Materiali
Le “lettere della rottura”
fra Sartre e Merleau-Ponty
A partire dall’inverno del 1953, e nel breve giro di alcuni mesi culminanti nel luglio di quell’anno, fra Merleau-Ponty e Sartre scoppiò un contrasto durissimo. Al di là dei fatti specifici che ne furono la causa occasionale, e che tra poco ripercorreremo, esso costituì il detonatore di un confronto aperto, che spinse – Merleau-Ponty soprattutto – a un chiarimento radicale delle rispettive posizioni teoriche e politiche nelle loro profonde differenze. Sartre, dal canto suo, nel celebre testo scritto anni dopo in onore dell’amico ormai scomparso, Merleau-Ponty vivant, tentò di declassarlo a mera brouille, a “futile” e “idiota” litigio – pur senza nascondere a se stesso le differenze di fondo che c’erano e che fin dall’origine avevano caratterizzato, e forse minato, il loro pur quasi quarantennale rapporto. Un confronto, dunque, che trovò il suo primo terreno in un’accesa disputa personale, di cui sono viva testimonianza tre lettere – i cui contenuti trascorrono dal piano più privato a quello pubblico, filosofico e politico – risalenti appunto al luglio 1953, apparse solo nell’aprile 1994 sulla rivista “Magazine Littéraire” a cura di François Ewald e ora qui riproposte al lettore italiano.
Ma per poter capire quali furono gli episodi concreti che determinarono la disputa – portando allo scoperto una divergenza ben più sostanziale, oggetto reale e causa vera della rottura – occorre innanzitutto ripercorrere e rimettere in ordine alcuni fatti salienti che hanno costellato quei primi anni cinquanta e insieme creato progressive fratture nel rapporto fra Merleau-Ponty e Sartre. Fatti che, non a caso, sono citati in più occasioni nel corso delle lettere, costituendo all’epoca momenti cruciali, di grande tensione e “passione”, ma di cui, data ormai la notevole distanza temporale, si è per lo più perduta memoria.
Di qui la necessità di metterli a fuoco, riservando alle note la funzione di fornire – in una sorta di indispensabile sotto-
testo – i molteplici dettagli di contorno. Anche perché, mai come nel caso di questi pochi, ma cruciali anni, occorre fare la massima attenzione alla cronologia degli eventi, per permettere ai lettori, oltre che di orientarsi nei riferimenti, anche di cogliere l’intensa partecipazione degli intellettuali di allora e di rivivere l’accesa atmosfera politico-culturale del periodo. Tanto più tumultuosa non solo perché si era appena usciti da una devastante Seconda guerra mondiale, ma anche perché gli eventi successivi creavano un’atmosfera di imminenza di un terzo conflitto mondiale, per di più sotto l’incubo del possibile uso della bomba atomica (d’altronde già sperimentato nel 1945). Peraltro, i luoghi intorno al famigerato 38° parallelo (dove, come si sa, è fissato il confine delle due Coree) hanno costituito, fino a una recentissima e ancora fragile distensione, punti incandescenti del sistema geopolitico mondiale. Di qui l’importanza e l’utilità di questo carteggio e delle riflessioni alla sua base, che riverberano le questioni nevralgiche di una geo-filosofia politica europea che da allora, pur nel mutamento profondo del quadro attuale rispetto a quello dell’epoca, richiederebbe una capacità d’analisi pari a quella mostrata da Merleau-Ponty e Sartre.
Intanto va ricordato che Merleau-Ponty e Sartre si erano conosciuti giovanissimi, allorché entrambi frequentavano l’École normale supérieure. Il primo “da esterno” e il secondo “da pensionato”, come sottolineerà Sartre (mp, p. 2) teso, già con questo primo quasi insignificante dettaglio, a evidenziare la condizione privilegiata, rispetto a lui, nella quale era “avvolto” Merleau-Ponty fin dall’infanzia e dunque quasi a voler far scivolare, nel ricordo, la causa della loro profonda diversità, anche riguardo a quelle che saranno poi le rispettive posizioni filosofico-politiche e, quindi, la loro rottura. Comunque, all’epoca, non si erano troppo frequentati. Invece, dopo essersi perduti di vista, si ritrovarono ormai adulti durante la guerra, dopo la sconfitta della Francia nel 1940 e la conseguente occupazione francese, nel gruppo di intellettuali della Resistenza: Socialisme et liberté. Nacque da queste prime esperienze un sodalizio concreto. Rafforzato dal comune interesse, sorto in entrambi agli inizi degli anni trenta, per la fenomenologia husserliana, presto diventata in Francia la prospettiva filosofica di riferimento, anche a seguito delle celebri lezioni tenute nel 1929 da Husserl alla Sorbonne.
Si trattava di una prospettiva che, fin dall’inizio, aveva rappresentato per Merleau-Ponty e Sartre l’alveo lungo il quale avviare un radicale rinnovamento della filosofia francese, fino ad allora caratterizzata o da un inaccettabile “positivismo”, o da un altrettanto detestato “spiritualismo”. Ciò che, dopo la Liberazione, assunse l’aspetto di una vera e propria impresa culturale: la fondazione, nel 1945, della rivista “Les Temps Modernes” presso Gallimard, centro di aggregazione (come lo sarà per molti anni) di intellettuali e scrittori che si riconoscevano nell’intento di “concorrere a produrre certi mutamenti nella società che ci circonda” – come ebbe a scrivere Sartre nella Presentazione del primo numero. Ora, benché fosse lui il direttore ufficiale, di fatto la rivista era diretta anche da Mer-
leau-Ponty, ed entrambi decidevano la linea editoriale e gli articoli da pubblicare; anzi, spesso, era proprio Merleau-Ponty che scriveva l’editoriale, benché mai a firma propria ma sempre dell’intera redazione con la sigla tm (come egli stesso ricorda e sottolinea nella lettera a Sartre).
Iniziava così una collaborazione feconda, fatta anche, nel corso dei primi difficili anni post-bellici nel clima di crescente Guerra fredda fra l’urss e gli usa, di petizioni firmate insieme e di infuocate battaglie comuni. In una posizione, condivisa, di equidistanza tanto dallo stalinismo dell’Unione Sovietica – a proposito del quale proprio in quel torno di anni avveniva la scioccante scoperta dei famigerati “processi di Mosca” – quanto dal capitalismo di marca imperialistico-americana. Alla ricerca di una “via mediana” (mp, p. 65), lungo l’asse di un marxismo molto ripensato – in una chiave critica e antideterministica, dunque di netta distanza dal pcf ma comunque di “attesa” – e di un pacifismo neutralista. Un asse perseguito, all’inizio, soprattutto da Merleau-Ponty, in netto contrasto con gli altri intellettuali vicini allora al pcf, come Henri Lefebvre, Roger Garaudy e Pierre Naville.
Va infatti precisato che, nei primi anni quaranta, Merleau-Ponty si era avvicinato e poi aveva aderito convintamente a una visione marxista della storia e della società, ma interpretata non secondo le categorie ortodosse di un rigido determinismo economico e storico, bensì intesa come l’avvio di un processo aperto e ancora da realizzarsi, fondato sulle mobili relazioni materiali intersoggettive e concrete. Una visione alla cui base c’era non solo l’attento studio dei lavori di Marx, ma anche la lettura esistenzialista di Hegel inaugurata da Jean Wahl e rapidamente divenuta dominante. Sicché, come Sartre stesso si trovò ad ammettere – dato che in lui l’interesse per la politica e la conoscenza dei testi di Marx avvennero in modo piuttosto tardivo solo durante la guerra e la Resistenza –, fu Merleau-Ponty, che “si orientava meglio di [lui] nel mondo ambiguo della politica”, a fargli da “guida”, a rivelargli “il metodo e l’oggetto”, strappandolo “all’immobilismo” anarchico nel quale fin lì era rimasto (mp, pp. 27-28) e spingendolo nel solco di un engagement politico vero e proprio.
Tale sintonia cominciò a incrinarsi a partire dal 1950, ma in realtà già da un paio di anni, con l’arrivo dei primi “sentori” circa i “campi d’internamento” sovietici, che provocarono in Merleau-Ponty il netto abbandono del precedente “attendismo” rispetto alla linea marxista e l’inizio di un progressivo ma irreversibile distacco dal pcf e dal comunismo in genere. Il che determinò un cambio di impostazione, già nei suoi editoriali, da parte di Merleau-Ponty, improntato a una maggiore cautela rispetto all’immediato susseguirsi degli eventi. In breve, a un diverso modo di co...