Nessuna anarchia, poco Stato e molta utopia
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Pubblicato nel 1974, Anarchy, State, and Utopia di Robert Nozick è subito diventato un classico del pensiero politico contemporaneo. Il libro d'esordio del filosofo della Harvard University ebbe grande successo a livello internazionale, dando dignità scientifica e accademica al libertarismo, una declinazione della filosofia politica imperniata sui diritti individuali, la proprietà privata, il libero mercato e, nel caso di Nozick, lo Stato minimo (il "guardiano notturno" della tradizione liberale classica, però senza il potere di imposizione fiscale). Il dibattito che ne seguì – a cui l'autore non ha mai partecipato – ha visto le tesi nozickiane attaccate da più fronti: non solo, come prevedibile, dai liberal o da socialisti e marxisti vari, ma anche da quei libertari per cui persino lo Stato minimo è troppo: gli anarcocapitalisti capitanati da Murray N. Rothbard.A quarant'anni dalla pubblicazione, l'Istituto Bruno Leoni ha dedicato un ciclo di seminari all'opera prima di Robert Nozick. Questo eBook raccoglie parte dei contributi e ne ospita altri, scritti espressamente per l'occasione. Il taglio interpretativo proposto ha la pretesa di essere a vasto raggio, non considerando le tesi nozickiane solamente come una risposta alla celeberrima difesa del welfare state, sostenuta da John Rawls in A Theory of Justice. L'opera di Nozick viene inquadrata nella filosofia politica del secondo Novecento da Raimondo Cubeddu, mentre Lorenzo Infantino analizza il rapporto tra il filosofo americano e la Scuola austriaca. Le critiche degli anarcocapitalisti sono al centro del saggio di Piero Vernaglione; Stefano Moroni, invece, mette a confronto Nozick con Friedrich A. von Hayek e John Rawls. Eugenio Somaini si sofferma su alcuni aspetti della teoria della giustizia nella proprietà (entitlement theory) di Nozick. Alberto Mingardi si occupa del rapporto tra gli intellettuali e il capitalismo, alla cui analisi ha contribuito anche l'autore di Anarchy, State, and Utopia. L'ultimo termine del trittico che compone il titolo dell'opera di Nozick è l'aspetto trattato da Carlo Lottieri. Nell'Introduzione, Nicola Iannello inserisce il libro d'esordio nel più ampio quadro della produzione del filosofo harvardiano.

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Informazioni

Editore
IBL Libri
Anno
2014
ISBN
9788864402000

1. Introduzione: Filosofia e libertarismo. Il percorso di Robert Nozick di Nicola Iannello

1. Nessuna anarchia, poco Stato e molto utopia
L’Istituto Bruno Leoni ha dedicato un ciclo di seminari ai primi quarant’anni di Anarchy, State, and Utopia di Robert Nozick. È stata un’opportunità per riflettere sulla rilevanza e l’impatto di un libro che ha segnato una stagione nella filosofia politica del secondo Novecento. Questo eBook – che riprende parte delle conferenze tenute in quella sede, oltre a ospitare saggi scritti per l’occasione – intende esplorare sotto diversi punti di vista il contributo più strettamente politico del filosofo americano, a dirla con franchezza l’unico che lo ha segnalato alla comunità internazionale degli studiosi. Sarebbe da chiedersi che considerazione avrebbe avuto la produzione scientifica nozickiana senza l’enorme successo del libro del 1974. Curiosamente, lo stesso Nozick ha rifiutato l’etichetta di filosofo politico – «È strano essere noti solo per un’opera d’esordio. Sono stato definito da alcuni come un “filosofo politico”, ma non ho mai pensato a me stesso in questi termini. La maggior parte dei miei scritti e dei miei studi si sono concentrati su altri argomenti» –, considerando «un caso»{1} Anarchy, State, and Utopia, scritto durante la sua ricerca sul problema del libero arbitrio.
Non sarà qui il caso di ricordare che le opere vivono di vita propria, oltre i significati e le intenzioni degli autori. Il libro d’esordio di Nozick ha avuto il merito di portare alla luce del dibattito culturale una famiglia politica allora in via di definizione: il libertarianism.{2} Con il suo exploit, Nozick è diventato il filosofo libertario per antonomasia. Una corrente politica in corso di elaborazione aveva trovato il volto accademicamente presentabile. Inserendo l’anarchia nel titolo della sua opera, il filosofo della Harvard University dimostrava di prendere davvero sul serio la nuova declinazione di una tradizione politica plurisecolare. La anarchy che Nozick analizza è, infatti, quella proposta dal pensiero anarcocapitalista, cioè libertario nella sua accezione più estrema.
All’inizio degli anni Settanta del secolo scorso l’anarchia ha registrato un ritorno di interesse, dimostrato dal fiorire di studi sul tema. Nel 1970 Murray N. Rothbard pubblica Power and Market (curiosamente lo stesso anno di In Defense of Anarchism, dell’anarchico “ortodosso” Robert Paul Wolff).{3} L’opera rothbardiana è il compimento del più ardito tentativo di fondazione di una teoria anarchica individualista basata sul diritto di proprietà e il capitalismo; l’economista americano aveva gettato le basi teoriche della sua impresa nel 1962 con la pubblicazione del monumentale Man, Economy, and State, un trattato di economia politica nel solco dell’opera di Ludwig von Mises, mirante a restituire alla disciplina lo spessore e la vastità dei classici.{4} Con Power and Market la radicalità della sfida anarchica alla filosofia politica è posta in modo audace, tanto da essere il riferimento della anarchy di Nozick, assieme al volume di Morris e Linda Tannehill, The Market for Liberty.{5} Prima del libro di Nozick esce anche la monografia di David Friedman, The Machinery of Freedom,{6} la versione utilitaristica dell’anarcocapitalismo, oltre al “manifesto libertario” di Rothbard.{7} Anche esponenti della Scuola della Public Choice manifestavano interesse per il tema dell’anarchia, come dimostra il sottotitolo del volume di James Buchanan The Limits of Liberty. Between Anarchy and Leviathan,{8} del 1975, e le antologie curate da Gordon Tullock.{9} Per un più ampio quadro del pensiero politico del secondo Novecento, si rimanda al saggio di apertura di Raimondo Cubeddu, che inserisce il libro di Nozick nella fitta trama di autori e problemi che caratterizza quel periodo.
La prima parte di Anarchy, State, and Utopia è una confutazione dell’anarcocapitalismo. L’argomentazione di Nozick è proprio il tentativo di dimostrare come, partendo da uno stato di natura à la John Locke in cui «gli individui hanno diritti»,{10} e in virtù di un processo “a mano invisibile”, possa emergere uno Stato minimo senza che i diritti di alcuno vengano violati.
Questo per l’anarchia. Per lo Stato, il riferimento è a un’altra tradizione di pensiero, che si situa nella famiglia socialista. Solitamente, infatti, l’opera d’esordio di Nozick è considerata una risposta libertaria alla teoria contrattualistica della giustizia del collega della Harvard University, John Rawls. Non è superfluo ricordare che un liberal americano non è un liberale (tanto meno un libertario), ma, per usare le parole di Giovanni Sartori, il socialista di un paese senza socialismo.{11} L’intento di Nozick è quello di navigare indenne tra lo Scilla dell’anarchia e il Cariddi del welfare state, per delineare il modello di un’entità politica che soddisfi i requisiti minimi della statualità, senza per questo andare oltre le competenze del “guardiano notturno” di lassalliana memoria. Compito arduo, che espone Nozick al fuoco concentrico dalle due sponde. In effetti l’autore di Anarchy, State, and Utopia si è ritrovato al centro delle critiche provenienti da due parti opposte: gli anarcocapitalisti che lo accusano di statalismo da un lato (il contributo di Piero Vernaglione a questo volume si occupa proprio di queste critiche) e i liberal che lo tacciano di estremismo individualista dall’altro.{12} Gran parte del dibattito seguito alla pubblicazione del libro ha ruotato attorno a questo asse. In sostanza la domanda era: l’autore è lo statalista anti-Rothbard o il libertario anti-Rawls? In effetti, Nozick prima di criticare il welfare ha capito che doveva legittimare lo state.{13} Allargando lo spettro del dibattito, tra gli interpreti, non è mancata neppure la critica marxista della critica nozickiana al socialismo.{14}
Per dimostrare che – contro gli anarcocapitalisti – lo Stato minimo non viola i diritti degli individui, e che – contro Rawls – oltre il minimo lo Stato non è legittimato ad andare, Nozick elabora argomentazioni ingegnose, esposte con uno stile brillante. Il tour de force nozickiano prende le mosse da uno stato di natura in cui si forma un’agenzia protettiva dominante per ogni territorio, in virtù del carattere di monopolio naturale del servizio di protezione. Un processo “a mano invisibile” conduce alla formazione di uno Stato ultraminimo, ovvero uno Stato che si riserva il monopolio della forza, proibendo a chi ne rimane fuori l’uso di procedure di tutela dei diritti giudicate inaffidabili e pericolose.{15} L’ulteriore e ultimo passo è il passaggio allo Stato minimo, l’ente che fornisce a tutti indistintamente il servizio di protezione. Il “principio di risarcimento” è la chiave di volta dell’edificio concettuale nozickiano: permette di coinvolgere gli indipendenti – chi non è cliente dell’agenzia protettiva dominante – nella protezione fornita dallo Stato minimo senza violare i diritti dei clienti a non pagarla ad altri, ovvero senza assumere carattere redistributivo. Nozick considera il passaggio dallo Stato ultraminimo a quello minimo un obbligo morale, in quanto l’unica giustificazione di esistenza del primo è la protezione dei diritti, ma la protezione dei diritti di alcuni soltanto – i clienti – non è accettabile proprio da questo punto di vista; questo passaggio «deve verificarsi per ragioni morali. [...] Gli operatori dello Stato ultraminimo sono moralmente obbligati a produrre lo Stato minimo».{16}
La difesa dello Stato da un’estensione oltre il minimo è condotta principalmente contro la teoria della giustizia distributiva o sociale o economica di Rawls. La teoria della giustizia di Nozick – basata sull’argomento del titolo valido – è una teoria storica dei diritti di proprietà che si contrappone alle teorie strutturali dello stato finale, articolate nelle varianti utilitaristica, egualitaria, socialistica e di economia del benessere. La teoria nozickiana si articola in tre princìpi: il principio di giustizia nell’acquisizione, che riguarda l’acquisizione iniziale della proprietà; il principio di giustizia nel trasferimento, basato sullo scambio volontario e sulla donazione; il principio di (eventuale) rettificazione, che nasce dall’esigenza di riparare alle ingiustizie passate (sui problemi della teoria della giustizia nella proprietà interviene Eugenio Somaini in questo volume).
Come premessa a ogni discorso sulla giustizia sociale si pone la questione fondamentale della separazione dei processi di produzione e distribuzione della ricchezza. A partire da John Stuart Mill si è cominciato a pensare la separabilità dei due momenti fondamentali dell’attività economica.{17} Le diverse teorie che si propongono di realizzare le condizioni della giustizia sociale o distributiva o economica si basano su questo errore concettuale: che ci sia qualcosa da distribuire indipendentemente da come è stato prodotto. Ma i beni prodotti sono già distribuiti perché già appropriati; senza contare che redistribuire ricchezza significherebbe modificare i modi stessi in cui si combinano i fattori della produzione. Il punto teorico fondamentale quindi è che non c’è – se non per comodità espositiva – una distribuzione della ricchezza separabile dalla produzione della stessa. Il principale argomento nozickiano contro la giustizia redistributiva si incardina proprio sul diritto di proprietà: «siccome le cose vengono al mondo già con un possessore (o con accordi già presi circa il modo in cui vanno possedute), non c’è alcun bisogno di cercare un modello cui possessi privi di titolare debbano corrispondere [...]. Nel mondo senza-manna-dal-cielo in cui le cose devono essere fatto o prodotte o trasformate dalle persone, non c’è alcun processo di distribuzione separato in cui una teoria della distribuzione possa trovare il proprio contenuto».{18}
L’utopia che chiude il volume – la struttura che rende possibili e compatibili tutte le utopie – assomiglia alle istituzioni dell’anarcocapitalismo di David Friedman, il quale sostiene che il libero mercato tenderà a produrre una società libertaria, ma soprattutto aree geografiche distinte in cui avranno piena legittimità tutti gli esperimenti di convivenza, anche quelli non libertari: «Con l’anarco-capitalismo, per quanto possibile, ognuno avrebbe la propria legge».{19} Per quanto paradossale possa apparire, si tratterebbe di una libertà che non sarebbe spiaciuta a Jean-Jacques Rousseau: un mondo in cui ognuno vive in base alla legge che si è dato. Ma sul tema dell’utopia in Nozick rimando al saggio di Carlo Lottieri che chiude questo volume.
2. Dopo Anarchy, State, and Utopia
Il successo di Anarchy, State, and Utopia ha conferito all’autore una sicurezza, rafforzata anche dalla collocazione accademica, che gli ha permesso di non impegnarsi nel dibattito che ne è seguito.{20} Oltre a non difendere l’opera d’esordio dalla critiche, Nozick se n’è pure allontanato, per accedere a posizioni meno controverse. Nella sua terza monografia – The Examined Life, del 1988 – il filosofo americano prende le distanze dal libro che gli ha dato la celebrità: «La posizione libertaria che ho propugnato in passato ora mi sembra seriamente inadeguata anche perché non teneva abbastanza conto del lato umano delle cose e delle attività di cooperazione a cui pure lasciava spazio».{21} A dire di Nozick, il libertarismo si limita a prendere in considerazione solo gli scopi del governo, tralasciandone il significato e non cogliendo quindi che nella sfera politico-pubblica esprimiamo i nostri legami di interesse verso gli altri. Il filosofo dello Stato minimo arriva qui a sostenere posizioni perfettamente in sintonia col mainstream della cultura politica non solo americana: «talvolta noi scegliamo di fare insieme certe cose per mezzo dello Stato per manifestare solennemente la nostra solidarietà umana, solidarietà che viene accresciuta dal fatto che la nostra azione ha questa veste ufficiale».{22} Colui che aveva sostenuto l’illegittimità dell’imposizione fiscale sui guadagni da lavoro, collocandola «sullo stesso piano del lavoro forzato»,{23} arriva ora a sostenere l’opportunità di far pagare tasse per finanziare programmi pubblici di solidarietà a...

Indice dei contenuti

  1. Titolo pagina
  2. 1. Introduzione: Filosofia e libertarismo. Il percorso di Robert Nozick - di Nicola Iannello
  3. 2. Robert Nozick e la filosofia politica della seconda metà del Novecento - di Raimondo Cubeddu*
  4. 3. Nozick e la Scuola austriaca di economia: convergenze e divergenze metodologiche - di Lorenzo Infantino
  5. 4. Stato minimo o anarchia massima? Robert Nozick e gli anarcocapitalisti - di Piero Vernaglione
  6. 5. Nozick, Hayek, Rawls e la giustizia distributiva: convergenze e divergenze - di Stefano Moroni
  7. 6. Appropriazione originaria e principio di rettificazione - di Eugenio Somaini
  8. 7. Wilt Chamberlain, gli intellettuali e il capitalismo - di Alberto Mingardi*
  9. 8. Libertà, Stato minimo e comunità. Sulla terza parte di Anarchy, State, and Utopia di Robert Nozick - di Carlo Lottieri
  10. Appendice
  11. 1. Robert Nozick e l’immacolata concezione dello Stato - di Murray N. Rothbard*
  12. 2. Dove va l’anarchia? Robert Nozick è riuscito a giustificare lo Stato? - di Randy E. Barnett*
  13. 3. La mano invisibile colpisce ancora - di Roy A. Childs, Jr.
  14. Bibliografia
  15. Gli autori