismo; il relativismo nei suoi rapporti con la fede e con la democrazia; cosa vuol dire essere laici; i fondamenti epistemologici e i presupposti etici della «società aperta»; quello che l'Europa deve alla Grecia; la desacralizzazione del potere politico da parte del messaggio cristiano e, quindi, quello che l'Europa deve al cristianesimo: questi i nuclei di fondo del presente lavoro di Dario Antiseri.

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Informazioni

Anno
2011
ISBN
9788849830149

Il valore della «diversità» nel bios, nel logos e nell’ethos

Forse la causa più potente della dissoluzione della società chiusa fu lo sviluppo delle comunicazioni marittime e del commercio. L’intimo contatto con le altre tribù è destinato a minare il senso di necessità col quale vengono considerate le istituzioni tribali, e il commercio, l’iniziativa commerciale risulta essere una delle poche forme in cui può affermarsi l’iniziativa e l’indipendenza individuale, anche in una società nella quale ancora prevale il tribalismo.
KARL R. POPPER

1. Il progresso della scienza è una serrata lotta tra idee proposte per la soluzione dei problemi

«TUTTA LA MIA CONCEZIONE del metodo scientifico si può riassumere dicendo che esso consiste in questi tre passi:
1. inciampiamo in qualche problema;
2. tentiamo di risolverlo, ad esempio, proponendo qualche nuova teoria;
3. impariamo dai nostri sbagli, specialmente da quelli che ci sono resi presenti dalla discussione critica dei nostri tentativi di risoluzione.
O, per dirla in tre parole: problemi-teorie-critiche. Credo che in queste tre parole: problemi-teorie-critiche, si possa riassumere tutto quanto il modo di procedere della scienza razionale». Questo ha insegnato Karl Popper, per il quale il metodo scientifico è unico. Tutta la ricerca scientifica – in qualsiasi ambito venga praticata, in economia come in fisica, in linguistica e in biologia, nell’ermeneutica o in chimica – consiste in tentativi di soluzione di problemi; tentativi consistenti in congetture o ipotesi da sottoporre al vaglio sulla base delle loro conseguenze controllabili.
Inciampiamo senza sosta in problemi; e, per risolverli, non possiamo far altro che inventare mondi possibili, storie coerenti, cioè ipotesi, con la speranza che uno di questi mondi possibili riesca a catturare quel pezzo o aspetto del mondo reale che il problema ha portato a galla. Dunque: innanzitutto nella scienza c’è bisogno di fantasia, di immaginazione creatrice di ipotesi ardite e differenti. Sciami di ipotesi diverse sono e sono stati necessari per risolvere problemi che, dopo la soluzione, sono transitati nel regno degli esercizi. Così, per esempio, fu Ignaz Philipp Semmelweis a condurre sulla buona strada la soluzione del terribile enigma della «febbre puerperale». Ma ecco solo alcune delle ipotesi che egli prese in considerazione; la febbre puerperale è causata: a) da inquinamento atmosferico; b) dal sovraffollamento; c) dal terrore che incute nelle puerpere il sacerdote che più volte al giorno è visto portare sacramenti alle morenti; d) dalla dura vita condotta dalle ragazze madri; e) dalle visite mal condotte; f) dalla ventilazione; g) dalla biancheria; h) dalla dieta; e così via – finché formulò la congettura che erano proprio i medici ad uccidere le donne, in quanto visitandole, dopo aver fatto dissezione di cadaveri e dopo essersi lavate le mani solo con acqua e sapone («tanto che spesso odoravano ancora di sporco»), infettavano le puerpere con particelle di cadaverina.
Jacques Monod, alcuni anni fa, esordì così durante i lavori di un convegno che aveva a suo oggetto la questione della creatività nella scienza: «Potrei cominciare – disse Monod – col presentarvi una storia vera, una storia che alcuni di voi forse già conoscono e che riguarda una conversazione avvenuta tra Einstein e il poeta francese Valéry. Quando Einstein venne per la prima volta a Parigi, una signora molto nota riuscì ad avere il trionfale onore di ospitare Einstein e Valéry nel suo salotto, e sistemò le cose in modo tale che la conversazione tra i due potesse essere ascoltata da tutti. Come voi sapete, Valéry aveva la mania di dire che egli era più interessato al processo di creazione che all’effettivo prodotto di questo processo creativo. Ovviamente, Valéry, che è stato un grandissimo poeta, non era proprio un buon filosofo e certamente non aveva letto quel che Karl Popper ha scritto sul Mondo 3. In ogni caso, però, egli era interessato al processo della creatività e cominciò la conversazione ponendo ad Einstein domande su come lui lavorasse.
“Come è che Lei lavora? E potrebbe raccontarci qualcosa del suo modo di lavorare?”. Einstein, a questo proposito, fu molto evasivo; meglio, stette sul vago e rispose:
“Bene, non so… Esco di buon mattino e faccio una passeggiata”.
“Davvero interessante, replicò Valéry. E naturalmente Lei ha con sé un taccuino; e, allorché Lei ha una idea, la scrive sul suo taccuino”.
“No, disse Einstein, non faccio questo”.
“Dunque, Lei non fa così?”.
“Vede, un’idea è veramente rara”».
Un’idea, una buona idea cioè, è veramente rara. La creazione di idee nuove è cosa facile. La creazione di idee nuove e buone (per la soluzione dei problemi) non è il risultato di un processo di routine.
E, una volta proposte, le idee o ipotesi vanno, come si dice, verificate. Qui non è affatto questione di parole, ma per ragioni logiche ed epistemologiche non ci è possibile verificare (veram facere), fare vera, dimostrare vera, assolutamente vera, nessuna teoria. Non lo possiamo se non altro a motivo di quella asimmetria logica stando alla quale miliardi e miliardi di conferme non rendono certa una teoria, mentre un sol fatto contrario smentisce logicamente una teoria, la falsifica, la rende falsa, per quanto all’epoca ne possiamo sapere. Da ciò segue che ogni autentico controllo di una teoria consiste in un severo tentativo di falsificarla: nella scienza come nella vita la prova si ha dove si rischia – dove si rischia di fare fallimento. Il ricercatore consapevole della «logica della ricerca» tenta di falsificare la propria e le altrui teorie perché sa che prima trova un errore in una teoria, prima pone se stesso e la più ampia comunità scientifica nella stringente urgenza di inventare e poi mettere a prova una teoria migliore, una teoria più potente, maggiormente esplicativa e previsiva. «Evitare l’errore – ha scritto Popper – è un ideale meschino»; se ci confrontiamo con un problema difficile è allora facile che sbaglieremo. L’importante è apprendere dai nostri errori e da quelli altrui. L’errore commesso, individuato ed eliminato «è il debole segnale rosso che ci permette di venir fuori dalla caverna della nostra ignoranza». Per dirla con Oscar Wilde, «esperienza è il nome che ciascuno di noi dà ai propri errori». Cerchiamo un medico di esperienza perché speriamo che non commetta su di noi quegli errori con i quali ha magari donato la vita eterna a sfortunati precedenti pazienti. E razionale non è il medico che per salvare la diagnosi uccide il paziente; razionale è, piuttosto, il medico il quale, al fine di salvare il paziente, «uccide», cioè falsifica, una diagnosi dopo l’altra finché arriva, sperabilmente, a quella buona.

2. L’ortodossia dell’uomo razionale è la difesa dell’«eresia»

Fantasia e critica: sono questi i due pilastri della razionalità scientifica. La via della ragione scientifica è segnata dalla passione per la soluzione dei problemi che continuamente si aprono sulla frontiera della ricerca; dalla creazione dei più diversi tentativi di soluzione; dalla critica incessante e severa delle alternative che debbono, senza tregua, venir proposte. La «logica» della ricerca scientifica non è, dunque, quella dell’assenso del singolo e del consenso collettivo alla «verità manifesta». È piuttosto la logica della discordia. La scienza cresce ad opera del continuo dissenso: sull’evidenza disponibile, sulla strumentazione adottata, sulle idee metafisiche presupposte. Dissenso e invenzione di nuove alternative. E assalto a queste alternative. Il processo razionale è discussione senza fine. La ragione è passione e fantasia; critica ed eresia. Oportet haereses esse. L’ortodossia dell’uomo razionale è la difesa dell’«eresia», ma consapevoli del fatto che l’«eresia» di ieri è la teoria magari ben corroborata di oggi e sarà domani superstizione, la difesa dell’«eresia» sarà una difesa senza fine. La scienza è un modello di razionalità proprio perché non fonda niente in maniera definitiva. E progredisce proprio perché ha rinunciato alla certezza, al fondamento. Nella scienza ragioniamo, ma non fondiamo. Anzi, ragioniamo perché non fondiamo.
E, come si chiarirà meglio più avanti, quel che vale nella scienza, vale, a un diverso livello, per le teorie filosofiche (immagini dell’uomo, concezioni della storia, idee dello Stato, teorie del diritto e della morale, ecc.), le quali teorie filosofiche sono razionali quando sono criticabili, e sono criticabili quando possono entrare in contrasto con qualche pezzo di Mondo 3 (una teoria scientifica, un teorema matematico, un risultato logico, un’altra idea metafisica) all’epoca consolidato e accettato per valido. In tal senso, la razionalità, nella scienza e nella filosofia, si risolve nell’atteggiamento critico. E questo razionalismo o atteggiamento critico consiste nel tenere in continuo stato d’assedio le teorie scientifiche e filosofiche, sotto la pressione delle alternative da una parte e delle argomentazioni critiche dall’altra. La confutazione empirica appare, così, come un caso della più ampia razionalità. E questa consiste, come si ripete, nella critica delle teorie e nella sostituzione di tali idee e teorie con idee e teorie migliori.

3. La funzione della «diversità» nell’evoluzione biologica e in quella culturale

Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia, faceva presente che, pur distinguendosi nell’aspetto umano «una decina di parti o poco più», gli uomini erano modellati in modo tale che «tra molte migliaia di individui non ne esistevano neppure due che non potessero venir distinti tra loro». È Richard Lewonkin a puntare l’attenzione sul fatto che la grande ricchezza delle forme fisiche e psichiche dell’uomo è «questione complicata»: «Una comprensione della varietà fisica e psichica umana necessita di una sintesi di informazioni provenienti dalla biologia molecolare, dalla genetica, dalla biologia dello sviluppo, dalla fisiologia, dalla psicologia, dalla sociologia, dall’antropologia, dall’economia politica e dalla storia». In ogni caso, la soppressione o comunque la drastica riduzione della varietà fisica degli individui sarebbe un grave danno «biologico» al pari della soppressione della loro varietà psichica e culturale. E qui è forse opportuno delineare i tratti che accomunano l’evoluzione del bios e quella del logos – un’evoluzione che ha luogo tramite il caso e la necessità: il «caso» delle mutazioni e la «necessità» della selezione. In effetti, come nell’evoluzione degli organismi, i problemi di adattamento sorgono da contrasti tra «aspettazioni» dell’organismo e situazioni ambientali, così nell’evoluzione della scienza, i problemi sorgono dall’urto tra una qualche congettura (o almeno qualche sua conseguenza) e quelli che noi reputiamo i fatti (istituiti sempre da teorie). Analogamente al caso degli organismi nell’evoluzione biologica, così in quella della scienza teorie possono collidere oppure rafforzarsi a vicenda. Come nell’evoluzione biologica organismi scompaiono sotto la pressione selettiva, così in quella scientifica teorie vengono eliminate sotto la pressione selettiva delle prove. Come, appunto, si dà il caso e la necessità nell’evoluzione biologica, così si dà il caso e la necessità nell’evoluzione delle teorie scientifiche: il caso corrisponde all’invenzione delle idee nuove, la necessità alla loro selezione. Scompaiono individui e sono scomparse specie; cadono ipotesi e sono stati eliminati «paradigmi» e «programmi di ricerca». I problemi di adattamento biologico sorgono, in un dato ambiente, data quella precisa «memoria» biologica degli organismi; parimenti, i problemi scientifici scoppiano all’interno di una tradizione, proprio in ragione di essa e presuppongono la storia precedente. Come non c’è induzione nell’evoluzione della scienza, così l’evoluzione biologica non avviene per istruzione. Come una nuova mutazione deve fare i conti con l’organismo su cui si innesta, con altre specie e con l’ambiente rilevante, così una nuova ipotesi deve fare i conti con la teoria all’interno della quale sorge, con altre teorie con cui entra logicamente in contatto, con la base empirica e la strumentazione all’epoca disponibile e reputata valida. Come nell’evoluzione biologica una specie può mutare un pezzo di ambiente e favorire od ostacolare un’altra specie, così nell’evoluzione delle idee scientifiche una teoria ne può ostacolare o favorire un’altra cambiando, per esempio, larghi strati della base osservativa oppure eliminando o mettendo in circolazione altre e diverse ipotesi ausiliarie. Insomma, come nell’evoluzione biologica vince, di volta in volta, il più adatto, così nell’evoluzione della scienza si impone, di volta in volta, la teoria più verosimile. Ma nulla è mai deciso per sempre nell’una o nell’altra evoluzione. In breve, come ben videro Thomas H. Huxley, Ernst Mach, Ludwig Boltzmann, Giovanni Vailati e Federigo Enriques – e non solo loro, e più vicino a noi Konrad Lorenz – «la lotta per l’esistenza è valida nel mondo del pensiero non meno che nel fisico», talché come un organismo è più adatto di un altro se resiste meglio di quest’altro alle pressioni selettive, così una teoria è migliore di un’altra se resiste meglio di quest’altra alle prove effettuate.
«Tutto ciò, scrive Popper, si può esprimere dicendo che lo sviluppo della nostra conoscenza è il risultato di un processo strettamente rassomigliante a quello chiamato da Darwin “selezione naturale”; cioè, la selezione naturale delle ipotesi: la nostra conoscenza consiste, in ogni momento, di quelle ipotesi che hanno dimostrato il loro (relativo) adattamento sopravvivendo fino ad ora nella lotta per l’esistenza; una lotta concorrenziale che elimina quelle ipotesi che sono inadatte». Una siffatta interpretazione – soggiunge Popper – può essere applicata alla conoscenza animale, alla conoscenza prescientifica e a quella scientifica. «Ciò che è peculiare alla conoscenza scientifica è questo: che la lotta per l’esistenza è resa più dura dalle critiche consapevoli e sistematiche delle nostre teorie. Così mentre la conoscenza animale e la conoscenza prescientifica si sviluppano per lo più attraverso l’eliminazione di coloro che sostengono le ipotesi inadatte, la critica scientifica spesso fa perire le nostre teorie al nostro posto, eliminando le nostre credenze errate prima che tali credenze portino alla nostra eliminazione». In sostanza, per Popper, lo sviluppo della nostra conoscenza è uno sviluppo di tipo darwiniano.
Ovviamente, l’analisi comparativa delle due evoluzioni può spingersi oltre. Ma non dobbiamo dimenticare una diversità di fondo: l’evoluzione endosomatica si effettua attraverso i canali dell’eredità; quella esosomatica invece non si effettua per eredità bensì per tradizione, cioè per il tramandarsi delle informazioni di generazione in generazione attraverso canali non genetici. E, per di più, mentre l’albero dell’evoluzione (dell’evoluzione biologica, di quella degli utensili e strumenti e della conoscenza applicata) si sviluppa da un tronco comune in sempre nuovi rami, lo sviluppo della nostra conoscenza pura va in direzione opposta, nel senso che «è largamente dominata da una tendenza verso una cresce...

Indice dei contenuti

  1. Copertura
  2. Titolo Pagina
  3. Copyright
  4. Indice
  5. Premessa
  6. Il valore della «diversità» nel bios, nel logos e nell’ethos
  7. L’evoluzione esosomatica è la grande innovazione rivoluzionaria dell’umanità
  8. Il miraggio della ricerca di «fundamenta inconcussa»
  9. Per una difesa religiosa e politica del relativismo
  10. Bibliografia