Il diritto di ignorare lo Stato
1. Come corollario della proposizione che tutte le istituzioni devono essere subordinate alla legge dell’eguale libertà, non possiamo che ammettere il diritto del cittadino ad adottare una condizione di illegalità volontaria. Se ogni uomo ha la libertà di fare tutto quello che vuole, a patto che non violi l’eguale libertà di ogni altro uomo, allora è libero di interrompere il rapporto con lo Stato, di rinunciare alla sua protezione e di rifiutare di pagare per il suo mantenimento. È di per sé evidente che comportandosi così egli non interferisce indebitamente in alcun modo nella libertà degli altri, in quanto la sua posizione è passiva, e finché resta passiva non può diventare un aggressore. È egualmente di per sé evidente che egli non può esser costretto a continuare a far parte di una corporazione politica senza un’infrazione alla legge morale, alla luce del fatto che la cittadinanza comporta il pagamento delle tasse, e sottrarre la proprietà di un uomo contro la sua volontà è una violazione dei suoi diritti.{1} Essendo il governo semplicemente un agente assunto in comune da un numero di individui per assicurarsi certi vantaggi, l’autentica natura del rapporto implica che sta ad ognuno dire se vuole impiegare tale agente o no. Se qualcuno di loro decide di ignorare questa confederazione di mutua sicurezza, nulla può esser detto eccetto che egli perde ogni pretesa ai suoi buoni uffici e si espone al pericolo di maltrattamento – cosa che ha la piena libertà di fare se gli piace. Egli non può esser costretto in una associazione politica senza un’infrazione alla legge dell’eguale libertà; può ritirarsi senza commettere alcuna infrazione, e ha quindi diritto di ritirarsi in questo modo.
2. «Nessuna legge umana ha alcuna validità se contraria alla legge di natura; e quelle che sono valide derivano tutta la loro forza e tutta la loro autorità mediatamente o immediatamente da questa origine». Così scrive Blackstone,{2} al quale va reso l’onore di aver espresso idee così avanzate rispetto a quelle del suo tempo, e anche, possiamo ben dirlo, a quelle del nostro. Un buon antidoto, questo, per quelle superstizioni politiche che prevalgono così largamente. Un buon freno a quel sentimento di adorazione del potere che ancora ci trae in inganno magnificando le prerogative dei governi costituzionali così come una volta fece di quelli dei monarchi. Fate che gli uomini imparino che un’assemblea legislativa non è «il nostro Dio sulla terra», sebbene per l’autorità che essi le ascrivono e le cose che ne attendono sembrerebbero pensarlo. Che imparino piuttosto che è un’istituzione che serve uno scopo meramente temporaneo, il cui potere, quando non rubato, è nella migliore delle ipotesi preso in prestito. Anzi, non abbiamo anche visto{3} che il governo è essenzialmente immorale? Non è esso la progenie del male, recante tutti i segni della sua origine? Non esiste perché esiste il crimine? Non è forte, o come diciamo, dispotico, quando il crimine è grande? Non vi è più libertà, ovvero, meno governo, non appena il crimine diminuisce? E non deve cessare il governo quando cessa il crimine per assoluta mancanza di oggetti su cui esercitare la sua funzione? Non solo il potere dell’autorità esiste a causa del male, ma esso esiste per mezzo del male. La violenza è usata per mantenerlo, e ogni violenza comporta criminalità. I soldati, i poliziotti e i carcerieri; le spade, i manganelli e le catene, sono strumenti per infliggere pena, e ogni pena inflitta è in astratto m...