Prevedere l'imprevedibile
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Laura Conti pioniera dell'ambientalismo italiano

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Laura Conti pioniera dell'ambientalismo italiano

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Laura Conti ha vissuto intensamente la variegata e spesso tragica realtà del Novecento: attiva nella Resistenza, internatanel campo di concentramento di Gries (Bolzano), dirigente politico, socialista (nella corrente di Lelio Basso) e poi comunista, medico ortopedico ed esperta di medicina scolastica, impegnata nella difesa della salute degli operai, amministratore pubblico (fu consigliere provinciale e regionale in Lombardia, deputato a Roma), narratrice di talento, è stata soprattutto una grande pioniera del più radicale ambientalismo italiano.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788863571455
Categoria
Ecologia

Prevedere l’imprevedibile di Laura Conti (1979)

Michela Mayer (a cura di), “Una scuola per l’ambiente. Risultati di una ricerca promossa dall’OCSE”, Collana “I quaderni di Villa Falconieri”, 18, La Nuova Italia Editrice, 1989
Cominciavo a rendermi conto che “ambiente” non è solo l’insieme di acqua, aria, terra; che non si può considerare l’uomo nel suo rapporto con la natura se non lo si considera anche nel suo rapporto con gli altri uomini, e nel suo rapporto con gli oggetti che fabbrica o con le piante che coltiva.
Laura Conti, Visto da Seveso (1977)
Documento redatto come lettera per gli insegnanti, inserito nel testo Una scuola per l’ambiente. Risultati di una ricerca promossa dall’Ocse (Mayer 1989) che riporta le iniziative di dodici scuole, di diverso livello e diversa collocazione geografica, che sembravano corrispondere, negli intenti e nella pratica educativa, agli obiettivi proposti dall’Ocse.
Laura Conti, l’ecologa italiana che è stata la promotrice di molte battaglie ambientaliste (e della Direttiva Seveso dell’Unione Europea), diceva nel 1989 in un incontro per insegnanti di educazione ambientale: Voi avete il compito di mettere i ragazzi in condizione di abituarsi a prevedere il comportamento dei viventi, ma siccome ciascun vivente è unico, il suo comportamento non è mai prevedibile con sicurezza: prevedere l’imprevedibile è una cosa un po’ difficile, ma farlo per mestiere è più difficile ancora e non so come ve la potrete sbrigare. Eppure è necessario che gli uomini imparino a capire la complessità, che è funzione della diversità, il cui grado estremo è l’unicità di ciascun soggetto...
Sembrerò pedante — e magari lo sono — ma parto con delle definizioni soltanto per una questione di linguaggio affinché non rimangano ambiguità o spazi di incomprensione.
Prima di tutto mettiamoci d’accordo su cosa s’intende per ecosistema!
S’intende per ecosistema l’insieme dell’intera comunità vivente in un certo territorio. Naturalmente una definizione di questo genere ha delle ambiguità, perché si può definire ecosistema uno stagno e si può definire ecosistema il pianeta, e non è sbagliata né l’una, né l’altra accezione.
E come qualifichiamo l’ecosistema? E molto utile praticamente definire l’ecosistema usando i criteri con cui si definiscono i sistemi dal punto di vista termodinamico.
Dal punto di vista termodinamico i sistemi si classificano in sistemi aperti quando scambiano materia e energia con l’esterno, sistemi chiusi quando scambiano solo energia e non materia, e sistemi isolati quando non scambiano né energia né materia. In generale non ci sono ecosistemi isolati, perché negli ecosistemi la comunità vivente interagisce anche con l’ambiente esistente in condizioni abiotiche. Per esempio, la comunità vivente è caratterizzata dalla propria vitalità, ma la vita è sorretta dall’energia radiante solare; Eugene P. Odum — il più grande maestro di ecologia — arriva a definire l’ecologia come una modalità particolare dello studio della luce. E questo già ci aiuta a comprendere che non può esistere un ecosistema isolato.
Ci sono ecosistemi chiusi? Penso di sì, possono esistere e possono anche essere costruiti in laboratorio. In generale l’ecosistema pianeta è invece un sistema aperto perché la Terra scambia con il rimanente dell’universo sia energia, sia materia. La Terra riceve energia dal Sole, è visibile ed è evidente che riflette una parte dell’energia che la investe come energia luminosa visibile, e poi irradia anche calore: quindi lo scambio energetico con l’esterno c’è.
Ma c’è anche lo scambio di materia. Perché? Perché la Terra non riceve solo meteoriti dallo spazio, ma abbandona anche della materia, getta nello spazio della materia. In che forme getta materia nello spazio? Per esempio oggi in forma di astronavi, di sonde planetarie, ma ha sempre espulso materia: nel processo di formazione della Terra c’è stata una perdita dei gas più leggeri che la gravitazione terrestre non riusciva a trattenere. E c’è stata soprattutto di una perdita di idrogeno. La perdita di idrogeno continua, c’è un processo in corso che in parte si intreccia con i processi vitali per cui la molecola d’acqua viene dissociata, I’ossigeno combina un sacco di cose per conto suo, ma una parte dell’idrogeno che viene liberato per la dissociazione della molecola d’acqua viene smarrito dalla Terra. Quindi una certa diminuzione della massa del pianeta è in corso dall’origine della Terra ed è tuttora attuale.
Diciamo allora che l’ecosistema planetario è un sistema termodinamicamente aperto.
Ma cosa intendiamo per complessità dell’ecosistema? È da notare che io non mi sono mai occupata, né intendo farlo, dei sistemi in genere; mi occupo soltanto dell’ecosistema, quindi non so se le cose che io vi riferirò sull’ecosistema possono proiettarsi anche su altri sistemi. Questo non lo so e non ne ho la più vaga idea. Gli ecologi definiscono la complessità di un ecosistema in base al numero di relazioni che ci sono fra i diversi soggetti della comunità vivente che fa parte di quell’ecosistema. Vi sono ecosistemi molto complessi e ecosistemi molto semplici. L’ecosistema naturale più semplice è l’ecosistema artico. Ci sono delle zone artiche in cui la catena del pascolo è formata di tre sole specie viventi: il lichene, la lepre delle nevi, la lince delle nevi. A parte il fatto che il lichene è una cosa di per sé molto complessa, è una simbiosi di soggetti di specie diverse, tuttavia questo ecosistema è semplice: la lepre mangia il lichene, la lince mangia la lepre. Altri sistemi per esempio la giungla tropicale, sono invece molto complessi. Per essere complesso un ecosistema deve essere costituito da soggetti diversi. Ma cosa sono i soggetti? In questo caso i soggetti sono tutte le specie animali e vegetali presenti in quell’ecosistema.
Naturalmente qui si aprirebbe il discorso di definire che cos’è una specie, cosa che non è molto semplice, anche se è più semplice oggi che duecento anni fa, perché la genetica moderna molecolare ci ha messo in grado di identificare con meno equivocità le specie. Però rimane un problema di definizione che non è sempre facile da risolvere. Quindi un ecosistema è più complesso se contiene più specie, e, poiché le specie dal punto di vista genetico sono pool di geni, in un ecosistema complesso se ci sono diversi pool di geni.
Però non basta la diversità, occorre anche la variabilità. Per esempio se considero gli uomini e i batteri patogeni, c’è un rapporto fra la specie umana e la specie batterica che provoca una certa malattia. Ma la complessità del sistema è maggiore se questi due soggetti — la specie
umana e la specie batterica — hanno al proprio interno ciascuno una variabilità. In che senso variabilità? La popolazione umana che fa parte di quella comunità vivente può essere formata di uomini immuni nei confronti di un certo agente batterico e di uomini invece non immuni. Questo può anche accadere per condizioni congenite: per esempio ci sono uomini più o meno vulnerabili dal protozoo della malaria secondo il loro corredo genetico. Questa diversità costituisce una variabilità. Se invece considero i batteri, la variabilità di una medesima specie batterica può estrinsecarsi nel fatto che c’è un ceppo antibiotico-resistente e un altro ceppo non resistente a un certo antibiotico.
Il sistema è complesso anche in quanto i soggetti oltre a essere variabili sono anche mutevoli. Per esempio, ho accennato al fatto che nei confronti del protozoo della malaria, il plasmodium, gli uomini possono essere più o meno vulnerabili per ragioni genetiche, cioè per una ragione statica quanto al soggetto: esso nasce con questa maggiore o minore immunità, e così vive tutta la vita, e così muore. Invece nei confronti dei batteri e dei virus la diversità si instaura nel tempo, perché i diversi soggetti si immunizzano nei confronti di molte specie batteriche e virali negli anni dell’infanzia. Possiamo dire che tutti i fenomeni di adattamento sono fenomeni identificabili come modificazioni, però bisogna distinguere se queste modificazioni avvengono nell’individuo oppure nella popolazione. Un individuo che viene vaccinato contro la poliomielite acquista un’immunità attiva e permanente che però non può passare ai figli: è un fenomeno storico, ma della storia individuale. Se invece consideriamo la resistenza, cioè l’adattamento, dei batteri agli antibiotici o agli anticorpi, e la resistenza o l’adattamento degli insetti all’insetticida vediamo un altro tipo di fenomeno, anzi vediamo diversi tipi di fenomeni. Se si tratta di resistenza degli insetti agli insetticidi (almeno in quei casi che ho in mente io riguardanti le mosche e le zanzare) allora vediamo che la parola adattamento è assolutamente non appropriata se riferita agli individui perché nessun cambiamento è intervenuto a livello individuale se non un cambiamento di rapporto numerico fra individui con diverse caratteristiche, solo un cambiamento di rapporto numerico. Nessun individuo vivente è cambiato.
Quando si dice che le zanzare sono diventate resistenti all’insetticida si dice una cosa non vera: nessuna zanzara si è modificata, si è modificato il rapporto numerico fra le zanzare resistenti all’insetticida e le zanzare non resistenti; solo questo è cambiato, il rapporto numerico. E il rapporto numerico è cambiato per un processo di selezione. Invece, se guardiamo al fenomeno dei batteri che diventano resistenti agli antibiotici, è tutt’altra cosa perché oltre alla selezione ci sono anche altri fatti: c’è un passaggio di informazione tra batteri su “come si fa per diventare resistenti agli antibiotici”. Questo insegnamento viene trasmesso non solo fra batteri della stessa specie, per esempio Escherichia Coli, ospite permanente nel nostro corpo, trasmette anche a batteri di altre specie l’informazione sul modo di acquisire la resistenza e la fa trasmettendo un frammento di DNA, fenomeno che viene chiamato “sessualità batterica”, dando un significato piuttosto ampio alla parola sessualità. Però ci sono ragazzi e ragazze che dicono che loro quando si appartano lo fanno per parlarsi: si vede che anche nella specie umana la sessualità è uno scambio di informazioni.
Vedete già come è complessa la cosa, nel senso che un medesimo fenomeno, il fenomeno “adattamento”, ha tutti questi significati diversi. Ha il significato di acquisizione della capacità di elaborare anticorpi nell’uomo; ha il significato di selezione nella zanzara; il significato di scambio di informazione nei batteri. Perciò possiamo dire che si tratta di rapporti diversi. Il rapporto fra l’uomo e il batterio può essere articolato in questi diversi modi, secondo ciò che accade nell’uomo e ciò che accade nel batterio, e nel batterio possono accadere cose diverse.
Dunque, abbiamo visto che occorrono soggetti diversi intesi come specie, soggetti variabili, cioè caratterizzati da una diversità all’interno della specie, soggetti mutevoli, cioè una diversità che non è statica ma storica, più che diversità è una diversificazione, diversificazione che avviene a diversi livelli, a livello dell’individuo, a livello della popolazione. Poi sono da considerare i rapporti fra questi soggetti diversi, variabili e diversificati. Ogni soggetto può avere rapporti con un numero variabile di altri soggetti. La lepre artica ha rapporto con due soggetti: il lichene e la lince; la lince ha rapporti con la lepre, però ha anche rapporti col lichene, benché il lichene sia molto autosufficiente in quanto ne fa parte l’alga azzurra che è un prodigio di autosufficienza. Indubbiamente sono legati, il lichene e la lince, dal fatto che quando la lince muore l’azoto esistente nei suoi tessuti — così come l’azoto esistente nei tessuti della lepre che non vengono mangiati dalla lince — deve passare attraverso una rete di rapporti che porta al...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione di Franco Carnevale
  2. Una vita ben spesa di Marco Martorelli
  3. Aspetti del disastro ambientale italiano di Laura Conti
  4. Prevedere l’imprevedibile di Laura Conti (1979)
  5. Biografia di Loredana Lucarini
  6. Elementi per una bibliografia di Laura Conti