L'impegno
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Come la Chiesa italiana accompagna la società nella vita di ogni giorno

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Come la Chiesa italiana accompagna la società nella vita di ogni giorno

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La Chiesa oggi nel suo affiancare e accompagnare la società riproduce ancora quell'opera di carità che riecheggia più volte nelle Sacre Scritture? In queste pagine ci sono tanti esempi concreti e tante cifre che, con linguaggio oggettivo, evidenziano quella trama di fratellanza che il mondo cattolico riesce ancora a tessere, con grandi sacrifici, dentro una società per molti versi smarrita. L'indagine non pretende di essere esaustiva, ma di offrire a tutti la possibilità di prendere coscienza della realtà di un'opera, quella della Chiesa in campo sociale, che integra in misura non irrilevante quella dello Stato. La Chiesa è vicina più di ogni altra istituzione a persone e situazioni: riesce dunque a intravedere prima degli altri l'approssimarsi della tempesta. Non a caso la grave crisi economica in cui siamo immersi è stata preannunciata dalle «antenne» della Caritas prima che dalle previsioni ragionate degli economisti. È un gran lavoro quello fatto con amore dal mondo cattolico, che spesso agisce con molta discrezione nell'accompagnare l'uomo, centro del suo interesse, nelle sue fragilità. Tamponando le emergenze, ma anche stimolando la solidarietà, sa affrontare i problemi in modo strutturale. La Chiesa incontra e dà una mano. Lo può fare, perché pure essa è sostenuta da Qualcun altro. Specie quando, realtà umanissima e quindi imperfetta, cade.

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Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788849836455

1.
La Chiesa e gli oratori

1. E neanche un prete per chiacchierar

«SEMBRA QUANDERO ALLORATORIO, con tanto sole, tanti anni fa...»: chi – oltre i cinquant’anni – non ha almeno una volta canticchiato Azzurro di un Celentano d’annata (1968 per la precisione)? In meno conosceranno invece Oratorium degli insospettabili «Elio e le storie tese», datata 2004, nostalgica e bonaria evocazione di spuma e palloni, omini del calcetto senza testa, amicizie e liquirizie colorate. In tanti poi sapranno che su quei campi spesso polverosi sono cresciuti campioni di calcio come Facchetti e i Baresi, Rivera e Boninsegna, Tardelli, Toldo, Albertini e altri. Non è un caso che provengano tutti dal Centro-Nord: tra i circa seimila oratori esistenti, circa la metà sono oggi lombardi. Per parte nostra, dell’oratorio parrocchiale di Giubiasco (nel Canton Ticino) ricordiamo le interminabili partite di calcio, le tombole, i lupetti e gli scout, gli spettacoli teatrali, film proiettati più volte come l’impressionante Piccoli martiri (sullo sfruttamento feroce del lavoro minorile), l’apologetico L’assedio dell’Alcazar (sulla Guerra di Spagna 1936-’39), l’immortale Don Camillo, il drammatico La terra trema… e poi le riunioni di Azione cattolica in anni ricchi di fermenti postconciliari. Insomma l’oratorio, in quegli anni Sessanta, per tanti era il luogo principe dell’esperienza extrascolastica al di fuori della famiglia. I tempi poi sono cambiati e anche l’oratorio ha perso incisività nei decenni successivi (in parallelo con la crisi progressiva delle istituzioni e degli agenti educativi fino ad allora dominanti). Da qualche anno però si notano segni evidenti di un’inversione di tendenza, di una rivitalizzazione dell’oratorio considerato come luogo di formazione integrale della persona, di educazione e di servizio, di cui l’attività sportiva è parte ineludibile. Nell’incontro di sabato 2 giugno 2012 allo stadio di san Siro con decine di migliaia di cresimandi papa Benedetto XVI l’ha così definito: «L’oratorio, come dice la parola, è un luogo dove si prega, ma anche dove si sta insieme nella gioia della fede, si fa catechesi, si gioca, si organizzano attività di servizio e di altro genere. Siate frequentatori assidui del vostro oratorio, per maturare sempre più nella conoscenza e nella sequela del Signore!».
Del resto non casualmente la Chiesa italiana ha deciso di approfondire in questo secondo decennio del XXI secolo la «sfida educativa», sviluppando in quest’ambito con serietà d’impegno e «fantasia creativa» quegli interventi atti ad attenuare la drammaticità di una situazione già di per sé molto complessa. L’oratorio è secondo tradizione aperto a tutti, senza distinzione di colore e ciò che vi cresce va dunque a beneficio non solo del mondo cattolico, ma dell’intera comunità nazionale. Certo la Chiesa l’ha «inventato» attraverso l’opera lungimirante delle congregazioni religiose: nel Cinquecento incominciò san Filippo Neri, poi nell’Ottocento ecco san Giovanni Bosco (con il «modello» più conosciuto, quello dell’oratorio salesiano), i Canossiani, i Giuseppini del Murialdo, i Giuseppini di Asti, i Francescani, gli Orionini. Oggi sono diverse le associazioni ecclesiali che accompagnano la vita oratoriana, dal «Forum oratori italiani» (coordinamento a livello nazionale) all’«Associazione nazionale San Paolo Italia» (ANSPI, 1.800 società, 270.000 associati), dalle «Polisportive giovanili salesiane» (PGS, 1.200 società, 100.000 tesserati) a «Noi Associazione» (1.350 circoli) e altri ancora. Il Centro sportivo italiano (CSI) – l’organizzazione di gran lunga più numerosa – ha tra i suoi ambiti fondamentali di riferimento gli oratori, sulla cui valenza sportivo-educativa ha deciso di puntare con forza rinnovata.

2. Una società sportiva in ogni parrocchia: la campagna del Centro sportivo italiano

Dapprincipio c’era la Federazione associazioni sportive cattoliche italiane (F.A.S.C.I), nata nel 1906, autoscioltasi nel 1927 dopo che il regime fascista aveva sempre più limitato la sua libertà d’azione fino a pressoché paralizzarne l’attività. La F.A.S.C.I. però risorge con altro nome nel 1944: nasce all’ombra dei campanili – come emanazione della Gioventù italiana di Azione cattolica e su impulso di Luigi Gedda – il Centro sportivo italiano (CSI) che dal 1971 comprenderà anche l’omologa associazione femminile. Si noterà che nella sigla CSI non c’è più il termine «cattolico», proprio a significare la volontà di non legare necessariamente la fede allo sport. Alla fine degli anni Sessanta il CSI si svincolerà dall’Azione cattolica, il che comporterà anche un processo di laicizzazione al suo interno.
Nell’articolo 1 dello Statuto in vigore il CSI dichiara di promuovere «un movimento sportivo che vive l’esperienza dello sport come momento di educazione, di crescita, di impegno e di aggregazione sociale, ispirandosi alla visione cristiana dell’uomo e della storia nel servizio alle persone e al territorio». Il CSI è riconosciuto dalla CEI come associazione ecclesiale e conta oggi circa 980mila tesserati, centomila tra allenatori, animatori, arbitri, giudici, dirigenti, oltre 13.500 società sportive, circa 40mila squadre. Resta famosa la frase con cui papa Pio XII, nel 1954, ribadiva il «mandato» del CSI: «Lievito di cristianesimo voi dunque sarete negli stadi, sulle strade, sui monti, al mare, ovunque si innalzi con onore il vostro vessillo». Parole di quasi settant’anni fa,che conservano una loro validità ma vanno reinterpretate nella prassi quotidiana secondo nuove modalità, quelle più adatte a farsi conoscere e capire dal mondo attuale, molto diverso dall’epoca postbellica.
Dell’attività del CSI in ambito oratoriano parliamo con Michele Marchetti, responsabile nazionale della formazione, che ci spiega come agli inizi del nuovo secolo il CSI abbia sentito l’esigenza di rilanciare l’oratorio come ambito educativo privilegiato. Da ciò nasce ad esempio la campagna A scuola di valori in parrocchia: «La parrocchia, importante elemento della proposta per un’alleanza educativa, stava in crisi […] il CSI ha ritenuto di darle una mano». Tale campagna, durata dal 2001 al 2008, era basata sul potenziamento della formazione degli animatori: la risposta di tante parrocchie è stata positiva, con un forte incremento (sulle centomila unità) dei nuovi iscritti al CSI. Costo della campagna? Circa 800.000 euro, per un ottavo versati dalla CEI.
Nel 2012 si è avviata una nuova campagna a lungo termine, intitolata «Un gruppo sportivo in ogni parrocchia». In circa la metà delle oltre 25mila parrocchie italiane non si praticano attività sportive. L’obiettivo del CSI (che è già presente in 7mila parrocchie) è quello di costruire, entro il 2020, un campo da gioco proprio nelle 13mila parrocchie in cui oggi non c’è. Si è convinti che la parrocchia «sportiva» abbia una marcia in più, perché sa aggregare meglio la comunità. Nell’ambito di tale progetto ogni anno vengono proclamati alcuni «ambasciatori dello sport in oratorio» (tra i primi Emiliano Mondonico e Bruno Pizzul), che si impegnano in una campagna pubblicitaria ad hoc e anche a incontrare giovani tesserati negli oratori in cui sono cresciuti. La collaborazione con la Lega calcio ha poi già dato risultati significativi: gli importi delle multe di Serie A comminate dal giudice sportivo saranno destinate a finanziare il calcio negli oratori. E nel 2013 parte anche la prima edizione della «Junior Tim Cup- Il calcio negli oratori» in sedici città italiane (tutte quelle in cui c’è una squadra di Serie A: saranno coinvolti nel torneo di calcio a 7 oltre 500 oratori e 6mila ragazzi).
Marchetti evidenzia due elementi che rendono l’oratorio un ambito educativo tanto importante quanto necessario oggi. Il primo è la fisicità che in oratorio si può esprimere pienamente. Quanti ragazzi oggi passano pomeriggi interi di vacanza al computer o con i videogiochi, con poca voglia di muoversi all’aperto? Manca in loro la necessaria fisicità: non sanno più conoscere lo spazio e gestirlo con altri, limitano anche la conoscenza delle capacità del proprio corpo. Il secondo elemento? L’oratorio fa capire la differenza tra finalità (esempio facile: vincere il campionato) e obiettivi parziali (vincere la partita). La confusione tra i due aspetti è una delle caratteristiche dei nostri tempi.
L’oratorio previene (come diceva don Bosco) la dispersione, la strada, insomma con tutti i suoi rischi e le storie disperate. E promuove, fa crescere l’uomo e il cittadino. In tal senso è particolarmente importante il tentativo di valorizzare gli spazi educativi non solo ma soprattutto nell’Italia meridionale: vedi i progetti per Bari e per Catania. Non è un caso che a Sud i pochi oratori disponibili siano strapieni.
Con la proposta di legge Volonté/Buttiglione, approvata dalla prima commissione della Camera il 23 luglio 2003, lo Stato riconosce la funzione sociale in particolare (ma non soltanto) degli oratori e l’opportunità di una loro valorizzazione. È così che diverse Regioni, irregolarmente e in misura molto diversa, hanno in questi anni votato alcuni contributi agli oratori: per il 2011 circa 19 i milioni erogati dalle Regioni.

3. 210 milioni di euro il contributo ecclesiale annuo attraverso gli oratori

In che misura contribuisce il mondo ecclesiale, attraverso l’attività dell’oratorio aperto a tutti, al crescere della comunità nazionale? Non è certo facile quantificare in modo verosimile il contributo complessivo. Sappiamo che, restando al CSI, il 95% del suo personale è composto di volontari, dunque circa 95.000. In questi ultimi anni sono stati sviluppati degli studi scientifici molto complessi, miranti a stabilire un controvalore in euro del lavoro dei volontari nei settori più svariati. Diversi i metodi di calcolo, diversi i risultati cui si perviene adottando l’uno o l’altro (chi vuole approfondire la questione legga il Rapporto del marzo 2011 su La valorizzazione economica del lavoro volontario nel settore non profit, frutto della collaborazione tra CNEL e ISTAT). Nel mondo sportivo, a partire dal CONI, si condivide l’idea che il lavoro volontario (non a livello superiore) «valga» in media 11 euro l’ora. E il CSI ha calcolato che i suoi volontari offrano ogni anno circa 15.000.000 ore di impegno gratuito. Il controvalore economico di tale lavoro si aggira così attorno ai 165.000.000 di euro. Aggiungiamoci i costi di luce, gas, acqua e arriviamo facilmente almeno a 180.000.000 di euro. Tutto ciò ingloba il contributo del solo Centro sportivo italiano. Considerando anche le cifre riguardanti società e tesserati fornite dalle altre associazioni oratoriane (pure animate in parte grandissima da volontari) e deducendo il contributo annuo regionale (nel 2011 come detto di circa 19 milioni di euro) è verosimile fissare a 210.000.000 di euro annui il contributo che la Chiesa dà alla comunità nazionale attraverso l’attività di oratorio.

2.
La Chiesa nelle realtà caritative parrocchiali

1. La parrocchia come Chiesa in mezzo alle case degli uomini

TRA LE STRUTTURE ECCLESIALI deputate a vivere in maniera concreta la virtù della carità la parrocchia occupa un posto preminente. Sui suoi compiti molteplici così si esprimeva esemplarmente Giovanni Paolo II al numero 27 dell’Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici, firmata il 30 dicembre 1988: «Se la parrocchia è la Chiesa in mezzo alle case degli uomini, essa vive e opera profondamente inserita nella società umana e intimamente solidale con le sue aspirazioni e i suoi drammi». Come traducono le parrocchie italiane oggi tali parole, nella difficile concretezza quotidiana? Approfondiamo l’esempio di una grande parrocchia romana.

2. Le opere di misericordia a Sant’Ippolito martire a Roma

Salendo, nel quartiere Nomentano-Italia, da piazza delle Provincie verso piazza Bologna, dopo poco si nota sulla destra un complesso di edifici in mattoni di sapore francescano. Ampia la scalinata che conduce a un portale sovrastato da una scritta di benvenuto, quella che ci si attende: Pax et bonum. Costruita dall’architetto Clemente Busiri Vici nel 1933-’34 e benedetta il 23 dicembre di quest’ultimo anno, fu aperta al culto per la successiva Messa di mezzanotte, definitivamente il 29 dicembre. I frati cappuccini piemontesi, cui fu affidata, la mantennero nelle loro mani fino al 1985, anno in cui subentrò nella conduzione il clero secolare romano. Anche le suore sacramentine, che avevano accompagnato la parrocchia dalla nascita (nove di loro perirono nel bombardamento alleato del 14 marzo 1944), hanno svolto il loro prezioso servizio fino al 2006.
Oggi la parrocchia di S. Ippolito martire, come rileva il parroco don Mauro Cianci (che è affiancato da due viceparroci, cinque collaboratori parrocchiali e un diacono), si estende su un territorio abitato da quasi 50mila persone, in larga maggioranza almeno anagraficamente cattoliche: da notare presenze ebraiche e ortodosse (molte le badanti) assai consistenti. La frequenza alla messa domenicale non è irrilevante: si stimano a cinque-seimila i fedeli che a cadenza settimanale riempiono la chiesa di 1.200 posti. Chi va a Sant’Ippolito nota subito la forte presenza giovanile, derivata dalla vicinanza dell’università La Sapienza. Tale presenza si riflette molto positivamente sull’attività sociale della parrocchia e anche, ad esempio, sull’animazione liturgica: a Sant’Ippolito si canta molto (“Chi canta bene, prega due volte”, scrive sant’Agostino) durante le messe domenicali grazie anche all’accompagnamento di cori intonati (osservazione tutt’altro che banale e scontata), che in occasioni speciali come il concerto di Natale – prezzo del biglietto? Un chilo di pasta, una scatola di tonno… – confluiscono nel grande coro parrocchiale «56 Notes».
Dal 2010, per un paio d’anni, la parrocchia ha riflettuto sulle opere di misericordia corporale e spirituale, traendo spunto dal versetto di Matteo (25,40) che «incorona» il presbiterio: Quello che avete fatto al più piccolo fra voi. Nell’attuale anno pastorale il cammino della comunità è focalizzato sul «Padre nostro» («Abbà, padre»). I fedeli rispondono agli appelli per una solidarietà hic et nunc: lo si evince dalla generosità con cui prestano la loro opera nelle attività sociali. Osserva don Mauro che le offerte, sia in denaro che alimentari, sono aumentate in questo ultimo periodo: «Noi non chiediamo mai soldi direttamente… ma la gente vede e apprezza l’uso che ne facciamo: perciò continua a dare». Le entrate della parrocchia sono per i quattro quinti costituite dalle offerte durante le messe e per la celebrazione di messe. Sant’Ippolito ha così la possibilità di contribuire al fondo di solidarietà del Vicariato per l’aiuto alle parrocchie più bisognose. Oltre la metà delle offerte domenicali (in totale mediamente tra 1.500 e 1.800 euro) va per i setto...

Indice dei contenuti

  1. L’impegno
  2. Colophon
  3. Introduzione
  4. 1. La Chiesa e gli oratori
  5. 2. La Chiesa nelle realtà caritative parrocchiali
  6. 3. La Chiesa e la mensa dei poveri
  7. 4. L’aiuto attraverso lo strumento del Banco alimentare
  8. 5. La Chiesa e i fondi di solidarietà
  9. 6. La Chiesa e la scuola paritaria cattolica
  10. 7. La Chiesa e la formazione professionale
  11. 8. La Chiesa e la sanità
  12. 9. La Chiesa e l’aiuto socio-assistenziale
  13. 10. La Chiesa e la lotta contro la droga
  14. 11. La Chiesa e la lotta contro l’usura
  15. 12. La Chiesa e il volontariato
  16. 13. La Chiesa e i migranti
  17. 14. La Chiesa e i beni culturali ecclesiastici
  18. 15. Iniziative nazionali mirate: la Chiesa e il «Prestito della speranza»
  19. 16. Iniziative nazionali mirate: la Chiesa e l’emergenza del post-terremoto de L’Aquila e dell’Italia del Nord
  20. 17. Iniziative nazionali mirate: la Chiesa e il Progetto Policoro
  21. 18. Per carità e per giustizia: l’impegno sociale di religiosi e religiose nell’ambito socio-sanitario ed assistenziale
  22. 19. Il sostegno economico alla Chiesa
  23. 20. La Chiesa e l’Ici/Imu
  24. 21. Conclusioni
  25. 22. Tabella riassuntiva dei risparmi annui per lo Stato grazie al contributo del mondo ecclesiale
  26. Indice