Il libro d'oro della prevenzione
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Il libro d'oro della prevenzione

Difendere la salute con gli integratori alimentari e le vitamine

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Il libro d'oro della prevenzione

Difendere la salute con gli integratori alimentari e le vitamine

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Cos'è la prevenzione? Il dizionario dice: "L'insieme delle azioni per evitare una cosa, anticipandola". Ma se lo chiedete a un medico, vi dirà che è una serie di esami: dalla mammografia al test del Psa per la prostata. Sbagliato! Questo è confondere la prevenzione con la diagnosi precoce, quella in grado di dirci soltanto che abbiamo una patologia. Ma scoprire di avere un tumore al seno di 7 mm non è prevenzione. È solo la certificazione di uno stato di fatto.Prevenzione è tutt'altro: è una serie di comportamenti, regole e stili di vita tesi a far sì che quella patologia non si manifesti per nulla, evitandone l'insorgenza grazie alla messa in atto di misure volte a impedire la trasformazione di una cellula normale in cancerosa. Il che significa, innanzitutto, guerra aperta ai nostri veri nemici, quei radicali liberi che "ci inquinano" ogni giorno, presenti nell'aria malsana che respiriamo, ma anche nei cibi che mangiamo e diamo da mangiare ai bambini. Ma prevenire è anche integrare l'alimentazione con tutte quelle vitamine, minerali e altre cose buone che perfino nei prodotti biologici non ci sono quasi più, da quando la terra è stata impoverita da un'agricoltura folle, agli ordini di un'industria e di una grande distribuzione ancora più folli e legate solo al profitto.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788869393365

Parte I

I NEMICI DELL’ORGANISMO

Capitolo 1

FACCIAMO CHIAREZZA SU CHE COSA SIGNIFICA PREVENZIONE

Vi suggerisco, infatti, di prendere un dizionario e di cercare la parola “prevenzione” o anche il verbo “prevenire”. Che cosa troverete? “Evitare una cosa anticipandola”. Oppure “impedire grazie a delle precauzioni”. O, ancora, “i mezzi messi in campo per prevenire”, ma anche “insieme di disposizioni prese per prevenire un pericolo”.
La nostra medicina convenzionale, come dimostra quell’elenco di esami che ho menzionato nell’Introduzione, sembra invece confondere la prevenzione con la diagnosi “precoce”, ossia in grado di dirci che abbiamo un problema o una patologia quando ormai questa è un dato di fatto, magari in fase soltanto iniziale. Al contrario, la “prevenzione” è tutt’altra cosa: è una serie di comportamenti, di regole o, se preferite, di stili di vita tesi a far sì che quel problema o quella patologia non si manifesti affatto.
Faccio un esempio: scoprire di avere un tumore al seno di 7 o 8 millimetri (e siamo ancora a una dimensione non allarmante) non ha nulla a che vedere con la prevenzione, perché è soltanto la certificazione di uno stato di fatto, così come lo è la diagnosi di un tumore all’intestino grazie alla ricerca del sangue occulto nelle feci. Questo significa, però, limitarsi a “fotografare” una malattia, seppure al suo inizio, mentre fare prevenzione significa evitarne del tutto l’insorgenza grazie alla messa in atto di misure adeguate, ossia volte a impedire la trasformazione di una cellula normale in una cellula cancerosa. Questo ben prima dell’insorgere di un qualsiasi tumore maligno.
Non è certo facile scegliere tra le diverse opzioni e individuare la strategia di prevenzione che ci sembra più giusta e in grado di avere una maggiore efficacia contro le malattie. Sono il primo a dirlo ma, a mio avviso, è senz’altro possibile; un altro discorso è, invece, adottarla e farla propria, mettendola in atto con il progetto di seguirla sempre con scrupolo. Questo sarà senz’altro più difficile, e chi vuole quantomeno tentare dovrà sapere già in partenza che sarà necessario fare sacrifici in linea generale molto impegnativi che, a volte, con la vita che facciamo oggi, potrebbero rivelarsi anche parzialmente irrealizzabili. Non basta smettere di fumare e fare attenzione a quello che mettiamo nel piatto tre volte al giorno, sebbene si tratti di scelte e di azioni assolutamente fondamentali e irrinunciabili. Lo dico perché ci vuole altro ancora per fare prevenzione. Ci vuole di più.
Ciò che voglio farvi comprendere è che una buona prevenzione va costruita come se fosse una casa. La vostra casa! E, se specifico “vostra”, è per spiegarvi che questo tipo di prevenzione va concepito innanzitutto come un qualcosa di assolutamente personale. Per essere ancora più chiaro, dovrà essere una prevenzione tagliata e cucita per ognuno di voi come un abito su misura.
Perché questa mia insistenza sul concetto di personalizzazione? È molto semplice: non esistono sulla Terra due esseri umani identici, con la logica conseguenza che quello che va bene per uno non andrà per forza bene per un altro. Come qualsiasi costruzione di qualità, anche questa vostra “casa” avrà un terreno, delle fondamenta, dei muri e, infine, un tetto.
Tanto per cominciare, chiarisco che cosa intendo quando parlo di “terreno”. Si tratta di un concetto che, purtroppo, non sembra preoccupare né tantomeno interessare i nostri attuali medici. Ma non se ne curano nemmeno gli scienziati convenzionali moderni, che sembrano aver già dimenticato la celebre risposta che il fisiologo Antoine Béchamp diede a Claude Bernard, padre della medicina sperimentale: “Il microbo è niente, il terreno è tutto”. Con questa frase Béchamp voleva dire che, così come in un terreno ben curato, arato e innaffiato sarà difficile che possa nascere una malapianta, altrettanto vale per il corpo umano, nel senso che in un complesso di cellule sane, tenute sempre pulite e curate sarà molto difficile che – per colpa di un agente esterno, il “microbo” – anche una sola di quelle cellule possa mutare, diventare anarchica e rivoltarsi contro le altre.
Spero davvero che, leggendo queste mie pagine, possiate arrivare a comprendere in modo chiaro come e perché Béchamp avesse ragione. C’è di più: dimenticare questo punto fermo o, addirittura, ignorarlo del tutto è una colpa estremamente grave per i medici moderni. Lo dico perché posso affermare senza la minima esitazione che il “terreno” si rivela sempre importante, se non essenziale, così come pensavano alcuni scienziati che, proprio per questo, ai loro tempi furono considerati degli originali, se non degli utopisti. È una cosa che capita spesso ai pionieri, a quelli che hanno, insomma, la capacità di guardare oltre e il coraggio di percorrere sentieri mai battuti.
Detto questo, devo riconoscere che definire il concetto di “terreno” non è affatto facile. E se è difficile spiegarlo e farlo capire ai medici, cioè a chi queste cose dovrebbe auspicabilmente conoscerle o quantomeno “orecchiarle”, mi rendo conto di quanto possa esserlo a maggior ragione per l’uomo della strada e per il non addetto ai lavori. Lo dico a titolo di doverosa premessa, anche se, in verità, ho imparato nella mia lunga carriera come il paziente abbia spesso molta più predisposizione a capire di quanta ne dimostri a volte chi lo sta curando. Se non altro perché, rispetto al medico, il paziente ha per forza di cose una mente “vergine” e più libera da gabbie e schemi precostituiti.
Va benissimo spiegare che il “terreno” comprende anche una componente ereditaria tramandata dai nostri parenti, diretti o indiretti. È un’argomentazione che tutti sono di solito in grado di comprendere e accettare. Forse anche perché il concetto stesso di eredità genetica offre alle persone una sorta di alibi per evitare di dover cambiare troppe abitudini ai fini della prevenzione. Diventa quasi una giustificazione per concedersi di essere fatalisti, di allargare rassegnati le braccia e dire: “Inutile fare sacrifici, tanto è questo il destino nella mia famiglia”. Nulla di più sbagliato, ma anche, ahimè, nulla di più diffuso.
Le cose si complicano, infatti, quando dobbiamo spiegare a chi ci ascolta che le cose non stanno per niente così oppure che può anche essere, ma molto di rado perché una parte di quel “terreno” la acquisiamo noi. Noi lo costruiamo e noi lo modifichiamo, nel bene e nel male, nell’intero corso della nostra vita. A questo punto gli scienziati duri e puri, quelli convinti che tutto ciò che è vero può e deve essere messo in forma di equazione matematica, non ci seguono più. Non per colpa nostra, ma esclusivamente loro, visto che in effetti si rifiutano di seguirci. Nonostante gli indiscutibili progressi delle neuroscienze, parlano subito di ciarlataneria se qualcuno osa menzionare la possibilità che lo spirito e la mente contribuiscano a definire la condizione del “terreno”.
Chiarito questo punto, lasciatemi tornare per un attimo al “cantiere” di quella nostra casa, iniziando dall’ovvia considerazione che nel terreno bisogna scavare, prima di ogni altra cosa, solide fondamenta. Saranno queste – e cioè la pelle, i polmoni, l’apparato digerente e il sistema immunitario – a trovarsi sempre in prima linea nella lotta contro il nostro principale nemico: l’inquinamento in tutte le sue forme, che sia esso trasportato dall’aria, che scorra nell’acqua o che “abiti” negli alimenti e nelle bevande che assumiamo.
Dopo le fondamenta si passa ai muri, che dovranno essere tirati su con le tecniche e i materiali giusti, facendo attenzione che non si crepino o che, peggio ancora, non crollino. Mi riferisco a “muri” che nel nostro corpo assumono altri nomi: il cuore, il sangue, i tessuti ghiandolari, gli organi genitali e così via.
Ovviamente, si deve pensare anche agli impianti sanitari e alle fognature, chiamate a “spurgare” tutti i nostri scarti. Si tratta di un impianto vitale, un complesso intrico di “tubi” e di “vasche” che prendono i nomi a noi familiari di fegato, reni e intestino, del quale è stata ignorata per troppo tempo la fondamentale importanza.
Arriviamo infine al tetto, cioè al tessuto cerebrale e a quello che chiameremmo l’aspetto “mentale”.
L’immagine che vi ho mostrato è, beninteso, completamente astratta. Vi ho descritto diverse parti e “pezzi”, attribuendo a ognuno una funzione e un ruolo, ma la “vera” verità è che sono semplicemente i diversi componenti di un unico tutto; sono strettamente legati e interconnessi dalle loro rispettive funzioni, che li rendono tutti indispensabili – nessuno escluso – per il corretto funzionamento dell’insieme, quello che chiamiamo “essere vivente” o, meglio, “essere umano”.
Peccato che proprio questa visione di “essere globale” (inteso in senso olistico) sia quella che i nostri eminenti scienziati di oggi non riescono più a cogliere. Il progresso ha mutato le loro capacità di percezione e di visione e li ha indotti a rivolgere lo sguardo esclusivamente verso l’infinitamente piccolo. Ormai sono in grado di vedere le cose solo attraverso la lente del loro microscopio; sono bravissimi nel distinguere singoli dettagli, ma sfugge loro del tutto la visione d’insieme, figuriamoci il “terreno”!
Finora il controllo e l’eventuale ripristino del terreno e delle fondamenta sono stati considerati come gli elementi basilari di una buona prevenzione. Mutati le condizioni e lo stesso ambiente – senza dimenticare tutto ciò che lo circonda e lo assedia – l’elemento più importante è oggi la protezione della casa e, idealmente, la scelta del luogo in cui costruirla. In sostanza, dobbiamo cercare di proteggerci al meglio dall’inquinamento e sfuggirgli, eliminandolo del tutto laddove è possibile.
Nell’Introduzione di questo libro ho accennato ai radicali liberi, definendoli come il nostro peggior nemico. Cercherò di spiegarmi meglio, iniziando con il ricordare che l’inquinamento non è figlio di un destino cinico e baro a noi ostile, di un Fato che, un bel giorno, ha deciso per capriccio di prenderci di mira e di renderci la vita più difficile e meno sana. No, l’inquinamento è esclusivamente colpa nostra: è dovuto unicamente alle sostanze nocive che noi esseri umani riversiamo nell’aria, nell’acqua e in quella stessa terra che ci nutre. Perché lo facciamo? Per avere in cambio cose alle quali non possiamo più rinunciare: automobili, impianti di riscaldamento in inverno e di condizionamento in estate, più tante altre cose, dai telefonini alle centraline wi-fi.
Fatto sta che alcune di queste sostanze agiscono direttamente sul nostro organismo come altrettanti veleni. Faccio qualche esempio: l’anidride carbonica, il piombo, il mercurio, l’arsenico; in questi casi avremo segni clinici di intossicazione acuta più o meno precoci, segni che saranno proporzionali all’intensità e alla durata dell’avvelenamento. Purtroppo ci sono però molte altre sostanze che agiscono in modo ben più insidioso perché meno palese. Mi riferisco a quelle microscopiche, prive di odore e impalpabili, in grado di passare attraverso i nostri preziosi “filtri” vitali: la pelle, i polmoni, il fegato, i reni e, ancora una volta, il poliedrico e multitasking intestino. Questi invasori invisibili e silenziosi producono all’interno dei nostri organismi molecole instabili, che si chiamano appunto radicali liberi. La loro caratteristica più pericolosa è l’assenza, anche per periodi molto lunghi, di segni clinici di intossicazione che potrebbero metterci in allarme, e questo succede molto più di frequente a noi abitanti di quella parte di mondo che ci compiacciamo di definire, un po’ presuntuosamente, “sviluppato”, se non addirittura “evoluto”.
Proprio per questo motivo ho immaginato il libro che avete in mano come un grande viaggio all’interno del corpo umano, dei suoi organi vitali e dei suoi tessuti, per esplorarne la circolazione e osservare da vicino il firmamento delle cellule. Vi mostrerò e vi spiegherò la battaglia, combattuta ogni giorno senza quartiere, che vede schierati da una parte il nostro corpo e dall’altra il folto e pericoloso esercito dei radicali liberi e delle innumerevoli sostanze tossiche. Inoltre, ve li descriverò perché, per combatterli efficacemente, bisogna innanzitutto conoscerli. Per fortuna, il nostro corpo li conosce già bene e spetta a noi imparare come sono fatti e come ci danneggiano.
Del resto, anche la natura conosce questi nemici, come dimostra il fatto che già alla nascita esistono le premesse delle cosiddette difese endogene, che si svilupperanno rapidamente con l’aumentare dei contatti tra il bambino e l’ambiente circostante. Si tratta soprattutto di potenti enzimi dai nomi per noi difficili e ostici, ma che sono importanti alleati (per esempio, il superossido dismutasi o il glutatione perossidasi). Nell’epoca in cui grandi città, pesticidi, automobili, fabbriche, centrali atomiche e tante altre fonti inquinanti non esistevano o erano ancora in numero limitato, questi enzimi – associati a un’alimentazione ricca di minerali assimilabili e vitamine naturali, nonché a un’acqua pura e “viva” – erano ben più che sufficienti a contrastare quegli aggressori. Era, insomma, relativamente facile mettere in atto un piano di prevenzione.
Purtroppo, ai nostri giorni è tutta un’altra storia. Mentre scrivo queste righe, all’alba del 2020, il progredire sempre più veloce e continuo dell’inquinamento fa sì che l’organismo non abbia più le capacità di contenere la marea di radicali liberi, che a poco a poco superano le nostre difese endogene. L’inquinamento degli alimenti, la loro carenza sempre maggiore in termini di sostanze antiossidanti – fenomeno che si spiega con lo sviluppo dell’agricoltura industriale che sfrutta la terra fino a impoverirla – non permettono più un sufficiente apporto delle molecole antiossidanti che costituiscono le difese esogene. Consigliare una prevenzione di qualità diventa, proprio per questo motivo, molto più complesso.
Malgrado ciò, è questa la sfida che ci proponiamo di raccogliere e vincere. Perché alla fine della strada ci sono, infatti, la salute e addirittura, a volte, la vita.

Capitolo 2

I PRINCIPALI NEMICI DELLA SALUTE SI CHIAMANO RADICALI LIBERI

È una lotta titanica quella che viene combattuta in ogni momento nel nostro organismo. Una lotta che l’insieme di tutti i nostri organi e tessuti – nessuno escluso, dalla pelle fino a quello più interno e nascosto – porta avanti 24 ore su 24, tutti i giorni. Eppure nemmeno ce ne accorgiamo. Questo scontro tra l’inquinamento sempre all’attacco, da fuori, e l’organismo vivente in difesa, da dentro, è un processo continuo, spesso violento, sempre e comunque insidioso.
Passiamo innanzitutto in rassegna i due eserciti che si confrontano: gli aggressori e i difensori. I primi, cioè i nemici, sono soldatacci di ventura privi di ideali, ma uniti dal loro unico e comune scopo “materiale”: farci del male. Come tutti i soldatacci di ventura, anch’essi hanno diverse provenienze e vengono “arruolati” sotto diversi nomi. Ci sono i radicali liberi e le sostanze chimiche, i metalli pesanti e la radioattività, le radiazioni ionizzanti e le nuove ma terribili arrivate sotto le bandiere del Male: le onde elettromagnetiche emesse dalla telefonia cellulare e dai sistemi wi-fi.
A difenderci è, invece, il nostro stesso organismo, schierato in prima fila insieme con la corretta alimentazione e con tutto ciò che essa ci può mettere a disposizione come armi di difesa. Senza dimenticare la protezione offerta da quella straordinaria coppia formata da intelligenza e volontà, ossia da due delle nostre principali risorse. Risorse che sono sempre a nostra disposizione o, meglio, che lo sarebbero, se ci ricordassimo di chiamarle a combattere quando occorre. Peccato che non sia così, perché purtroppo avviene spesso che “dimentichiamo” di averle.
Il vero dramma è che il più delle volte l’equilibrio tra questi due eserciti pende di solito a favore degli aggressori, i quali trovano appoggio in alleati potenti come la (cosiddetta) evoluzione del mondo industriale, la stressante vita moderna e il progressivo quanto, ahimè, inarrestabile arretramento della natura di fronte all’inquinamento galoppante. Per vincere questa battaglia occorrerebbe che il mondo moderno intervenisse molto rapidamente, sforzandosi di comprendere quale immenso pericolo sta minacciando l’umanità.
Ma cominciamo a vedere più da vicino questi famosi “radicali liberi” di cui sentiamo tanto parlare e dei quali, in effetti, sappiamo ben poco. È importante imparare a conoscerli bene, dal momento che dobbiamo iniziare a considerarli i nostri nemici numero uno. Una piccola parte di essi sono “fisiologici”, in quanto sono prodotti dall’ossigeno che respiriamo. Ma per la maggior parte sono portati o generati dalle sostanze, dalle radiazioni, dalle particelle e dalle molecole che inquinano ormai tutto: l’aria, l’acqua e la terra con le sue piante e i suoi animali. E non dimentichiamo mai quel nemico invisibile e intangibile chiamato stress.
La materia viva, come forse avrete studiato tanti anni fa a scuola, è costituita da molecole costituite da atomi circondati da elettroni, che in genere si...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Prefazione. di Maria Rosa Di Fazio
  5. Introduzione
  6. PARTE I - I NEMICI DELL’ORGANISMO
  7. PARTE II - GLI INTEGRATORI ALIMENTARI E LE VITAMINE
  8. Conclusione
  9. Appendice - Alcune domande che tutti ci poniamo