I. A VENEZIA
L'arrivo a Venezia dal mare nel bacino di San Marco
Pëtr A. Tolstoj
Pëtr Alekseevič Tolstoj (1645 – monastero Soloveckij, 30 gennaio 1729), uomo di Stato e diplomatico russo. Negli anni dal 1697 al 1699, assieme ad altri russi, su incarico di Pietro I compí un viaggio “oltre il mare, verso la scienza”. Fu in Polonia, nel Sacro Romano Impero, a Milano, Napoli, nello Stato Pontificio, a Dubrovnik, in Sicilia e a Malta. In realtà lo scopo principale della missione all’estero del non piú giovane P.A. Tolstoj era studiare, proprio a Venezia, alcuni problemi di navigazione e costruzione delle navi.
P.A. Tolstoj arrivò a Venezia per la prima volta il 15 giugno 1697 e ci rimase fino al 18 settembre dello stesso anno. Si innamorò della città a tal punto da farvi scalo durante tutti i suoi viaggi per mare nell’Adriatico e nel Mediterraneo e inoltre ci visse a lungo, dal novembre 1697 al giugno 1698 e dall’agosto all’ottobre 1698. Nell’ottobre del 1698 Tolstoj ricevette l’ordine di tornare in Russia e, attraverso Vienna, Varsavia, Minsk e Smolensk arrivò a Mosca nel gennaio del 1699, portando con sé i diplomi conseguiti a Venezia nell’ambito delle scienze nautiche e della pratica della navigazione. In seguito, P.A. Tolstoj sarebbe diventato uno dei collaboratori piú stretti di Pietro il Grande. Fu proprio lui, ad esempio, che eseguí l’ordine dello zar di far tornare in Russia lo zarevič Aleksej, nascosto da qualche parte in Europa, e che in seguito guidò le indagini sul suo caso.
P.A. Tolstoj ha lasciato numerosissimi appunti di diario sul suo viaggio all’estero (Viaggio in Europa dello stol’nik[1] P.A. Tolstoj. 1697-1699, Mosca 1992).
Denis I. Fonvinzin
Denis Ivanovič Fonvizin (Mosca, 14 aprile 1745 – Pietroburgo, 12 dicembre 1792), drammaturgo, pubblicista, diplomatico. Fu a Venezia una sola volta durante uno dei suoi tanti viaggi all’estero per affari. Poco prima era entrato in società con l’antiquario e bouquiniste Klostermann e si era impegnato a rifornire d’opere d’arte europea (soprattutto italiana, molto richiesta dall’aristocrazia russa) una serie di negozi antiquari di Pietroburgo e di Mosca. Con questo scopo negli anni 1784-85 Fonvizin viaggiò per moltissime città d’Italia, dove ordinò copie di quadri famosi e fece incetta di oggetti d’antiquariato. In qualità di accompagnatore e socio affidabile viaggiava con lui la moglie Ekaterina Ivanovna (nata Rogovikova, poi Chlopova in prime nozze), la quale, figlia di un ricco mercante, aveva una certa dimestichezza negli affari. Giunti in Italia nell’ottobre del 1784, i Fonvizin visitarono Verona, Modena, Firenze, Roma (dove rimasero alcuni mesi), Napoli, Milano e infine Venezia. Del suo viaggio attraverso l’Italia settentrionale, Fonvizin lasciò appunti ben poco lusinghieri sulle condizioni dei domini veneziani d’allora:
“Domani saranno esattamente tre mesi da quando abbiamo lasciato Roma e nulla ci ha turbato, a parte le pessime trattorie. Tutto è tranquillo. Nessuno ruba ma tutti chiedono l’elemosina. Non conosco terra piú ricca la cui popolazione abbia piú fame di questa. L’Italia dimostra che in presenza di un cattivo governo, anche se la terra dà ricchi frutti, si può vivere nelle condizioni piú miserabili. Adesso ci dirigiamo verso i domini veneziani, dove è impossibile trovare del pane decente. Sia i poveri che i nobili mangiano un pane che da noi non mangerebbero nemmeno i cani. La causa di tutto sta nel cattivo governo. Né nei paesi di campagna, né in città esiste la polizia: tutti fanno quello che vogliono, senza aver paura del governo. È incredibile come tutto stia ancora in piedi e come gli uomini non si siano ancora sterminati a vicenda. Se da noi ci fosse la connivenza che c’è qui, sono sicuro che lo sfacelo sarebbe ancora piú terribile. Penso che gli italiani vi siano cosí abituati, che le cattive condizioni di vita ormai non possono piú portare a conseguenze estreme e l’illegalità col tempo si è placata e ha perso la sua forza” (lettera alla sorella da Venezia, 21 maggio 1785).
Furono negative anche le impressioni su Venezia, dove Fonvizin e la moglie soggiornarono alcuni giorni alla fine di maggio del 1785. Nelle lettere alla sorella Fonvizin pose l’accento sull’“infinita tristezza” e sull’“aspetto funebre” di quella che un tempo era stata una grande città. Questa disposizione di spirito fu peggiorata dagli attacchi della grave malattia i cui primi sintomi si manifestarono durante il viaggio in Italia, e che avrebbero portato ben presto Fonvizin a un’emiparesi: “Andando in giro per Venezia in gondola, ti vien da pensare a un funerale, tanto piú che in queste imbarcazioni che assomigliano a bare gli italiani si mettono distesi. L’afa e la puzza terribile che sale dai canali sono talmente insopportabili che non resteremo qui ancora per piú di due giorni”
(lettera alla sorella da Venezia, 28 maggio 1785).
Gondola in laguna all’inizio del ‘900
Michail P. Pogodin
Michail Petrovič Pogodin (Mosca, 11 novembre 1800 – Mosca, 8 dicembre 1875), storico, giornalista, editore. Specialista di storia russa e slava. Professore all’Università di Mosca, divenne accademico nel 1841. Dal 1827 al 1830 fu l’editore della rivista Il messaggero di Mosca, e dal 1844 al 1856 de Il moscovita, assieme a S.P. Ševyrëv. Le sue opinioni socio-politiche erano vicine alla corrente slavofila.
Nell’inverno del 1839 intraprese con la moglie un lungo viaggio all’estero, che descrisse dettagliatamente nei suoi appunti diaristici in quattro fascicoli Un anno all’estero, pubblicati a Mosca nel 1844. Arrivati in slitta fino a Varsavia, i Pogodin proseguirono in carrozza attraverso Vienna verso Trieste. Avendo Roma come meta principale, intendevano arrivare per mare fino ad Ancona, ma non c’erano navi ed essi decisero di viaggiare via Venezia, che allora era sotto il dominio austriaco.
I Pogodin arrivarono a Venezia il 27 febbraio 1839 e in un primo momento presero alloggio nel costoso Hotel Danieli, in riva degli Schiavoni, vicino al Ponte dei Sospiri e a Palazzo Ducale. Pogodin: “Attraverso scalinate di marmo e sale immense tappezzate da quadri con cornici dorate arrivammo al nostro bugigattolo, che sembrava una cella ed era molto buio. Le finestre davano sul cortil...