L'omicidio di Nicola Calipari
eBook - ePub

L'omicidio di Nicola Calipari

  1. 255 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

L'omicidio di Nicola Calipari

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Giuliana sono Nicola un amico di Pier, di Gabriele, di Valentino, sei libera sono venuto a prenderti per portarti in Italia. Con queste parole Nicola Calipari si è presentato a Giuliana Sgrena all'interno della macchina dove l'avevano lasciata i suoi sequestratori, in una strada nel quartiere di Mansour, a Baghdad. Il successivo viaggio in macchina verso l'aeroporto è il sogno che si sta realizzando: tornare in Italia. La macchina si avvicina lentamente all'aeroporto mancano poche centinaia di metri, sta andando tutto bene, ma nel buio della sera il soldato americano Mario Luis Lozano, componente di un check point costituito illegalmente, senza attivare alcuna regola di ingaggio, spara contro la macchina. Nicola Calipari si getta sul corpo di Giuliana Sgrena per proteggerla dai proiettili. Uno colpisce Nicola Calipari alla testa e lo uccide, Giuliana Sgrena rimane ferita. Il processo che si è celebrato in Italia è finito prima di iniziare. La Corte di Assise e la Corte di Cassazione hanno affermato la carenza di giurisdizione dei giudici italiani sulla base di principi consuetudinari di diritto internazionale di dubbia applicazione. Quello che doveva essere un atto di giustizia, di ricerca della verità, si è trasformato in un sostanziale atto di ingiustizia, soprattutto alla memoria di colui che abbiamo definito eroe: Nicola Calipari.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a L'omicidio di Nicola Calipari di Erminio Amelio in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Politica e relazioni internazionali e Relazioni internazionali. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

1

Apriamo il giornale con una notizia appena arrivata in redazione.
Non ci sarà nessun processo in Italia nei confronti del soldato americano Mario Lozano imputato per l’omicidio del dottor Nicola Calipari.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che ha confermato la carenza di giurisdizione italiana
Sono le ore 18.00 del 19 giugno 2008.
La voce professionale del giornalista che conduce il giornale radio non tradisce alcuna emozione e con lo stesso tono prosegue la lettura delle altre notizie di cronaca.
La Corte di Assise di Appello di Napoli ha confermato gli ergastoli contro il clan dei casalesi.
È finito il processo Spartacus. Ergastolo per Francesco Schiavone, detto Sandokan, e altri 15 boss.
Due importanti processi due esiti diversi.
Il giornalista prosegue con gli argomenti del giorno: la manovra economica, la Gran Bretagna che ratifica il Trattato di Lisbona, altre notizie di cronaca, le brevi di sport.
Le sento distrattamente all’interno della macchina.
La notizia che ha aperto l’edizione del giornale radio mi ha assorbito totalmente, non riesco a seguire la cronaca delle altre.
Accosto la macchina al primo posto libero sul lato della strada, scendo e mi dirigo verso la chiesa per definire i dettagli della prossima partenza di mio figlio per il campo estivo, è l’ultimo giorno utile per il pagamento.
La mente e la mano corrono al telefono cellulare.
Mentre cammino compongo un numero, sento squillare, in quel momento so che il display del telefono chiamato indica il mio numero, approfitto della solitudine di una panchina all’ombra di un grande albero e mi siedo, ancora squilli.
Rosa mi riconosce, risponde.
Hanno rigettato il ricorso dico con voce bassa, come se il fiato non volesse uscire per comunicare la notizia, poi un attimo di silenzio.
Sono a casa, spiegami mi chiede come se volesse aiutarmi a superare la difficoltà di proseguire nel colloquio.
I giudici hanno deciso che l’Italia non può processare Lozano, poi ancora silenzio.
Allora è inutile che vada in Cassazione.
Sì, hanno già letto il dispositivo, adesso non ci sarà più nessuno.
Ma ora non si può fare niente?
No, la decisione è definitiva.
Silenzio.
Sai... me lo aspettavo, l’ho capito quando il Procuratore Generale ha concluso in quel modo, continua Rosa.
La sua voce è un misto di amarezza e rabbia.
Non rispondo, è vero quello che ha detto.
Nella mia mente passano veloci le immagini della mattina quando ci eravamo ritrovati nel palazzo della Corte di Cassazione, davanti all’aula della I sezione penale, dov’era stata fissata la discussione del processo a carico di Mario Luis Lozano, accusato di aver ucciso Nicola Calipari.
La giornata non era iniziata bene, una comprensibile tensione aleggiava e, quasi a voler esorcizzare la paura, Rosa non aveva fatto altro che manifestare la sua inquietudine.
Avanti e indietro a passeggiare per i larghi corridoi della Corte di Cassazione, il Palazzaccio, al cui ingresso principale, proprio a volerne significare il luogo, è collocato un gruppo scultoreo raffigurante la Giustizia in trono fra la legge e la forza.
È un edificio imponente quello in cui ha sede la Corte di Cassazione, enormi statue di marmo raffiguranti famosi giureconsulti romani ornano le facciate esterne, all’interno grandi scalinate conducono ai vari piani dove si trovano le aule alle quali si arriva dopo aver attraversato ampi saloni e corridoi lungo i quali, di tanto in tanto, si vedono passare gli impiegati che, su vecchi carrelli, trasportano le sorti degli uomini racchiuse in freddi faldoni contenenti le carte processuali.
È in questi uffici che tutti i giorni si amministra giustizia, si pronunciano sentenze che, nella maggioranza dei casi, mettono la parola fine a processi iniziati da anni.
È l’ultimo grado di giudizio, quello definitivo.
Grandi e antichi lampadari, pendenti dagli alti soffitti, illuminano l’ambiente dove è interdetta la luce del sole.
La maestosità del luogo, quando si cammina all’interno degli uffici della Corte, fa sentire tutti quanti piccoli, non solo gli imputati che vivono nel timore di una sentenza sfavorevole.
Anche noi camminiamo per quei corridoi ovattati, alle cui pareti sono appesi, in bella mostra, i quadri dei giudici che hanno occupato negli anni i posti di vertice della Cassazione, il Presidente e il Procuratore Generale, i cui sguardi sembrano accompagnare i nostri passi.
Il silenzio, a dispetto del numero delle persone presenti, è l’assoluto protagonista in questo ambiente dove tutto sembra svolgersi secondo un ordine prestabilito, che contrasta con il caotico mondo esterno che circonda il palazzo.
All’interno degli uffici non arrivano le voci della città. Una volta varcato l’ingresso sembra essere entrati in un mondo a parte, pare quasi non esserci vita in questo palazzo dove si decidono i destini degli uomini che, per qualche ragione, hanno violato le regole della convivenza civile; si ha l’impressione che la vita scorra sotto traccia, in modo flebile, in attesa di deflagrare, con la forza del diritto, con la pronuncia della sentenza.
Con Rosa continuiamo a camminare, ogni tanto una sosta di pochi secondi per riflettere, per porci domande.
Alcune persone stanno in attesa davanti all’aula «A. Brancaccio» della I sezione penale, sono venute per il «processo Calipari», qualche giornalista, diversi amici, nessun curioso.
Tutti riconoscono Rosa, la fermano, scambiano battute e il saluto.
I sorrisi e le vuote parole di circostanza che caratterizzano il colloquio sono maldestri tentativi di mascherare la tensione che è palpabile sui volti di tutti.
Non ci si può neanche rifugiare nella sigaretta, è vietato fumare.
Poi, finalmente, dopo una lunga attesa, il processo contro Mario Luis Lozano viene chiamato dall’ufficiale giudiziario per la discussione e la camera di consiglio per la decisione.
Ora si può andare via, con la paura di una sentenza negativa o la speranza di un esito favorevole del processo.
La parola adesso spetta ai giudici della prima sezione penale della Corte di Cassazione, riuniti in camera di consiglio.
Cinque giudici togati al massimo della loro carriera professionale.
L’attesa della decisione è il momento più brutto per le parti del processo, quello più snervante, durante il quale le emozioni si alternano in picchi di alti e bassi che a fatica si tenta di dominare.
Durante l’attesa tutti i tentativi di scacciare i pensieri su quello che stanno decidendo i giudici sono vani. Si cerca di capire come si pronunceranno i giudici che dall’alto del loro scranno sembrano guardare tutti con distacco.
E si aspetta fino alla lettura della sentenza che puntuale arriverà, spezzando sogni, ridando sorrisi, restituendo o togliendo speranze a seconda della natura della decisione.
La voce di Rosa al telefono interrompe quella mia temporanea evasione.
Allora il processo è definitivamente chiuso?
Sì. Mi dispiace non aver potuto fare di meglio. Scusami. Sono vicino a te e ai tuoi figli.
Grazie, ci vediamo fra qualche giorno.
Sì, certo, a presto.
Allontano il telefono dall’orecchio, premo il tasto rosso.
La conversazione è finita.
Riprendo a camminare e mi dirigo verso la canonica. Una signora dall’interno di una piccola stanza a piano terra, mi guarda e con la mano fa cenno di avvicinarmi, la porta è spalancata e appena entro chiede di cosa ho bisogno. Mi presento, le consegno un foglio con il nome di mio figlio e dico che sono lì per il campo estivo, lei lo guarda, scorre un elenco, legge e mi indica la somma da pagare che le consegno prelevandola dal portafoglio, controlla e mi dà la ricevuta, è tutto a posto.
La saluto e mi avvio distrattamente verso l’uscita.
Non dimentichi niente di quello che c’è scritto sul foglio, suo figlio deve portare tutto, mi raccomando.
Mi giro, la rassicuro e proseguo, penso ancora alla sentenza.
Nel giardino incontro il parroco, i nostri sguardi si incrociano e sul suo volto compare un sorriso, ricambio.
Ci fermiamo, poche parole, è contento perché fra pochi giorni aprirà la casa di accoglienza per gli immigrati, per i senza tetto, per coloro che hanno bisogno di aiuto.
Guardiamo l’edificio che è riuscito finalmente a far costruire dopo anni di duro impegno, niente di straordinario dal punto di vista architettonico, quello che è importante, però, non è l’esteriorità, la facciata, ma ciò che riuscirà a dare a chi ha bisogno, e sono tanti.
Comincia ad arrivare gente, mamme con figli piccoli al seguito, giovani donne sole che sembrano aver perduto per strada la loro giovinezza, alcune anche in evidente stato di gravidanza.
Una moltitudine, diverse etnie accomunate da un bisogno comune che non risparmia chi è nato in una piuttosto che in un’altra latitudine del mondo. La necessità, il bisogno, rende tutti uguali, a dispetto dei documenti.
Una forte stretta di mano pone fine al mio incontro con il parroco.
Mi allontano e, mentre cammino verso la macchina, nella mente ritornano le immagini dell’udienza nella quale la Corte di Cassazione ha deciso che il processo contro il soldato americano Mario Luis Lozano accusato dell’omicidio del dott. Nicola Calipari, del tentato omicidio del maggiore dei Carabinieri Andrea Carpani e della giornalista Giuliana Sgrena, non può essere celebrato in Italia per carenza di giurisdizione.
Senza concordarlo, con Rosa Villecco, vedova di Nicola Calipari, all’interno dell’aula ci eravamo seduti uno accanto all’altra e in tale posizione eravamo rimasti per tutto il tempo della discussione, uniti dalla stessa speranza di un esito favorevole.
È il turno del processo a Mario Luis Lozano.
Rispetto ai processi che l’avevano preceduto svoltisi nell’indifferenza generale, in aula c’è qualche amico di famiglia, nessun collega di Nicola Calipari, colpisce anche l’assenza di rappresentanti delle istituzioni.
A volte certe assenze sono più significative di tante presenze, sono emblematiche di uno stato di cose che tende a correre velocemente verso l’oblio di fatti che cominciano a essere scomodi per gli interrogativi che pongono e per le risposte che dovrebbero essere date e che, invece, vengono taciute.
Il sacrificio di Nicola Calipari è stato dimenticato, a nessuno interessa del processo, eppure sono passati solo tre anni da quando Nicola Calipari è stato ucciso.
Due grandi lampadari illuminano l’aula fino agli archi laterali, alla cui sommità sono collocati degli stemmi con fregi dorati.
Il collegio giudicante è pronto, alle loro spalle, ben visibile, la scritta La legge è uguale per tutti.
Il Procuratore Generale ha preso posto nel suo scranno sul quale sono disposti, in vario ordine, codici e testi giuridici, la lampada sul banco è accesa, non così il microfono.
Gli avvocati si sono accomodati ai banchi della difesa.
Ogni parte processuale è intenta a controllare i documenti che dovrà utilizzare nella ormai imminente discussione.
Silenzio, tutti attendiamo che il presidente dia inizio al processo.
Do la parola al collega, giudice relatore, per illustrare il processo, afferma stentoreo il Presidente.
Il giudice relatore è colui che è stato delegato dal Presidente ad analizzare, più degli altri colleghi, la delicata vicenda processuale e per tale ragione nei mesi precedenti ha studiato il processo di primo grado.
Il giudice relatore prende la parola professio...

Indice dei contenuti

  1. L’omicidio di Nicola Calipari
  2. Colophon
  3. Indice
  4. Dedica
  5. Prefazione di Walter Veltroni
  6. Introduzione di Giuseppe Cataldi
  7. 1
  8. 2
  9. 3
  10. 4
  11. 5
  12. 6
  13. 7
  14. 8
  15. 9
  16. 10
  17. 11
  18. 12
  19. 13
  20. 14
  21. 15
  22. 16
  23. 17
  24. Ringraziamenti