Semantica. Forme, Modelli e Problemi
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Semantica. Forme, Modelli e Problemi

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Semantica. Forme, Modelli e Problemi

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La semantica può essere considerata come una delle sfide più avvincenti e proibitive della lingua. Quali sono le componenti essenziali del significato? Quale confine è possibile tracciare tra il contenuto linguistico e quello extra-linguistico? Quale tipo di modello rappresenta meglio la semantica linguistica? E come fare interagire tra loro modelli diversi? Il testo, di taglio specialistico, analizza, valuta e coordina i diversi approcci, presentandoli separatamente a seconda delle scuole e delle discipline di appartenenza. La tripartizione delle teorie in linguistiche, formali e computazionali seguirà le diverse discipline coinvolte, a partire da una prospettiva storica sul secolo scorso, fino ai più recenti approcci multi-disciplinari. L'analisi mostrerà come dalle divisioni disciplinari classiche del Ventesimo secolo, si sia passati a una bipartizione metodologica che scinde le prospettive modellistiche da quelle descrittive. Una particolare attenzione viene dedicata alle specifiche forme disciplinari e agli aspetti modellistici; tale focus produce una vasta gamma di considerazioni metodologiche sulla semantica lessicale, cognitiva, formale e computazionale. Emerge dunque come i metodi massimalistici presentino evidenti problemi di parzialità e come i sistemi vero-funzionali, quelli basati sugli aspetti cognitivi e la trattazione automatica del testo, siano in grado di cogliere particolari aspetti del significato, senza però espandere, di concerto, la portata esplicativa dell'intera fenomenologia semantica. L'ultimo capitolo è dedicato a un confronto tra metodi, problemi e prospettive, aprendo diverse questioni teoriche di larga portata e prospettando la necessità di protocolli d'interazione tra i vari approcci.

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Informazioni

1.
SEMANTICA LINGUISTICA E SEMANTICA COGNITIVA
1.1. LA SEMANTICA STORICO-FILOLOGICA
Il primo passo di una storia della semantica lessicale si può approssimativamente situare nel periodo che va dal 1830 al 1930. La prospettiva d’indagine che caratterizza in maniera più evidente questo periodo è quella storica e in particolare concentrata sul cambiamento semantico. In questo periodo si produssero molte ipotesi teoriche, come anche molte ricerche empiriche sull’argomento; eppure questi studi, a causa della loro arcaicità, sono ora relegati quasi solo allo studio storico della linguistica.
La nascita, nel Diciannovesimo secolo, di questa disciplina accademicamente riconosciuta non deve farci pensare che non ci fossero dei precedenti storici di ricerche analoghe a quelle in questione; le tre linee di analogia disciplinare più attendibili sono: la speculazione etimologica, la tradizione retorica e la compilazione dei dizionari.
Sin dal Cratilo di Platone (383a e 383c-d) l’antichità si pose il problema della convenzionalità o meno del linguaggio, con il confronto tra la posizione convenzionalista di Ermogene, quella naturalista di Cratilo e quella ontologica di Socrate. Sebbene questo dialogo platonico sia poco decisivo nella conclusione della questione teorica che solleva, è interessante notare la modernità della posizione ontologica di Socrate, concentrata su una visione esternalista della semantica, ma non assimilabile ad una teoria del riferimento. Di là da questo illustre precedente storico, il metodo etimologico ha sicuramente grande fascino nella ricostruzione del significato delle parole; esso iniziò ad acquisire un certo grado di scientificità e di attendibilità nella comparazione tra le lingue, solo dal Diciottesimo secolo in poi. Va quindi considerato come un metodo spesso reso parziale della propria dimensione teleologica: il tentativo di ridurre la forma di una parola ad una parola nota, spesso fa andare in delega ai confronti serrati ed alla filologia, pur di raggiungere l’obiettivo di riduzione che ci si è dati. Nonostante il grande sviluppo della linguistica comparativa e della fonologia abbiano portato ora le ricerche etimologiche a tutt’altro rango scientifico, nella semantica lessicale si è, sin dalla nascita, optato per uno studio prioritario dei meccanismi del cambiamento semantico, relegando lo studio etimologico a settore ausiliare alla disciplina, sempre con riguardo alla dimensione storico-filologica che, come già anticipato, non sarà quella dominante nel Diciannovesimo secolo.
1.1.1. La tradizione retorica
La tradizione retorica occidentale ha origini antichissime ed illustri: Platone, Aristotele, Cicerone, Quintiliano, Du Marsais, Campbell, fino a Perelman e Lausberg. L’arte della persuasione ha permeato da sempre la cultura occidentale, svolgendo anche il ruolo di classificatrice degli strumenti stilistici del linguaggio e vettore di molti cambiamenti linguistici.
La semantica storico-filologica guardava alla retorica non tanto come fonte degli abbellimenti stilistici, quanto piuttosto come forza del cambiamento linguistico ben radicata nella tradizione umana dell’uso dei linguaggi naturali. Due sono i tropi fondamentali per questa funzione, i due tropi più studiati e praticati nell’uso della lingua: la metafora e la metonimia. Entrambi sono tecniche di traslazione del significato mediante la sostituzione della parola o della locuzione con un’altra tratta da una sfera semantica affine in senso associativo o paradigmatico (la metafora) o con una tratta dalla stessa sfera semantica che sia con la prima in una relazione distributiva o sintagmatica (la metonimia). La lingua è colma di associazioni tra significante e significato nate da questi tropi o modificate a seguito della loro consolidazione nell’uso delle comunità linguistiche: basti pensare al valore metaforico, ormai sistemico, di aggettivi come camaleontico, leonino o lunatico, piuttosto che all’etimo metonimico di parole come laconico, mensa o scoglio.
1.1.2. Lessicografia
Ai suoi albori la semantica lessicale trovava il materiale linguistico di riferimento nei classici dell’antichità e nei testi sacri della tradizione ebraicocristiana. A partire dal 1600 l’altra fonte delle ricerche lessicografiche sono i lessici: Vocabolario degli Accademici della Crusca (1612); Dictionnaire de l’Académie française (1694); Samuel Johnson’s Dictionary (1755).
In quell’epoca i dizionari avevano anche un forte valore normativo, essendo parte di un sistema prescrittivo che era teso alla salvaguardia della purezza della lingua. Nell’Ottocento questa tendenza lasciò il passo a una visione più descrittiva del dizionario con il Deutsches Wörterbuch (Jakob and Wilhelm Grimm, 1854-1954), il Dictionnaire de la langue française (Émile Littré, 1877), l’Oxford English Dictionary (James Murray, 1884-1928), e – tuttora il più grande dizionario di lingua naturale al mondo – il Woordenboek der Nederlandsche Taal (ideato da Matthias de Vries nel 1864, completato solo nel 1998).
In pratica alle origini della semantica lessicale come disciplina linguistica l’etimologia speculativa fornì un modello contrastivo; la lessicografia e la filologia fornirono la base empirica dei metodi descrittivi, la tradizione retorica infine offrì un bagaglio iniziale di concetti classificatori dei fenomeni che la disciplina nascitura avrebbe descritto.
1.1.3. La natura del significato
Sin dai suoi albori, nella semantica si notarono delle forti ascendenze multi-disciplinari e la necessità del linguaggio di riferirsi al mondo; nel suo Griechische Bedeutungslehre, Max Hecht cercò di riassumere così il ruolo della semantica lessicale:
La semantica è linguisticamente valutabile nella misura in cui classifica cronologicamente i significati in prospettiva lessicografica, e stabilisce le leggi del cambiamento semantico in prospettiva etimologica. Dal momento che, ad ogni modo, essa deriva queste leggi dalla Natura della Mente e che scrive una Storia delle Idee – i significati sono idee – essa ricade all’interno del campo della psicologia empirica.1
Emerge quindi immediatamente la presenza simultanea di un elemento psicologico e di un elemento esterno al fenomeno linguistico, di cui deve tenere conto ogni analisi della lingua e che, come vedremo, non sempre viene considerato nelle teorie di riconosciuto valore storico all’interno della disciplina.
Passiamo ora però in breve rassegna gli autori fondamentali della scuola storico-filologica. Lo studioso più rappresentativo di questa fase della disciplina è sicuramente Michel Breal con il suo saggio del 1897 Essai de sémantique. Science des signifìcations, considerato il fondamento della disciplina semantica. Per Breal la semantica doveva caratterizzarsi naturalmente del suo orientamento storico, ma nel suo lavoro viene anche riconosciuto l’orientamento psicologico; il cambiamento linguistico è visto come il risultato di un processo psicologico e lo stesso linguaggio, nelle dimensioni più basilari, è visto come un’oggettivazione del pensiero, quindi il valore cognitivo e referenziale del linguaggio risulta ben marcato nel lavoro di Breal: «Le langage est une traduction de la réalité, une transposition où les objets figurent déjà généralisés et classifiés par le travail de la pensée»2. Il linguaggio non è quindi autonomo ma collegato agli strumenti cognitivi ed ermeneutici con cui l’uomo sviluppa la propria visione del mondo.
Il cambiamento linguistico è visto come un percorso nella mente umana che produce un mutamento semantico; lo studio storico di questi cambiamenti si occupa quindi di questi meccanismi chiamati «le lois intellectuelle du langage», espressione in cui il termine legge va inteso più nel senso descrittivo che prescrittivo, in analogia all’uso che nell’epoca si faceva di legge nel campo delle scienze naturali. Per Breal queste forze di cambiamento dipendono da una necessità sempre maggiore di precisione comunicativa come nel bambino che apprende progressivamente le fonazioni con la propria necessità di precisione. La semantica, essendo il linguaggio un prodotto dell’uomo, va iscritta tra le scienze dello spirito (in opposizione alle scienze naturali della dicotomia, a lui contemporanea di Wilhelm Dilthey, tra Naturwissenschaft e Geisteswissenschaft, con una forte connotazione ermeneutica).
Per comprendere però come questa visione della semantica e del cambiamento linguistico passò da una visione individuale a quella dell’uso comunitario di un termine, si deve consultare il lavoro di Hermann Paul che nel 1880 (Prinzipien der Sprachgeschichte) distingue tra il «significato usuale» (usuelle Bedeutung) e quello «occasionale» (okkasionelle Bedeutung): il primo è il contenuto totale di rappresentazione a cui una parola è associata da una comunità di parlanti, il secondo è il contenuto di rappresentazione che un interlocutore associa ad una parola quando la usa, e che si aspetta l’ascoltatore associ allo stesso modo. Nel passaggio dal primo al secondo modo di significato, un ruolo fondamentale è rivestito dal contesto; tale ruolo per Paul è particolarmente evidente nelle disambiguazioni di parole polisemiche ed è designabile con il termine di specializzazione. Il passaggio inverso invece avviene mediante la decontestualizzazione: ovvero quando un termine nel suo significato usuale perde il suo valore contestuale e significa sempre la stessa cosa, allora si è avuta una generalizzazione.
Dal punto di vista psicologistico sono da segnalare la posizione di Wilhelm Wundt, che da una prospettiva filosofica ed intuitiva vedeva il linguaggio come l’espressione di uno spirito del popolo o della nazione, anticipando molte concezioni simili come l’ipotesi Sapir-Whorf o alcune posizioni di Ludwig Wittgenstein. Le anticipazioni degli psicologi e dei linguisti di quel periodo, spesso prive di rigore metodologico e di posizioni epistemiche nette, fissarono alcuni importanti termini di riferimento che tornarono nella semantica lessicale successiva; ad esempio il semasiologo tedesco Karl Otto Erdmann evidenziò nel 1910 un importante aspetto differenziale nel significato delle parole distinguendo tra Nebensinn («senso prossimo») e Gefühlswert («valore emozionale»). Entrambi i concetti sono legati al campo della connotazione ma il primo esprime il riferimento concettuale in associazione all’espressione (ad es. la fonte battesimale non esprime solo il posto in cui s’immerge colui che si battezza, ma l’intera circostanza del battesimo: il rito, l’immersione, le formule, etc.), mentre il secondo indica la connotazione emotiva che sta nelle parole (come in inzuppato rispetto a bagnato o in distrutto rispetto a stanco). Da questa divisione possiamo notare come anche l’aspetto emozionale dell’uso della lingua fosse considerato influente sui processi di cambiamento semantico.
La distinzione tra semasiologia e onomasiologia3 diventa maturamente formalizzata so...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. SOMMARIO
  5. Introduzione
  6. 0. SEMANTICA E COMPLESSITÀ
  7. 1. SEMANTICA LINGUISTICA E SEMANTICA COGNITIVA
  8. 2. SEMANTICA FORMALE
  9. 3. SEMANTICA COMPUTAZIONALE
  10. 4. MODELLI E PROBLEMI
  11. Riferimenti bibliografici