A proposito di Rousseau
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Una delle pagine più belle della vita di David Hume è costituita dal suo soggiorno a Parigi, dopo la guerra dei Sette Anni. Ha accompagnato Lord Hertford, ambasciatore presso la corte di Francia, ricoprendo dapprima la carica di segretario d'ambasciata e poi, per alcuni mesi, quella di incaricato d'affari. Hume ha avuto una trionfale accoglienza da parte degli Enciclopedisti, in particolare da d'Alembert e d'Holbach. Intanto, dopo essere stato espulso dalla Francia, Rousseau era costretto ad abbandonare anche il territorio elvetico. Su pressioni di varie personalità dell'epoca, Hume accetta di procurare al ginevrino un asilo in Inghilterra. E i due partono assieme nei primi giorni di gennaio del 1766 per Londra. Dai convenevoli che reciprocamente si rivolgono, sembra che le cose debbano andare nel migliore dei modi. Ma presto, a seguito della pubblicazione di una lettera di scherno scritta da Horace Walpole in danno di Rousseau, e pubblicata in Francia e in Inghilterra, i rapporti giungono a una completa rottura. L'opinione pubblica di Londra, Parigi, Berlino e delle principali città elvetiche si appassiona alla faccenda. Hume, consigliato da d'Alembert e d'Holbach, predispone un "resoconto", che esce dapprima in Francia e subito dopo in Inghilterra, da cui emergono chiaramente le diverse personalità dei due protagonisti. La vicenda assume tuttavia un valore ancora maggiore: perché serve contestualmente a gettare luce sull'insanabile contrapposizione politico-culturale, spesso ignorata o taciuta, che separava Rousseau, oltre che da Hume, dai principali esponenti dell'Illuminismo francese. Le lettere di d'Alembert, d'Holbach e Voltaire, raccolte in appendice al volume, ne sono significativa testimonianza.

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Informazioni

Anno
2017
ISBN
9788849850949

A proposito di Rousseau

Avvertenza dei curatori francesi

IL NOME E LE OPERE DEL SIGNOR HUME sono da tempo ben noti in tutta Europa. Inoltre, coloro che lo conoscono di persona hanno trovato, nel candore e nella semplicità dei suoi modi, quell’imparzialità e ingegnosità che distinguono il suo carattere e che si riflettono nei suoi scritti.
Egli ha usato il grande talento che ha ricevuto dalla natura e il sapere che ha acquisito con lo studio per cercare la verità e per promuovere la bontà del genere umano. Non ha mai sprecato il suo tempo o sacrificato la sua serenità in alcuna disputa letteraria o personale. Ha visto con amarezza i suoi scritti frequentemente censurati dal fanatismo, dall’ignoranza e dallo spirito di parte, e non ha mai risposto a uno solo dei suoi avversari.
Le stesse persone che hanno attaccato con la massima veemenza le sue opere hanno sempre rispettato la sua persona. Il suo amore per la pace è talmente noto che le critiche a lui rivolte gli sono state spesso sottoposte dai medesimi autori, affinché le esaminasse e le correggesse. In particolare, un giorno gli è stata mostrata una di tali critiche, in cui egli veniva trattato in maniera molto rude e perfino ingiuriosa. Lo ha fatto notare all’autore, il quale ha cancellato le ingiurie, è arrossito, e si è meravigliato dello spirito polemico che lo aveva trascinato, senza che se ne fosse accorto, al di là dei limiti della verità e della decenza.
Con un’indole così pacifica, è con estrema riluttanza che il signor Hume ha acconsentito alla pubblicazione delle pagine che leggeremo. Egli è consapevole del fatto che i litigi fra letterati sono lo scandalo della filosofia; nessuno al mondo è meno portato di lui a dare simile scandalo, così confortante per gli stolti. Le circostanze sono state però tali che lo hanno trascinato, suo malgrado, in questa spiacevole vicenda.
Tutti sanno che il signor Rousseau, proscritto quasi in ogni luogo in cui ha abitato, aveva alla fine deciso di rifugiarsi in Inghilterra e che il signor Hume, colpito dalla sua situazione e dalle sue disgrazie, si era assunto l’incarico di portarlo con sé, riuscendo anche a procurargli un asilo sicuro, comodo e tranquillo. Pochi tuttavia sanno quanta premura, quanta operosità e perfino delicatezza il signor Hume abbia messo in questo atto di generosità; quanto affettuoso attaccamento egli ha maturato nei confronti di questo nuovo amico che l’umanità gli ha donato; con quanta accortezza egli ha cercato, senza ferirne l’orgoglio, di anticipare le sue necessità; in breve, con quanto zelo egli si è infine impegnato a giustificare agli occhi degli altri le eccentricità del signor Rousseau e a difendere il suo carattere contro coloro che non erano disposti a giudicarlo in modo così favorevole quanto lui.
Proprio mentre si stava adoperando per rendere al signor Rousseau il più importante servigio, il signor Hume ha ricevuto la più insolente e ingiuriosa lettera. Il colpo è stato tanto inaspettato quanto duro e doloroso. In merito a questa singolare vicenda, il signor Hume ha scritto ad alcuni suoi amici a Parigi; e si è espresso nelle sue lettere con tutta l’indignazione ispiratagli da un comportamento così strano. Si è ritenuto dispensato da ogni riguardo per un uomo che, dopo aver ricevuto da lui i più certi e costanti segni di amicizia, lo ha senza motivo accusato di essere falso, traditore e il più cattivo degli uomini.
La disputa fra queste due persone celebri non ha tardato a fare rumore. Il biasimo del signor Hume è giunto presto a conoscenza del pubblico, inizialmente assai poco disposto a credere che il signor Rousseau fosse responsabile dell’eccesso di ingratitudine di cui veniva accusato. Perfino i suoi amici hanno temuto che, nell’immediata reazione, il signor Hume si fosse lasciato trascinare troppo oltre e che avesse imputato a intenzionali delitti del cuore i deliri dell’immaginazione o la mancanza di una comprensione dei fatti. Egli ha perciò ritenuto necessario chiarire la vicenda, scrivendo un preciso resoconto di tutto ciò che, dall’inizio del loro rapporto fino alla rottura, è avvenuto fra lui e il signor Rousseau. Ha inviato tale scritto ai suoi amici; alcuni gli hanno consigliato di farlo stampare, facendogli presente che, dal momento che le accuse contro il signor Rousseau erano divenute di pubblico dominio, anche le prove avrebbero dovuto esserlo. Il signor Hume non si è fatto vincere da tali ragioni. Piuttosto che esporsi a un clamore così contrario alla sua indole, ha preferito correre il rischio di essere ingiustamente giudicato. Ma un nuovo avvenimento ha alla lunga vinto la sua resistenza. Il signor Rousseau ha indirizzato una lettera a un libraio di Parigi, in cui accusa senza mezzi termini il signor Hume di essersi alleato con i suoi nemici per tradirlo e diffamarlo e in cui lo sfida apertamente a pubblicare i documenti in suo possesso. Tale lettera è stata inviata a Parigi a un gran numero di persone; è stata tradotta in inglese e la sua traduzione è stata pubblicata sui giornali di Londra. Un’accusa e una sfida ormai di pubblico dominio non avrebbero potuto rimanere senza risposta; un silenzio prolungato da parte del signor Hume sarebbe stato interpretato in modo a lui poco favorevole.
Inoltre, la notizia di questa disputa si è diffusa in tutta Europa, alimentando giudizi di vario tipo. Indubbiamente, se tutta questa faccenda fosse stata sepolta nell’oblio e fosse rimasta un profondo segreto, sarebbe stato meglio; tuttavia, non essendo stato possibile impedire che il pubblico ne venisse a conoscenza, occorre almeno che si sappia a che cosa attenersi. Gli amici del signor Hume sono stati concordi nell’esporgli tutte queste ragioni, dalla cui forza egli è stato alla fine convinto; e, avvertendo la necessità, ha consentito, sebbene con riluttanza, che venisse stampato il suo memoriale.
La narrazione e le note sono state tradotte dall’inglese1. Le lettere del signor Rousseau, che servono da pezze d’appoggio ai fatti, sono le copie esatte degli originali2.
Questo resoconto mostra molte particolari circostanze e singolarità, che sembreranno abbastanza strane a quanti si daranno la pena di esaminarle. Coloro che non sceglieranno di prendersi tale disturbo faranno probabilmente meglio; per quel che riguarda i contenuti, hanno poca importanza per coloro che non sono immediatamente interessati.
Nel complesso, rendendo pubblici gli autentici termini della disputa, il signor Hume ci ha autorizzati a dichiarare che mai più riprenderà la penna su tale argomento. Il signor Rousseau può tornare alla carica; può proporre insinuazioni, alterazioni dei fatti, illazioni e nuove declamazioni; può creare e fabbricare nuovi fantasmi, avvolgere il tutto nelle nubi della sua retorica; egli non sarà più contraddetto. Tutti i fatti sono ora davanti agli occhi del pubblico3. Il signor Hume affida la sua causa al giudizio di ogni uomo sensato e probo.
1 agosto 1766
I miei rapporti con il signor Rousseau hanno avuto inizio nel 1762, allorché le autorità di Parigi, in occasione della pubblicazione dell’Émile, hanno emanato un provvedimento di arresto nei suoi confronti. Mi trovavo allora a Edimburgo. Una persona di grande merito mi ha scritto da Parigi, dichiarandomi che il signor Rousseau avrebbe voluto chiedere asilo in Inghilterra e desiderava che interponessi i miei buoni uffici. Poiché ho pensato che il signor Rousseau volesse realmente realizzare questo suo progetto, mi sono rivolto ad alcuni miei amici di Londra, per raccomandare loro questo celebre esule. Ho scritto immediatamente anche allo stesso signor Rousseau per assicurargli il mio desiderio di favorirlo e la mia disponibilità a servirlo. Nel contempo, se ciò fosse stato a lui gradito, l’ho invitato a venire a Edimburgo, offrendogli ospitalità a casa mia per tutto il periodo che si sarebbe compiaciuto di dividerla con me. Per essere spinto a questo atto umanitario, non avrei avuto bisogno di altro motivo all’infuori dell’idea del carattere del signor Rousseau, trasmessami dalla persona che me lo aveva raccomandato, della fama del suo genio, delle sue capacità e, soprattutto, delle sue disgrazie, la cui stessa causa era una ragione in più per impegnarmi a suo favore. Ecco la risposta che ho ricevuto.

Il signor Rousseau al signor Hume

Môtiers-Travers, 19 febbraio 1763
È soltanto qui, signore, che ho ricevuto, e da poco, la lettera che, supponendo che mi trovassi in quella città, mi avete fatto l’onore di indirizzarmi a Londra lo scorso 2 luglio. Se avessi previsto l’accoglienza che mi è stata riservata in patria, sarebbe stato indubbiamente nella vostra nazione, e il più possibile vicino a voi, che avrei cercato ospitalità. Non esiste altro paese che possa preferire all’Inghilterra. L’accusa con la quale sono stato fin troppo punito mi sarebbe potuta allora essere risparmiata; ma con mio grande stupore, e perfino con quello del pubblico, non ho avuto altro che affronti e oltraggi, là dove mi sarei aspettato, se non della riconoscenza, almeno del conforto. Quante cose mi hanno fatto rimpiangere l’asilo e l’ospitalità filosofica che avrei potuto trovare presso di voi! Le mie disgrazie mi hanno sempre spinto verso tale strada.
La protezione e le cortesie di Milord il Maresciallo1, vostro illustre e degno compatriota, mi hanno fatto avere qui, per così dire, la Scozia nel bel mezzo della Svizzera; vi hanno reso presente ai nostri colloqui; mi hanno fatto conoscere le vostre virtù, mentre conoscevo solamente i vostri talenti; mi hanno ispirato la più tenera amicizia per voi e il più ardente desiderio di ottenere la vostra, ancor prima che potessi conoscere la disponibilità a concedermela. Avendo ora scoperto questa simpatia reciproca, giudicate voi con quale piacere mi potrò consegnare a essa. No, signore, quando per voi non avevo altro che dell’ammirazione, non vi rendevo che la metà di ciò che vi è dovuto. Se ad avvicinarmi a voi non ci fosse il vostro buon cuore, sarebbero le vostre grandi idee, la vostra sorprendente imparzialità e il vostro genio a elevarvi assai al di sopra degli uomini. Insegnandomi a vedervi più amabile che sublime, Milord il Maresciallo mi rende la vostra compagnia ogni giorno più desiderabile e alimenta la mia volontà di concludere i miei giorni accanto a voi. Signore, una salute migliore e una situazione più tranquilla possano, così come l’avrei desiderato, consentirmi di fare questo viaggio! Non posso che sperare di ritrovarci un giorno riuniti con Milord nella vostra patria comune, che diventerebbe anche la mia!
In una società così dolce, benedirei le disgrazie da cui sono stato sospinto, e crederei di aver iniziato a vivere soltanto a partire dal giorno in cui l’avrei raggiunta. Possa io vedere questo giorno felice, più desiderato che sperato! Toccando quella terra fortunata dove sono nati David Hume e il Maresciallo di Scozia, con trasporto esclamerei:
Salve, fatis mihi debita tellus!
Hoec domus, hoec patria est2.
J. J. R.
° ° °
Non è per vanità che pubblico questa lettera; lo si potrà vedere fra poco, quando porrò sotto gli occhi del lettore una ritrattazione di tutti questi elogi. Lo faccio soltanto per rendere completo lo sviluppo della nostra corrispondenza e per mostrare che è da molto che avevo dato la disponibilità ad aiutare il signor Rousseau.
I nostri rapporti si sono del tutto interrotti fino alla metà dello scorso autunno (1765), allorché sono stati rialimentati dal seguente episodio. Una certa signora che conosce il signor Rousseau, avendo compiuto un viaggio in una delle province della Francia posta ai confini con la Svizzera, ha colto l’occasione per far visita al filosofo solitario nel suo ritiro di Môtiers-Travers. Egli ha detto a tale signora che il soggiorno di Neuchâtel gli stava diventando estremamente sgradevole, sia per la superstizione del popolo, sia per il risentimento che il clero manifestava nei suoi confronti. Temeva di essere ben presto nella necessità di cercare asilo altrove; nel qual caso, l’Inghilterra gli sembrava, per la natura delle sue leggi e del suo governo, l’unico luogo in cui si sarebbe potuto ritirare in totale sicurezza: egli ha aggiunto che Milord il Maresciallo, che era stato suo precedente protettore, gli aveva consigliato di mettersi sotto la mia protezione (è questa l’espressione che si è compiaciuto di utilizzare) e che, se avesse pensato di non arrecarmi troppo disturbo, si sarebbe di conseguenza rivolto a me.
Ero allora incaricato d’affari presso l’ambasciata d’Inghilterra alla corte di Francia; tuttavia, poiché mi si prospettava la possibilità di rientrare presto a Londra, non ho rifiutato una richiesta che mi veniva fatta in circostanze simili da un uomo che il genio e le disgrazie avevano reso celebre. Appena sono stato informato della situazione e delle intenzioni del signor Rousseau, gli ho perciò scritto, per offrirgli i miei servigi; egli mi ha inviato la seguente risposta.

Il signor Rousseau al Signor Hume

Strasburgo, 4 dicembre 1765
Le vostre cortesie, signore, tanto mi toccano quanto mi onorano. La risposta più degna che possa dare alla vostra proposta è accettarla, e lo faccio. Partirò fra cinque o sei giorni per mettermi nelle vostre mani. È il consiglio di Milord il Maresciallo, mio protettore, mio amico, mio padre; è quello di Madame***3, la cui benevolenza illuminata tanto mi guida quanto mi conforta; infine, oso dire che il mio stesso cuore si compiace di indebitarsi con il più illustre dei miei contemporanei, la cui bontà supera la gloria. Anelo a un ritiro solitario e libero, dove possa finire i miei giorni in pace. Se le vostre benevole premure me lo procurano, godrò contemporaneamente del solo bene che il mio cuore desidera e del piacere di averlo ottenuto per il vostro tramite. Vi saluto, signore, con tutto il mio cuore.
J. J. R.
° ° °
Non avevo aspettato questo momento per occuparmi dei mezzi che mi avrebbero permesso di essere utile al signor Rousseau. Il signor Clairaut, qualche settimana prima della sua morte, mi aveva trasmesso la seguente lettera.

Il signor Rousseau al signor Clairaut

Môtiers-Travers, il 3 marzo 1765
Il ricordo, signore, delle vecchie cortesie che avete avuto per me m’induce a importunarvi ancora. Si tratterebbe di voler essere, per la seconda volta, il revisore di una delle mie opere. È una pessima rapsodia che ho compilato qualche anno fa con il titolo di Dictionnaire de Musique e che oggi sono costretto a pubblicare per guadagnarmi il pane. Nel torrente delle disgrazie che mi trascina, non sono in grado di rivedere questa raccolta. So che è piena di errori e di abbagli. Se qualche interesse per la sorte del più infelice degli uomini vi inducesse a vedere la sua opera con un po’ di attenzione in più rispetto a quella rivolta ad altri, vi sarò vivamente grato per tutti gli errori che man mano vorrete correggere. Indicarli senza correggerli non servirebbe a niente, perché non sono assolutamente in grado di dedicare a tale lavoro la minima attenzione e, se voi vi degnaste di utilizzare la mia raccolta come vostra, per modificare, aggiungere o sopprimere, compirete una carità molto utile, di cui vi sarei molto riconoscente. Ricevete, signore, le mie scuse più umili e i miei saluti.
J. J. R.
° ° °
Lo dico con riluttanza, ma ne sono costretto: oggi so con certezza che questa ostentazione di miseria e di angoscia estrema non è altro che una piccola ciarlataneria, di cui il signor Rousseau si serve con successo per rendersi più interessante e per suscitare la commiserazione del pubblico. Ma allora ero ben lungi dal sospettare un simile artificio. Sentivo sorgere nel mio cuore un moto di pietà, mescolato all’indignazione, pensando che, malgrado la semplicità del suo modo di vivere, un letterato dai meriti così eminenti fosse ridotto all’estrema indigenza e che questo stato infelice fosse reso ancora più grave dalla malattia, dall’avvicinarsi della vecchiaia e dall’implacabile rabbia dei suoi persecutori religiosi.
Sapevo che numerose persone attribuivano lo stato spiacevole nel quale si trovava il signor Rousseau al suo eccessivo orgoglio, che lo aveva spinto a rifiutare l’aiuto dei suoi amici. Ma ritenevo che tale difetto, se foss...

Indice dei contenuti

  1. A proposito di Rousseau
  2. Colophon
  3. Prefazione di Lorenzo Infantino
  4. A Proposito di Rousseau
  5. Appendice
  6. Indice