Nella sua trattazione più matura e completa della legge naturale, san Tommaso d’Aquino giunge ad una conclusione di importanza capitale:
«Secundum igitur ordinem inclinationum naturalium est ordo praeceptorum legis naturae. Inest enim primo inclinatio homini ad bonum secundum naturam in qua communicat cum omnibus substantiis, prout scilicet quaelibet substantia appetit conservationem sui esse secundum suam naturam. Et secundum hanc inclinationem, pertinent ad legem naturalem ea per quae vita hominis conservatur, et contrarium impeditur. Secundo inest homini inclinatio ad aliqua magis specialia, secundum naturam in qua communicat cum ceteris animalibus. Et secundum hoc, dicuntur ea esse de lege naturali quae natura omnia animalia docuit, ut est coniunctio maris et feminae, et educatio liberorum, et similia. Tertio modo inest homini inclinatio ad bonum secundum naturam rationis, quae est sibi propria, sicut homo habet naturalem inclinationem ad hoc quod veritatem cognoscat de Deo, et ad hoc quod in societate vivat. Et secundum hoc, ad legem naturalem pertinent ea quae ad huiusmodi inclinationem spectant, utpote quod homo ignorantiam vitet, quod alios non offendat cum quibus debet conversari, et cetera huiusmodi quae ad hoc spectant» [1] .
L’aforisma secondo il quale l’ordine dei precetti della legge naturale segue l’ordine delle inclinazioni naturali, a giudizio di Composta, costituisce l’assioma centrale di tutta la dottrina tomista della legge naturale e dell’intera antropologia:
«Se infatti – come afferma il testo citato – i praecepta legis naturae costituiscono un ordo e cioè un sistema abbastanza organico di norme etico-giuridiche della condotta umana, ciò avviene in quanto tali norme si fondano sopra ( secundum) un analogo sistema di rapporti oggettivi detto ordo inclinationum, che condizionano appunto il sistema normativo stesso; di modo che non si dà legge naturale che non presupponga alla base nessi oggettivi corrispondenti. La lex naturalis presuppone insomma un ordo naturae; la deontologia presuppone una ontologia e una assiologia» [2] .
La rilevanza morale delle inclinazioni naturali è dovuta al fatto che la natura è sempre razionale in se stessa. La dottrina delle inclinazioni naturali va pertanto studiata nel suo fondamento ontologico e nella sua rilevanza gnoseologica.
Va subito detto che il concetto di “inclinazione” è analogico, come analogico è il concetto di ente; infatti omnis forma inclinat suum subiectum secundum modum naturae eius [3] : gli esseri privi di conoscenza tendono al bene nel modo che è loro proprio, comunicando col mondo circostante soltanto in forza del loro atto o “forma naturale” [4] , l’essere dotato di conoscenza, invece, ha una vera e propria apertura sul mondo, giacché, con la percezione o “specie intenzionale”, diventa in un certo senso tutte le cose: da questa specie scaturisce la spinta all’azione [5] . Ora – rileva Composta – la “specie” o “forma intenzionale” è adeguata alla forma sostanziale: negli animali irrazionali è assai limitata, «e il moto anagogico è parziale, legato a uno iudicium aurorale imperfetto, negli uomini invece la specie o idea è un universale infinito che contiene in sé una equivalente spinta all’Universale e all’Infinito» [6] .
È la forma ad inclinare l’essere al suo fine, e quindi all’operazione [7] , ed è Dio a disporre questo ordine “soave”, per cui ogni cosa tende al proprio fine [8] e, in ultima analisi, a Dio stesso – anche se in modo solo implicito [9] .
Dio è infinitamente desiderabile, giacché ogni desiderio è attratto dal bene e nulla può essere buono se non in quanto partecipa al sommo bene. Tale partecipazione non è tuttavia sufficiente, giacché rimane solo dalla parte dell’oggetto desiderato. Quindi Dio impone a tutte le creature delle “leggi volontarie” che sono come un “dolce parto d’amore”:
«Lex enim Dei est cuilibet creaturae infixa naturalis inclinatio ipsius ad agendum id quod convenit ei secundum naturam; et ideo, sicut omnia tenentur a desiderio divino, ita tenentur a legibus eius [...]. Sic igitur ipsae naturales inclinationes rerum in proprios fines, quas dicimus esse naturales leges, sunt quidam partus, idest effectus, dulces, idest consoni naturali appetitui, effectus dico vel partus amoris quo divina bonitas amatur» [10] .
Notiamo che qui il discorso è esteso a tutte le creature, non solo all’uomo; il concetto di naturales leges che qui viene espresso, pertanto, è più ampio della “legge morale naturale” di cui ci stiamo occupando. Tuttavia, se il più contiene il meno, questo testo si rivela prezioso per la comprensione del rapporto tra legge naturale ed inclinazioni naturali.
Tommaso – scrive Composta – innesta vigorosamente le inclinazioni naturali «nella metafisica neo-platonica che attribuisce al dinamismo degli esseri un movimento anagogico verso Dio» [11] . In ogni creatura c’è un’inclinazione naturale proveniente da Dio, che costituisce – in senso ontologico – la “legge di Dio” per quella creatura. Tale legge inclina la creatura all’operazione che le è conveniente, secondo la sua natura.
Le operazioni convenienti sono quelle grazie alle quali le creature raggiungono il proprio fine, ossia il bene da esse desiderato per natura, il quale bene è tale perché partecipa della bontà divina. In questo senso le inclinazioni naturali possono essere dette semplicemente “leggi naturali”, grazie alle quali viene amata la bontà divina; leggi che non hanno alcunché di violento o coattivo, essendo consone all’appetito naturale.
Le inclinazioni naturali rivelano la loro importanza quando sono colte nello spirito del neo-platonismo cristiano che – al di là di ogni dubbio – è una componente essenziale della filosofia di san Tommaso. L’ inclinatio è una legge impressa nel fondo di ogni essere, che ne costituisce come un peso di gravitazione teleologica e che nei testi classici del neo-platonismo è chiamato anche “eros” o “amore naturale”; così afferma Composta:
«Questa nostalgia metafisica, impressa da Dio creatore e provvidente, sospinge tutte le creature al loro proprio destino in modo che, mentre si staccano da Dio nell’esistenza, a lui ritornano nell’azione. Si istaura così quella circulatio (come l’appella plasticamente l’Aquinate) tra principio e principiato che forma il grande ordine dinamico cosmico» [12] .
Ma – paradossalmente – l’afflato di platonismo cristiano che pervade questa ontologia delle inclinazioni naturali, assunto nella sintesi tommasiana, porta a concepire la legge naturale in un modo assai diverso da quello agostiniano. In quest’ultimo, i precetti vengono intuiti in forza dell’illuminazione divina che pervade l’anima. Per Tommaso, invece, la ragione umana deve scoprire i precetti a partire dalle inclinazioni naturali.
Lo scandalo provato da alcuni nostri contemporanei davanti al fatto che l’Aquinate, parlando della seconda inclinazione, accetti la definizione “stoica” di Ulpiano ( quae natura omnia animalia docuit) è ingiustificato. Dal punto di vista dello stoicismo romano, infatti, la lex naturalis si fonda in un panteismo in cui le inclinationes sono una realtà univoca; pertanto “ciò che la natura ha insegnato a tutti gli animali” è univocamente la stessa cosa. Quando queste espressioni vengono trasferite da un contesto panteistico ad uno cristiano e da un’ontologia fondata sull’univocità ad una fondata sull’analogia e la partecipazione, mutano radicalmente di significato. La ragione, dice san Tommaso, apprende gli oggetti delle inclinazioni naturali come “beni umani” e non semplicemente “animali”.
Abbiamo notato che l’inclinazione consegue dalla forma; ora, nell’antropologia di Tommaso, la forma sostanziale unica dell’uomo è l’anima razionale spirituale. Questa è portatrice delle inclinazioni della natura specifica, ma assume in sé tutte le funzioni e perfezioni dell’anima vegetativa e animale, quindi anche le inclinazioni della natura generica. E ciò non costituisce una mera “sovrapposizione” di potenze, ma una vera e propria “trasfigurazione” dell’inferiore nel superiore [13] :
«Ora, credo – scrive Composta – comprendiamo anche meglio la gerarchia assiologica dei vari tipi di legge naturale, quando enunciamo l’aforisma fondamentale: Secundum igitur ordinem inclinationum naturalium, est ordo praeceptorum legis naturae; dal grado infimo della vita, anche vegetativa, a quello supremo delle pure funzioni spirituali, domina sovrana l’anima immortale. La gerarchia consiste nel fatto che una funzione serve l’altra nella misura in cui lo spirito le regola» [14] .
Giova, a questo proposito, richiamare quanto Tommaso scrive in risposta ad un’obiezione che verteva sulla diversità delle inclinazioni naturali di diversi individui: c’è chi è più incline ai piaceri della carne, chi desidera maggiormente gli onori, ecc. Queste inclinazioni costituiscono legge? [15] Allora ci sono tante leggi naturali diverse, una per ciascun tipo di individuo? No, risponde Tommaso: non è l’inclinazione in quanto tale a costituire la legge, bensì l’ordinerazionale delle inclinazioni:
«Sicut ratio in homine dominatur et imperat aliis potentiis, ita oportet quod omnes inclinationes naturales ad alias potentias pertinentes ordinentur secundum rationem. Unde hoc est apud omnes communiter rectum, ut secundum rationem dirigantur omnes hominum inclinationes» [16] .
Per quanto riguarda le inclinazioni della componente generica, animale, della natura umana, la ragione si giova di indicazioni materiali e somatiche basate su organi anatomicamente definiti; pertanto, il bene che in esse si manifesta ha una sta...