Sommario
prefazione [Alessandro Masi]
introduzione [Valentina Spata]
uno [La formazione]
due [Pittura “vera scienzia”]
tre [Lo stile]
quattro [Modelli]
cinque [Teorie]
sei [Opera plastica]
sette [L’artista e l’Altissimo]
otto [Mito Monna Lisa]
nove [La critica]
dieci [Mecenati ripudiati]
undici [In una corte illuminata]
dodici [Virtuosismo]
tredici [Infiniti segni]
quattordici [Geni allo specchio]
quindici [Manoscritti]
sedici [“Messyre” Da Vinci]
diciassette [Eredità vinciana]
diciotto [La brama enciclopedica]
diciannove [Studi aperti]
Biografia di Leonardo da Vinci
Biografia di Edoardo Villata
Bibliografia di riferimento
prefazione [Alessandro Masi]
L’anno delle celebrazioni del 500esimo anniversario della morte di Leonardo, appena concluso, ha visto la “conciliazione” tra Italia e Francia. In chiusura dell’anno leonardiano, le due nazioni, hanno smorzato le rispettive rivendicazioni nei confronti del sommo artista restituendone, legittimamente, alla storia il giusto racconto della sua universalità. L’italianità di Leonardo non è di certo negabile. A cavallo tra il ‘400 e il ‘500 se di nazione italiana ancora non si poteva parlare, indubbiamente di “toscanità” si. Essere artisti toscani significava incarnare lo spirito travolgente del Rinascimento, volto alla conoscenza di un umanesimo nella sua purezza, nell’integralità della materia, nell’esperienza come fonte essenziale, dove al centro si trovava l’uomo, non per pretesto ma come baricentro della comprensione del mondo. Quella di Leonardo fu una conoscenza volta al paradosso della perfezione, approdo utopico, impossibile da raggiungere e per questo costellata da infiniti tentativi, pensieri e riflessioni inesauribili che non appagano la sete del sapere ma contribuiscono ad alimentare la consapevolezza della angusta “statura” dell’uomo nei confronti dell’universo. È nel mezzo di queste forze emotive contrastanti che Leonardo consumava il furore platonico dell’essere artista, come ebbe a comprendere Vasari, il suo primo illustre biografo: “Veramente mirabile e celeste fu Lionardo, figliuolo di ser Piero da Vinci, e nella erudizione e principii delle lettere arebbe fatto profitto grande, se egli non fusse stato tanto vario e instabile. Perciò che egli si mise a imparare molte cose e, cominciate, poi l’abbandonava. [...] Vedesi bene che Lionardo per l’intelligenza dell’arte cominciò molte cose e nessuna mai ne finí, aprendoli che la mano aggiungere non potesse alla perfezione dell’arte nelle cose, che egli si immaginava, conciò sia che si formava nell’idea alcune difficultà suttili e tanto meravigliose, che con le mani, ancora che fussero eccellentissime, non si sarebbo espresse mai. Tanti furono i suoi capricci, che, filosofando con le cose naturali, attese a intendere le proprietà delle erbe, continuando et osservando il moto del cielo, il corso della Luna e gl’andamenti del Sole”. Quello che Vasari chiama “capricci” erano tentativi di colmare la mancanza di una formazione umanistica ben lontana dai dotti suoi contemporanei, gli stessi che definivano le arti figurative “arti meccaniche”. “Omo sanza lettere”, Leonardo si definiva con umiltà, ammettendo di avere una limitata conoscenza del latino e di ignorare il greco, insegnamenti essenziali per essere accreditati. Ma sottolineava allo stesso tempo: “Quelli che dall’altrui fatiche se medesimi fanno ornati, le mie a me medesimo non vogliono concedere. Or non sanno questi che le mie cose son più da esser tratte dalla sperienza, che d’altrui parola, la quale fu maestra di chi bene scrisse, e così per maestra la piglio e quella in tutti i casi allegherò”, la parola non ha alcun valore se non supportata dall’esperienza, e decantare la propria conoscenza letteraria significa vantarsi di sapienze altrui. Il terreno della “spierenza” per l’artista è un campo da coltivare con orgoglio, da fecondare tramite la sperimentazione spinta fino all’estremo rischio di annullare di continuo le scoperte acquisite. Il nostro è un moderno Sisifo condannato da Zeus a spingere un masso fino alla vetta, raggiunta la quale ogni volta la grande pietra rotola nuovamente alla base del monte, così Leonardo nel suo continuo e perenne viaggio verso l’ignoto.
La ragion d’essere così personale dell’artista non ci deve mai distogliere dall’attività che rende Leonardo maestoso, la pittura, madre di tutte le arti a cui lo stesso ha dedicato un trattato. Le 19 domande sapientemente formulate da Valentina Spata al suo interlocutore hanno di fatto il compito, tramite le parole di uno studioso appassionato, di riportare l’immagine di Leonardo alla sua vocazione primaria, la purezza dell’arte pittorica. Il notaio Ser Piero da Vinci, non fece seguire al figlio le orme paterne, ma piuttosto intuendo il precoce talento artistico, si adoperò prontamente per farlo entrare nella migliore bottega d’arte fiorentina. Alla precoce età di circa 12 anni il giovane Leonardo si trovò nella fucina di Andrea del Verrocchio, trovando come compagni di lavoro tra i più grandi artisti del Rinascimento come Botticelli, Ghirlandaio, Perugino. Il maestro era un moderno imprenditore a capo non di una semplice bottega ma di una vera e propria scuola d’arte, dove agli allievi veniva richiesta una puntuale preparazione non solo artistica ma anche tecnica. In un ambiente così stimolante Verrocchio rappresentò per Leonardo, principiante, un vero e proprio mentore. Sappiamo che il suo straordinario talento, proprio in pittura, non tardò a emergere “prepotentemente” nella mirabile prova del Battesimo di Cristo del maestro, l’armonioso volto dell’angelo di profilo è il portentoso sigillo del giovane allievo che destò lo “sdegno” del maestro, episodio narrato con perizia ancora una volta dal Vasari: “[Per] Andrea del Verrocchio [...che stava] faccendo una tavola dove San Giovanni battezzava Cristo, Leonardo lavorò un Angelo, che teneva alcune vesti; e benché fosse giovanetto, lo condusse di tal maniera che molto meglio de le figure d’Andrea stava l’Angelo di Leonardo. Il che fu cagione ch’Andrea mai più non volle toccar colori, sdegnatosi che un fanciullo ne sapesse più di lui”. Nel dipinto: la vibrante luce atmosferica, i tratti pittorici sottilissimi e trasparenti dell’incarnato, le ombre che lambiscono i contorni, rappresentano i prodromi stilistici che l’artista continuerà a sviluppare in seguito e che egli stesso ratifica nel suo Trattato della pittura: “La pittura è composizione di luce e di tenebre insieme mista colle diverse qualità di tutti i colori semplici e composti” e “ancora pon mente...sul fare della sera ai visi...quanta grazia e dolcezza si vede in essi”, o che “i dolci lumi finiscano insensibilmente nelle piacevoli e dilettevoli ombre”, e che “la carne tiene un poco del trasparente”. La prima prova pittorica del giovane Leonardo è prodigiosa, da questo momento in poi non smetterà mai di essere tale e ogni anniversario è un’imperdibile occasione per continuare a perpetuare nella memoria la sua grandezza.
introduzione [Valentina Spata]
Nella contemporaneità un’opera incommensurabile come quella di Leonardo esige un approccio storico-critico “probo”. Questo non comporta, di fronte a un grande artista, la scelta di intraprendere studi prudenti che possano scoraggiare letture temerarie o ipotesi rivoluzionarie e di conseguenza inibire l’operazione critica.
Certamente è doveroso, innanzitutto, contribuire a ridimensionare l’esuberante mitografia che ha generato sulla figura di Leonardo un vivaio di storie inverosimili, leggende singolari e letture pretestuose. Questa incresciosa selva di notizie ha causato spesso lo svilimento del lavoro di alcuni studiosi che hanno deciso di intraprendere la via dettata da queste suggestioni, la stessa che in un certo senso ha talvolta “compromesso” la genuina fruizione dell’opera leonardesca. Riprendere la via maestra è una scelta obbligata, quella che ci riconduce alla maniera brandiana all’attimo della fulgurazione dell’opera d’arte nella coscienza, ovvero al momento della fruizione, quel momento in cui si verifica il riconoscimento dell’opera in quanto tale. Partendo da questi presupposti, in questa conversazione che segue, si è cercato di compiere una narrazione su Leonardo dove al centro del racconto viene posto il suo mestiere di artista. Nella cronaca scrupolosa e puntuale di Edoardo Villata il talento pittorico è protagonista assoluto di una trama appassionata, ossia quella riferita alla pittura definita dal nostro “vera scienzia”. Leonardo, figlio illegittimo di Ser Piero da Vinci, di converso è figlio pienamente legittimo del Rinascimento. Recepisc...