La pretesa
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La pretesa

Quale rapporto tra vangelo e ordine sociale?

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La pretesa

Quale rapporto tra vangelo e ordine sociale?

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Il culto cristiano non è un atto privato, ma possiede un carattere pubblico che impegna le relazioni sociali, tra gli altri così la pensava Max Weber. L'analisi sociale può mettere in luce alcuni elementi di questa pretesa. Essa si manifesta in un atteggiamento non passivo dei credenti nei confronti delle istituzioni sociali. Ogni pretesa di neutralità viene smascherata e combattuta, al paradigma della laicità viene opposto quello della libertà religiosa. Il cristianesimo resta Chiesa, ovvero qualcosa la cui misura di riferimento è l'intera città e non una sua dimensione o una sua componente, siano essa la religione, la famiglia, il piccolo gruppo, la vita emotiva dell'individuo o altro. È il vangelo che irrompe nel tempo della storia e lo trasforma in saeculum. Alla pretesa laica si oppone una pretesa secolare. E il cristiano, anticipato dal vangelo, interpreta un ruolo dinamico all'interno della vita pubblica e dunque anche politica che lo "smarca" da una visione clericale che ridurrebbe il suo agire ai confini della pastorale.

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Informazioni

Anno
2013
ISBN
9788849840407

1. Sulla laicità dei cattolici

Per riportare alla luce questo tema, partiamo da uno dei luoghi in cui il nesso tra vangelo e ordine sociale è negato in modo più radicale, in cui l’impatto del vangelo sull’ordine sociale è escluso in linea di principio. Partiamo dalla laicità dei cattolici.
Partiamo dal fatto che una larga parte dei cattolici e della cultura cattolica non solo afferma la laicità dell’ordine sociale, ma presenta e pratica questa affermazione come una diretta conseguenza dei principi del proprio credo.
La laicità dei cattolici più che un punto di partenza sembra una conclusione. Che senso ha interrogarsi su di una eventuale pretesa del vangelo di avere un nesso diretto con l’ordine sociale se questo è escluso anche da chi al vangelo dice di credere?
Ricercatore e lettore devono riuscire a non farsi ipnotizzare da un argomento a prima vista così convincente.

1. LIBERTÀ RELIGIOSA E LAICITÀ

Per la sociologia politica la laicità è solamente uno dei modelli di separazione fra poteri politici e poteri religiosi elaborati dalla modernità europea1. Laicità è privatizzazione della religione, ordine sociale monarchico (sotto il primato della politica, ovvero: Stato), regime di civil law, presenza di una religion civile2. Far precedere la laicità o farla seguire da aggettivi (“buona”, “sana”, “mite” ecc.) cambia poco, così come tentare di distinguere tra questa e un “laicismo” (come è mai pensabile andare oltre la pretesa della laicità che è già pretesa di assolutezza?).
Il modello della laicità manifesta una differenza di specie piuttosto che di grado rispetto al modello della libertà religiosa3. Quello della libertà religiosa (non privatizzazione della religione, ordine sociale poliarchico, regime di common law, formazione di una civil religion) è un modello di separazione tra poteri politici e poteri religiosi alternativo al modello della laicità. I due modelli dividono (i poteri politici dai poteri religiosi), ma diversamente. Ciascuno traccia fra i due tipi di potere un muro di separazione che risulta, per così dire, perpendicolare rispetto all’altro. Il muro di separazione eretto dalla laicità corre lungo la linea che separa il pubblico dal privato (attribuendo il pubblico per intero alla politica e così erigendo lo Stato). Il muro di separazione eretto dalla libertà religiosa corre attraverso spazio pubblico precisamente al fine di escludere la possibilità di un’esclusiva attribuzione di questo spazio alla competenza della sola politica e dunque allo scopo di escludere la possibilità che si costituisca uno Stato (nel senso in cui l’Europa continentale ha conosciuto questo fenomeno). Inoltre, dato non irrilevante, la comparsa del modello della laicità è successiva e in controtendenza rispetto alla comparsa del modello della libertà religiosa, per lo meno quanto la “gloriosa” rivoluzione inglese precede quella francese.
Un elemento emblematico della differenza tra i due modelli è offerto dalle nozioni di “libertà religiosa” che ciascuno di essi elabora e istituzionalizza. Secondo il modello della laïcité4 la libertà religiosa è un contenuto come altri della libertà di coscienza, ed è qualcosa dal respiro fondamentalmente privato. Secondo il modello della religious freedom la libertà religiosa è la prima garanzia di ogni altra libertà e dunque anche della stessa libertà di coscienza. In questo modello, infatti, le opere – non solo religiose! – della religione hanno piena dignità pubblica e così offrono un contributo essenziale alla definizione della forma dello spazio pubblico vedendosi attribuito il compito, tra gli altri, di sventare per prime ogni pericolo di egemonia su di esso, innanzitutto da parte della politica.
Per occultare o almeno attenuare l’alternatività di laicità e libertà religiosa di nessuna utilità risulta il ricorso a qualche spericolata etimologia5. Per altro, anche in ambito politico, ci si può imbattere in idee di λαος completamente diverse, letteralmente incommensurabili l’una all’altra: testimonianza eminente ne sono in modi pur tra loro diversi sant’Agostino, Althusius, Locke o Kant da un lato, e dall’altro la scolastica Cinque e Seicentesca, Lutero, Hobbes, Rousseau o Hegel, per far solo alcuni esempi6. Basta pensare al senso e alle forme che la nozione di sovranità assume nella seconda serie, ma non nella prima. Basta pensare al nesso opposto che le due tradizioni istituiscono tra religione ed etica o tra religione e cristianesimo.
Nella laicità i poteri politici si separano dai poteri religiosi, ma sacralizzando se stessi. La laicità non è infatti alternativa al sacro, ma al santo. La verità della laicità, sin dalle sue radici gallicane, e poi rousseauiane e giacobine, è pienamente e drammaticamente visibile nelle religioni politiche Novecentesche.
A confronto con la libertà religiosa, la laicità è prima di tutto effetto di una deformazione radicalmente restrittiva (reazionaria) della istanza ebraico-cristiana7 di separazione tra poteri politici e poteri religiosi. La laicità è secolarizzazione per sostituzione. La laicità è il versante religioso di quella soluzione organizzata del problema dell’ordine sociale che prende il nome di Stato. La laicità è organica a una particolare soluzione monarchica – imperniata cioè su di un solo principio, quello politico – del problema dell’ordine sociale.
La laicità completa il suo autoritratto, e manifesta la propria vocazione ideologica, cercando sempre di accreditarsi come unica forma e dunque come sinonimo di separazione tra poteri politici e poteri religiosi. Nel migliore dei casi, tutto il resto è derubricato dai sostenitori della laicità a variante minore di questa8.
Molti cattolici italiani ed europei sono difensori strenui della laicità e della idea di ordine sociale di cui è espressione9. Sino al punto di vederla anche dove non c’è: nella Costituzione italiana10 o nei testi del magistero conciliare11.
Ora, è fuor di dubbio che le state societies e la laicità di conseguenza, siano messe in crisi dalla globalizzazione12 e che quella in corso sia soprattutto la loro crisi, la crisi di quel mondo di cui erano il fulcro. Parimenti, è fuor di dubbio che sia pienamente legittimo stare in una crisi e battervisi con l’intento di restaurare proprio quell’assetto sociale che la crisi in corso sembra stia spazzando via definitivamente. Come è fuor di dubbio che una scelta del genere o si afferma, oppure, ha per effetto quello di accelerare la scomparsa di ciò che difende.
In queste condizioni un interrogativo è difficilmente evitabile, perlomeno per dei cattolici. La scelta di una difesa a oltranza della laicità e dell’ordine sociale di cui è espressione è davvero senza alternative?
Tuttavia, prima di affrontare questo interrogativo, bisogna chiedersi: come è avvenuto che tanta parte del cattolicesimo dell’Europa continentale (e delle sue ex colonie, ad esempio latinoamericane) ha adottato l’ideologia della laicità?
Nell’affrontare questo interrogativo si terrà presente principalmente il caso italiano.

2. FATTI

Certamente in una sede come questa non è possibile condurre un’indagine storica. Piuttosto ci si limiterà a segnalare qualche evidenza del fatto appena menzionato («la laicità dei cattolici») e si proverà anche a portare qualche giustificazione per lo stupore che si prova nel vedere che questa assimilazione della laicità da parte di tanti cattolici non è stata fermata dall’insegnamento del Vaticano II.
Disponiamo di sufficienti dati sociologici e di abbondante letteratura storiografica per affermare che, perlomeno a partire dal secondo dopoguerra, larghi settori del cattolicesimo dell’Europa continentale, e larghissimi settori delle sue leadership laicali, hanno cominciato ad assumere la laicità come orizzonte del proprio agire, in primo luogo (ma non esclusivamente) proprio di quello politico.
Sul versante italiano la già ricordata sentenza della Corte Costituzionale italiana n. 203/198913 è stata forse l’esempio più eclatante di questa vicenda. Con il decisivo contributo di esponenti “cattolico democratici” vi si definì la laicità principio costituzionale, nonostante della laicità la nostra Carta non contenga né i dispositivi tipici né il mero termine.
Due altri esempi, tra i tanti che potrebbero essere portati, offrono testimonianze solide della misura nella quale l’ideologia della laicità si è diffusa tra i cattolici.
Da almeno trent’anni i settori di cattolicesimo che hanno fatto della laicità una propria bandiera largamente coincidono con i settori che più intensamente denunciano l’abbandono e il tradimento del magistero conciliare. Il Vaticano II, però, con la Dignitatis humanae14, aveva preso e percorso la strada della libertà religiosa e non quella della laicità. Come nella costituzione italiana, così nei documenti del Concilio non solo non c’è traccia del modello della laicità, ma neppure della parola15.
Risalendo nel tempo, troviamo che nel novembre 1946 i cardinali e gli arcivescovi francesi avevano pubblicato una delle prime, più autorevoli e più influenti prese di posizione ecclesiali a favore della laicità16. Lo Stato vi viene presentato come un potere che legittimamente avanza la pretesa di una competenza esclusiva sull’intero ordine mondano con il compito di realizzarvi il bene comune. Nel migliore dei casi ci si illudeva di poter distinguere un potere mondano onnipotente dalla ideologia che lo ispirava.
Se risaliamo ancora nel tempo e dirigiamo lo sguardo verso le radici del pensiero politico giacobino – entro il quale prende forma la laicità come oggi la conosciamo – incontriamo quella ideologia politico-ecclesiastica che fu il gallicanesimo. Né giacobinismo né gallicanesimo perseguivano innanzitutto l’eliminazione del cristianesimo e della Chiesa dalla scena sociale, bensì la sua sottomissione al potere dello Stato. È per questo progetto che il gallicanesimo risultò prima approssimazione moderna a un regime di religione politica. R. Hittinger ha opportunamente notato come l’opposizione del magistero pontificio alle pretese del gallicanesimo e dei suoi equivalenti in altri teatri nazionali dovette prendere le mosse dalla critica della ecclesiologia nella quale l’uno e gli altri trovavano le proprie basi17. Insomma, la laicità dei cattolici ha radici lontane e molto profonde.
Nella sua opera su agostinismo e teologia moderna, Henri De Lubac aveva esplicitamente indicato l’effetto laicizzante prodottosi con l’affermazione dell’idea di natura pura nella scolastica successiva a san Tommaso18. All’ombra di questa idea maturò una visione della politica radicalmente diversa da quella elaborata su basi agostiniane. Basti pensare alla differenza che corre tra la attribuzione all’autorità politica di un fondamento pre- o post-lapsario19, precedente...

Indice dei contenuti

  1. La pretesa
  2. Colophon
  3. Indice
  4. Dedizione
  5. Introduzione
  6. 1. Sulla laicità dei cattolici
  7. 2. Una autonomia equivoca
  8. 3. Le ragioni dell’alternativa
  9. Conclusione