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A toutes les femmes qu’on aime
pendant quelques instants secrets
Antoine Pol, Les passantes
Ser poeta não é uma ambição minha.
é a minha maneira de estar sozinho.
Alberto Caeiro (Fernando Pessoa)
O guardador de rebanhos
Ad personalitatem requiritur ultima solitudo.
John Duns Scotus, Ordinatio
Se qualche volta scrivo è perché certe cose non vogliono separarsi da me come io non voglio separarmi da loro. Nell’atto di scriverle esse penetrano in me per sempre - attraverso la penna e la mano - come per osmosi.
Cristina Campo, Parco dei cervi
Nota introduttiva
Ho indugiato prima di decidermi a pubblicare questo libro.
Non è sufficiente una libera effusione dell’animo per conferire valenza lirica a qualsivoglia vibrazione interiore: spero di non essere incorso in tale equivoco.
Perché diventi poesia, un contenuto deve acquisire un rilievo superindividuale, in un linguaggio denso, stillante ritmo e sonorità.
La tensione prosastica, a sua volta, è nella coerenza dell’architettura narrativa. Ogni elemento agisce entro un sistema definito, incompatibile con sconfinamenti non funzionali all’impianto stesso.
Nella raccolta vi sono testi recenti ma anche di lontana composizione; un tempo così ampio ha prodotto un “canzoniere” stratificato in momenti distinti della storia personale: spero che l’inattualità di talune “occasioni” non abbia diminuito la pregnanza espressiva.
La scrittura è un esercizio che coinvolge la sfera profonda del sentire e dell’agire. Chi scrive mette a nudo se stesso: rivela, per cifre e allusioni, quanto ha di più intimo. Come può realizzarsi una tale apertura incondizionata? Il prodigio, non unico, della poiesis consiste nella proiezione del contingente in più alto spazio comunicativo, con un processo di oggettivazione che è affrancamento interiore.
Affido dunque ai lettori quanto ho raccolto strada facendo: il frutto dolceamaro del tempo.
Franco Lorizio
Parte prima
POESIE
Graffiti
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La pioggia
con dolce cadenza,
con passo lieve
leviga il cuore.
Perduri l’attimo,
il desiderio di essere
fra poche cose,
contento di esistere.
Miraggi
inganneranno gli occhi,
un barlume
dissolverà l’incanto.
Mi basta quest’attimo:
fra poche cose,
contento di esistere.
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Lo specchio riflette
frantumi
d’immagini impazzite.
Fuochi
infiammano la mente.
Frantumi.
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Nell’ombra
affiorano graffiti,
indizi cifrati
incisi su rocce ataviche.
Eco remota incalza
d’assidui intarsi
indecifrabili.
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Spegnermi
fiamma che piano consuma.
Trafitto lo sguardo
da un punto
che remoto traluce.
***
Assopito
in un giaciglio di malinconia
ho sognato il nulla,
neve candida
che annulla, sbianca.
Di morte dolce
mi son visto morire.
Impronta lieve
che immemore scolora.
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Sgombra la memoria
dall’ombra
ch’empia fendeva
la purezza frale,
l’inerme candore.
Smèmora chi l’ale
spezzate volle
di giorni bambini,
di timidi sorrisi adolescenti.
Limpido un fulgore
trafigga gli occhi spenti
per inondarli d’infinito.
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Scendi, tristezza, nebbiolina
d’un primo mattino di novembre.
sottile, impercettibile, pungente,
nell’orizzonte incerto, sfumato
dalla brina, discreta ti avvicini.
Posso avvertire il tuo sussurro lieve,
il tenue tuo singulto di bambina,
l’inceder lento, cieco
tra scolorate foglie disadorne.
Nubi adombrano il cielo cinerino
lento si leva solitario un fumo.
Rotto il silenzio, eco lontana giunge
di un affannato, inquieto batter d’ali.
Incaute mani spandono leggere
i semi eterei della nostalgia:
sopiti assilli, spine sottili,
sospiri colmi di melanconia.
Cristalli di lacrime rilucono
fra le pieghe dei tuoi veli:
sogni svaniti, smorti desideri,
attese vane nelle vuote sere.
Mi specchio nel pallore del tuo viso,
nel diafano sorriso evanescente.
Con me...