Indice delle liberalizzazioni 2016
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Indice delle liberalizzazioni 2016

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Obiettivo dell'Indice, che dal 2007 monitora l'evoluzione della concorrenza nel nostro paese, è individuare punti di forza e di debolezza dei differenti paesi. Misurare le liberalizzazioni serve a rendere esplicito, per ciascun settore, quali paesi si siano dotati di mercati competitivi e quali, invece, siano ancora viziati dall'intervento pubblico. Inoltre la metodologia dell'Indice consente di identificare quelle riforme che possono rimuovere le barriere alla concorrenza e, con esse, gli ostacoli alla crescita economica.

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Informazioni

Editore
IBL Libri
Anno
2016
ISBN
9788864403045

Capitolo 1. Carburanti per autotrazione – di Carlo Stagnaro

 
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1. Descrizione generale
Tra i diversi mercati analizzati nell’ambito dell’Indice delle liberalizzazioni, quello della distribuzione in rete dei carburanti per autotrazione si distingue per avere una struttura di mercato più facilmente compatibile con le caratteristiche “da libro di testo” di un mercato perfettamente concorrenziale. Infatti le barriere all’ingresso sono (sulla carta) limitate, gli investimenti che gli operatori devono sostenere per affacciarsi sul mercato sono ridotti, non vi sono segmenti in condizioni di monopolio “naturale”, l’informazione è facilmente accessibile e disponibile a tutti, il bene venduto ha molte caratteristiche di una commodity. Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, però, anche questo mercato è soggetto a una regolamentazione molto stretta (che va ben al di là degli ovvi aspetti legati all’esercizio sicuro degli impianti) e soffre di numerose vischiosità legate alla sua evoluzione nel tempo.
Regolamentazione e vischiosità sono legate principalmente a due fattori: in primo luogo la persistenza di numerose norme che influenzano pesantemente l’organizzazione delle imprese, inclusa la loro struttura dei costi e la loro dimensione, e che non di rado si collocano al livello locale e sono legate all’interazione tra gli operatori della distribuzione e i policy maker locali; secondariamente, il peso molto rilevante della tassazione rende la competizione sul prezzo relativamente poco efficace, perché differenze anche rilevanti tra i prezzi “industriali” (cioè al netto delle tasse) praticate dagli operatori vengono percepite in modo attutito dai consumatori.
Un ulteriore aspetto è connesso alla dinamica dei volumi comprati e venduti: in mercati maturi come quelli
europei, dove la penetrazione del mezzo di locomozione privato ha ormai raggiunto la sua massima capillarità, la dinamica della domanda è inesorabilmente destinata a puntare verso una contrazione. Infatti, per un verso, il naturale turnover del parco dei veicoli circolanti tende a promuovere l’ingresso sul mercato di mezzi più efficienti; per l’altro verso, la crescente diffusione di forme di mobilità alternativa (come il car sharing e il ride sharing) determina, almeno nelle aree urbane (ma non solo), un utilizzo meno intenso del mezzo privato. Il calo della domanda produce dei costi di aggiustamento e una forte isteresi, col risultato che, se in condizioni perfettamente concorrenziali l’offerta dovrebbe contrarsi di pari passo alla domanda, nel mondo reale vi è una resistenza verso il consolidamento che deriva anche da forme di collusione tacita di difficile individuazione proprio perché declinate a livello locale (il mercato per i carburanti è, infatti, territorialmente definito).
Alla luce di queste peculiarità, la metodologia che è stata adottata per costruire l’Indice settoriale cerca di catturare tutte e tre queste problematiche.
 
2. La metodologia
L’Indice settoriale si compone di tre macro-indicatori. Anzitutto l’indicatore Tax tiene conto dei livelli delle accise e dell’Iva nei diversi Stati membri dell’Unione Europea. In particolare, l’indicatore confronta la pressione fiscale per tipologia di prodotto (pesata per i rispettivi consumi) coi livelli minimi riscontrati nei Paesi esaminati. L’intuizione è che un livello di prelievo fiscale inferiore agevola il corretto svolgersi della competizione, in quanto consente ai consumatori di percepire i segnali di prezzo e rende quindi le diverse offerte direttamente e facilmente confrontabili.
L’indicatore Price guarda invece ai livelli dei prezzi al netto delle tasse. Data la forte omogeneità del prodotto e dei mercati, è ragionevole ipotizzare che gli scostamenti nei prezzi industriali sono principalmente imputabili alle citate vischiosità, in quanto – se tutti i mercati si aggiustassero alla stessa velocità – si riscontrerebbe lo stesso prezzo in tutta Europa.
Infine, l’indicatore Organization tiene conto dell’organizzazione industriale prevalente: in un contesto di domanda calante e di price competition, il principale strumento a disposizione degli operatori per proteggere i propri margini è quello di diversificare l’offerta ed esplorare nuovi modelli di business. A questo fine vengono presi in considerazione la diffusione del self service e la percentuale degli impianti che offrono prodotti non oil accanto al loro core business.
La fonte dei dati è la Commissione Europea per i dati sulla fiscalità, la sezione statistiche del sito dell’Unione petrolifera per gli indicatori relativi ai prezzi industriali e agli indicatori utilizzati per costruire Organization.
 
3. L’Europa e l’Italia
Nel 2016 il Paese più liberalizzato dell’Unione Europea, come l’anno precedente, risulta il Lussemburgo, il quale può principalmente fare aggio sul basso livello di pressione fiscale e sulla piena diffusione del self service, anche se dal punto di vista delle dinamiche concorrenziali in senso stretto – catturate dall’indicatore Price – non si colloca in una posizione particolarmente “forte”. Al Lussemburgo viene pertanto assegnato convenzionalmente un punteggio pari a 100. Al secondo posto si colloca la Repubblica Ceca, con un punteggio di 92 punti e in decisa crescita rispetto all’anno precedente (+21 punti), fondamentalmente grazie ai miglioramenti di natura fiscale e della maggiore intensità della concorrenza interna, oltre che alla crescente diffusione degli impianti che offrono prodotti non oil. Al terzo posto si colloca la Polonia, che invece in termini di punteggio peggiora sul fronte fiscale.
Tra i grandi Paesi europei si segnala il Regno Unito con 81 punti, preceduto dall’Austria (83): tutti e due in calo rispetto all’anno precedente.
In coda alla classifica si collocano la Grecia, l’Italia (che sale dall’ultimo al penultimo posto) e Malta, con un punteggio rispettivamente pari a 41, 44 e 46. In tutti questi casi i Paesi hanno una cattiva performance secondo tutti gli indicatori. Da segnalare però che, mentre Grecia e Malta sono in calo, l’Italia guadagna 4 punti rispetto all’anno precedente. Il miglioramento è dovuto in parte al consolidarsi delle positive dinamiche concorrenziali (che si possono vedere, per esempio, attraverso la riduzione dello “stacco” e la crescita del self service e del non oil); in parte dalle politiche “virtuose” del nostro Paese che, mentre la maggior parte delle altre nazioni europee incrementava il prelievo fiscale sui carburanti, ha mantenuto fermo il livello del prelievo fin dal 2014.
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Capitolo 2. Mercato del gas naturale – di Simona Benedettini

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1. Descrizione generale
Il Regno Unito guida l’Indice di liberalizzazione denotando un maggiore grado di apertura del mercato del gas naturale rispetto agli altri Paesi esaminati. Questi ultimi si caratterizzano per una rilevante eterogeneità che appare ancora più marcata rispetto a quanto osservato per la liberalizzazione del mercato elettrico.
Fatta eccezione per pochi casi (Svezia, Spagna, Germania, Portogallo, Repubblica Ceca, Belgio, Italia e Paesi Bassi), la maggioranza degli Stati membri considerati presenta un Indice il cui valore non supera il 70% e che, in alcuni casi, è significativamente inferiore al 50% (Slovenia, Austria, Polonia, Lussemburgo, Slovacchia e Grecia).
Le seguenti variabili concorrono, più di altre, a spiegare la diversità di risultati in fatto di apertura del settore del gas naturale: il grado di partecipazione pubblica nel segmento della produzione/importazione di gas naturale, il modello di unbundling scelto con riferimento all’attività di trasmissione, i tassi di switching dei consumatori domestici e l’esistenza di forme di regolazione dei prezzi finali. È su queste dimensioni che si manifesta in modo prevalente l’eterogeneità del campione di Paesi esaminato.
Se, come plausibile, date le rilevanti barriere all’entrata, l’attività di produzione e importazione di gas naturale si caratterizza per una elevata concentrazione in quasi tutti i Paesi, diverso è lo scenario con riguardo alla natura giuridica dei principali operatori in questo segmento.
La misura della partecipazione pubblica nel capitale sociale del principale operatore del segmento è infatti molto variegata. La gran parte dei principali operatori attivi nei diversi Paesi, anche in virtù di un assetto proprietario non domestico, presenta un capitale sociale interamente privato. A questi si affiancano Stati membri il cui principale operatore nel segmento della produzione/importazione di gas naturale è di proprietà pubblica, in tutto o in parte. In questi casi, lo Stato può detenere o il 100% delle azioni del principale importatore/produttore di gas naturale o quote inferiori: talvolta superiori al 70% (Grecia, Polonia, Romania, Slovacchia, Ungheria), altre non superiori al 40%.
Differenze significative si osservano anche con riferimento al modello di unbundling scelto con riguardo all’attività di trasmissione. Nel campione dei 27 Paesi esaminati c’è, infatti, chi ha optato per un regime di separazione proprietaria, chi per il modello ITO (Austria, Bulgaria, Francia, Irlanda, Repubblica Ceca, Slovenia, Ungheria, Slovacchia), chi (Romania) per il modello ISO e chi per una separazione di tipo giuridico. Maggiore omogeneità si riscontra invece per la proprietà del principale gestore di rete, che è pubblica, in tutto o in parte, nella gran parte degli Stati membri esaminati.
Altrettanto eterogenee le esperienze dei 27 Paesi in fatto di vendita al dettaglio. In particolare, i 27 Paesi mostrano un diverso grado di partecipazione dei consumatori domestici al mercato. Se alcuni Stati membri registrano tassi di switching al di sopra del 5% (Danimarca, Francia, Italia, Germania), in alcuni casi a due cifre (Belgio, Irlanda, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Repubblica Ceca), altri mostrano tassi switching nulli o non superiori al 2% (Ungheria, Svezia, Slovenia). Come plausibile, minori tassi di switching sono accompagnati da un più elevato grado di concentrazione del mercato. Altrettanta eterogeneità si verifica con riguardo alla regolazione dei prezzi finali ai consumatori domestici: quasi la metà del campione adotta forme di regolazione diretta dei prezzi o indiretta attraverso interventi regolatori sulle modalità di loro formazione.
Il campione di Paesi analizzati mostra, invece, maggiore omogeneità con riferimento alla concentrazione di mercato nell’attività di vendita al dettaglio e della partecipazione pubblica nel capitale sociale del principale operatore del segmento. I Paesi del campione si caratterizzano, in media, per segmenti di vendita molto concentrati in cui la quota di mercato del principale operatore supera il 40%. Nei Paesi in cui il principale operatore nella fornitura di gas naturale è partecipato dal pubblico, lo Stato vanta partecipazioni in media superiori al 50% del capitale sociale. Fanno eccezione Finlandia, Francia, Italia. In questi Paesi, la percentuale delle azioni del principale operatore della vendita in mano allo Stato è al di sotto del 30%.
Per l’attività di distribuzione si osserva altrettanta maggiore omogeneità tra i 27 Stati membri. Il modello di separazione prevalente è, infatti, quello dell’unbundling di tipo giuridico cui si ...

Indice dei contenuti

  1. Titolo pagina
  2. Introduzione - di Carlo Stagnaro
  3. Il saggio. Corruzione e crescita economica: Perché la corruzione rende le crisi economiche più gravi - di Paul Ormerod
  4. Capitolo 1. Carburanti per autotrazione - di Carlo Stagnaro
  5. Capitolo 2. Mercato del gas naturale - di Simona Benedettini
  6. Capitolo 3. Mercato del lavoro - di Fabiana Alias
  7. Capitolo 4. Mercato elettrico - di Simona Benedettini
  8. Capitolo 5. Servizi postali - di Massimiliano Trovato
  9. Capitolo 6. Telecomunicazioni - di Massimiliano Trovato
  10. Capitolo 7. Televisione - di Massimiliano Trovato
  11. Capitolo 8. Trasporto aereo - di Andrea Giuricin
  12. Capitolo 9. Trasporto ferroviario - di Paolo Belardinelli e Carlo Stagnaro
  13. Capitolo 10. Assicurazioni - di Paolo Belardinelli
  14. Gli autori