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I "consapevoli ritorni" che possono cambiare l'Italia

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I "consapevoli ritorni" che possono cambiare l'Italia

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Prefazione di Vincenzo Boccia. Postfazione di Stefano CianciottaIn un'epoca che vede i giovani italiani sempre più orientati a guardare oltreconfine per cercare opportunità professionali c'è chi, dopo aver realizzato esperienze di successo all'estero, decide di tornare per provare a vincere anche qui in Italia. Le storie raccontate nel libro arrivano da diversi settori, con i protagonisti che hanno età differenti e diverse motivazioni per spiegare il loro "consapevole ritorno". I "Boomerang", con le loro traiettorie perfette di andata e ritorno, rappresentano la terza via tra l'emigrazione e la rassegnazione: un nuovo paradigma che dovremmo consigliare ai giovani perché partano, per confrontarsi con differenti culture, e poi tornino, guardando i limiti e i paradossi italiani non più come muri invalicabili ma come vuoti da riempire con l'esperienza e le nuove competenze umane e professionali acquisite.

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788849856408

Le storie dei consapevoli ritorni

Sandra Savaglio

L’astrofisica che finì in copertina sul «Time»

Illustration
Guardate le stelle e non i vostri piedi. Provate a dare un senso a ciò che vedete, e chiedervi perché l’universo esiste. Siate curiosi.
Stephen Hawking
Gli occhi lanciati nel buio, a indagare territori sconosciuti, a studiare la cosmologia, le galassie distanti, i pianeti vagabondi, i raggi gamma. Scrutare gli infiniti misteri, a distanze siderali, senza mai concentrarsi sul risultato ma su ogni piccolo passo che porterà, un giorno, a considerare un problema da un altro punto di vista, o a scoprire un dettaglio capace di rovesciare convinzioni fin lì consolidate. Per chi si misura con questi aspetti, cosa volete che sia una traiettoria-boomerang tra Italia, Stati Uniti e Germania e ritorno? Appena una piccola passeggiata, o poco più. Eppure, parliamo di un “caso”: quello di Sandra Savaglio, scienziata di alto profilo, specializzata nell’astrofisica delle galassie distanti, dell’arricchimento chimico dell’universo e dei fenomeni esplosivi. Nata e cresciuta in Calabria, ha all’attivo quasi duecento lavori su riviste internazionali, molti dei quali pubblicati sulle pagine di «Nature» e «Astrophysical Journal», e migliaia di citazioni.
La prima ispirazione le arriva da ottimi insegnanti alle scuole superiori, mentre inizia a fantasticare viaggi incredibili nello spazio leggendo Asimov e gli articoli di «Le scienze». Dopo il dottorato in Fisica all’Università della Calabria, un lungo percorso la porta come Fellow e Senior Research Scientist allo European Southern Observatory (Monaco di Baviera), alla Johns Hopkins University e allo Space Telescope Science Institute (Baltimora). Nel 2004 appare sulla copertina della rivista americana «Time». Il titolo è più che eloquente: How Europe lost its science stars. Talento in fuga, cervello in fuga, simbolo dei 400mila scienziati europei che avevano scelto gli Stati Uniti come frontiera professionale. Primo piano a tutta pagina, sullo sfondo le stelle dell’Unione europea e le strisce degli Stati Uniti, a marcare la transizione.
Dopo venti anni di successi professionali ottenuti in ambienti cosmopoliti, l’ultimo dei quali all’Istituto Max-Planck per la Fisica Extraterrestre, nel Polo europeo di maggiore rilievo nel campo dell’astrofisica, in Germania, Sandra Savaglio fa quello che nessuno si aspetta, chiudendo un cerchio che sa di ascesa e di riconoscenza, di lancio e di ritorno, ma anche di leggera follia e di inattesa rinascita. L’Università della Calabria, proprio quella che l’aveva formata e spinta verso prestigiosi traguardi, nel 2013 decide di giocare un jolly importante e le propone un importante contratto, utilizzando una normativa nazionale che prevede la possibilità di chiamare studiosi stabilmente impegnati all’estero in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario da almeno un triennio. Magari è solo un tentativo, o forse no. Perché il fattore «appartenenza», il richiamo prepotente dell’identità, possono avere un ascendente irresistibile perfino per una star della scienza. E se gli argomenti non bastassero a convincerla a spostarsi dalla ricca Monaco e da un Paese, la Germania, che investe moltissimo in ricerca, ad Arcavacata, paesino sulle colline di Rende, provincia di Cosenza, c’è da considerare l’aspetto più decisivo di tutti, ossia la fama assodata del Dipartimento di Fisica, tra i primi in Italia per la ricerca scientifica e il suo impatto internazionale. Quando Sandra riceve la mail ci pensa su appena qualche secondo, il tempo esatto in cui le si apre un sorriso che ha il sapore del mare...
I riflettori dei media si riaccendono, a illuminare un’altra scelta dirompente, l’ennesima. Che forse stride con la modestia che percepisce chi la incontra, ma anche con il ruolo di donna copertina che ciclicamente le offrono. Interviste su interviste per chiederle chi gliel’ha fatta fare, se ci ha pensato bene prima di fare questo salto, cosa l’ha spinta ad andar via dalla locomotiva d’Europa, da quella Germania che per tanti italiani è diventata il Paese europeo ideale in cui andare a caccia di lusinghiere opportunità professionali. Per tornare poi, non solo in Italia, ma addirittura al Sud, in Calabria? Ma come è possibile? Del resto, nel 2004 lei stessa dichiarava: Vivo e lavoro in America, e sono un’emigrata di successo perché il mio lavoro mi sta dando grandi soddisfazioni. L’Italia? È dove sono nata, è il mio Paese, è dove mi piacerebbe lavorare. Certo che tornerei, ma a fare che cosa?.
Cosa è cambiato, realmente, allora?
Come sempre ho solo seguito il mio istinto. Tutto qui. In molti si sono meravigliati, magari qualcuno avrà anche pensato che io sia una folle. Eppure, dal punto di vista economico mi è stata prospettata una situazione che non potevo rifiutare; mi sono stati regalati stimoli nuovi e in più ho potuto avere il piacere e l’onore di lavorare nella mia terra, con giovani talenti molto promettenti. Quella di tornare non la considero una scelta coraggiosa, mi sento ancora una privilegiata. Certo, forse è troppo presto per essere pentita; ora mi sto prendendo tutto il bello di questa nuova esperienza, ci sarà tempo per stilare un giudizio definitivo.
Spiazzante nella sua linearità e semplicità, la Savaglio, del resto, ha fatto sempre il contrario di ciò che le persone si aspettavano da lei. Ma non di proposito, per voler rovesciare regole e stereotipi. Piuttosto, queste scelte sono sempre stata la traduzione di un modo di pensare fuori dal comune. Inconsciamente ribelle, potremmo dire.
Cubo 33B, Dipartimento di Fisica, una fila di palazzine rosso fuoco: è qui che Sandra Savaglio ha ormai stabilito il suo nuovo quartier generale. È qui che centinaia di giovani sono passati nel giro di qualche mese dal considerarla un’icona della scienza, quasi una figura leggendaria continuamente evocata con ammirazione nel Dipartimento, alla possibilità di ascoltarla, di parlarle, di incontrarla in carne e ossa e di sognare insieme a lei un futuro da celebrità dell’astrofisica. Entusiasmo, passione, storia e carisma: c’è tutto questo in una donna che non ha rinunciato mai né alla libertà né alla carriera. Non l’ha fatto neanche in occasione di quest’ultima scelta professionale, quella del ritorno in Italia. Ha solo voluto ridisegnare confini e traiettorie del suo agire, accettando una nuova sfida e mettendo la sua esperienza al servizio degli studenti dell’Ateneo calabrese.
Se mi chiedi se sapevo o immaginavo che un giorno sarei tornata, ti dico di no; non ci pensavo. Quando sei in quel fiume in piena che è il mondo della ricerca, sei costantemente proiettata nel futuro ma non ti chiedi mai dove andrai a finire. Sai solo che vuoi crescere, vuoi confrontarti con esperienze nuove, e cerchi sempre le migliori condizioni per farlo, ovunque esse si trovino.
I luoghi fisici, del resto, per chi sceglie di indagare il cosmo, sono solo cuscini temporanei da cui osservare, tappeti sospesi attraverso cui transitare in un tempo indefinito. Ci sono troppe variabili, troppi elementi che non dipendono (solo) da te, troppe componenti incalcolabili. Proprio come nello spazio, nelle galassie. Le tue ricerche potrebbero durare decenni o non finire mai. Vivi con loro, mangi con loro, dormi con loro e neanche quando dormi ti abbandonano. Sono il tutto, l’essenza di una vita dedicata alla scienza, che non ti permette di pensare se una scelta sia «giusta» o «sbagliata». Per chi, poi?
Effettivamente non mi sono mai chiesta se rischiassi qualcosa. Ho semplicemente accettato le opportunità che mi si sono presentate. Per me Arcavacata è casa, ma è soprattutto un Dipartimento di Fisica che è un gioiellino per l’Università, un fiore all’occhiello per la regione e per il Paese. Certo, oggi, guardandomi indietro, riconosco che nel decidere di lasciarlo, questo posto, ci volle una certa dose di coraggio. Allora, complice l’età, mi sembrava solo una scelta naturale e non particolarmente ardita.
Da Baltimora a Monaco, la scienziata italiana ha operato in contesti scientifici sempre altamente competitivi e con profili di internazionalità che qui fanno fatica a emergere e che fanno del Belpaese un caso a parte, anche in ottica accademica. Altrove questi ambienti sono multiculturali di default: offerte in inglese, curriculum in inglese, provenienze che si incontrano e si contaminano di punti di vista differenti, ma tendenti a un unico obiettivo. Entrare e farsi conoscere è un attimo, se hai talento e l’umiltà di chi vuole imparare. Eppure, non è tutto oro...
Ci consideriamo sempre perdenti rispetto ai tedeschi. E invece posso testimoniare che non è così. Nella comunità scientifica tedesca vige un sistema gerarchico, centralista, con un controllo quasi totale del direttore, che magari entra da giovane in un Istituto e ci resta a vita. E poi c’è un rapporto molto professionale, certo, ma dal punto di vista umano non è il massimo che puoi aspettarti.
Perfino la percentuale tra donne e lavoro in ambito scientifico fa pendere la bilancia nettamente (e inaspettatamente) dalla parte dell’Italia: colpa del sistema scolastico tedesco, in cui l’orientamento del percorso futuro dei giovani è fortemente condizionato dagli insegnanti fin dalle scuole elementari. E lì è davvero difficile scorgere una passione scientifica per le ragazze. Non che in Italia la cosa sia differente: il gender gap nell’ambito delle professioni Stem (e cioè nell’area della Scienza, della Tecnologia, dell’Ingegneria e della Matematica) è piuttosto evidente, complici modelli culturali che non incoraggiano percorsi in questo settore. Eppure, queste condizioni non hanno impedito la nascita e la formazione di brillanti scienziate.
Sembra un controsenso, e in parte lo è. La differenza è che in Germania stanno riconoscendo questo sbilanciamento al maschile come un limite della società tedesca, e stanno introducendo le quote rosa. Se lì impongono certe regole, i risultati arrivano in tempi rapidi e magari tra qualche tempo lo scenario sarà completamente ribaltato.
Regole, già: i tedeschi ci sono abituati, nascono e vivono in quell’alveo come fosse naturale. Un viaggio costante verso la perfezione, senza apparenti deragliamenti ma con una scia di monotonia da cui uno spirito italiano tenta, più o meno inconsciamente, di liberarsi per trovare in un lampo, in un guizzo, una nuova soluzione, proprio perché lasciare spazio alla creatività e all’immaginazione, nel campo scientifico, può rivelarsi dirompente.
Se non ci sono regole loro si perdono, hanno quasi paura. Noi invece siamo specialisti nel rompere gli schemi, nell’applicare la creatività e l’interpretazione ad ogni cosa, anche perché gli italiani non amano seguire le regole. Se da un lato ciò può avere una valenza positiva in termini di libertà di pensiero, di apertura, dall’altro può tradursi anche in un libero arbitrio. Siamo eternamente sospesi in questo dualismo ma anche in quell’imperfezione che ti permette di non sentire in maniera eccessiva e soffocante la pressione sociale.
Nel bagaglio professionale e personale di Sandra Savaglio, nell’esperienza italiana, si sono accumulati in equa misura fatica e soddisfazione: lavorare con i giovani è dura ed è gratificante allo stesso tempo:
Questi ragazzi sono fantastici: mostrano fermento, sono attivi, vogliono impegnarsi. Certo, purtroppo sono pochi i soldi destinati alla ricerca e pochissimi quelli che vengono investiti nell’Università della Calabria, e questo è un grande handicap a cui si aggiungono altri freni, tutti interni al sistema. Se fai solo didattica e poca ricerca c’è comunque uno spreco di risorse, che si accompagna al potenziale non sfruttato, nelle nostre Università. C’è un folto substrato di giovani, mediamente molto qualificati, che mandano avanti la ricerca nel precariato più assoluto: siamo davvero borderline con lo sfruttamento, con il lavoro nero. Ci sono tante persone che meriterebbero di essere valorizzate, mentre chi ha un posto fisso ha anche grandi responsabilità morali e dovrebbe impegnarsi di più, ricordandosi da dove viene e che privilegio ha avuto nell’entrare all’interno delle comunità scientifiche e accademiche. Oltre ai diritti acquisiti, dovrebbe avvertire maggiore senso etico.
Non le manda a dire, Sandra Savaglio, che in Senza attendere. Ricerca, educazione e democrazia, scritto con Mario Caligiuri, invitava i giovani a drizzare la schiena e ad investire su se stessi, per dimostrare che un altro percorso era possibile, nonostante tutto.
Ci sono progetti bellissimi, eppure intorno a chi ci lavora si respira un clima poco collaborativo, a volte perfino ostile. Retaggio culturale di un modo di vedere le cose che si rivela provinciale, quasi masochista. Questo clima determina una sfiducia che si ripercuote sulla voglia di andar via: qui in molti ce l’hanno. Vogliono fare esperienza all’estero, e del resto come dar loro torto? È un’esperienza molto formativa; io stessa, ripensando alla mia traiettoria, non posso non consigliarla. Si tratta di voler crescere, umanamente e professionalmente.
Eppure, c’è più di qualcuno che inizia a pensarla diversamente: forse perché ascoltando la professoressa vedono nei suoi occhi una luce particolare, che ingloba la scelta convinta del ritorno, l’entusiasmo di nuovi traguardi da raggiungere e la spinta verso i più giovani. Leggono un’apertura di nuovi orizzonti, fino a qualche tempo fa stretti e sottili, che si schiudono come grandi telescopi alla ricerca dell’infinito:
Nel corso di laboratorio di astrofisica ci siamo impegnati a prendere dei dati osservati con un grande telescopio in Cile e altri osservatori sparsi per il mondo. Una nuova frontiera: per percorrerla, ho portato i ragazzi ai confini, dove nessuno è ancora andato, per far capire che possono realizzare grandi obiettivi senza dover andare per forza ad Harvard o a Cambridge. La maniera c’è e io posso insegnare loro qual è, avendo esperienza e una estesa rete di relazioni internazionali. Possono fare la differenza, ma dipende anche da loro; da sola, io, non posso certo farcela.
Una sfida che è anche culturale, dunque. Come quella di una Calabria certamente migliorata rispetto a quando Sandra Savaglio l’aveva lasciata, ma che vive ancora di disservizi evidenti. Condizioni tuttavia ampiamente ripagate da sensazioni che erano dimenticate nei lunghi anni trascorsi all’estero: il calore umano, l’azzurro del mare, il sapore dei fiori di zucchine fritti, delle melanzane e dell’olio. Cose semplici, da gustare a occhi chiusi per ritrovarsi d’un tratto bambina. È forse questa la vera molla che dà la spinta a tornare indietro, pur non rinunciando a guardare lontano:
Conosciamo solo il 4 percento dell’Universo: per il restante 96 percento, è il caso di dirlo, brancoliamo nel buio, complici mezzi e tecnologie ferme da molti decenni. Dobbiamo fare il salto di qualità. Si parla di almeno tremila pianeti in altri sistemi stellari: il prossimo passo è scoprire se alcuni di loro possono essere rocciosi, con l’atmosfera e il vapore acqueo, simili alla Terra, e se magari possono potenzialmente ospitare la vita. Utilizzando tecniche nuove e con strumenti all’avanguardia, ce n’è di lavoro per la nostra generazione e per la prossima. Per studiare la materia oscura e l’energia oscura, ci vorrà invece un po’ più di tempo.
Anni, decenni, secoli, chi può dirlo? Quello che Sandra Savaglio riesce a vedere nel cielo non sono solo fantastiche immagini ma anche segnali deboli, debolissimi, che hanno magari avuto origine molti miliardi di anni fa, quando la materia ha rotto il perfetto equilibrio e la radiazione ha iniziato a viaggiare quasi liberamente. C’è tantissimo da scoprire, e le risorse umane di cui l’Italia è ricca possono fare la differenza. Del resto, basta alzare gli occhi al cielo e non dare per scontato nulla. Perché quello che muove Sandra Savaglio e i suoi studenti è una forza che esercitiamo tutti fin da quando siamo bambini: la curiosità. È l’elemento che scaccia la paura, ci fa andare oltre, ci fa sgranare gli occhi di fronte ad ogni scoperta, ci fa muovere controcorrente.

Giovanni Oliva*

Il primo manager italiano a dirigere un’azienda di proprietà cinese in Cina

Illustration
Conosco delle barche che tornano sempre quando hanno navigato.
Fino al loro ultimo giorno, e sono pronte a spiegare le loro ali di giganti perché hanno un cuore a misura di oceano.
Jacques Brel
C’è una magia che accade quando stai cercando qualcosa e ti imbatti in qualcos’altro che è talmente prezioso da farti dimenticare la ragione stessa per la quale avevi cominciato la ricerca. È più del semplice caso: è una combinazione fortuita di elementi non desiderati ma non per questo sgraditi, anzi. C’è un termine che definisce questa traiettoria: è «serendipità». Giovanni Oliva la trova in una comunità di recupero per tossicodipendenti in cui era finito per svolgere un anno di servizio civile, dopo un tentativo di raccomandazione non andato a buon fine. Lui, che sognava di accompagnare i turisti nella sua Matera, si ritrova d’improvviso in una comunità isolata a gestire persone che barcollano costantemente sull’orlo del baratro. Lo shock fu enorme, tanto che appena arrivato pensa già a come fuggire via di lì, quando una signora sulla settantina, nel dare il suo benvenuto ai giovani del servizio civile, pronuncia una frase che alle orecchie del giovane lucano ha la potenza di un ultrasuono: «Siete qui per una missione importante. Qualunque cosa facciate, adesso e in futuro, non temete nulla. Aprite le vele e andate. Tornerete distrutti? Non importa. Andrete a fondo? Riemergerete. Ma se non lo fate, non andre...

Indice dei contenuti

  1. Generazione Boomerang
  2. Colophon
  3. Prefazione di Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria
  4. Introduzione
  5. Attrarre cervelli? All’Istituto italiano di tecnologia si fa così!
  6. Le storie dei consapevoli ritorni
  7. Indice