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Niklas Luhmann. Istruzioni per l'uso

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Niklas Luhmann. Istruzioni per l'uso

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aut aut – numero 383 (settembre 2019) della rivista fondata da Enzo Paci. "Niklas Luhmann. Istruzioni per l'uso".

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788865768013

Materiali

Nel 1993, cinque anni prima della morte, Luhmann pubblica in una rivista americana (che fa riferimento alla Johns Hopkins University) un saggio sulla decostruzione derridiana (il saggio verrà pubblicato in tedesco solo dopo la morte di Luhmann). Allora la decostruzione era ampiamente presente nei dibattiti culturali e filosofici d’oltreoceano, mentre in molti ambienti accademici europei, sia in Germania che nella stessa Francia, veniva ancora ostracizzata. L’obiettivo è quello di mostrare come vi sia una stretta relazione tra gli intenti perseguiti dalla decostruzione e quelli perseguiti dalla teoria dei sistemi luhmanniana. La cosa può apparire sorprendente, vista la distanza tematica e stilistica che separa i due autori. In realtà, a Luhmann preme mostrare come decostruire non sia altro che mettere in atto quell’osservazione di secondo ordine, che costituisce la principale risorsa strategica della teoria dei sistemi.

Decostruzione come osservazione
di secondo ordine

NIKLAS LUHMANN
Durante il mio lavoro per preparare questo contributo mi è capitato di vedere una trasmissione televisiva sull’ammissione degli omosessuali nell’esercito. Ciò che vidi (e posso certo aver visto cose che non sono state mostrate) può ben servire da introduzione ai temi della decostruzione e dell’osservazione di second’ordine – temi piuttosto difficili e, se posso dir così, postconcettuali.
L’inchiesta mostrava alcune discussioni del Senato degli Stati Uniti e interviste con soldati semplici e ufficiali dell’esercito. Emergevano in primo piano un mucchio di distinzioni. Le questioni principali erano al tempo stesso semplici e difficili, ovvero se l’ammissione degli omosessuali avrebbe indebolito la forza dell’esercito e quanto forti sarebbero state la resistenza e le obiezioni da parte dell’esercito a una simile iniziativa. Il problema venne introdotto durante la campagna elettorale di Clinton per ragioni politiche ma poi sembrò sfuggire di mano. Di tanto in tanto saltavano fuori delle distinzioni giuridiche, per esempio se la prassi in vigore fosse o meno conforme al dettato costituzionale (se fosse cioè costituzionale o incostituzionale), e se la legge sarebbe stata in grado di controllare o meno comportamenti illegali, come per esempio le molestie sessuali o violenze nei confronti degli omosessuali nell’esercito (una questione legata all’efficacia o inefficacia della legge), ma dietro tutto ciò c’era la distinzione, mai messa in questione, tra eterosessuali e omosessuali.
Una simile situazione ci dà l’opportunità di aprire la cassetta degli attrezzi della decostruzione e di vedere cosa succederebbe se applicassimo i suoi strumenti. Dovremmo decostruire la distinzione omosessuale/eterosessuale. Ciò, ovviamente, distruggerebbe il presupposto su cui si fonda una “opposizione gerarchica” nel senso di un primato costitutivo o “naturale” dell’eterosessualità. Potremmo almeno vedere, se non proprio distruggere, ciò che Louis Dumont ha chiamato l’englobement du contraire1. – cioè l’inclusione di opposizioni in una struttura gerarchica di stili di vita scelti come preferibili.
Ma questo può essere detto anche nei termini di una critica dei pregiudizi, senza mettere in atto l’operazione ambiziosa e transconcettuale della decostruzione. Del resto, Derrida stesso ci mette in guardia esplicitamente contro gli usi strategici e politici della decostruzione.2. I suoi obiettivi sono più ambiziosi – e meno specifici. La decostruzione porta la nostra attenzione sul fatto che le differenze sono solo distinzioni e cambiano il loro valore d’uso quando le usiamo in tempi diversi e in contesti diversi. La differenza tra eterosessuali e omosessuali non è sempre la stessa: è soggetta alla differénce.
Sin qui, niente da obiettare. Ma se invece ponessimo la domanda seguente: chi (cioè: quale sistema) sta usando la distinzione quale cornice (o schema) di osservazione? Oppure: chi è l’osservatore? Che cosa investe tale osservatore nel fare tale distinzione e che cosa è in gioco per lui quando si attiene a essa? Allora si renderebbe immediatamente visibile una varietà di sistemi che osservano: il sistema politico, l’interazione nel corso di una seduta del Senato degli Stati Uniti, l’esercito, soldati semplici e ufficiali, omosessuali che sono stati respinti, uomini e donne, e noi stessi davanti al nostro televisore. L’illusione che si tratta di decostruire è che tutti questi sistemi designino lo stesso oggetto quando usano la distinzione eterosessuale/omosessuale. Il carattere stereotipo della distinzione induce ad assumere che tutti questi sistemi osservino la stessa cosa, mentre osservando questi osservatori ci si accorge che non è così. Ciascuno di essi opera entro la propria cornice, ciascuno ha un passato differente e un futuro differente. Mentre la distinzione suggerisce un accoppiamento stretto tra osservazione e realtà, e implica che ci sia soltanto un osservatore che osserva “la stessa cosa” e produce enunciati veri o falsi, un osservatore di secondo ordine che osservi tali osservatori vedrebbe soltanto un accoppiamento assai debole e la totale mancanza di una qualche integrazione.
Ma la storia non finisce qui. Abbiamo dimenticato l’osservatore più importante – almeno relativamente a questo caso – ovvero il corpo. Anch’esso fa le sue distinzioni e decide se provare o no attrazione sessuale. Osservare tale osservatore ci porta a chiederci se esso segua doverosamente o meno gli imperativi culturali,3. oppure se negli umani e nei sistemi sociali non vi sia un’inevitabile akrasia (mancanza di autocontrollo),4. come avrebbero detto i greci, una mancanza di potestas in se ipsum.
Se diamo per scontata tale akrasia, un soldato sa forse come il suo corpo osserverebbe una situazione in cui sono presenti omosessuali senza la protezione della privacy – per esempio sotto la doccia o nelle camerate, o in un mucchio di situazioni simili? Anche se la società e l’esercito preferiscono l’eterosessualità, e anche se la mente di un individuo accetta questa definizione per sé e per il proprio corpo, un uomo o una donna possono mai essere del tutto sicuri che il proprio corpo starà sempre a questo gioco?
Le interviste televisive riportavano che i soldati, giovanotti forti e sani, ben nutriti, dai corpi in gran forma, con braccia e gambe muscolose, confessavano di aver paura all’idea di trovarsi attorno degli omosessuali. Tutto ciò non sarebbe affatto un problema se partiamo dal presupposto che la legge prevede misure preventive contro le molestie sessuali. Ma non potrebbe invece essere che la vera preoccupazione dei soldati consiste nella possibilità che i loro stessi corpi reagiscano in modo tale da porsi nella posizione dell’osservatore e che gli altri si accorgano di questo? Certo la probabilità che tale caso si verifichi è bassa, tuttavia l’incertezza in merito amplifica la preoccupazione.
Se è vero questo – e ciò è confermato dal fatto che le soldatesse sono molto meno preoccupate dalla possibilità di avere delle camerate lesbiche dal momento che la loro reazione corporea sarebbe molto meno distinta e più facile da nascondere5. – cambia l’intera definizione del problema. Quando i greci parlavano di akrasia e i latini nel Medioevo di potestas in se ipsum, la cornice per l’osservazione era definita dalla distinzione tra ragione e passione, e la ragione era la posizione di un osservatore che si supponeva creato da Dio al fine di osservare la Sua creazione in un solo e unico modo. La decostruzione distrugge l’assunzione di “un osservatore-una natura-un mondo”. Le identità, di conseguenza, devono essere costruite. Ma da chi?
Il problema se ammettere o no omosessuali nell’esercito coincide con il problema di come proteggere le costruzioni identitarie degli individui, che sono sempre fragili e alla fin fine frutto di un autoinganno; si tratta del rischio (che comunque è abbastanza tipico nel mondo militare) di indossare una divisa poco adatta. Non è qui in questione – come forse molti sarebbero tentati di credere – la difesa dell’ipocrisia. E nemmeno si tratta di proteggere la libertà degli individui. Gli Stati Uniti probabilmente non farebbero mai appello a personale esperto in decostruzione o in osservazione di secondo ordine, e tali esperti non potrebbero offrire nessuna soluzione politica. Tuttavia, il sistema politico, accecato dalla sua stessa retorica, può ignorare che è disponibile una definizione del problema più complessa?
1. La discussione americana sulla decostruzione ha raggiunto il punto di esaurimento. Ora la decostruzione sembra essere diventata una moda ormai fuori moda. C’è stato un tempo in cui si pensava di poter utilizzare la decostruzione per analizzare testi letterari o giuridici, rimpiazzando così metodi più obsoleti, formali, atti a rivelare il significato immanente di un testo. Allo stesso tempo, l’ermeneutica perse il baluardo costituito dalla nozione di soggettività, e divenne un metodo per creare circolarità e mettere il significato dentro a un testo allo scopo di trovarcelo; finì con l’insegnare c...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Premessa
  3. Materiali
  4. Contributi