Dalla narratologia alla psiconarratologia
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Dalla narratologia alla psiconarratologia

Il metodo sperimentale nello studio della narrazione

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Dalla narratologia alla psiconarratologia

Il metodo sperimentale nello studio della narrazione

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Il metodo sperimentale, in gran parte importato dagli studi di psicologia cognitiva e di discourse analysis, rappresenta uno strumento di grande valore per la critica letteraria, che potrebbe certamente aumentare il suo impatto socio-economico e favorire il dialogo con le altre discipline. Naturalmente la sua applicazione prevede l'acquisizione di nuove competenze metodologiche, non solo quelle psicologiche, ma anche statistiche, utili nei processi di validazione dei risultati ottenuti e necessarie per formalizzare i processi di misurazione dei dati. Nella consapevolezza che cambiare non significa necessariamente perdere delle cose per acquisirne altre, ma anche affiancare nuove conoscenze e nuove competenze a un patrimonio già esistente, questo libro ricostruisce la storia degli strumenti critici della narratologia, dal paradigma strutturalista fino alla rivoluzione della narratologia cognitiva, e presenta, accanto alla teoria della psiconarratologia, un protocollo diviso in fasi per l'applicazione del metodo sperimentale nello studio della narrazione - dalla formulazione dell'ipotesi scientifica all'uso di formule statistiche per la validazione dei risultati - corredato da alcuni esperimenti realizzati.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788868742867
1. La narratologia
1.1 Il formalismo russo
Storia e metodo
Il termine narratologia, che oggi individua un complesso di approcci critici allo studio delle forme narrative, condotti con metodi non sempre uniformi e motivati da obiettivi conoscitivi differenti, fu introdotto da Todorov per designare lo studio sistematico delle forme narrative, inaugurato dal movimento conosciuto come formalismo, attivo all’inizio del XX secolo in Russia, dal 1915 al 1930, che proponeva uno studio letterario tendente a valutare in valore assoluto la forma espressiva della letteratura e gli effetti che essa genera in termini di comunicazione di contenuti. Il termine formalismo aveva in realtà un’accezione peggiorativa, e fu dato agli studiosi di quel movimento dai critici che avversavano le loro posizioni. Prima ancora di un approccio tematico, condotto sui significati e sulla loro interpretazione, sostenevano i formalisti, le indagini sulle forme espressive, sulla loro evoluzione, sugli assetti quantitativi che assumono e la loro misurazione, diventano imprescindibili nello studio dei processi culturali.
Le radici del formalismo affondano in una più generale rivoluzione delle scienze umane che, sul finire dell’Ottocento, vede nel metodo scientifico di classificazione tassonomica un modello al quale ispirarsi per incrementare il tasso di scientificità nello studio della produzione letteraria e dell’arte. In Russia, come spiegherà poi Todorov (2008) nel lavoro La letteratura in pericolo, questa esigenza fu stimolata, più che altrove, dalla necessità di far fronte alla censura del Partito Comunista, e dal desiderio degli intellettuali di poter trovare un oggetto di analisi non coinvolto, almeno apparentemente, con i processi storici della cultura e con la loro esasperazione nello storicismo. Non è un caso che, successivamente, sempre in Russia, si sviluppasse la cosiddetta Scuola delle tipologie culturali (Lotman, Uspenski 1975) che in un certo senso rappresentava un approccio formale ai fenomeni storici della cultura, o comunque il tentativo di spiegare la storia della cultura sul piano sincronico delle forme espressive (Cfr. Zaganelli 2018).
Il formalismo affrontò lo studio della letteratura e dell’arte nel suo complesso, e quindi non fu un movimento critico orientato in maniera specifica all’analisi delle forme narrative, anche se al suo interno va annoverato il lavoro che ha posto le basi di tutta la narratologia, cioè Morfologia della fiaba di Vladimir Ja. Propp, uno studio sistematico delle fiabe di magia russe, selezionate e raccolte in un corpus, e di cui lo studioso identifico la matrice strutturale, fatta di 31 funzioni narrative invarianti che soggiacciono rispetto al piano espressivo che di volta in volta può mutare. Inoltre i lavori di Tomasevskij sull’intreccio, di Sklovskij sul romanzo, e di Ejchenbaum sulla prosa, rappresentano certamente un punto di riferimento per tutti gli studiosi che successivamente hanno costruito modelli di analisi delle forme narrative.
Nel concreto il formalismo, anche se fu spesso accusato di essere una scuola con principi poco chiari fino in fondo, aveva fissato delle coordinate metodologiche nello studio delle forme espressive che consistevano: (1) nella dialettica tra automatismo e straniamento; (2) nella centralità dell’opera; (3) nell’idea di arte come procedimento tecnico di tipo creativo; (4) nell’immanenza del metodo rispetto all’oggetto studiato. Il primo principio, che come ricorderà Todorov (1968) è oggi alla base della teoria dell’informazione, secondo la quale la notiziabilità di un evento decresce al crescere della sua prevedibilità, consiste nella necessità metodologica di risvegliare il senso dei prodotti letterari, cioè di provocare uno straniamento, una visione insolita, condotta da un putno di vista differente, dello stesso oggetto di studio. Il secondo principio, invece, cerca di rivendicare l’autonomia metodologica della critica rispetto all’approccio sociologico o psicologico, interessato più che al sistema della letteratura ad altri oggetti di studio. Si tratta di un principio ancora utile, e tutt’oggi rivendicato, come vedremo più avanti, dai nuovi approcci cognitivi alla letteratura e alla narrazione, che come in passato corrono il rischio di interpretare male l’interdisciplinarità o la transdisciplinarità, e di perdere di vista l’oggetto di studio e gli obiettivi delle discipline umanistiche. Il terzo principio rivendica l’idea di fondo di tutto il movimento, e cioè la necessità di valutare l’opera d’arte come un prodotto della tecnica e non come una realtà rivelata o direttamente come una porzione di contenuto. Essa, sostengono i formalisti, genera contenuto per mezzo di procedure tecniche che usano la lingua come strumento di codificazione del senso. Infine, il quarto principio rivendica la necessità di adottare una metodologia adatta allo scopo e calibrata sull’oggetto di studio, cioè non impostata aprioristicamente, ma progettata in relazione all’obiettivo conoscitivo.
Significazione funzionale
Uno dei concetti particolarmente utili allo studio delle forme narrative è certamente quello di significazione funzionale. Esso si fonda sulla divisione tra forma e funzione del segno, in larga parte sovrapponibile a quella saussuriana tra significante e significato. La forma attiene all’aspetto esteriore del segno, e quindi, immutata, la possiamo ritrovare con funzioni diverse in più prodotti della cultura, e per quel che ci riguarda, in più sequenze narrative. La capacità di scindere le forme dalle funzioni che esse svolgono in letteratura è fondamentale per evitare di confondere le une con le altre, e di considerare dei puri elementi formali come significati compiuti. Per fare un esempio, quelli che la critica letteraria chiama motivi narrativi, cioè forme stereotipate della narrazione come il viaggio dell’eroe o l’amore infelice, sono in realtà dei procedimenti formali e non dei significati, che possono poi svolgere funzioni diverse in base al prodotto della cultura nel quale compaiono e ai legami che stabiliscono con altri procedimenti formali. Le relazioni tra le forme e le rispettive funzioni che assolvono (combinatoria, ritmica, semantico-letteraria, ecc.) devono essere organizzate in gerarchie di rapporti logici e divise per sistemi omogenei della cultura (letteratura, pittura, musica, politica, economia, ecc.).
Ogni prodotto della cultura, dunque, appartiene a una serie, e questa a un sistema, e ogni prodotto della cultura è divisibile in una gerarchia di funzioni significanti di cui si fanno portatrici le forme, cioè i segni intesi dal punto di vista morfologico-espressivo. In questo modo è possibile fornire spiegazioni formali per fenomeni storici della cultura. Anzi, la relazione tra piano storico e piano delle forme, ancora oggi dibattuta (McHale 2005), fu per il formalismo un obiettivo scientifico sempre discusso e ricercato, non fosse altro che per il tentativo di conciliare il materialismo storico dell’ideologia comunista con un approccio che in qualche modo, senza rifiutarlo, lo prendeva in considerazione da un altro punto di vista, evitando di dare ai processi storici quell’importanza che acquisteranno, soprattutto negli anni a venire, nella cultura della Russia comunista e in particolar modo nel “realismo socialista”.
Il tentativo di conciliazione, forse più importante, sfrutta appunto il significato funzionale delle forme letterarie per generare un modello di sviluppo dinamico delle forme letterarie e per spiegare l’evoluzione storica dei generi letterari. Secondo i formalisti i generi letterari evolvono secondo un modello che prevede l’accumulazione di tratti formali intorno a un genere che diventa man mano riconoscibile e classificabile (ad esempio: il romanzo cavalleresco), fino al punto in cui compare un modello non più perfettibile, cioè l’opera che diventa il modello di massima rappresentazione del genere (acme della storia del genere), a partire da questo il modello attraverso una fase di disgregazione e degradazione per opera di influssi esterni, contaminazioni e altro, che conduce a una degenerazione spesso parodistica (ad esempio: il poema eroicomico), fino alla scomparsa o all’eventuale rinascita (Erlich 1966).
Tema, fabula e intreccio, motivazione
Nella letteratura, e nelle forme narrative in particolare, l’unità della storia raccontata, cioè della sequenza narrativa, è garantita dalla coerenza tematica. Quindi una sequenza di stadi narrativi difformi per essere interpretata come sequenza evolutiva, cioè come le rappresentazioni dei cambiamenti intervenuti a modificare uno stato di equilibrio, deve avere un tema che funga da collante semantico tra uno stadio e l’altro della sequenza. Il che non vuol dire che il tema deve essere unico, ma che il tema o i temi devono disporsi lungo la sequenza narrativa in maniera semanticamente coerente. Questa disposizione può essere di tre tipi: logico-cronologica, simultanea oppure casuale e disordinata. La disposizione del primo tipo è anche detta fabula, e consiste nell’ordine degli eventi di una sequenza narrativa che segue la loro evoluzione causale-temporale, cioè rispetta l’ordine temporale degli accadimenti usando soprattutto gli operatori narrativi E-DOPO. Le storie costruite in questo modo, che rispecchiano l’ordine naturale degli avvenimenti, sono storie dotate di fabula, ma in realtà anche nel caso in cui l’ordine non viene rispettato, il lettore filtra le informazioni ricevute così da ricostruire la fabula, cioè nelle operazioni di lettura lo scioglimento della trama equivale alla visualizzazione completa della storia secondo l’ordine causale-temporale. Naturalmente in letteratura più che a storie raccontate in maniera logico-cronologica, il lettore si trova di fronte a una distribuzione degli eventi che tiene conto non tanto e non solo della necessità di fornire al lettore una ricostruzione di un fatto (cronaca), ma di procurargli il piacere cognitivo della scoperta, fatto di suspense e cooperazione, e quello estetico della lettura, fatto di esigenze ritmiche e passionali.
Al lettore, quindi, non viene presentata la fabula, ma una distribuzione alterata della fabula (le disposizioni del secondo o del terzo tipo), che può prevedere la selezione di alcune scene e l’omissione di altre, le anticipazioni o i salti nel passato attraverso l’uso degli operatori narrativi E-PRIMA, E-INTANTO. Questa distribuzione viene definita intreccio, ed è a partire dall’intreccio che il lettore ricostruisce la fabula.
La costruzione di un intreccio piuttosto che di un altro, e soprattutto la scelta dei temi da trattare e delle scene da presentare al lettore, non è necessariamente il frutto di esigenze estetiche, o meglio solo di esigenze estetiche, ma...

Indice dei contenuti

  1. Collana
  2. Il libro
  3. L’autore
  4. Introduzione. I vantaggi del metodo sperimentale
  5. 1. La narratologia
  6. 2. La narratologia cognitiva
  7. 3. La psiconarratologia
  8. 4. Protocolli sperimentali
  9. 5. Laboratorio di sperimentazione
  10. Bibliografia dei testi citati
  11. Colophon