II.
Gli anni di Diocleziano
2.1.La crisi istituzionale ed economica del III secolo
Il III secolo d.C. è, innanzitutto, caratterizzato da anni di anarchia; sono gli anni travagliati da una grande crisi economica, sono gli anni nei quali si chiude l’età del principato.
Alla fine della dinastia dei Severi39 la crisi in realtà toccava molti settori. Quello militare, in quanto il controllo sulle frontiere non è sempre sufficiente per impedire le escursioni dei barbari. Quello politico, in quanto non vi è sicurezza istituzionale con il susseguirsi degli imperatori, per lo più acclamati dagli eserciti: essi stanno in carica poco tempo, poiché finiscono con l’essere eliminati. Quello economico40, di cui ho già accennato: è un periodo più o meno lungo di anarchia, di invasioni, di secessioni e, quindi, di guerre, che porta con sè povertà per la popolazione, ed il degrado diventa terreno fertile per lo sviluppo della criminalità.
Mi piace, a questo proposito, ricordare le parole di Rostovzev41, che meglio delineano un quadro della delicata situazione che caratterizzava la situazione dell’Impero romano nel III secolo d.C.: «Tutte le classi della popolazione soffrivano terribilmente sotto l’oppressione delle guerre interne ed esterne. Le ruberie dei soldati del resto non erano dovute unicamente ad avidità: l’impoverimento delle province e il cattivo sistema degli approvigionamenti e dei trasporti spesso costringevano i soldati ad atti di violenza unicamente per la propria conservazione». Le pagine dello studioso offrono l’idea di una situazione di povertà, denutrizione, condizioni insalubri della città e generale incertezza della vita umana, arrivando alla conclusione che «Sotto il peso di siffatte condizioni, che parevano diventate definitive, la popolazione fuggiva dai suoi luoghi di dimora e all’intollerabile esistenza delle città e dei villaggi e preferiva una vita d’avventure e di latrocinii nelle foreste e nelle paludi. La completa disorganizzazione delle forze navali alimentò il rinascere della pirateria, e i mari tornarono ad essere malsicuri».
Nonostante la presa del potere anche da parte di imperatori dalla forte personalità, fu difficile far fronte alle invasioni da parte di diverse tribù barbariche e alle sollevazione interne42. Tutti questi problemi e l’impegno militare impedivano agli imperatori di occuparsi della politica interna e dell’ordine pubblico.
In Occidente, infatti, la situazione era grave a causa delle escursioni barbariche. Se le città ne uscivano immuni, non era così per i sobborghi e le campagne soggetti ai saccheggi, per cui i villaggi rurali e le villae vennero incendiati in gran numero, come ricorda il Seston43, il quale precisava che, oltre a queste devastazioni causate dalle invasioni, c’era la miseria: non si produceva più, erano cessate le esportazioni, gli imperatori non avevano più oro per pagare le truppe, esplode l’inflazione e la fiscalità è alla deriva.
Secondo la Salles44 «ll brigantaggio, la grande criminalità sono mali che minacciano soprattutto le campagne, mal difese, facili da assalire per i predoni d’ogni specie, i quali stanno all’agguato dei viaggiatori solitari, li derubano, li assassinano».
E’ soprattutto lo stato di insicurezza delle campagne, più che la crisi politica in seguito alla morte di Carino, a provocare una sollevazione di quella popolazione, la quale abbandona le campagne e scappa davanti i barbari45. Il Seston rende bene l’idea di questi travagli: «Ceux que la famine et la maladie ne détruisirent pas s’enrôlérent dans les troupes de brigands»46 e ancora: «C’est pour assurer la défence de l’Occident contre les Barbares et réprimer les brigandages des Bagaudes, tout en prévenant le danger d’une usurpation, que Dioclétien conféra la dignité impériale à Maximien»47.
E’ questo lo scenario che fa da sfondo alla presa di potere di Diocleziano, ma anche ai primi anni di governo con Massimiano ed i Cesari. In queste condizioni il crimine del plagio assume forme diverse e diventa un vero problema di ordine pubblico per lo Stato che deve tutelare i suoi cittadini e predisporre ogni mezzo per reprimere e prevenire tali crimini sempre più gravi.
2.2.L’avvento di Diocleziano
Ritengo opportuno ripercorrere le vicende che hanno caratterizzato il governo di Diocleziano per meglio comprendere la diversa linea legislativa di quegli anni, in materia di plagio.
Dell’uomo Diocleziano sappiamo ben poco. Si chiamava Caio Valerio Diocle ed era nato in Dalmazia il 22 dicembre 245 da una famiglia umile. Sappiamo che fu un soldato di grande tempra e con una forte personalità. Comandante della guardia imperiale, il 20 novembre 284 l’esercito d’Oriente lo acclama imperatore a Nicomedia. Subito latinizzò il suo nome, assumendo da imperatore il nome di Marco Aurelio Caio Valerio Diocleziano48.
Un anno prima era morto l’imperatore Caro lasciando i figli Carino a governare l’Occidente e Numeriano l’Oriente. Quest’ultimo era stato trovato morto nel suo letto nel novembre 284 lasciando libera la scalata al potere da parte di Diocleziano.
Nel 285 fu assassinato Carino, che governava ancora in Occidente e Diocleziano divenne signore di tutto l’Impero, col pretesto di vendicare l’imperatore defunto. Secondo la tradizione venne riconosciuto dal Senato, ma verosimilmente si tratta di una finzione giuridica, tanto è vero che Diocleziano considererà sempre come data ufficiale quella della sua proclamazione da parte dei soldati49.
Come ricorda De Francisci, Diocleziano «cresciuto alla scuola di Probo e di Aureliano aveva direttamente sperimentato la debolezza dell’Impero e i pericoli che lo minacciavano»50. Lo studioso, dopo aver elencato, dunque, i numerosi pericoli che si abbattevano senza tregua sulla parte occidentale dell’Impero rilevava che «il momento era così grave di pericoli che Diocleziano si indusse alla sua riforma dello Stato. Infatti, pur essendo conscio della necessità di rafforzare al massimo il potere centrale e di esaltarne il prestigio, egli vedeva anche come, date le condizioni dell’Impero, fosse indispensabile, per evitare il ripetersi di quelle situazioni che nel III secolo avevano messo in pericolo la compagine dell’Impero, che l’imperatore potesse rapidamente muoversi nelle province, dirigere in persona le operazioni, essere onnipossente pur senza discendere dall’altezza, alla quale Diocleziano voleva mantenere l’Augustus»51.
2.3.Dalla diarchia alla tetrarchia
Il III secolo si chiude con l’esperimento della tetrarchia, che, come rilevava Sargenti «in un certo senso riassume il travaglio istituzionale del Principato e tenta di risolverne i problemi raccogliendo ed utilizzando gli aspetti più caratteristici dei secoli precedenti»52. Eppure, l’età dioclezianea, pur essendo fortemente plasmata dalle caratteristiche e dagli eventi del principato, era comunque tesa verso un’era nuova, quella del tardo Impero, pur rimanendo distinta da essa53, una sorta di anello che congiungeva le due distinte epoche.
Il disegno della tetrarchia, appunto, non nasce nella mente del nuovo imperatore immediatamente. Diocleziano segue un percorso, non precostituito, a seconda delle situazioni contingenti e delle necessità che sorgono a causa delle vicende che vanno a segnare l’Impero. Il meccanismo tetrarchico, all’inizio, non era stato pianificato. Diocleziano non era, infatti, un intellettuale, ma era essenzialmente un soldato, un ottimo soldato, con tutta la sua concretezza e capacità di adattarsi alle situazioni contingenti. La preparazione culturale dell’imperatore54, dunque, e la sua presa del potere, così improvvisa, ci porterebbero a pensare a scelte dettate dalle necessità del momento.
Mentre si trovava in Oriente ritenne opportuno nominare Cesare un uomo fidato che proteggesse le frontiere della parte occidentale dell’Impero. La scelta cade su un suo commilitone proveniente dalle stesse zone in cui è nato, Massimiano, militare valoroso, ma rude, come lo dipingono le antiche fonti storiche. Nato nelle campagne intorno a Sirmio in Pannonia, di umili origini come Diocleziano, come lui ebbe una carriera sotto le armi al servizio dei vari imperatori, Probo, Carino, Numeriano. Entrambi, una volta giunti al vertice dell’Impero sentirono l’esigenza di costruirsi un palazzo dove prima era situata l’umile casa natale, un po’ come rivalsa, un po’ come legame profondo con la famiglia, col passato.
Le fonti storiche, epigrafiche e papirologiche conservate non menzionano mai il periodo esatto in cui è stata ricoperta la carica di Cesare. Del resto, ben presto – pare ne...