1. La nave
Galileo Galilei (1564-1642), Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (1632): Salviati, Giornata Seconda
2. Il treno
Francesco Guccini, La locomotiva (1972)
Sistemi di riferimento non accelerati
Nel Seicento il punto di vista dei passeggeri di una nave era la scelta più ovvia per disquisire della possibilità o meno di discernere il proprio moto rettilineo uniforme. L’argomento della nave fu utilizzato anche, tra gli altri, da Giordano Bruno, da Huygens e da Cartesio.
Ai nostri giorni invece è quasi obbligatorio, quando si vuole esemplificare il moto relativo, utilizzare come paradigma un mezzo di trasporto sconosciuto a Galilei: il treno. Lo stesso Albert Einstein (1879-1955) se ne serviva volentieri.
E poiché il treno ha esercitato su di me, fin dall’infanzia, uno straordinario fascino, non chiedo di meglio che utilizzarlo anche io.
Rimaniamo per il momento nell’ambito della meccanica newtoniana.
Precisiamo che quando si parla di fisica classica si intende generalmente lo studio di quel campo di fenomeni per i quali non occorre applicare la fisica quantistica, teoria fondamentale della natura e imprescindibile per la fisica dei sistemi dalle dimensioni dell’ordine molecolare e atomico o minori.
Se si esclude anche la teoria della relatività speciale e generale, si parla allora in particolare di fisica newtoniana o fisica classica non relativistica, la quale è valida per velocità molto minori di quella della luce e per gravità debole e statica.
Consideriamo dunque due binari paralleli, e su ciascuno di essi un treno composto da carrozze e locomotiva. Sui due treni siedono rispettivamente Alice e Beatrice; ognuna, per definizione, vede se stessa ferma rispetto alla propria carrozza, che sceglie come proprio sistema di riferimento solidale.
Facciamo il caso che entrambi i treni (visti dall’alto nella Figura 2.1) si muovano, rispetto al suolo, con velocità costante, rispettivamente pari a VA e VB.
Figura 2.1: Il treno di Alice e quello di Beatrice.
Alice vede se stessa in quiete; guardando fuori dal suo finestrino, vedrà l’altro treno come un oggetto che rispetto al suo sistema di riferimento ha una velocità pari a
Reciprocamente, Beatrice vede se stessa in quiete; guardando fuori dal suo finestrino, vedrà l’altro treno come un oggetto che rispetto al suo sistema di riferimento ha una velocità pari a
Si tratta della semplice e intuitiva regola di composizione delle velocità: le velocità vengono sommate algebricamente tra di loro.
Ciascuna viaggiatrice non ha alcun modo, per mezzo di osservazioni ed esperimenti fisici all’interno del proprio sistema di riferimento solidale, di discernere il proprio stato di quiete da uno stato di moto rettilineo uniforme con velocità diversa da zero. Alice e Beatrice non notano alcuna differenza, né fisica né tanto meno fisiologica, quando lo stato di moto della loro carrozza è tale che essa è ferma rispetto al suolo o si muove a velocità costante. Se Alice lancia in aria una palla nella carrozza in moto osserverà la medesima traiettoria a parabola che vedeva con la carrozza ferma.
Non c’è un punto di vista “più vero” degli altri: tutte le prospettive sono equamente valide. Alice considera se stessa ferma e Beatrice in moto, e lo stesso vale per Beatrice. E tutte e due hanno ugualmente ragione.
Questo è in sostanza il contenuto del principio di relatività (galileiano): tutti i sistemi di riferimento non accelerati sono tra loro fisicamente equivalenti.
Per ogni corpo in essi osservato vale la seconda legge della dinamica di Newton, o principio di variazione del moto: il cambiamento di moto è proporzionale alla forza motrice impressa e avviene secondo la linea retta lungo la quale la forza è stata impressa. In forma succinta:
F = m a
dove F è la forza esercitata da un altro corpo su quello in considerazione, mediante un’interazione.
Newton formulò così la sua prima legge della dinamica: ogni corpo persevera nello stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, a meno che non sia costretto da forze impresse a mutare questo stato.
Questo si può dedurre direttamente dalla seconda legge di Newton. Se infatti la risultante delle forze applicate a un corpo è nulla, dalla seconda legge abbiamo che l’accelerazione è nulla e pertanto il corpo mantiene il suo stato di moto. Se invece al corpo viene applicata una forza, le seconda legge di Newton ci dice che esso oppone resistenza a cambiare il suo stato di moto. Questa resistenza, espressa quantitativamente dalla massa (inerziale) m del corpo, viene chiamata inerzia. A parità di forza applicata: quanto maggiore è la massa del corpo, tanto più grande sarà la sua inerzia, cioè tanto minore sarà l’accelerazione che esso subirà. Per quanto illustrato sopra, la prima legge viene anche chiamata principio d’inerzia. Per lo stesso motivo viene denominato inerziale un sistema non soggetto ad accelerazione, nonché il moto che esso compie.
Pur se la prima legge è in realtà un caso particolare della seconda, Newton ha preferito evidenziarla esplicitamente, seguendo così un’esposizione in parte ridondante ma perfettamente chiara.
Col senno di poi si può anche vedere il principio d’inerzia come un enunciato che postula esplicitamente l’esistenza di almeno uno, e quindi infiniti, sistemi di riferimento inerziali.
Completa la teoria newtoniana della dinamica una terza legge, il principio di azione e reazione: a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Essa stabilisce che l’interazione tra due corpi è simmetrica: se A esercita una forza su B, allora B esercita una forza su A uguale in modulo, con la stessa direzione e con verso opposto.
Sistemi di riferimento accelerati
Supponiamo ora invece che, mentre il treno di Alice rimane fermo rispetto al suolo (o si muove di moto rettilineo uniforme, il che è fisicamente la stessa cosa), il treno di Beatrice venga accelerato dalla locomotiva, e denominiamo con aR l’accelerazione ad esso impressa. In tal caso le descrizioni fatte nei due sistemi di riferimento sono alquanto diverse. La differenza essenziale è la seguente.
Figura 2.2: La forza inerziale.
Alice attribuisce ogni singola forza F a corpi reali: per definizione, in un sistema di riferimento inerziale ogni forza è spiegabile mediante l’interazione tra corpi; in particolare Alice giudica che nel treno B la locomotiva applica la forza orizzontale di trazione Ftrazione alla carrozza.
Per contro, il sistema di riferimento di Beatrice non è inerziale in quanto accelerato. Nei sistemi di riferimento non inerziali, oltre alle forze reali, si manifestano delle forze denominate inerziali (o fittizie) che non possono essere attribuite a nessuna interazione identificabile e che agiscono su qualsiasi corpo e in ogni punto.
In essi cioè non vale la seconda legge di Newton, nella quale F rappresenta le forze reali. Vale invece una diversa legge della dinamica in cui al primo membro compaiono anche le forze inerziali:
Nel caso in esame, Beatrice misura su qualsiasi corpo e in ogni punto del suo sistema di riferimento una medesima accelerazione con un valore fissato. Ne potrebbe eventualmente dedurre che questo valore fissato altro non è che l’accelerazione costante aR del suo treno. In termini di forza, Beatrice misura su qualsiasi corpo e in ogni punto una forza proporzionale alla massa di quel corpo:
Per comprendere meglio questa differenza e l’origine delle forze inerziali è molto interessante paragonare in dettaglio le descrizioni fisiche fatte da Alice con quelle fatte da Beatrice circa i fenomeni che avvengono all’interno del treno accelerato B.
Come primo esempio immaginiamo che Beatrice nella sua carrozza lanci in aria una palla imprimendole una velocità iniziale v0 diretta orizzontalmente.
Figura 2.3: Due diverse descrizioni per la palla in aria.
La palla in aria non è solidale alla carrozza. Essa, giudica Alice, è sottoposta in direzione verticale solo alla forza di gravità, mentre in direzione orizzontale non è sottoposta ad alcuna forza non essendo a contatto con la carrozza; la palla perciò, per inerzia, mantiene la sua velocità orizzontale costante. Intanto le pareti della carrozza accelerano orizzontalmente in avanti rispetto ad essa.
La palla in aria, giudica Beatrice che vede ferme le pareti della sua carrozza e se stessa, è sottoposta a una forza (pari a -maR) che la accelera orizzontalmente verso la parete di fondo. Beatrice tuttavia non riesce a individuare nessun corpo reale a cui attribuire questa forza. Si tratta di una forza inerziale. Si co...